All
I want for Christmas is you
Lui
si svegliò dal lungo sogno
lentamente, indugiando soddisfatto sotto le coperte. Al di
là delle palpebre,
percepiva la luce che entrava dalle finestre della camera da letto
matrimoniale. Era strana quella luce, così stridente con la
cupezza del sogno,
o forse meglio dire dell’incubo, da cui era appena scappato.
Il
senso successivo che riattivò
fu il tatto. Le lenzuola, umide e stropicciate dopo una lunga notte,
facevano
resistenza contro il suo braccio sinistro, che come un’ala
andava a sfiorare
l’altra metà del letto. Era vuota, e appena
tiepida del calore di lei.
Si
era alzata presto per
preparare la colazione: l’odore di focaccine dolci, succo
d’arancia fresco,
caffè e uova al bacon. Ah, nessuno sapeva fare le uova al
bacon come le faceva
lei. In linea di massima in cucina era negata, ma le sue uova a bacon
per lui
erano la vetta della felicità di prima mattina.
Voleva
alzarsi solo per farle
venire un colpo: l’abbracciava da dietro, lei strillava e
poi, dopo averlo
schiaffeggiato scherzosamente con un guanto da cucina,
l’avrebbe baciato
dolcemente. Aveva già messo un piede fuori dalle coperte
ma… no, fuori faceva
così freddo! Decise di indugiare ancora un po’ in
quel bozzolo rassicurante.
Rumori:
ciabatte che si
trascinavano sul pavimento, sbadigli e tintinnii di stoviglie sul
tavolo della
cucina. Lei canticchiava una carola natalizia: sbagliava le parole,
andava un
po’ fuori tono, ma dava un tono d’allegria alla
casa.
Si
azzardò ad aprire un occhio:
fuori nevicava, e da un bel po’ anche, considerando lo strato
di manto soffice
sul davanzale. Ecco spiegata la luce strana che veniva da fuori.
Richiuse gli
occhi, studiando il mondo con gli altri sensi. La piccola Alice
chiacchierava
con sua madre.
“Mamma,
papà non scende?”
“Certo
che scende tesoro… ma fa’
piano, sta ancora dormendo. Tua sorella è ancora in
camera?”
“Sì.
Gliel’ho detto che deve
muoversi, ma vuole essere al massimo per Natale… come minimo
mi ruberà il mio vestito preferito come ha fatto
l’anno scorso”.
“Su,
Alice, non fare i capricci e
valla a chiamare piuttosto, è già abbastanza
tardi e ancora non avete fatto
colazione. Ah, dato che ci sei, chiama anche Harry e Jamie, per
favore!” le
sussurrò ai piedi delle scale. Il mugugno di Alice venne
interpretato come
positivo, dato che non riformulò la domanda.
Il
rumore di stoviglie che
cozzavano allegramente tra di loro aumentò di volume, e la
porta della camera
da letto si aprì senza quasi fare rumore.
“Tesoro…”
“Mmmm…”
“Tesoro,
svegliati, è Natale!”
“Assì?”
chiese lui, con la voce
ancora impastata di sonno.
“Sì!
E guarda cos’ho per te: uova
al bacon! So che ti piacciono, per cui… Alice e Tuney stanno
ancora bisticciando
per i vestiti da mettere; la stessa scena ogni Natale, quando
cresceranno mi
mancherà! Harry e Jamie invece sono ancora in camera. Mi
stupisce sempre come
facciano ad andare d’accordo, sono così diversi e
con una tale differenza d’età
e… ma mi stai ascoltando?”
“Pendo
dalle tue labbra, come
sempre, cara” disse lui, afferrando la mano di lei alla cieca
e accarezzandola
con pollice. Morbida, come di seta, con la fede sicura come un baluardo
all’anulare. Sarebbe stato tutta la vita così,
tastando la consistenza serica
di sua moglie.
Sua
moglie, dopo tanto penare,
dopo tanto dolore e morte, dopo rifiuti e fughe, pericoli e
minacce… finalmente
sua, dolce madre di una famiglia fortemente desiderata.
Com’era fortunato, se
lo diceva tutte le mattine, ad avere lei al suo fianco, che lo
sosteneva, lo
aiutava a non ricadere negli angoli più tristi e bui della
sua anima.
I
suoi pensieri furono interrotti
da un bacio, il bacio più dolce che un essere umano potesse
immaginare, come il
lungo battito di ali di farfalla. Lui rispose e il bacio assunse toni
più
entusiasti. Davanti a tali manifestazioni d’affetto, nessuno
avrebbe mai
immaginato che erano sposati da quindici anni. Eppure era
così, e ogni giorno lui
l’amava di più. Ogni volta che ci pensava, gli
sembrava impossibile, come se lui non meritasse tanta
felicità.
“Amore”
disse lei, ancora sulle
labbra di lui, “che fai, piangi? È Natale, non si
piange… mantieni la tua
commozione per quando ti darò il mio regalo, ormai manca
poco!” disse, mentre poggiava la mano di
lui sul suo ventre, dove stava crescendo una
nuova vita.
“Sono
così fortunato ad averti
con me” rispose lui, quasi in un sussurro. “Tu non
puoi capire… saperti qui,
averti qui con me in questo momento, è il più
grande regalo di Natale che tu mi
possa fare. Tu sei il regalo che più mi piace.”
Lui aprì gli occhi, e li fissò
negli occhi di lei, grandi e innocenti come la prima volta in cui la
vide,
bambina, e subito si innamorò perdutamente di lei. Lei,
imbarazzata da tanta
intensità, spostò leggermente lo sguardo,
giocherellando con la sua bacchetta.
“Ehi,
guardami negli occhi” gli
disse, e lei lo guardò, con un tale turbinio di emozioni, di
vita, di gioia e
dolori, emozioni vissute assieme nonostante un momento passato lontani.
I
due rimasero così, con le dita
intrecciate e gli occhi chiari di lei negli occhi scuri di lui, e lui
capì che
nel momento della morte non avrebbe voluto altro che quello: lo sguardo
di lei,
in quello di lui, il suo più bel regalo per
l’eternità.
“Guardami
negli occhi…”
Il
respiro era irregolare e la
vita scorreva col suo sangue sul pavimento polveroso della Stamberga
Strillante. Eppure eccolo lì, l’unica cosa che
voleva, l’ultima prima di
espiare il suo peccato e raggiungere finalmente la pace. Diede a lui
tutto il
suo dolore, i suoi pensieri e la sua esistenza, perché
potesse capire,
comprendere, andare avanti senza di lui, mentre in cambio aveva con
sé ciò che
più voleva: lo sguardo di lei negli occhi di lui, per
l’eternità, bianca e
luminosa come la neve di quel Natale sognato.
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