Premessa. Questa storia è una what-if e si sviluppa a partire di Città delle Anime
Perdute. Incomincia durante il combattimento fra Shadowhunters
e Ottenebrati, durante la quale Clary vuole usare la
spada di Michele per dividere Sebastian e Jace. Le
parti in corsivo sono tratte direttamente da quella scena del libro. Ringrazio collega per la meravigliosa copertina!
«Perché
son caduti gli eroi
in mezzo alla battaglia?
Giònata, per la tua morte sento dolore,
l'angoscia mi stringe per te,
fratello mio Giònata!
Tu mi eri molto caro;
la tua amicizia era per me
preziosa
più che amore di donna.
Perché son caduti gli eroi,
son periti quei fulmini di
guerra?»
Davide - Antico Testamento. 2 Samuele
1, 25-27
City of Traded Souls
Prologue;
«Aveva le mani
coperte di sangue misto a pioggia, la stessa pioggia che lavava il sangue dal
petto, rivelando la runa mentre cominciava a scolorirsi da nera ad argentea, trasformando
tutto ciò che aveva senso nella sua vita in nonsenso. Jem
era Morto.»
Will Herondale – Le Origini, La
Principessa. Cassandra Clare
Irlanda, The Burren
– Il Settimo Sito Sacro
La battaglia
infuriava, macchiando di sangue il terreno brullo del Burren.
Figure
nere e rosse cozzavano le une contro le altre, brandendo spadoni, colpendo per
uccidere.
Guerrieri
feriti continuavano a cadere a terra. Clary provò una
fitta di dolore, facendo scorrere lo sguardo sui tanti Shadowhunter
in nero riversi sul terreno.
Continuò
a correre, la Gloriosa che le ardeva in mano. Un fischio tagliò l’aria,
accompagnando una freccia dritta al cuore di un oscuro di fianco a lei. Clary promise a se stessa che, se mai fossero usciti vivi
da quello scontro, si sarebbe complimentata con Alec per la precisione e
l’efficienza dei suoi tiri.
Con
lo sguardo scrutò disperatamente la folla in cerca di Sebastian. Non lo vedeva,
ma sapeva che era dietro l’assembramento compatto di Shadowhunters
oscuri attraverso cui si era dovuta fare largo a pugni. Stringendo la spada, si
avvicinò al gruppo, ma trovò la strada sbarrata.
Da
Jace.
“Clary.”
La
ragazza slittò all’indietro, rabbia e urgenza a contendersi il suo volto.
La
spada divampava, scivolosa nella sua presa.
“Jace. Togliti di mezzo.”
Il
ragazzo si mosse verso di lei, con la stessa cautela di chi si trova davanti un
animale recalcitrante. I suoi occhi d’oro erano inespressivi,
impenetrabili. Il suo viso era livido e sporco di sangue.
“Dammi
quella spada, Clary.”
“No.”
Clary arretrò ancora, rinsaldando la
presa sull’arma. La Gloriosa illuminò lo spazio che stavano occupando,
l’erba calpestata e sporca di sangue attorno a Clary,
Jace che si muoveva verso di lei.
“Jace. Posso separarti da Sebastian. Posso ucciderlo senza
fare del male a te…”
“Ucciderlo?”
Il
viso di Jace si contrasse.
“Sei
impazzita?”
Qualcuno
si mosse dietro di loro. Clary ne percepì la presenza
ancor prima di vederlo. Aveva i capelli castani arruffati dal sudore e
un’espressione nuova, decisa e concentrata: Simon fissava Jace
con i canini scoperti, pronto ad attaccare alla prima mossa falsa del ragazzo.
Jace lo ignorò.
“Dammi
la spada” ripeté, rivolto a Clary.
Aveva
la mano tesa, il mento sollevato, e parlava con fare imperioso.
“Dammela,
Clary.”
Clary alzò la Gloriosa, sostenendone il peso
con una mano sola, e si preparò a colpire.
Qualcuno
la travolse, scontrandosi contro le sue braccia.
Qualcuno
di rapido e inaspettato, ma forte, come un colpo di freccia.
Il
controllo sfuggì dalle dita di Clary e la Gloriosa
scivolò dalla sua presa, per finire tra le mani ferme e affusolate di un
ragazzo.
Si
voltò e Jace fece lo stesso, lo sguardo rapace di un
predatore che insegue la preda.
