Full
Jack guardò il
piatto del poker come se fosse una miniera d’oro pronta a
mostrare al mondo i propri filoni auriferi. Sopra il tavolo giacevano
silenziose e immobili, quasi in attesa di un fato diverso, le chiavi
per il nuovo mondo, terra natia di animi indomiti.
Un sorriso
affiorò sulle labbra carnose del ragazzo, stupito di come la
sua mente potesse partorire riflessioni così imponenti e
fuori luogo. Quella era una partita a carte fondamentale: se avesse
vinto, avrebbe potuto dimenticare almeno per una settimana i guai
sempre pronti a bussare alla porta sua e di Fabrizio. Se avesse perso,
allora si sarebbe ritrovato faccia a faccia con i suoi creditori: aveva
azzardato tutti i suoi averi, pochi a ben pensarci, e non
v’era il tempo di racimolare una nuova, sostanziosa somma di
denaro.
« Jack, sei
pazzo! Hai scommesso tutto quello che abbiamo! »
Puntuale ecco
Fabrizio,
pronto a ricordargli quello che avrebbe voluto volentieri dimenticare
per concentrarsi meglio sulla partita.
« Quando non
hai niente, non hai niente da perdere… »
replicò lui, scuotendo la testa. Quei pochi soldi erano
stati l’incentivo per spingere i compagni di giocata a
puntare quei due meravigliosi pezzi di carta che li avrebbero condotti
sulla nave più bella del mondo. Ovviamente, solo con una
vittoria.
« Sven?
»
Lo svedese chiese
l’ultimo giro di carte, quello decisivo; tutto dipendeva
dalla carta che la sorte gli avrebbe regalato. Jack guardò
il mazzo che aveva in mano: una doppia coppia di carte basse,
dannatamente basse. Difficilmente avrebbe potuto vincere grazie solo ai
tre e ai sette, e a quel cinque in suo possesso, viste anche le
espressioni agguerrite dei due avversari!
Tuttavia…
tre, sette, tutti numeri che portavano una certa fortuna. Non aveva che
da sperare che la sorte finalmente girasse a suo favore. Un solo
numero, uno dei due, e sarebbe filato per una volta tutto liscio.
Avrebbe rivisto il suo paese natale, i suoi vecchi amici
d’infanzia; il lago in cui andava a pescare con il padre.
Avrebbe mostrato a tutti i suoi disegni, e dopo sarebbe stato di nuovo
pronto per viaggiare,
ma nel cuore la gioia di aver vissuto alcuni momenti di pace.
Finalmente lontano dai guai e dalla povertà; lontano dalla
fame e dal freddo. E chissà, forse avrebbe anche trovato una
ragazza adatta a lui, laggiù in America.
Tutto dipendeva da
quella carta.
Calò il
cinque per pescare dal mazzo, con calma, respirando profondamente, gli
occhi fissi sulla carta. Un sette. Un full. Un meraviglioso full. Per
sua fortuna era abituato a giocare a poker, e riuscì a
trattenere l’espressione di entusiasmo che premeva per
emergere in un ampio sorriso. Era poi l’occasione buona per
far morire d’infarto quel diffidente di Fabrizio.
Alzò lo
sguardo per incontrare quello di Olaf, l’altro svedese, il
quale a malapena evitava di mostrare l’ansia che lo
attanagliava. Probabilmente non aveva nulla in mano, per sua fortuna;
da temere c’era Sven, con il rischio di un possibile poker, o
di una scala. Il tempo passata, anche troppo in fretta…
« Va bene!
È il momento della verità. La vita di qualcuno
qui sta per cambiare… » commentò
d’un tratto, lanciando rapide occhiate a tutti i giocatori,
studiandoli e sperando intensamente « Fabrizio »
Con
un’espressione tra l’iracondo e il minaccioso,
l’italiano calò un bel mazzo di nulla, cosa Jack
non mancò di fargli notare.
