Miracolo di Natale
«E dai!»
«No».
«Dai!»
«Ho detto di no!»
«Andiaaaaamo…»
«Smettila
di
insistere! Ho detto che non voglio andarci! Sono amici tuoi,
non miei! E
poi, quanto vuoi che possa importare a me del Natale?! Non metto
neppure
decorazioni in casa!»
Da quando si erano messe insieme due
anni fa, dal
ventidue/ventitré dicembre in avanti iniziava
l’opera di convincimento: due o
tre giorni in cui la parola che Emily Jane sentiva ripetere
più spesso era
“dai, dai!”.
Un incitamento che in altri contesti
man mano aveva anche
iniziato a piacerle, ma non se si trattava di andare a trascorrere la
sera di Natale
nella locanda del Leprecauno.
La sola fortuna era che, essendo
arrivato il venticinque
dicembre, quello sarebbe stato l’ultimo giorno di
“dai”.
«Nemmeno a me importa tanto
del Natale, ma del cenone di
Diarmid e dei biscottini glassati a forma di albero di Natale mi
importa
eccome. E poi c’è tutta bella gente!»
«Ah sì, guarda,
uno meglio dell’altro» borbottò Emily
Jane.
«Diarmid ti piace. Finnan
anche».
«Diarmid e Finnan sono due,
Eve!» sbottò «E dire che mi
piacciono è eccessivo, sono solo più sopportabili
degli altri, e non è così
complicato… se sentissi Harlequin dire una delle sue scempiaggini, io-»
«Sei tu che le prendi nel
modo sbagliato» minimizzò Eve,
facendo spallucce «Nel senso che te la prendi troppo, e se si
è autoeletto
spirito del Carnevale è proprio
perché-»
«Perché
è un deficiente, e il Carnevale è da deficienti,
ecco perché!» esclamò Madre Natura,
incrociando le braccia davanti al petto «Il
Carnevale è da deficienti, il Capodanno è
inutile, con la Befana ci hai persino provato,
la Pasqua è fastidiosa con
tutte quelle uova dappertutto, Halloween
dopo quest’anno è una cosa che odio più
che mai, il Ringraziamento è sinonimo
di stragi di tacchini, il Natale è brutto e- cosa stai
facendo con quella
spada?»
«“Spirito del
Grinch, io ti ordino di uscire da questo
corpo!”» disse Eve con enfasi, poggiando sulla
fronte di Emily Jane la parte
piatta della spada «“Perché capisco che
vorresti un’altra notte con la
sottoscritta, ma ora sono impegnata con una donna bellissima per cui
nient-”»
«Ricordarmi le tue
bislacche esperienze con qualunque
cosa si muova non ti aiuterà a convincermi
a venire, ma solo a… no, dai» mormorò,
seppur poco convinta, quando Eve iniziò
a baciarle il collo «Non è la sera, davvero,
no…Eve, le mani…»
«Sei tu che hai bisogno di
essere convinta a venire!»
ribatté Eve, con un largo sorriso da Stregatto «Io
ti prendo in parola!»
«Mi prendi in parola, ma
nel senso che pare a te! … davvero»
si scostò, anche se a fatica «L’anno
scorso siamo rimaste a casa, non possiamo
restarci anche stavolta?»
«Potremmo»
annuì Eve «Ma non voglio, quindi no!
L’anno
scorso siamo state a casa, quest’anno andiamo. È
molto semplice da capire, mo
banrìgh» affermò, con totale
tranquillità.
«Fammi capire bene: io
dovrei venire con te da qualche parte
anche se non ne ho voglia solo perché lo dici tu?! Mi auguro
di aver capito
male, perché se pensi di potermi costringere a fare qualcosa
di sbagli di
grosso, Sam Hain!» esclamò, guardandola con aria
torva.
Emily Jane era innamorata di Eve
Hallows, o Sam Hain -il
vecchio nome col quale la chiamava “perché
sì” quando si innervosiva, come in
quell’occasione-: la loro relazione procedeva in modo
più sereno di quanto
avrebbe potuto sperare, e giorno dopo giorno, anno dopo anno, avendo
accanto
qualcuno che tenesse a lei e se ne prendesse cura stava scoprendo un
mondo
completamente nuovo… ma questo non significava che Eve fosse
priva di difetti.