Lo
individuarono subito, nonostante ormai si stesse già facendo largo oltre la
calca di Ottenebrati, lo sguardo intriso di una decisione marcata: la
persona che le aveva sfilato la Gloriosa dalle mani di Clary
era Alec.
Jace scattò in avanti per seguirlo.
“Jace, no!”
La
ragazza gli corse dietro, aguzzando lo sguardo per non perdere Alec di vista.
Lo vedeva a stento, accerchiato da un gruppo di cacciatori che gli facevano da
scudo contro gli Ottenebrati. Cercava di raggiungere un punto preciso, al di là
della calca. Correva verso una macchia bianca e rossa, un puntino niveo simile
a un fiocco di neve caduto in una pozza di sangue: Sebastian.
Alec
era appena riuscito a liberarsi dalla presa di un Ottenebrato, quando Jace gli saltò alle spalle, buttandolo a terra.
La
Gloriosa gli scivolò di mano.
Alec
fece del suo meglio per riprendersela, scrollandosi l’amico di dosso.
Jace gli sferrò un pugno nel petto, mentre con la mano libera
tentava di appropriarsi della spada.
Alec,
i denti digrignati per lo sforzo, ne approfittò per scattare in avanti,
colpendolo con una testata.
La
sorpresa destabilizzò Jace per un istante e il
ragazzo lo lasciò andare.
Alec
rotolò di lato e allungò il braccio fino a impugnare l’elsa della Gloriosa, la
sofferenza del suo sguardo riflessa nel baluginio della lama.
“Jace!” gridò, echeggiando la voce di Clary,
che lo stava chiamando a sua volta.
Jace aveva sguainato la sua spada e adesso avanzava in direzione
di Alec. Affondò contro il suo braccio, ma Alec riuscì a parare il colpo: la
Gloriosa si accese come fuoco, nel momento in cui le due lame cozzarono.
“Jace, sono io!”
Alec
si abbassò per sfuggire a un secondo affondo, questa volta indirizzato alla gola.
Anche a quella distanza Clary riusciva a
distinguere l’orrore e la sofferenza nello sguardo di Alec ogni
volta che Jace spingeva la spada su di lui: senza
esitazione, senza rimorso. Mirando ad uccidere.
La
ragazza scattò in avanti, decisa a mettersi in mezzo. Se Jace avesse fatto del male ad Alec avrebbe vissuto nel
tormento, straziato dal senso di colpa, e non poteva permetterlo.
“Alec,
dammela, dammi la spada!”
Cercò
di separarli, ma Jace la spinse da parte.
Avanzò
di nuovo per colpire Alec e questa volta il parabatai
non riuscì ad evitare l’affondo: la lama gli penetrò nel fianco e, quando Jace la tirò fuori con uno strattone, il ragazzo sussultò,
cadendo in ginocchio di fronte a lui.
Clary gridò.
Alec
si premette una mano contro la ferita, per bloccare la fuoriuscita del sangue.
Aveva l’aria stanca, incredula, stordita. Come se il suo stesso braccio gli si
fosse rivoltato contro per ferirlo.
Lo
sguardo di Jace, al contrario, era impenetrabile.
Aveva il capo inclinato di lato, come se lo stesse studiando. Come se si stesse
sforzando di ricordare qualcosa: quel legame che li univa e che non sentiva
più.
Clary approfittò di quel momento per
separarli, mettendosi fra loro.
“Jace, ti prego!” lo implorò.
Alec,
dietro di lei, stava cercando di rimettersi in piedi.
“Non
ti perdoneresti mai se gli facessi del male.”
Jace sembrò studiare le sue parole; dal suo sguardo
continuava a non trapelare alcuna emozione.
“Gli
ho già fatto del male” rispose atono, la lama sporca di sangue a proiettare
ombre rossastre sulla sua pelle. “E pensa un po’? Mi sono perdonato. E comunque
non lo ucciderò, se mi darà la spada.”
Cercò
di scansare Clary, ma la ragazza si aggrappò a lui,
piantandogli le unghie nella carne.
“Tu
lo ami” replicò, lottando per trattenerlo. “Lo ami come ami Izzy…
Come amavi Max! Possibile che questo non significhi più niente, per te?”
“Dammi
la spada, Alec.”
Jace era insolitamente pallido, come se lo scontro con lei e
Alec gli avesse prosciugato ogni energia.
