Hey, Brother
-
There’s nothing in this world I wouldn’t
do -
Hey brother
There’s an endless road to be
discovered
Hey sister
Know the water’s sweet but blood is
thicker
Sospiro pesantemente, trattenendo un gemito di fastidio.
In questa cucina, l’aria è diventata irrespirabile.
Basta, esco a fumare sul castello di poppa, all’aria
fresca, ho deciso.
Mi alzo, negando gentilmente il bicchiere d’acqua che mi
porge la dolce Nami-san ed eludendo la proposta di Brook, di venire con
me.
Afferro giacca e sigarette e mi avvio, scansando
l’ennesimo tentativo di Chopper di misurarmi qualcosa, da
qualche parte, prima
di uscire. Non so neanche che test voglia farmi ancora, e, soprattutto,
non mi
interessa.
So di essere stato maleducato, ma non ne posso più!
Sbuffo, esasperato, osservando il mare placido, in questa
notte di luna piena.
Abbiamo lasciato Whole Cake Island da tre giorni e, da quel
momento, il nostro piccolo dottore non ha fatto altro che riempirmi di
esami e visite
varie. Non mi ha lasciato un attimo.
Nami e Brook non sono stati da meno. Sono diventati la
mia ombra. Mi trattano con le pinze, come fossi fatto di vetro e
dovessi rompermi
da un momento all’altro.
Certo, adoro ricevere le attenzioni della mia bella dea
ramata, ma qui si sta sfiorando il ridicolo!
Non ho bisogno di guardie del corpo, anche per andare in
bagno!
È inutile dir loro che sto bene. Io
sto bene!
Per lo meno, fisicamente, non ho riportato grossi danni.
Il mio male non guarisce con un’aspirina.
Aspiro una prima boccata dalla sigaretta, addossandomi al
muro con la schiena, chiudendo gli occhi, cercando di rilassarmi.
Quando li riapro mi accorgo di non essere più solo.
A qualche metro di distanza, seduto sul parapetto che
guarda il mare, c’è Rufy.
Stringo la sigaretta tra i denti, nervoso.
Anche lui ha paura
a lasciarmi solo? Una volta mi era concessa un po’ di
privacy, su questa nave!
Schiocco la lingua, contrariato.
L’avranno mandato gli altri, per controllarmi? Sanno che
a lui non posso negare nulla.
Cos’è, avete paura mi
butti in pasto ai Re del mare o mi trafigga con l’ancora, se
resto solo dieci
minuti?
Scuoto la testa, storcendo le labbra, sentendo in bocca il
sapore amaro del filtro. Ne accendo un’altra.
Mi mancava troppo il mio vizietto. Big Mom non amava
avere attorno gente che fumava.
Sbuffo, seccato. Big Mom, in realtà, non amava nulla.
Neanche i suoi figli. E, in questo, somigliava molto a qualcun
altro…
La luna è bellissima stasera. Illumina la nave in una
maniera quasi spettrale, rendendo me particolarmente incline alla
malinconia.
Chissà se anche lei la sta guardando?
Spero stia bene. Nella calca della fuga, so solo che è
riuscita ad imbarcarsi su una nave, prima che l’isola venisse
rasa al suolo.
Reiju… ti prego, sopravvivi. Sei l’unica della
famiglia
che si merita di vivere.
E gli altri? Non so niente, né se siano insieme, vivi o
se siano stati seppelliti dalle macerie dell’isola, come
nostro padre.
Ghigno, amaramente.
Padre.
Non lo è stato e mai lo sarà, per me. Ma, nei
miei
pensieri, fatico a non chiamarlo così. Ha segnato troppo la
mia vita, sotto
quell’appellativo. Ho faticato a guardarmi allo specchio per
molto tempo. Ora so
che un bambino non ha colpe.
Vedo un movimento, con la coda dell’occhio. È Rufy
che si
sta stiracchiando.
Lo osservo, corrugando le sopracciglia.
È un po’ strano non mi abbia ancora rivolto la
parola.
Che sia per chiedere cibo o per fare qualche domanda idiota, delle sue.
Lo guardo grattarsi la testa e, con un balzo, tornare in
piedi, iniziando a dirigersi verso la porta che dà alla
cucina. È a quel punto
che mi vede. L’espressione terrorizzata che assume,
schizzando all’indietro, mi
fa capire che, in realtà, questo scemo, non si era neanche
accorto della mia
presenza, accanto a lui!
Che razza di capitano mi sono scelto…
Per lo meno, non era qui per controllarmi.
“Sanji!! Mi hai fatto prendere un colpo!!”
gracchia,
tenendosi il costato con una mano.
Io sbuffo una nuvoletta grigia, in risposta, alzando un
sopracciglio.