Anzi.
«Non ti costringo a fare
nulla» replicò Eve.
«Bene»
ribatté
Emily Jane.
«Quando dopo vado
porterò i tuoi saluti» rispose l’altra,
con la massima tranquillità, gettandosi di peso sul grosso
divano lì vicino.
Quella di Emily Jane era una casa
ricavata dentro un albero
immenso, ma la sua proprietaria l’aveva dotata di tutto il
necessario e anche
qualcosa in più, incluso un televisore dal grosso schermo,
ultimo modello, sul
quale guardava più che altro le repliche di
“Dallas”.
Ma al momento non era delle soap
opera che le importava. «…quando
“dopo vai” dove?!»
«Alla locanda».
«Ti
ho detto che non
ci vengo!» proruppe Emily Jane, innervosita
più che mai.
«Tu no. Io
sì!»
Madre Natura aveva voglia di mettersi
a gridare come
un’invasata, ma dopo sei anni totali di conoscenza aveva
imparato a capire che farlo
con Eve sarebbe stato totalmente inutile. La sola cosa che avrebbe
potuto
ottenere era perdere la voce e/o riempire casa di neve, e nessuna di
queste
opzioni era di suo gusto, per cui fece un respiro profondo,
contò fino a dieci,
si massaggiò le tempie e cercò di parlare con
calma della questione. «Fammi
capire bene: tu sei la mia ragazza, sbaglio?»
«Aye,
wumman».
«Ecco! E vorresti lasciami
qui da sola? Proprio a Natale?!»
Solo a quel punto Eve si
degnò di tornare a guardarla. «Non
vorrei lasciarti qui da sola, ma io voglio andare alla locanda, tu non
vuoi
venire con me, e io non posso essere in due posti
contemporaneamente».
«Non mi sembra che tu abbia
così tanta “necessità” di
vedere
quelle persone durante i periodi dell’anno in cui non ci sono
feste di mezzo!»
tornò all’attacco Emily Jane «Quindi non
capisco-»
«Li vado a trovare anche
quando non ci sono feste di mezzo,
quindi non è precisamente la verità» la
interruppe Eve «E i periodi festivi
sono anche quelli in cui li becco tutti quanti insieme in una volta!
Ora, è
vero che io con la solitudine non ho nessunissimo problema, ma non mi
dispiace-»
«Rivedere
un po’dei
tuoi ex amanti?! Tipo Cupid Valentine…e lo stesso
Harlequin!»
«È successo
diverso tempo fa, soprattutto la volta con
Harlequin» minimizzò Eve «Nessuno di noi
ci pensa più, a quello».
«Ci penso io anche per
voi» borbottò Emily Jane «Non capisco
proprio come si possa- mettimi giù!
Ti proibisco di prendermi in braccio come se fossi una bambina mentre
stiamo
facendo un discorso serio!» Eve era poco più alta
di lei e probabilmente
avevano lo stesso peso, eppure non sembrava mai faticare quando la
sollevava. «Eve,
mi ascolti o no?!»
«Ti ascolto, ma non ti do
retta lo stesso» disse lei,
sedendosi di nuovo sul divano con Emily Jane in braccio.
«Cosa c’è che non va?»
«Mi stai prendendo in
giro?! È da prima che ti sto dicendo
cosa c’è che non va! Possibile che non- tu non mi-
e smettila di interrompermi
con i bac- Sam Hain, parlo sul
serio!»
esclamò infine, seccata.
«Non è mica per
la tua poca stima verso i miei amici, quella
la conosco già, ma sono dieci giorni che sei strana...
soprattutto quando sai
che devo andare da qualche parte per una ragione o per
un’altra».
Emily Jane si irrigidì, e
per un attimo non seppe più dove
guardare.
Non voleva parlare di quello, non
voleva far altro che
lasciarselo alle spalle, era la cosa più ragionevole da
fare: non era forse
finito tutto in un nulla di fatto? Sì, certo. Quindi
perché lasciarsi
condizionare? Era una cosa stupida.
Eppure eccola lì.
Cos’avrebbe pensato di lei
Eve, sapendola ancora scossa per
quella faccenda?