Era
bello come sempre, pensò Clary. Eppure, in quel
momento più che mai, le risultò lampante la differenza fra il vero Jace e quello che aveva di fronte: un Jace
completamente soggiogato alla volontà di Sebastian, proprio come gli
Ottenebrati che li circondavano.
“Oppure
muori. A te la scelta.”
Alexander
si era rialzato in piedi, la Gloriosa nuovamente in pugno.
Il
suo volto pallido, inumidito dal sudore e da qualcos’altro scivolato giù dagli
occhi, era una maschera di dolore e fragilità.
Respirava
a fatica, una mano rossa di sangue a premere sulla ferita e l’altra ben avvolta
intorno all’elsa della Gloriosa. Non l’avrebbe lasciata: Clary
lo capì nel momento in cui, guardandolo negli occhi, vi vide dentro il fuoco:
le stesse fiamme di determinazione che avevano danzato così tante volte nello
sguardo fiero di Jace.
Le
stesse fiamme all’interno delle quali era stato plasmato il suo cognome.
Alec
non avrebbe mai accettato di perdere l’unica arma in grado di restituire Jace alla sua vita.
Non
per lui e Clary o per Izzy
e i suoi genitori: ma per lo stesso Jace.
“Non
insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te” mormorò
all’improvviso, le fiamme della decisione a inombrare il dolore dei suoi occhi
chiari. “Perché dove andrai tu andrò anch'io. Dove morirai tu,
morirò anch'io e vi sarò sepolto. L’Angelo mi faccia questo e anche di peggio,
se altra cosa che la morte mi separerà da te.”
Jace scosse la testa, la spada ancora tesa e puntata al petto di
Alec. Il suo volto aveva smesso di essere la maschera impassibile di poco
prima. Clary lesse nei suoi occhi qualcosa di
diverso, qualcosa che tuttavia non la rincuorò come aveva sperato.
C’era
rabbia, in quello sguardo: solo rabbia. Tizzoni ardenti di rancore a scurirgli
le iridi.
“Allora
ti sei deciso…” osservò ancora Jace,
facendo un passo verso di lui. “… Hai scelto la morte.”
Alec
scosse la testa, il respiro sempre più irregolare, le mani tremanti sotto il
peso della spada per via della ferita e del sangue perso.
“Non
voglio vivere se non combattiamo dalla stessa parte” replicò, lo sguardo illuminato da un
lieve bagliore di speranza. “Guardami, Jace” lo pregò
un’ultima volta, gli occhi azzurri che spiccavano in quel volto spaventosamente
pallido. “Sono tuo fratello: il tuo parabatai.”
“Errore.”
Una
voce fredda, innaturale, eppure fin troppo familiare, coprì la risposta di Jace.
Sebastian
era sgusciato alle loro spalle, confondendosi con il rosso degli altri
Ottenebrati; repentino e silenzioso come un Fratello Silente. Come il serpente
che si muove sulla sabbia, la stessa creatura che macchiò Abramo ed Eva del
peccato, e letale come il suo veleno.
“Sono
io suo fratello.”
Un
sorriso aguzzo, trionfante, modellò le labbra di Sebastian.
Accadde
tutto così in fretta che Clary riuscì a scorgere solo
il guizzo luminoso di una lama e gli occhi di Alec che si sgranavano,
limpidi e sorpresi, come quelli di un bambino.
Sebastian
calò la spada su Alec con un movimento fluido del braccio, una maschera
di odio ad annerirgli completamente gli occhi.
La
lama squarciò il petto del ragazzo e lo trafisse da parte a parte, all’altezza
del cuore.
Un
grido acuto penetrò la notte e Clary trasalì quando
si accorse che a urlare era stata lei.
Si
portò le mani alla bocca, il tremore violento a percuotere le gambe,
rovesciandola a terra. Il suo grido aveva attirato l’attenzione dei combattenti
e, nel giro di pochi istanti, si fuse ad altre urla, altrettanto strazianti,
altrettanto pregne di dolore.
Nel
frattempo Sebastian rideva – un riso sguaiato e crudele, malcelato dagli
strilli laceranti di Isabelle, di Maryse…. Di Magnus.
Il
rosso delle tenute degli Ottenebrati le danzava attorno, quasi a schernire le
fiammelle che davano il nome ai Lightwood.
E
poi la vista di Clary si offuscò. L’ultima cosa
che sentì, prima di perdere conoscenza, fu l’ennesimo grido.
