“Ricordo
che i miei Natali più belli gli ho passati a Londra. Zia Peggy mi
portava sempre in questa stanza del tè a Cadmen e poi passavamo
l'intero pomeriggio fra i vari mercati a comprare i regali... rise
malinconica... E quando veniva sera, prima di
tornare a casa per preparare la cena attraversavamo Kensington
Gardens e ci soffermavano a mangiare questi piccoli scones*
difronte la statua di Peter Pan...”
Jace alzò appena lo sguardo dai
suoi libri di letteratura e fissò di sottecchi Sam, Sharon, Bucky e
Tony discutere con il direttore e la sua squadra su quale strategia
fosse meglio seguire per contrastare l'Hydra. Steve e Natasha erano
in Vermont e Clint si era congedato da loro, per qualche settimana,
ma con la promessa che sarebbe tornato.
Ascoltò a malapena i loro
discorsi, concentrandosi invece sul fatto che mancava davvero poco a
Natale. Non che l'atmosfera fosse delle migliori per festeggiare,
anzi. Sembrava un pensiero così fuori luogo, visto che un'oscura
organizzazione cattiva gravava su di loro, peggio di una spada di
Damocle.
L'Avengers Tower in quel periodo
era puro caos: gente veniva e andava, Sharon continuava a fare spola
tra New York e Washington cercando notizie fra i suoi ex colleghi
della CIA; Bucky spendeva anima e corpo andando in missione con Sam o
con lo S.H.I.E.L.D., malgrado i scarsi risultati.
«Tutto okay?» celiò la voce
soave di Alexandra, seduta accanto a lui, distogliendo gli occhi dal
suo libro.
«Sì, pensavo...» borbottò Jace
stringendosi nelle spalle;
«Al fatto che saremo gli unici due
ragazzi a non festeggiare il Natale quest'anno?» buttò lì lei con
un sorrisino sghembo;
«Tu ne avresti voglia?» domandò
il biondino diviso fra il curioso e lo sarcastico, ben sapendo che
quello sarebbe stato il suo primo Natale senza sua madre.
Alexandra puntò il suo sguardo
cristallino su Jace, il labbro inferiore tremò appena e lui quasi si
pentì delle sue parole tanto avventate.
«Io... Credo che lo vorrebbe. Era
importante per lei...» sussurrò con un sorriso bello ma
malinconico, che illuminò il suo viso grazioso di una sfumatura più
matura, quasi severa; «Tu l'hai più festeggiato da quando i tuoi-»
«No, diciamo che la vita per
strada non mi hai mai permesso di festeggiare con leggerezza e poi,
per tanto è stato qualcosa che ho rifiutato, troppo arrabbiato col
mondo... l'anno scorso invece, io e Bucky eravamo a Praga e beh
sembrava così deciso a festeggiarlo, o quanto meno ci ha provato...
- si grattò la guancia con espressione buffa – diciamo che ho
apprezzato sforzo» i due si ritrovarono a ridere spensierati, con un
sentimento di rinnovata complicità a scaldargli il cuore.
«No, è stato un bel gesto, mi ha
fatto capire che malgrado tutto è un bel momento per ricordare chi
amiamo ed essere grati di poter provare questo sentimento...»
affermò serenamente, col sorriso intriso di genuina umanità.
Alexandra lo fissò ammirata.
Qualche istante dopo il Soldato
d'Inverno si lasciò cadere accanto a loro, con espressione
corrucciata. Silenziosi i due giovani si sporsero verso l'uomo
seguendo la linea del suo sguardo, fissa su Sharon, che discuteva
tranquilla con i Fitzsimmons.
James sospirò, Jace e Alex con
lui, più per solidarietà che per reale bisogno.
«Vuoi dirci qual è la tua pena o
tiriamo ad indovinare?» frecciò Jace levando un sopracciglio a metà
fra il perplesso e l'esasperato;
«Potrebbe essere un buon
diversivo!» rincarò la dose l'amica scambiandosi un'occhiata
divertita e complice.
«Ne avete per molto voi due?»
berciò immusonito Bucky scoccando ai due un'occhiataccia che gli
lasciò indifferenti.
«Vedi tu Buc! Io e Sasha possiamo
andare avanti tuuutto il giorno!».
