Questa cosa
è probabilmente una delle più fluff che mi sia
uscita.
Solo una nota,
il daifuku è dolce giapponese per rimanere in tema con
l'ambientazione. Qui
la ricetta
se volete. (A me è venuta fame a leggere, anche se sono una
cosa anche abbastanza povera di zuccheri e cioccolata.)
Iniziativa: Questa
storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle
Time!” a cura di Fanwriter.it!
Numero
Parole: 713
Prompt/Traccia:
A sta cercando di fare dei dolci ma B continua ad assaggiare tutti gli
ingredienti
Kojuro non era solito
cucinare. Aveva imparato i rudimenti per poter riuscire a sopravvivere,
nella sua giovinezza, ma mai era riuscito a dedicarsi a simile
attività come avrebbe desiderato.
Le cose erano cambiate
da quando era diventato il servitore del piccolo signorotto Date.
L’erede del clan era poco più di un bambino, che
ancora era alto come una katana e possedeva un nome infantile, eppure
aveva già dovuto sopportare fin troppa sofferenza e rimanere
sempre in allerta per timore di agguati e rappresaglie da parte della
sua stessa famiglia, tanto che accettava solo il cibo che lui gli
preparava. Era un adulto nel corpo di un bambino, quello che lui
serviva.
Nonostante questo,
Bontenmaru comunque era ancora un poco ragazzino. E lui badava a lui
come faceva con il suo piccolo orto fuori Oshu.
I campi di questi erano
maturi di fragole, tanto che persino gli animali selvatici ne erano
attratti. Lui, insieme a dei servitori, aveva raccolto ben cinque ceste
di quel frutto profumato con un certo orgoglio. Era davvero portato
all’agricoltura, nonostante fosse destinato a prendere la
spada per tutta la sua vita.
Aveva deciso di fare
dei daifuku, quella mattina, con le fragole. Sua sorella gli aveva
spiegato, più volte anche, il processo per crearli e Kojuro
aveva sbottato che era perfettamente in grado di farcela. Kitako si era
lasciata andare ad una risata divertita, scompigliandogli i capelli, ed
era tornata a casa lasciandolo alle prese con quella battaglia.
E ora lui era in
cucina, da solo, a cercare di non appiccicare le sue dita
all’impasto del mochi con blandi risultati. Almeno una parte
del suo operato poteva dirsi salva, se non pensava a quella prima
rovesciata e quella successiva bruciata.
Con una punta di
orgoglio Kojuro lascia da parte il mochi, decidendo di dedicare la sua
attenzione al cesto di fragole che aveva lasciato sull’engawa
ad asciugare. Col calma l’uomo tasta la posizione dove doveva
sicuramente essere rimasto il recipiente, e dopo qualche tentativo a
vuoto Kojuro rivolge anche il proprio sguardo all’engawa
trovandolo tristemente vuoto. Si sente perplesso, mentre cerca da tutte
le parti il cesto che era ben sicuro di aver lasciato lì e
non trovandone nemmeno traccia.
Dopo la sua breve
caccia non gli rimane che arrendersi, e pulire un altro cesto di
fragole con una certa stizza. Finito il lavoro Kojuro anche con quello
si asciuga la fronte, e si mette in cerca della ciotola di tsubu-an in
cui avrebbe dovuto avvolgere i frutti. Non trovandola.
Quello sì
che era strano, quella era sicuro di non averla spostata. Una lieve
risatina giunge al suo orecchio, abbastanza divertita da insospettirlo.
Kojuro quindi si volta e, improvvisamente, la cesta con le nuove
fragole era volatilizzata.
Aveva capito in fretta
quello che stava succedendo, ma decise che tanto valeva giocare allo
stesso gioco. Con calma quindi Kojuro torna a preparare un altro cesto
di fragole, ora ben conscio di essere osservato da un occhio
d’argento che già progettava il prossimo agguato.
Ovviamente appena si
distrae il cesto sparisce, ma questa volta Kojuro ha capito bene dove
quella peste andava a nascondere e divorare la sua refurtiva. Con uno
scatto Kojuro sposta lo shoji, rivelando appieno la figura di
Bontenmaru con il cesto di fragole e la bocca tutta rossa a causa di
tutte quelle che ha mangiato prima.
Il bambino non riesce a
reagire in fretta che Kojuro lo afferra per il kimono non dandogli la
possibilità di scappare. Bontenmaru si dimena, tenendo
stretto il cesto con le fragole a sé, non rinunciando a
lottare.
« Bontenmaru!
» bercia l’uomo in sua direzione, con un tono che
lo fa impallidire. « Ti sembra questo il modo di
comportarti?! » il bambino gonfia le guance, stringendo
sempre di più il cesto che aveva tra le mani.
« Ma queste
cose sono soo good!
» strilla, dimenando ancora le gambe e parlando in quella
strana lingua. Bontenmaru insisteva che fosse la lingua del draghi, e
che essendo un drago lui stesso doveva parlarla per non dimenticarla.
« Bontenmaru!
» il bambino aveva già capito. Sicuramente niente
più fragole per lui, e ancora più sicuramente
molte più verdure a cena. Certe volte non sopportava Kojuro.
Si comportava proprio come avrebbe dovuto farlo sua madre. E forse non
era poi un male.
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