«…mo
banrìgh, non
sarà per quello che è successo a-»
«PER
COS’ALTRO VUOI
CHE SIA?!!» esplose lei, tutt’a un tratto
«Sei partita il trentuno ottobre
e io ero tranquilla, ma poi sono passati cinque giorni, una settimana,
dieci
giorni, quindici, e poi venti e tu ancora non tornavi, io ti chiamavo e
tu
avevi sempre il telefono spento, quello stracazzo di telefono che dimmi cosa lo porti dietro a fare se poi
non lo accendi mai!!!» gridò, tutto
d’un fiato «E poi anche alla locanda
non sapevano che fine avessi fatto, e sono passati altri giorni,
è passato più
di un mese e io… e io avevo… prima ho temuto che
mi avessi abbandonata anche tu,
come tutti gli altri, ma ricordando che mi avevi detto che quello che
fai è
pericoloso ho… a un certo punto ho pensato che
fossi… che ti fosse successo
qualcosa di orribile, e avevo anche ragione visto che quando sei
tornata eri un
macello, Eve! Un macello!»
terminò,
con la voce incrinata «Tu non hai idea di
quanto…» si coprì il volto con le
mani «No, lasciamo perdere, tanto la tua risposta a tutto
questo sarà “ma i
fantasmi ormai sono dentro da dieci giorni, non
c’è nulla di cui
preoccuparsi”!»
«Mi dispiace».
Emily Jane sgranò gli
occhi. Aveva veramente sentito quello
che pensava? Hallows si era davvero definita
“dispiaciuta”?!... eh sì, era
proprio così, e conoscendo il soggetto era una specie di
avvenimento.
«Ci ho messo molto
più di quanto avessi previsto. Credo che
in oltre tremilacinquecento anni di anni di attività questa
sia stata la volta in
cui i fantasmi me l’hanno fatta più
lunga» continuò Eve «Mi spiace che sia
successo proprio adesso che sto insieme a te, soprattutto vista la tua
storia
personale».
La sua storia personale, fatta di
un’infanzia felice
spezzata dalla morte, proseguita nell’abbandono e in
maltrattamenti che un
titano voglioso di una famiglia solo part-time non aveva mai notato, di
un paio
d’anni abbastanza buoni a vagabondare nel cosmo assieme al
pilota spaziale
Sanderson Mansnoozie -ora noto ai più come Sandman-
, del “naufragio” di entrambi sulla Terra proprio
ad opera dell’uomo che era
stato suo padre e, infine, di circa millecinquecento anni di solitudine
e totale
sfiducia nel prossimo.
Fino a un paio di anni fa avrebbe
reagito in maniera
violenta contro chiunque si fosse azzardato anche solo ad accennare
tutto
questo, ma era una delle tante cose che Eve l’aveva aiutata
-anzi, la stava
tuttora aiutando- ad affrontare. «…potevi almeno
chiamarmi. Almeno quello»
disse piano Emily Jane.
«In realtà no! A
quanto pare il cellulare era di sopra, in
camera nostra, nel cassetto del comodino. L’ho ritrovato
l’altro ieri».
La voglia di sbattere la testa contro
un muro -o sbatterci
quella di Eve- era veramente tanta, a volte. Tanta.
«Tu sei… sei una causa persa, ecco cosa sei! Non
pensi mai a
chi si preoccupa per te!»
«Ti sembrerà una
frase fatta, wumman, ma sta di
fatto che quando sei arrabbiata sei veramente più
bel… d’accordo, non guardarmi in quel modo, ho
capito l’antifona» Eve alzò le
mani in segno di resa, sorridendo tranquillamente
«L’anno prossimo vedrò di
portare il cellulare con me, e se dovessi vedere che la cosa va per le
lunghe
ti farò uno squillo appena avrò un momento
libero. Promesso».
«Immagino che per te far
diventare prioritario avvertire la
tua ragazza sia un sacrificio enorme» disse Madre Natura
acidamente.
«Il lavoro è
lavoro, e quando c’è è impegnativo, ma
riuscirò
a trovare un minuto di tempo per chiamarti, se servirà. Tu
sei diventata una
priorità da quando ti ho detto “ehilà”
la prima volta, Emily Jane!» esclamò, e sorrise
largamente «Cioè, quando ho
finito sono venuta prima qui da te che dal Leprecauno alla locanda,
renditi
conto!»