Un
urlo maschile, carico di orrore: l’urlo di Sebastian.
*
Jace crollò a terra quasi nello stesso momento in cui lo fece
Alec.
Un dolore acuto, lancinante, gli trafisse il
petto. Fu come essere stato colpito da una freccia. Una Una morsa opprimente, simile a una corda allacciata intorno al
suo petto, lo stringeva a punto tale da soffocargli il cuore. Non riusciva a
pensare ad altro che all’aria, a far entrare l’aria nei polmoni per respirare.
La corda si spezzò.
Qualcosa
di secco, come uno schiocco di frusta, lo colpì allo sterno, rubandogli il
fiato.
Una volta, Alec gli aveva parlato di una
sensazione del genere: gli aveva detto di aver percepito il momento in cui era
morto, di essersi sentito come se stesse cadendo nel vuoto, senza più appigli a
cui aggrapparsi.
Per un
istante, la vista di Jace venne offuscata da un
lampo. Si piegò sulle ginocchia, lo stomaco contratto dal bisogno di vomitare.
Qualcosa
di umido gli percorse le clavicole: sangue.
Con le mani bagnate afferrò i lembi della camicia e la aprì
strappandola. Nella luce fioca, vide che la runa parabatai
stava sanguinando.
La
corda si recise del tutto. Jace si sbilanciò
all’indietro.
Il
suo sguardo si posò sul viso pallido di Alec, sul suo corpo immobile. Gli occhi
azzurri ancora aperti, eppure spenti. Non più limpidi, non più vivi.
Non
più.
Ma
cosa te ne importa?
La
runa di Lilith pulsava frenetica, in contrasto a
quella parabatai, che stava incominciando a
sbiadire. Le sue due nature stavano combattendo al suo interno per dominarlo,
per zittirsi a vicenda.
Rumori
affilati gli penetrarono la testa – la risata di Sebastian, le grida di Clary, di Izzy.
Jace non riusciva a condividere nessuna di quelle emozioni. Si
sentiva vuoto, stordito, intrappolato sul ciglio di un burrone.
Si
teneva aggrappato a un filo tenue, l’ultimo brandello sfilacciato di corda
rimasto a sostenerlo.
E
poi, con uno schiocco secco, anche l’ultimo filo si strappò. Il suo corpo vibrò
con violenza, poi tutto finì.
Alec era morto.
Jace incominciò a cadere nel vuoto.
Note Finali.
È con tanta, tanta
emozione che condivido finalmente il prologo di questa storia. Ho incominciato
City of Traded Souls un po’ esitante, perché non mi era praticamente mai
capitato di portare a termine una long con più di cinque o sei capitoli. Questa
volta, però, ce l’ho (quasi!) fatta. Ormai mi mancano due capitoli per concludere
questa storia e undici sono già pronti, così mi sono fatta coraggio e ho deciso
di incominciare a pubblicare.
City of Traded Souls
(o CoTS, come piace chiamarla a me) è una storia un
po’ atipica. È incentrata su Jace e sul viaggio che
intraprenderà per riavere indietro il suo parabatai.
Come molte storie è una storia nata per motivi particolarmente egoistici, lo
ammetto: ci tenevo ad approfondire il rapporto fra Jace
e Alec, che nei libri mi è sempre sembrato un po’ marginalizzato.
Il capitolo uno sarà
ambientato circa sei mesi dopo la morte di Alec (mi fa un po’ male scrivere
queste parole) e la storia riprenderà da lì. Nel corso della long faranno breve
comparsa diversi personaggi delle varie saghe (TMI, TID e TDA): vedremo Magnus,
Clary e perfino Jem.
In questo prologo,
come ho segnalato nelle note iniziali, c’erano diverse citazioni tratte dai
libri. Di solito non amo inserire passaggi estrapolati troppo lunghi, ma in
questa storia, e in particolare nel prologo, mi è sembrata una scelta necessaria:
pur essendo questa storia una what-if?
volevo riallacciarmi il più possibile alla storia madre e quindi ci saranno un
paio di parallelismi che rimanderanno ad alcune scene dei libri.
Credo di aver detto
tutto! Il prossimo capitolo sarà raccontato dal punto di vista di Clary e mostrerà il cambiamento di Jace
in relazione alla morte di Alec e il suo modo di affrontarla.
Grazie a chiunque sia
passato a leggere! Spero tanto che questo prologo possa avervi incuriosito!
Un abbraccio
Laura