«
Niente… » disse con fare saccente, ricevendo la
medesima parola scocciata di rimando. Se avessero perso, avrebbe avuto
da affrontare anche l’ira del suo amico, ottimo; un problema
in più non faceva la differenza, ormai. Ma non avrebbero
perso, no. Lui doveva, voleva assolutamente tornare in America.
« Olaf?
» come previsto… « Niente…
»
« Sven!
» quello era veramente il momento della verità.
Erano rimasti solo loro due, e da quelle cinque carte dipendeva il suo
destino. Termini un po' esagerati forse, ma Jack adorava esagerare.
L’entusiasmo gli usciva a tutti i pori, una incontenibile
gioia di vivere. Che aumentò a dismisura.
Lo svedese
appoggiò soddisfatto la mano sul tavolo;
l’americano ispirò profondamente con un verso
contristato.
« Due
coppie… » due benedette, santissime coppie. Che
nulla potevano fare contro un full. La sorte aveva girato, finalmente
gli stava sorridendo. Finalmente qualcosa che non andava storto. Addio
Europa. Ma la giocata non era ancora conclusa: doveva ingannare il suo
amico.
« Scusa
tanto Fabrizio… »
«
… che scusa, ma VAFFANCULO, HAI SCOMMESSO TUTTO IL NOSTRO
S… »
« SCUSA
tanto, non rivedrai tua madre per un bel po' di tempo…
» meraviglioso italiano, quando si arrabbiava ecco emergere
tutto il suo colorito gergo natio. Per non parlare della sua
espressione attonita, impagabile; se avesse potuto avrebbe scommesso
quella, un valore inestimabile « Perché noi ce ne
andiamo in America, FULL RAGAZZI! » urlò con gioia
crescente, battendo un pugno sul tavolo, ridendo di fronte allo sguardo
incredulo degli avversari, esultando, ed esultando, e ringraziando Dio
di essere vivo. Si precipitò a raccogliere i soldi, quando
una mano lo afferrò per il bavero della vecchia giacca
logora che indossava da molto tempo. Era Olaf, e con una qualche strana
parola della sua lingua alzò il pugno verso di lui.
Si preparò
a ricevere la più forte botta della sua vita, sperando che
non gli facesse tanto male da impedirgli di partire da quella
città; era abituato a fare a scazzottate, ma in quel momento
veramente era l’ultima cosa che desiderasse. Non che le altre
volte facesse a botte per venire picchiato, scusate il gioco di parole.
Invece il colpo
arrivò, preciso, preciso, sul muso di Sven, e Jack si
allontanò con una forte risata, felice di aver comunque
incontrato degli uomini “d’onore”.
Si girò con
uno scatto verso Fabrizio, gli occhi azzurri che gli brillavano per la
gioia.
« Andiamo!
»
« Figli di
puttana! »urlò l’italiano con il suo
accento tipicamente meridionale, il sorriso sfrontato stampato sul
volto. Erano il ritratto della felicità,
dell’entusiasmo di vivere; prendevano la fortuna della
giornata, la stringevano forte, e quando la perdevano lottavano di
nuovo per riconquistarla; avevano vinto, vinto, VINTO! Jack non
poté trattenersi oltre, e dopo aver baciato quei biglietti
che tanto significavano per lui, abbracciò forte il suo
compare di avventure, ripetendo con tutto il fiato che aveva in gola
ciò che il suo cuore in quel momento stava gridando dentro
di sé.
« TORNO A
CASA! »
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Sì, sono
innamorata persa di Jack, in particolare della sua dolcezza e modo di
vivere così particolare e da lui così amato
(più che l'aspetto fisico, che rispetto a tutte le altre sue
caratteristiche passa sicuramente in secondo piano!). Finale agrodolce,
lo ammetto; è venuto il magone a me nello scriverlo...
comunque, per una volta
niente Rose. Per una volta solo lui e la vita. Per una volta solo Jack,
nella speranza che possa rimanere nel cuore anche come semplice
ragazzo, e non solo come perfetto principe azzurro… un bacio
a tutti gli amanti di Titanic! A presto! =)
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