«Ma che onore!»
sbottò «Vengo addirittura
prima del tuo amico folletto e di suo
figlio!»
«Non lo ho mai fatto per
nessun’altra persona con la quale
sono stata insieme. Puoi non considerarlo un onore, ma per me
è una novità.
Sono più o meno milleseicento anni che vado da lui una volta
finito, da circa
tre secoli prima che aprisse la locanda, e in tutto questo tempo non ho
mai rotto la tradizione…
fino a dieci
giorni fa. Per cui».
«Milleseicento anni
“soltanto”?» avrebbe voluto continuare
con le sue risposte acide, ma aveva trovato un po’strano quel
dettaglio. «Tu e
il Leprecauno non siete più o meno coetanei?»
«Aye»
annuì Eve.
«Se prima non andavi da
lui, perché poi hai cominciato?»
«Quella volta quando ho
finito ero in Irlanda, ed era
domenica».
Emily Jane sollevò un
sopracciglio, non capendo dove volesse
andare a parare. «E con questo?»
«Diarmid la domenica faceva
i biscotti glassati per Finnan,
che aveva un anno o giù di
lì…»
«È cominciata
per i biscotti!» Madre Natura fece facepalm «Se
me lo avesse detto chiunque altro avrei pensato fosse una
panzana…»
«Io non mento
mai».
«Ma la cosa più
assurda è che invece ci credo eccome!»
continuò Emily Jane, senza ascoltarla «I
biscotti!»
«Precisamente quelli che
mangeremo questa sera!»
No, non era possibile.
Non poteva averlo detto davvero.
Non poteva essere rimasta della
stessa idea.
Non aveva davvero insistito ancora
con quella faccenda!
…e invece sì,
lo aveva fatto eccome.
«Ma per
chi parlo,
io?! A volte mi sembra di stare insieme a un muro di gomma... e tu osi
perfino
ridere!»
«Sì che rido,
perché tu in tutto questo pensi ancora che non
ci andremo!... oh che bello, adoro la neve in casa»
commentò Hallows catturando
un fiocco di neve con la lingua «Rende tutto più
natalizio».
«Sono
sul punto di
darti fuoco, ti avviso!!!»
«Sì, anche io ti
amo».
«Ti darò fuoco,
e poi… aspetta» si interruppe bruscamente,
realizzando ciò che era appena successo e che aveva
letteralmente
dell’incredibile «Aspetta, tu hai detto…
cioè, tu hai, TU, veramente…»
farfugliò «Mi avevi detto di non aver mai detto
quello a qualcuno... ma tu hai
detto quello adesso!
A me!»
Lo aveva detto proprio a lei, che si
considerava una tra le
creature più solitarie, torve, acide e
“difficili” sul pianeta -o forse anche
in tutta la galassia-, a lei, che era così maledettamente
chiusa e non si
considerava fatta per le sdolcinatezze tipiche delle persone
innamorate, e che
l’aveva fatta aspettare per quattro anni prima di decidere
che sì, voleva stare
con lei!…
Ecco, già il solo fatto
che Eve Hallows avesse deciso di
aspettarla e starle dietro per quattro
anni, invece di lasciarla cuocere nel suo brodo e trovare facilmente
pascoli
più verdi, avrebbe dovuto farle capire che…
cos’era, se non amore?
Eve inclinò leggermente la
testa di lato, con una curiosa
espressione un po’spaesata. «L’ho detto
davvero?»
«Sì!
Sì che l’hai
detto! In un momento del tutto casuale e dopo la mia minaccia di darti
fuoco!
Ora che ci penso, in effetti potevi dirlo in un momento in cui
c’entrasse di
più con tutto il contesto…»
“Ecco, ora se io fossi al posto di Eve mi
infurierei: sono la prima persona a cui ha detto un ‘ti
amo’ in oltre tremilacinquecento
anni di vita, e vado a dirle che poteva scegliere un contesto
migliore?!”
pensò, riempiendosi da sola la faccia di schiaffi. Mentalmente. «Ah, ma chi se ne
importa del contesto!... mi hai veramente
detto che mi ami!» esclamò e, incredibile ma vero,
si accorse di star
sorridendo.