Lui si riprende quasi subito. E, mi sorride… ovviamente.
“Sei uscito anche tu a guardare la luna? Hai fatto bene.
È bellissima, stasera. Sembra un enorme biscotto!”
mi dice, con quel candore,
così tipicamente suo. Probabilmente è davvero
convinto io sia uscito per questo.
“Già…” mormoro, non sapendo
bene cosa rispondere,
spegnendo anche il secondo mozzicone, con la scarpa.
“Senti… so che è tardi ma, non
è che avresti voglia di cucinare?
Magari qualche biscotto? Non dico tanti. Giusto un centinaio o
due…”
Lo guardo, pacato. Sorride sempre troppo, questo ragazzo.
“Perché no? Poi mi ci metto…”
affermo tranquillamente,
ormai abituato alle sue esorbitanti richieste. E anche
perché, in fondo, mi
sento ancora in colpa nei suoi confronti.
Prima di affrontare Big Mom in tutta la sua sfolgorante
cattiveria, Rufy aveva detto che non avrebbe più mangiato
nulla che non avessi
cucinato io, e così è stato. Alla fine della
battaglia era stremato. È stata una
dura prova per lui ed io mi sono sentito un verme per tutto il tempo.
Per come l’ho coinvolto, per come gli ho voltato le
spalle, per come l’ho trattato.
Sapevo fin dall’inizio che sarebbe venuto a cercarmi.
Ormai, lo conosco troppo bene.
Non so esattamente cosa mi aspettassi da lui. Volevo che
mi salvasse? O che mi desse la sua benedizione?
Non lo so più neanche io.
So, però, che ha perdonato quasi subito il mio tentativo
di fuga. Certo, il pugno che mi ha tirato alla fine, fa ancora male, ma
me lo
meritavo.
Non potevo aspettarmi nulla di meno dall’uomo (si, uomo)
che mi ero scelto, come Capitano.
La mia lealtà è, se possibile, triplicata. E
l’ammirazione ha raggiunto livelli sconfinati.
Ciò nonostante, non smetterò mai di sentirmi in
difetto,
accanto a lui.
Non sono più la stessa persona che è approdata su
Zou, appena
un mese fa.
Quel Sanji è morto, quando è sbarcato su Whole
Cake
Island ed ha conosciuto Pudding.
Scuoto la testa. Ho la psiche ormai distrutta, dagli
eventi della mia vita.
Non conosco ancora a fondo questa persona che è, a tutti
gli effetti, il nuovo me, ma finora, non mi piace granché. E
non so cosa fare.
“Ormai dovrebbe mancare poco a Wano.”
Mi volto verso Rufy, con molta calma. Tiene gli occhi
fissi sull’orizzonte scuro, sorridendo appena.
“Nami dice che mancano solo pochi giorni di navigazione e
ci riuniremo agli altri.” Mi dice, tranquillo, con una punta
di soddisfazione,
e il mio senso di inadeguatezza diventa un macigno immane sul cuore.
Ritroveremo gli altri. I Mugiwara saranno riuniti, di
nuovo, dopo settimane.
Perché il pensiero non mi rende felice? Perché
vorrei
buttarmi a mare, piuttosto di vivere quella riunione?
Accendo la terza sigaretta, sentendo il cuore accelerare
i battiti.
Lo so bene io, il perché.
Ho paura. Non voglio confrontarmi con loro.
Il mio caso è diverso da quello che è stato per
Robin,
Nami o Usop.
Io ho tradito il loro
Capitano, quando eravamo ormai un gruppo solido, non pirati alle prime
armi.
Io ho volutamente lasciato la ciurma. Non volevo essere
salvato.
Io ho picchiato Rufy, fino a ferirlo seriamente, quando
era già allo stremo.
Io… avevo deciso, definitivamente, di non fare mai
più
parte dei Mugiwara e mi stava bene.
Dopo l’inganno di Pudding, ho creduto di essere morto
dentro. Anche lei, mi aveva tradito.
Per la prima volta in vita mia, ho odiato una donna e non
una qualsiasi. A lei avevo aperto il mio cuore, certo di aver trovato
una
persona buona, in un universo di mostri.
Da idiota quale sono, ho fatto male i miei calcoli. Ha
cercato di uccidermi, ma non c’è riuscita.
Tutto per merito dell’uomo che ho vicino, a cui devo,
ancora una volta, la mia vita.
Come puoi essere ancora così ben disposto verso di me,
Capitano?
Ho causato a tutti innumerevoli sofferenze, eppure hai
ancora fiducia in me.
E, se anche per Nami, Chopper e Brook, la cosa è
già nel
dimenticatoio, non significa che per gli altri sia così.
