Into You

di dispatia
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Into You
 

Nash aprì gli occhi, nel silenzio perfetto della stanza, avvertendo distrattamente un vuoto emozionale da qualche parte, nel petto, dove il cuore usava battere i secondi della sua vita, senza interesse.

C'era una luce asettica, bianca. Non pareva vi fossero tutti i colori, in essa, ma che vi fosse semplicemente la stessa assenza che lui stesso avvertiva.

Eppure era andato tutto bene quel giorno.

Eppure era andato tutto bene.

Eppure lui era un tipo così vitale.

Non era il tipo da non sentire nulla. Era più uno da overdose, uno che si iniettava troppo tutto assieme e finiva a dibattersi per terra, incapace di avere il controllo – frustrazione, ogni cosa diveniva frustrazione.

Richiuse gli occhi.

Sarebbe passata, a tutti passava. Vector annullava i sentimenti a breve termine – oppure ti prendeva il cuore e lo gettava via, lontano; e il tempo per riprenderlo, ripararlo, riuscire a rimetterlo assieme, era tempo in cui non riuscivi a respirare – un tempo sott'acqua, terribilmente opprimente, infinito.

Era tempo bianco, assente. Tempo troppo lento, in cui le lancette si prendevano solamente gioco di te, gli orologi si rompevano – il Bianconiglio ti portava nella tana della Follia, se non stavi attento.

Vector.

Come aveva potuto credergli?

Nash, cacciatore, era divenuto pecora; e il lupo gli aveva appena sbranato il cuore.

Sbranato.

Non sarebbe tornato.

Non gli sarebbe mai passata.

Vector l'aveva reso fragile. Erano stata la sua rabbia, la sua furia, quel mostrare i denti, quegli occhi viola incupiti dall'odio, quel modo furibondo di fare l'amore – come se, anche in quel momento, volesse solo distruggere la sua anima – a fargli pensare che c'era redenzione; la rabbia poteva essere un segno della sua vera identità che veniva a galla, un segnale leggero della sua essenza che non soffocava sotto odio e stanchezza.

Era stato un errore.

Com'era cominciata tutta quella storia? Nash l'aveva sempre odiato.

L'aveva sempre trovato sbagliato.

Come aveva cominciato a provare qualcosa per quel ragazzo nervoso e scattante, malizioso e cattivo fin nell'anima, dal passato disastroso?

Riaprì gli occhi – stava divenendo un movimento meccanico e lento, faticoso come il respirare.

Come aveva fatto a non capire?

Sentì la vista sfocarsi nelle lacrime, e lasciò fare.

Per la prima volta nella sua vita non gli importava di piangere – di esser debole.

Poté solo ricordare. Ricordare quei piccoli sorrisi, che gli facevano credere che stava guarendo da quel buio che uccideva la sua bontà, quel modo timido di cercare di amare – lui, lui che aveva sempre odiato.

E poi era finita così.

Sangue contro il muro.

Una dichiarazione folle, urlata – una crisi che aveva fissato sgomento, senza capire, senza saper intervenire – quel delirio nervoso, e quelle risate.

Un dolore acuto al petto gli comunicò che il suo cuore era ancora lì. Batteva.

Viveva.

Lo odiò.

I ricordi ripresero a scorrere, implacabili – come il dolore al petto, sempre più forte, insopportabile.

E poi finì. Così, lasciandolo immobile – incompleto – creatura agonizzante su un letto di morte.

La parte peggiore di quel dolore lacerante era sapere che Vector l'aveva amato, sapere che quello era stato solo un delirio – che era stata quella malattia che lui non era riuscito a vedere in tempo a consumarlo e ucciderlo, ucciderlo dentro ben prima di diventare una pallottola infilata in testa.

Richiuse gli occhi. Il mondo pesava terribilmente sulla stanca cassa toracica, premeva sulla fronte, urlava follia.

Quando riaprì gli occhi vide bianco.

Nulla sarebbe tornato normale.

Aprì gli occhi e sperò che quel bianco fosse il Paradiso; ma era soltanto il preludio dell'Inferno.
 

Note dell'autore

 


Mh, buonasera.
Riconosco che é l'ora più assurda del mondo per pubblicare - e per pubblicare una ff come questa è anche peggio - ma non ho mai un secondo per pubblicare ad orari decenti e pensavo fosse carino farvi sapere che esisto ancora.
Sì, sono vivo e vegeto, anche se senza un briciolo di fantasia per scrivere cose decenti.
Succede spesso.
Sinceramente, questa ff è a metà strada fra il farmi schifo e il piacermi. Ho la netta impressione di aver trattato "con la mano leggera" argomenti davvero pesanti, e che l'angst non sia il mio genere (MH).
Però ho avuto questa magica illuminazione e ho deciso che ne valeva la pena di pubblicarla.
Buona serata a tutti-
[Il titolo è un'idea di Rebecca. E dato che Rebecca è il Genio ha il suo perché. Il suo bellissimo perché] [Mi scuso per eventuali errori di battitura. Sarei felicissimo se me li segnalasse. Grazie in anticipo]


Alex





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