Era persino felice, e tutto sommato
il Natale non sembrava
più così brutto.
«Eh
sì» rispose Eve, ancora con
quell’espressione «A quanto
pare».
Peccato che minacciasse di diventarlo
nuovamente. «Non
sembri molto contenta» riuscì a dire, sentendo il
sorriso svanire.
«Prima salto il Natale con
la compagnia» disse Eve,
osservando un punto indefinito oltre Emily Jane «Poi vengo da
te per prima a
fine missione invece di andare alla locanda, e ora anche questo.
È strano…»
commentò «Vabbè! È strano ma
non è brutto, quindi chi se ne frega!»
esclamò
subito dopo, col suo largo sorriso «Dai, metti dei fiori
coperti di brina tra i
tuoi lunghi capelli belli e partiamo. Se Saturnali maschio ti dice
qualcosa
puoi pure dargli fuoco ai vestiti, tanto è dicembre,
è freddo».
«No, fammi capire tu
vorresti davvero finire il discorso…
insomma…» Emily Jane scosse la testa, poi
sbuffò «Non ci sto capendo nulla, Eve!»
«Siamo in due!»
«Ma
come?!...
Allora, non ho capito, mi ami o no?!»
«L’ho detto,
quindi sì, certo» disse Eve, che sembrava aver
recuperato tutta la sua tranquillità «Io non mento
mai, ricordi?»
«Ma prima…
meglio lasciar perdere, va’» borbottò
«Comunque,
visto che siamo in vena di… ecco…»
abbassò gli occhi «Io ti…»
«Mi volevi fare una
proposta indecente per il dopo cena? Anche
io!» annuì Eve «Qualunque cosa sia, sono
d’accordo a prescindere».
«Io
ti amo» disse
Madre Natura tutto d’un fiato, facendo finta di non sentire:
se non l’avesse
detto in quel momento, non ci sarebbe riuscita più.
Hallows la guardò per un
istante senza dire o fare nulla, ma
poi le diede un bacio sulla fronte, con una certa dolcezza. Un gesto
che Emily
Jane trovò molto dolce…
«Lo so!»
…fino a quel momento.
«Che razza di risposta sarebbe “lo
so”?!»
«Veritiera».
«Tu sei… Tu sei-»
«Bell’albero! Non
me ne ero accorta!»
Un albero? Quale albero?
Emily Jane si voltò, e fu
solo allora che si accorse
dell’abete che era nato dal pavimento, ricoperto di neve e di
lucine colorate
che vagavano tra le fronde. Era senza dubbio opera sua, anche se
involontaria,
ed era anche venuta molto bene. «Ci mancavano soltanto gli
alberi che spuntano
a caso!»
«Non so se sia spuntato a
caso o perché hai deciso che tutto
sommato il Natale non è tra le feste più
brutte… se puoi dare fuoco ai vestiti
altrui».
«Eve, non
intendo-»
«Oh sì che
intendi, invece. Vedo i fiori tra i capelli».
Anche stavolta, Eve aveva ragione:
pareva proprio che si
fosse lasciata convincere senza neppure rendersene conto.
«Posso veramente dare
fuoco ai vestiti del tuo caro amico, se chiacchiererà
troppo?»
«Ma sì, tanto ha
il fattore di guarigione, chi se ne
frega!... la tua prima cena di Natale con tutta la
compagnia…» sorrise «Sono
contenta che tu venga con me».
«Anche se probabilmente
finirò per litigare con tutti?»
«Alle cene di Diarmid non
si litiga, pena una bastonata in
testa. Per la cronaca, le sue bastonate non fanno piacere e sono
difficili da
evitare, perché quel folletto è più
veloce a colpire che a incamerare oro e
argento… e credimi: come incamera lui, non incamera
nessuno!»
Emily Jane fece un mezzo sbuffo
divertito. «Quello lo avevo
notato. Già solo con te deve incamerarne
parecchio».
«La mia suite ha costi di
gestione piuttosto alti, sì»
minimizzò Eve «Ma non importa, me lo posso
permettere. Andiamo, mo banrìgh? Ci
sono dei biscotti
glassati che aspettano di essere mangiati».
«E dei vestiti che
aspettano di prendere fuoco» aggiunse
Madre Natura, azzardando una battuta.