James si ritrovò a sospirare
ancora una volta, sapeva che quei due, malgrado l'aspetto angelico,
se lo volevano potevano diventare due pesti diaboliche.
D'altronde lui si sentiva piuttosto
in imbarazzo a confessare quello che la sua mente caotica stava
pensando, ormai come un disco rotto.
«Sharon» mormorò quasi con
vergogna; i due ragazzini gridarono un sonoro “eh!?” sporgendosi
verso il supersoldato, che aveva parlato talmente piano da risultare
incomprensibile.
James sbuffò, si grattò la nuca,
scompigliandosi malamente i folti capelli;
«Sharon» ripeté con più vigore,
ora che l'oggetto dei suoi patimenti aveva lasciato la stanza.
Alex a Jace si scambiarono uno
sguardo perplesso;
«A costo di risultare
ripetitivo... EH?!»
«E' Natale tra pochi giorni...»
rispose invece Bucky senza, apparentemente, alcun nesso logico.
Il quindicenne sgranò gli
occhioni, dubitando seriamente della sua già precaria sanità
mentale, Alexandra invece ridacchiò avendo intuito le criptiche
affermazioni del Soldato d'Inverno. Benedetto intuito femminile.
«Ah ho capito! Vuoi fare qualcosa
di carino a Sharon per Natale!» spiegò candidamente la giovane.
Bucky nascose il viso fra le mani,
sbuffando per celare l'imbarazzo, e la difficoltà che percepiva
fastidiosamente addosso.
A Jace, capito finalmente tutto, si
dipinse un sorriso luminoso sulle labbra, forse c'era ancora una
speranza.
«Hai già pensato qualcosa?» gli
chiese allegro, non volendo girare il dito nella piaga ulteriormente.
Era così grato che Bucky avesse trovato Sharon, forse lui non se ne
rendeva nemmeno conto, ma il suo sguardo si accendeva ogni volta che
lo posava dolcemente su di lei.
James si limitò a negare col capo
e sospirò affranto, era da almeno una settimana che quell'idea gli
rodeva la mente... Non era stato un periodo facile per nessuno e lui
quasi non respirava di giorno: le missioni, le riunioni, i piani lo
rendevano ansioso e vigile, gli unici attimi di pace erano quelli che
condivideva con Sharon di notte; i gemiti di piacere che gli
strappava ricucivano la sua anima logorata, le parole sussurrate che
si infrangevano sulle sue labbra erano la sua ancora di salvezza
dall'oblio della mente, i suoi tocchi delicati ma passionali lenivano
la fatica del suo corpo.
Ora, tutto ciò che desiderava era
fare qualcosa per lei, regalarle attimi di vera vita come lei li
donava a lui.
«No... Io- Vorrei solo... -
corrugò la fronte – Vorrei...»; Jace e Alex lo osservarono
stringere le labbra, combattere contro la parte più rigida e fredda
di sé, quel lato su cui il Soldato d'Inverno della Red Room aveva
ancora una presa ferrea «...Farla felice» esalò infine, come se
quelle parole gli fossero costate un notevole sforzo, la battaglia
era stata vinta.
I due giovani si guardarono con un
sorriso dolcemente triste e pieno di comprensione.
«Ti aiutiamo noi Bucky» celiò
accorata la dolce Alexandra, gli occhioni argentei vibranti. James
sorrise appena, mentre la sua mente registrava come tenerezza, il
sentimento che gli aveva appena stretto il cuore.
«Davvero?» domandò a metà fra
il divertito e il curioso, Jace sorrise sghembo e incrociò le
braccia al petto;
«E va bene, sembri proprio un caso
disperato! Chiamaci pure “gli aiutanti non-ufficiali di Babbo
Natale».
«Lo sapete vero che Babbo Natale
non esiste!?» chiarì James che non aveva afferrato l'ironia
dell'affermazione; ogni tanto gli capitava ancora. I due ragazzi
levarono gli occhi in alto, la loro sincronia metteva i brividi.
«Bucky!».
«Okay... okay... mea culpa!
Allora, idee?» brontolò l'uomo mettendo nuovamente il broncio.
