Sunshine

di Pleasantville
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SUNSHINE


-Prologo

Da bambini è tutto diverso. Hai delle aspettative che non ti sembrano mai troppo esagerate o assurde, tanto che se ti chiedono dove ti vedrai tra 10 anni si risponde senza neanche pensarci "Andrò sulla luna!" o "Sarò presidente degli Stati Uniti!". Tutto sembra possibile. Il problema è dopo, quando cresci e ti accorgi che non è poi così facile, che la vita cerca di fregarti in qualche modo, di farti lo sgambetto, e che tu devi essere abbastanza abile nel prevederla e non farti mettere nel sacco. Che alla gente non importa di te, non importa quanto potenziale hai e dove potresti arrivare, non ti regalerà niente nessuno. E se riesci o se qualcuno sarà buono con te, ci sarà sempre un secondo fine sotto in cui tu partecipi ignaro, magari pensando "Oh, finalmente qualcuno mi sta aiutando" e in realtà quella persona sta aiutando soltanto se stessa. Quando cresci ti scontri con la realtà ed è lì che muoiono i sogni, in quel preciso istante.
Io, dal canto mio, non ho mai preteso molto. Ho capito come funzionavano le cose da molto prima, diciamo dal giorno in cui ho emesso il mio primo vagito. Non appartenevo a quella cerchia di bambini con famiglie perfette, i vestiti sempre nuovi e ben stirati, così come non mi appartenevano le loro aspirazioni. Se qualcuno avesse chiesto a me cosa volevo fare da grande non avrei mai risposto "L'austronata" o "La ballerina". A dir la verità non sapevo cosa volevo diventare, ma all'età di 5 anni sapevo già benissimo cosa non volevo diventare; spiegarlo all'insegnante o ai compagni di classe, però, sarebbe stato complicato e noioso, così a quella domanda puntualmente rispondevo con "Lontano da casa", perché era così che mi vedevo da grande. Già, lontano da casa, con un lavoro, non importava quale, mi bastava essere indipendente.
Fu così che appena mi diplomai, a 18 anni, lasciai casa. Avevo solo uno zaino con le mie cose essenziali e qualche dollaro in tasca, sufficienti forse per passare un paio di notti in qualche motel e permettermi qualche pranzo in un fast food. Da qualche parte dovevo pur iniziare, mi dicevo. Se volevo andare lontano, se volevo cominciare a vivere davvero e cercare di far qualcosa di buono, iniziare col lasciare casa, che di buono non lo era mai stata, mi sembrava la cosa più sensata. Certo, all'epoca non potevo immaginare che presto sarei diventata tutto ciò che per anni avevo odiato, da cui stavo scappando e credevo di starmi lasciando alle spalle per sempre.
Così nasce la mia storia: un susseguirsi di scelte sbagliate, tristezza, attimi di gioia infita e speranza. Il mio percorrere un cammino pieno di ostacoli e vicoli ciechi, cercando di trovare alla fine il più bel panorama che si possa dire d'aver mai visto.
Perché questa in fondo è solo la storia di una ragazza qualunque, dall'inizio buio e dal finale incerto. Una ragazza che dovrà farsi strada a pugni, nonostante tutto, nonostante tutti, contro i pregiudizi di una società e le difficoltà che la vita ha deciso di imporle.




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