Quando Eve rise, Emily Jane
pensò una volta di più che stare
con un muro di gomma che dava risposte a caso, diceva di amarla e non
mentiva
mai, fosse tra le poche cose buone che le fossero capitate durante la
sua
imprevedibilmente lunga vita.
Anche se questo significava
partecipare a cenoni con un
insopportabile piccoletto italiano.
***
«“Jin-gle beeells! Jin-gle beeeeells! Jingle
aaall the waaaaaaaaaaaaayyyy!!!...”»
«Perdonatemi, gente, non
sapevo quello che facevo!» gemette
Harlequin.
«Te lo avevo detto che
riempire di straforo i bicchieri
altrui era una pessima idea, ma tu devi sempre fare di testa tua, Titus
Quinctius Saturninus!!!» lo rimproverò April.
«“Oh what fuuuuun it is to ride in a one horse
open sleeeeee-eigh!!!”»
«Questa sera
l’impossibile è accaduto, Sam Hain»
commentò Valentine,
con aria vagamente sofferente «Non solo hai convinto la tua
ragazza a
partecipare al cenone, non solo non ci sono stati
litigi…»
«C’era un motivo
se le ho fatto portare del grain whisky, e se
non l’ho avvertita che Harlequin le riempiva di continuo in
bicchiere senza che
lei se ne accorgesse, ihihihihihih!!!»
«…ma oltre a
tutto questo abbiamo scoperto che c’è qualcuno
che canta peggio di te!» continuò Valentine.
«“Jin-gle beeells! Jin-gle beeeeells! Jingle
aaall the waaaaaaaaaaaaayyyy!!!...”»
cantò -anzi, stonò in maniera
orribile- Emily Jane, evidentemente brilla.
«Peggio! Orribilmente
peggio! Tragicamente peggio!» gridò il
Leprecauno da sotto il tavolo «Mi sta cadendo la barba a
ciuffi!»
«A me sembra a posto,
papà» osservò Finnan, che sembrava
piuttosto tranquillo.
«Dopo questo, guai a chi
dice che io e quella ragazza lì,
che sta stonando come io non sono mai riuscita a fare pur impegnandomi,
non
siamo fatte l’una per l’altra! Guardatela!»
Hallows rise di nuovo «Come avrei potuto non
amarla?»
«Aspeeeeeeetta…»
si intromise la Befana, al momento nella
sua forma preferita -da vecchia bacucca- «Ho sentito male, o
hai detto
veramente che la ami?»
«Aye»
ribatté Eve,
facendo spallucce «A ogni nota sbagliata un po’di
più, ihihihihih!!!»
Cupid Valentine era allibito, e il
Leprecauno da sotto il
tavolo dovette dare diverse tirate ai suoi pantaloni perché
questi abbassasse
lo sguardo.
Quando il “dio”
dell’amore si decise, comunque, trovò un
folletto che indicava Hallows con una faccia ancor più
attonita della sua. Era
qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai pensato di vedere nel corso
della loro
vita immortale, eppure, dopo oltre tremilacinquecento anni, era
accaduto: Sam
Hain aveva parlato di amore!
Pur vedendola dedicarsi da sei anni
solo a Madre Natura -cosa
di per sé incredibile- nessuno dei due si era azzardato a
sperare così tanto,
conoscendo il soggetto.
«Miracolo di
Natale» commentò Finnan, che aveva intercettato
lo scambio di sguardi tra i due.
«Proprio questo»
mormorò Valentine.
«“Oh what fuuuuun it is to ride in a ooooone
hooooorse
o-peeeen sleeeeee-eigh!!!”…»
Buonasera,
anzi, buon Natale :D
Spero che la one shot randomica (non
avete idea di quanto
sia randomica, visto che inizialmente progettavo di scrivere un'altra
in un altro fandom :'D fate due conti) non vi abbia annoiati troppo:
l'ho scritta pensando che coloro che hanno letto "La Luna Dorata"
possano essersi chiesti come andassero le cose tra Emily Jane/Madre
Natura e Eve Hallows, e niente, ho buttato giù qualcosina
con un vero e proprio miracolo di Natale in mezzo :)
Alla prossima,
_Dracarys_
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