Jace e Alex ci pensarono un po' su,
finché il biondino non trovò la soluzione;
«Londra!» disse eccitato, mentre
l'amica e Bucky lo fissarono poco rassicurati.
«Ma sì! Dai Bucky, Sharon
quand'era piccola passava i suoi natali a Londra con Peggy! Ricordi,
dai l'ha raccontato più di una volta!?».
«Moccioso, sei un genio!» asserì
James alzandosi in piedi gli occhi che ardevano pericolosamente.
Alexandra fissò, con un sopracciglio alzato, i due esseri di sesso
maschile che esaltati si scambiavano il “cinque” e tossicchiò
elegantemente per riportarli all'ordine.
«E come pensavate esattamente di
portarla a Londra? Anche se Stark ti desse il suo jet non credo che
Sharon gradirebbe questa gita fuori porta con tutti i casini in cui
siamo invischiati, fra l'altro siamo senza Natasha, Steve e Clint...
Senza contare che l'Hydra potrebbe individuarvi e attaccarvi e tanti
saluti al romantico Natale» sciorinò lei affabile, mordendosi, poi,
le labbra color lavanda nel vedere Jace e Bucky afflosciarsi come
lanterne prive di un fuoco alimentatore.
«Hai ragione!» esalò James
schiaffandosi le mani sul volto e stropicciandoselo.
Jace sospirò frustrato, poi però
la sua mente machiavellica formulò un'altra idea, a sua detta,
geniale.
«Okay, e se invece di portare
Sharon a Londra, portassimo Londra da lei!?»;
«E come di grazia?» sospirò
sarcastico l'uomo mentre Alex si illuminò cominciando a capire cosa
intendesse fare il biondino.
«Potrebbe funzionare! - disse
accendendosi – ci servirebbe un proiettore...»
«Guarda di chi siamo ospiti» le
rispose Jace con un sorriso, felice che lei approvasse.
«Ragazzi ma che-?» tentò di
intromettersi James che lui, anima candida, non ci era ancora
arrivato; ma i due giovani erano già partiti per la loro strada.
«Pensavo che...»
«Uh so come potremmo fare!»
«Ragazzi-»
«E poi dovremmo chiedere...»
«Sì si ho capito!»
«RAGAZZI!»
Jace e Alex si voltarono di colpo
verso Bucky che li guardava allucinato come fossero due alieni
spuntati fuori da chissà dove.
«Ehm scusa... Troppo veloci?»
disse Jace con un sorrisetto di scuse;
«Decisamente» berciò Bucky.
«Okay, io e Alex abbiamo un piano,
ci pensiamo noi a sistemare tutto! Servirà un diversivo per tenere
Sharon lontana dal suo appartamento fino a sera però...»
«Chiederò a Maria... riuscirà a
convincerla senza problemi» propose James, ben sapendo che se c'era
una persona che non falliva mai era l'agente Hill.
«Buona idea! Ascolta Buc c'è una
cosa che potresti fare...»
«Tutto quello che vuoi Jace...»
non esisteva nulla che non avrebbe fatto per Sharon.
*
Bucky fece un lieve respiro,
sistemò meglio il guanto che gli copriva la mano metallica e diede
un'ultima occhiata al mazzo di candidi fiori che aveva comprato poco
prima, sapeva che le piacevano. Sperava che quella fosse una giornata
buona...
Bussò piano prima di entrare;
«Ciao Peggy...».
*
Sharon Carter strinse gli occhi
frustrata, inspirò profondamente chiudendo, con un gesto secco, lo
schermo del computer ormai sopraffatta da dati, video e strategie.
Provò una grande voglia di piangere, si sentiva così stanca e
delusa, era la sera della Vigilia di Natale e lei se ne era accorta
solo due giorni prima. Rabbrividì infreddolita, non vedeva Jace da
giorni e lo stesso valeva per James... si erano scambiati solo due
parole veloci e solo esclusivamente per discutere dei piani
dell'Hydra. L'aveva sentito distante, sovrappensiero e il suo cuore,
le era sembrato, si fosse ritirato nel petto per la paura. Percepiva
il suo petto pesante come se un macigno la stesse tirando lentamente
a fondo, trascinandola nel ghiaccio che sentiva sulla pelle che
soffriva, come lei, la mancanza di un contatto, la mancanza di segni
sul suo corpo lasciati dall'irruenza passionale di James, del calore
che emanava solo quando era con lei.
