When
you look what you’ve done
Dedicata ad Irene. Anche se non ci conosciamo.
Siamo unite da una passione che pochi condividono.
Sperando che ti piaccia, e in attesa di scriverne altre
migliori.
Artemisia
C’era stato un momento ben preciso in cui Sirius Black si
era innamorato di Hermione Granger: quando aveva fallito nel ricordare il suo volto.
Lily gli aveva detto una volta, tempo fa, prima di diventare una bambola rotta e
fredda sul corpo di Harry, quando ancora era una giovane sposina tutta vezzi e
sorrisi e sguardi di foglia, che si era innamorata di James solo perché il suo
volto era diventato un ossessione.
Me l’ero dimenticato, sai. Al posto del viso
c’era solo una macchia indistinta. Da non dormirci la notte. Ci innamoriamo dopo
aver tentato devotamente di ricostruire, pezzo dopo pezzo, il simulacro del
nostro amore. Esattamente alla fine. Quando guardi cosa hai fatto. E capisci. E
capisci la sua bellezza e ringrazi Dio per quella felicità. Solo questo Sirius,
sai…quando vedi cosa hai fatto.
Quella notte lui l’aveva
guardata bene. In effetti, aveva
prima guardato la sua voce, che squillante ed esatta aveva
scardinato le porte della sua prigione, poi l’aveva vista, come quando si vede
una cosa per la prima volta. Era stata la sua voce a donargli la libertà: ricorda ancora perfettamente la luce
della felicità tornare a fluire nelle sue vene. Non sarebbe morto, lei lo aveva appena
salvato. E chi era lei? Nella notte buia aveva visto solo lei, e il suo
volto era un ovale perfetto nella sua
felicità. In quel momento il resto del mondo era solo un accidente. Non vedeva altro, non vedeva nessuno: la
ragazzina che aveva condotto per mano sotto il porticato non era nessuno in quel
momento. Era una bacchetta e un incantesimo (Alohomora! Una serratura che si apriva e poi
la libertà di nuovo e la luce e la felicità di poter respirare di nuovo l’aria
della notte pulsante oltre le sbarre) insperato, che l’avevano condotto via
un attimo prima dell’abisso. Era stato tutto troppo, troppo veloce, quella notte
per permettergli di pensare: qualcuno, volando, se l’era portato via, lontano.
C’era stato un tempo, in
seguito, in cui le necessità fisiche del cibo e del sonno erano state
soddisfatte. Lì quella voce che urlava Alohomora era tornata a visitarlo: era
un’eco forte in quelle grotte, forte e possente. Si ricordò di lei, di quella
bambina: cos’aveva fatto? L’aveva fatta scendere dall’ippogrifo, l’aveva
condotta per mano sul sedile di pietra, sotto gli archi e l’aveva guardata.
Cos’aveva fatto, poi? L’aveva davvero
vista? Non si ricordava più il suo
volto, gli restava nella mente solo una figurina scura come ai margini di un
ricordo bruciacchiato.
C’era stato un momento ben
preciso in cui Hermione Granger si era innamorata di Sirius Black: capirlo era
stato difficile, accettarlo ancora di più, semplicemente impossibile ridurre il
senso di colpa; quando salendo le scale ed entrando nella stanza dell’albero
genealogico si era ritrovata davanti Sirius che abbracciava Harry aveva capito
che da quel giorno in poi sarebbe stato difficile tutto.
Tutto quanto. Stare con lui,
non stare con lui, ascoltarlo parlare, spiarlo silenzioso…la verità le cadde
addosso come un manto leggero ma consistente. Una verità di neve ombrosa come in agosto. Sospirò forte, Sirius la
guardava. E ad Hermione suonarono strane quelle parole, quegli sguardi: Sirius
parlava ad Harry di famiglia, e intanto guardava lei. Tutti quanti la
guardavano: il ritratto di Bellatrix la puntava con intensità e consapevolezza.
Vuole una famiglia, vuole una famiglia e mentre lo dice guarda te. Hermione ricorda di essersene andata
via dalla stanza con la coda tra le gambe, quasi colpevole. Se non avesse salito le scale proprio
allora, se non si fosse sporta
all’uscio per guardarli – guardarlo
cercarlo averlo - , se non fosse
stata la migliore amica di Harry, una strega, una ragazza di 15 anni...se non fosse mai entrata nelle loro vite,
pensò disperatamente, loro non sarebbero mai entrati nella sua.
Da quel giorno la vita a Grimmauld
Place si era piegata: come il corsivo
piega un banale carattere in maiuscoletto, come la realtà vira per i pazzi, così
ogni minuto in quella casa/trappola era un assalto che non era sicura di poter
contrastare. Sirius sembrava essere ovunque: in qualsiasi stanza lei
decidesse di rifugirasi, lui c’era.
Sembrava fiutarla, lei, lei e la sua paura, lei e la sua ansia, lei e i suoi 15
anni. Cosa fai, Sirius? Cosa stai
facendo? Guarda, guarda cos’hai fatto. Lo sapevano entrambi, che uno dei due
non avrebbe retto: tutto stava nel prevedere chi avrebbe ceduto per primo. Poi
l’altro sarebbe rimasto a guardare cosa avevano fatto.