A stento si era trattenuta dal
chiamare Natasha, preda di dubbi feroci che di giorno la graffiavano
senza pietà e che le ultime notti, passate in una silenziosa
solitudine, l'avevano divorata famelici. Ma non poteva, anche la
russa meritava una tregua, meritava di abbandonarsi fra le braccia
del suo capitano e dimenticare il mondo, almeno per un po'.
Tirò su con il naso, scrollando le
spalle per riprendersi un briciolo di controllo. Spense tutto, ma
prima di uscire dall'Avengers Tower – in cui si era seppellita
sotto richiesta di Maria che aveva voluto la sua esperienza per
analizzare alcuni dati – afferrò un piccolo sacchetto di carta che
all'interno custodiva un semplice pacchetto di carta azzurra. Sharon
se lo strinse al petto confortata mentre si dirigeva all'esterno.
Affondo il volto nell'eskimo
osservando meravigliata la neve che silenziosa e soffice scendeva
avvolgendo ogni cosa.
«Va da qualche parte signorina?»
domandò la voce affabile di James Barnes alle sue spalle. Un grande
ombrello giallo le coprì il capo. Il cuore di Sharon si strinse
dolcemente e lei voltò la testa trovando il sorriso sghembo del suo
soldato ad accoglierla.
«James...» sospirò sollevata,
tese il collo leggermente all'indietro per cercare un contatto con le
sue labbra. Il Soldato d'Inverno accolse indulgente la sua richiesta
e si chinò a baciarla voluttuosamente. In compenso Sharon gli regalò
un sorriso da bambina soddisfatta.
«Vogliamo andare?» disse lui
offrendole cavallerescamente il braccio. Sembrava essere tornato
negli anni Quaranta.
«Sì – disse l'agente 13 posando
il braccio sulla piega del gomito – andiamo a casa».
James trattenne impercettibilmente
il respiro mentre Sharon girava la chiave nella toppa. Ingoiò a
vuoto nel tentativo di rimettere a posto il proprio cuore gonfio di
tensione, che gli era di colpo balzato in gola. Sperava davvero che
gli piacesse.
Gli occhi scuri dell'agente 13 si
riempirono di meraviglia e incredulità, le labbra rosee si schiusero
leggermente in un'espressione di puro stupore nell'entrare nel suo
appartamento e ritrovarsi catapultata a Londra.
Non si stava sbagliando, era
proprio Londra quella proiettata sulle pareti della stanza.
L'immagine della capitale inglese pulsante di vita e innevata si
rifletteva sui muri. Entrò con passo tremante, si portò le mani
alla bocca per trattenere un risolino incredulo.
Era la sua Londra. Sua e di
zia Peggy.
«O mio dio...» mormorò senza
nemmeno rendersene conto;
«Ti piace?» domandò James alle
sue spalle, che non si era perso nemmeno un'espressione che le era
comparsa sul volto. Sharon si voltò verso di lui, gli occhi
cioccolato lucidissimi.
«Sei stato tu?»;
Bucky le sorrise accarezzandole i
capelli color miele e negò col capo «Non è tutta farina del mio
sacco lo ammetto. Jace e Alex hanno fatto tutto il lavoro» spiegò.
A quel punto la ragazza non ce la
fece più, argentee lacrime iniziarono a solcarle la pelle di pesca,
scosse il capo tremando come una foglia.
«Io credevo- credevo...» tirò su
col naso, rialzò lo sguardo sull'uomo che amava come non aveva mai
amato nessun altro; «Grazie» disse gettandogli le braccia al collo.
Bucky ricambiò l'abbraccio un po'
impreparato alla sua reazione, il cuore che ormai batteva ad un ritmo
tutto suo.
«Per te questo e altro...»
bisbigliò imbarazzato all'orecchio della giovane che si strinse
ancora di più al petto del soldato.
«Vieni dai, la sorpresa non è
finita...» le disse afferrandola per mano come se fosse una bambina
e conducendola verso un basso tavolino attorniato da grandi cuscini
imbottiti.
Sharon era sopraffatta dalle
emozioni, non riusciva a fermare le lacrime e non sapeva cosa dire,
lasciò quindi che fosse James a occuparsi di lei. Si accomodò sui
cuscini e guardò quel piccolo tavolo su cui vi erano poste due tazze
per il tè e un piccolo vassoio colmo di piccoli dolcetti di pasta
frolla ripieni.
«Non ci credo... Questi sono gli
scones! James ma come-?»
«Segreto. - le sussurrò
all'orecchio – tè?»
«Molto volentieri, Sergente
Barnes» rispose afferrando un dolcetto e assaporando deliziata la
pasta frolla e la marmellata invaderle il palato.
James le diede un lieve bacio fra i
capelli e lei si appoggiò completamente con la schiena al suo petto.
Il calore che provava in quel momento era talmente rovente e
avvolgente che era sicura di poter illuminare la volta celeste. Dopo
interminabili mesi si sentiva finalmente al sicuro, i problemi ora
apparivano lontani, quasi inconsistenti... era una tregua labile ma
avrebbe vissuto quel momento fino all'ultimo istante che le sarebbe
stato concesso.
Non appena sentì il profumo del tè
che il supersoldato aveva così doviziosamente preparato, venne
trasportata indietro nel tempo. Chiuse gli occhi mentre il caldo
liquido le scivolava lungo la gola, impregnando il palato di un
delicato gusto fruttato; mai in tutta la vita aveva provato una
sensazione di rassicurante benessere come quella che stava provando
lì, fra le braccia forti del temibile Soldato d'Inverno, bevendo
quello che era il tè della sua tenera infanzia.
«Sei stato da zia Peggy?» domandò
con voce tremante che si rompeva in strani punti. Bucky le sfiorò
gentile, con l'indice di metallo, la guancia deliziosamente arrossata
e annuì.
«E si è ricordata?»
«Di te? Sempre...» la rassicurò.
Il cuore del Soldato perse un
battito nell'ammirare il sorriso caldo e felice che le incendiò il
viso. Era come un raggio di sole che benevolo riscaldava anche lui,
povero uomo di ghiaccio. Ecco cos'era Sharon per lui: il sole.
Avvolgente e luminoso.
L'agente 13 si stava godendo la sua
personalissima Vigilia di Natale, osservando di tanto in tanto le
immagini magnifiche di Londra muoversi sulle pareti del suo
appartamento, quando iniziò a nevicare. Ma non sulla città, dove la
neve si era già addensata soffice sulle strade, no, stava nevicando
nel suo appartamento.
La ragazza levò incredula, per
l'ennesima volta in quella sera per lei così magica, gli occhi al
soffitto dove, non si era accorta, era appesa un'enorme sfera che
dischiusa lentamente stava facendo volteggiare per la stanza piccoli
e leggeri batuffoli bianchi. Cominciò a ridere felice e divertita;
Bucky si perse a osservarla, rendendosi conto che avrebbe voluto
farlo per il resto della sua esistenza.
«James tu sei pazzo! Dovrò fare
un regalo enorme a Jace e Alex per ringraziarli» disse togliendosi
delicatamente alcune lacrime dagli occhi lucidi di divertimento; alzò
il capo e lo baciò con dolcezza, James però trattenne il suo viso
contro il suo, avvolgendolo con la mano. Sharon osservò affascinata
delle fiamme azzurro agitarsi impetuose dietro il ghiaccio degli
occhi del supersoldato;
«Non so se il mio regalo basterà
per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me...».
Bucky sbatté le ciglia, ora era il
suo turno di restare sorpreso;
«M- mi hai fatto un regalo?».
Sharon annuì, divertita nel
vederlo frastornato, lo sguardo simile a quello di un bambino
smarrito. Con attenzione sfilò il pacchetto dal suo sacchetto e
glielo porse, il cuore che batteva frenetico.
James rimase per qualche istante a
fissare il pacchetto fra le sue mani in religioso silenzio. Solo per
quel gesto semplicissimo percepiva i suoi sentimenti agitarsi confusi
e esaltati nel petto. Ingoiò a vuoto e con gesti decisi liberò
dall'involucro il suo regalo.
Erano delle semplici cornici scure,
in legno pregiato ma ciò che era davvero prezioso era quello che
contenevano. Foto sue, di quando una volta era solo il Sergente James
Buchanan Barnes, insieme agli Howling Commandos e Peggy, una foto di
lui e Steve eleganti nelle loro divise militari e in un'altra,
contenuta in una cornice più piccola, lui e Steve quando avevano
appena sedici anni e Steve non aveva ancora nulla del leggendario
Captain America se non l'animo. Le ultime due foto diedero il colpo
di grazia al suo povero cuore che non sapeva più come arginare
l'emozione: nella prima erano ritratti lui e Jace ed era stata
proprio Sharon a scattarla, la seconda ritraeva sempre lui insieme
alle persone che erano diventate davvero importanti per lui. Ne
accarezzò la superficie trasparente con dita tremanti: c'era Sam che
rideva con Alexandra abbracciata a Natasha, la quale sorrideva pacata
nella loro direzione avvolta dal forte braccio di Steve che pareva
non avere occhi che per lei, Jace e Sharon infine che afferravano
divertiti un reticente se stesso per farlo entrare nell'obbiettivo.
«Buon Natale James» disse con
semplicità la ragazza.
«Sharon c-come-?» chiese con voce
resa roca e vibrante dall'emozione;
«Non sei l'unico che è stato a
trovare zia Peggy. Volevo che tu avessi finalmente dei ricordi, che
possedessi qualcosa di tuo, che nessuno ti avrebbe tolto» spiegò
con un bellissimo sorriso candido.
Se avesse potuto James si sarebbe
messo a piangere, poteva quasi sentire quelle lacrime commosse
spingere per uscire ma l'emozione era talmente tanta che non vi
riuscì. Non sapeva nemmeno dare un nome a ciò che stava provando in
quel momento... Sharon era riuscita a vedere nel suo cuore e a
scorgere ciò che più bramava... Non c'era traccia del Soldato
d'Inverno della Red Room in quelle foto, solo bei ricordi uniti da un
unico filo rosso che legava presente e passato. Persone che aveva
amato e che amava erano lì nero su bianco a sorridergli.
Levò nuovamente il suo sguardo su
Sharon, che lo guardava di rimando in attesa, lei non gli aveva
semplicemente donato un regalo di Natale, lei era il Natale, gli
aveva donato e continuava a donargli così tanto che nemmeno se ne
rendeva conto.
«Ehm... James? Ho fatto bene? T-ti
piace-?» domandò un po' scoraggiata dal suo mutismo
imperscrutabile.
«Se mi piace?» disse lui
ritrovando un po' di baldanza, le regalò un bellissimo sorriso
sghembo «Lascia che ti mostri quanto mi piace...» disse malizioso
avventandosi sulle sue labbra.
“...you
are more than the choices that you've made
you
are more than the sum of your past mistakes”
~
“You are more”, Tenth Avenue North
*
Alexandra e Jace stavano tornando
all'Avengers Tower con un sorriso sornione a dipingergli le labbra e
l'espressione appagata come quella di chi si è appena abbuffato di
qualcosa di più del banale cibo.
«Dici che la sorpresa le è
piaciuta?»
«Sasha, fidati siamo stati dei
geni. Impossibile fallire!» la rassicurò il biondino allegro,
tendendo il viso all'insù per assaporare la fredda neve, ma lui
aveva caldo, percepiva il suo corpo emanare fin troppo calore. Era
stato uno dei Natali più soddisfacenti, poco male che lui non
avrebbe festeggiato... Sharon e Bucky avevano avuto ciò che
meritavano.
I due giovani entrarono
nell'ascensore dell'edificio salutando allegri JARVIS. Una volta
giunti al piano in cui era situato l'enorme e confortevole salotto
entrambi ebbero la loro personale sorpresa: l'intera sala era stata
addobbata di rosso e bianco, sembrava che il Natale stesso fosse
esploso all'Avengers Tower; al centro svettava un enorme albero
finemente decorato ed entrambi riconobbero il tocco elegante di
Pepper.
Tony in persona insieme a Pepper,
Niko, Sam, Maria e Coulson con la sua squadra al completo stavano
tranquillamente seduti ad aspettarli.
«Non ci credo!» trillò Alexandra
fiondandosi fra le braccia del padre che ridacchiava divertito.
Jace osservò uno ad uno tutti i
presenti, il suo cuore si fece improvvisamente calmo e iniziò a
battere ad un ritmo sicuro e pacifico. Chiuse gli occhi posandosi una
mano sul petto e un pensiero volò ai suoi genitori, sorrise...
“Grazie”.
“Il
vero messaggio del Natale è che noi tutti non siamo mai soli.”
~
Taylor Caldwell
*
«Maledizione!»
«Natasha cosa stai facendo?».
Steve Rogers si appoggiò allo
stipite dell'arco e incrociò le braccia, osservando con cipiglio
divertito e intenerito la propria compagna destreggiarsi con
l'impasto dei biscotti. Chissà come le era venuto in mente.
«Rogers! Togliti quel sorrisetto
ebete dalla faccia! Questi dannati biscotti non vogliono venire!»
sbuffò inviperita.
Il capitano dovette farsi violenza
psicologica per non scoppiare a ridere altrimenti sapeva benissimo
avrebbe subito violenza fisica dalla sua dolce metà. Scosse il capo
con un sorriso e si diresse da lei.
Natasha aveva i capelli legati in
arruffata coda alta, il lungo maglione bianco imbrattato di impasto
che, nella foga, le era schizzato addosso. Steve la trovò adorabile,
la afferrò per i fianchi e le baciò dolcemente la fronte.
«Dai passamelo» disse mettendosi
al suo fianco;
«Che fai?» domandò lei
perplessa, ma il sorriso dipinto sulle labbra del suo compagno le
fece stringere il cuore.
«Gli facciamo insieme...».
Natasha gli passò parte
dell'impasto falsamente infastidita, non appena lui si voltò lei
sorrise. Semplicemente felice.
I biscotti erano finalmente in
forno e Natasha stava alla finestra guardando persa i folti alberi
del Vermont che celavano quella piccola oasi di pace dal resto del
mondo. Era completamente cosparsa di farina, ovunque, e lo stesso
valeva per Steve, visto che a metà dell'opera era partita una guerra
a colpi di impasto crudo, risultato? I biscotti erano molto meno di
quelli che avrebbero dovuto essere. Ma a nessuno dei due importava,
era stato un pomeriggio di amore e relax.
La bella spia sentì le braccia
toniche del suo capitano avvolgerle la vita, il viso sprofondare fra
i suoi capelli e lo sentì respirare a pieni polmoni il suo odore,
mentre l'aria si riempiva del profumo di biscotti speziati.
«Buon Natale Natasha» le sussurrò
dolcemente; la russa chiuse gli occhi commossa.
«Aspetta...» disse lei a bassa
voce, lo percepiva nell'aria, stava per succedere...
Steve la
osservò stranito, ma lei in compenso sorrise facendogli
l'occhiolino.
E proprio come aveva previsto
candida neve iniziò a fioccare all'esterno della casa, Natasha
ridacchiò fiera di sé, si allungò verso il proprio amato e lo
travolse in lungo bacio pieno di gratitudine e amore.
«Buon Natale Steve».
“When
you came to wake up me and to wish me
merry
Christmas in love
Christmas
in love”
~
“Christmas in love” Renee Olstead
The
End
____________________Asia's Corner
* = sono piccoli dolcetti che solitamente si accompagnano al té, e fanno parte della tradizione gastronomica scozzese.
Eccoci
qui! Bene, spero che questa oneshot vi sia davvero piaciuta! Al
contrario della prima "Night Before Christmas" in questa ho inserito
più di una ship, mi pareva giusto quest'anno lasciare un po' di
più spazio a Bucky e Sharon, ma mi dispiaceva non darvi nemmeno
un assaggio di Romanogers, quindi eccovi accontentati almeno in parte ^^
Prima
di lasciarvi andare ad abbuffare volevo comunicarvi la data del
prossimo aggiornamento di "Dark Eagle", che sarà SABATO 07
GENNAIO!
Bene detto questo, auguro a tutti voi miei carissimi lettori...
Un abbraccio,
Asia