Mi tratteranno in maniera diversa? Mi odieranno? O,
peggio, non mi vorranno più?
Loro non c’erano su Whole Cake Island. Sanno solo quello
che è stato riportato dai giornali. Ed io, lì,
figuro come un traditore della
peggior specie.
Rufy la fa facile. Per lui non lo sono mai stato.
Ma io volevo davvero lasciarli. Volevo vivessero una vita
lontana da me, dai miei problemi.
Alzo gli occhi, osservando la luna stagliarsi sopra le
nostre teste, in tutta la sua magnificenza.
Ho paura del loro giudizio, di quello che potrebbe
pensare di me il resto della ciurma.
E la cosa che più temo è il parere di Zoro.
Sbuffo piano, per non farmi sentire da Rufy, ancora in
contemplazione del mare.
Mi fisso le scarpe, stringendo la sigaretta tra i denti.
Mi fa ridere pensarci ma, si, l’opinione del marimo mi
angoscia. So bene come la pensa, riguardo ai tradimenti. A Water Seven
ce ne ha
dato dimostrazione.
Ci siamo sempre fidati della sua capacità di giudizio.
Facevamo affidamento su di lui per preservare le regole e ristabilire
l’ordine.
Dopo i due anni di allenamento, siamo diventati la ciurma
unita, stabile e forte, che volevamo essere fin dall’inizio.
Le persone adatte
ad affiancare il futuro Re dei Pirati. La lealtà e la
fiducia verso Rufy, erano
qualcosa che accumunava tutti noi… ma… Io, ho
infranto quel codice.
Se l’opinione di Zoro dovesse essere negativa, anche
quella degli altri potrebbe vacillare. È matematico, senza
tanti dubbi, il
giudizio del marimo è sempre stato sacro, per ognuno di noi.
Perfino Rufy potrebbe nulla, contro l’intera ciurma.
No, decisamente non sono felice dell’imminente riunione.
Anche se muoio dalla voglia di rivederli, fin da quando ci siamo
separati a
Dressrosa.
Cosa farò se le cose dovessero andare male?
Se escludiamo Zeff, gli unici che hanno rappresentato qualcosa
di importante per me, sono stati loro. Questo gruppo di pirati
sconclusionati e
attacca briga che, ora, tengono in mano le sorti della mia vita.
Sospiro pesantemente, appoggiandomi con i gomiti al
parapetto e fissando la distesa d’acqua infinita davanti a me.
Famiglia… è
un
termine che ho sentito spesso, nelle ultime settimane. Big Mom e mio
padre se
ne riempivano la bocca, in continuazione.
Aspiro una nuvoletta grigiastra, perso in mille
considerazioni.
“Rufy?” Il tono esitante con cui lo chiamo, lo fa
voltare
quasi di scatto.
“Si?” mi incita, dopo un attimo di smarrimento.
“Come ci si sente, ad avere dei fratelli che ti vogliono
bene?”
Senza guardarlo, sento il mio capitano trattenere il
fiato, sorpreso. Ed io con lui.
Non so davvero come mi sia uscita questa domanda.
Forse è la tristezza che mi pervade, a farmi parlare a
vanvera.
Forse ho solo bisogno di sentirmi dire che esistono
legami sinceri.
Forse, voglio solo sapere cosa si prova.
Rufy non parla, guarda il mare.
Mi volto verso di lui, la sigaretta che pende dalle mie
labbra, diradando il fumo grigio nell’aria.
Quando prende parola, lo fa con un tono dolce e
nostalgico. “Ci si sente bene.” Mormora, senza
guardarmi, ma sorridendo “Sai di
avere qualcuno su cui puoi fare affidamento, sempre e comunque. Che non
ti
tradirà mai, neanche se nonno Garp lo sgrida
perché crede abbia finito la
marmellata, e, invece, sei stato tu.” Si volta, visibilmente
emozionato. “Vuol
dire avere dei compagni fidati. A volte decideranno loro il gioco,
altre volte
tu.” Continua, ridacchiando. “Vuol dire avere
qualcuno che capisce come stai,
solo guardandoti. Che ti para le spalle. Che condivide i tuoi sogni e
le tue
paure. Che se sei triste, viene a consolarti. Vuol dire sapere di avere
a che
fare con un idiota, o due, ma che difenderesti a spada tratta,
perché solo tu
puoi chiamarlo così.” Sospira, ricordando
chissà che momento. “Si sta bene,
Sanji. È bello.” Termina, con un’alzata
di spalle.
Io non parlo. Non so bene cosa dire. Abbasso lo sguardo,
puntandolo sulle mie scarpe, soppesando le sue parole.
Sapevo già adorasse i suoi fratelli, ma non lo avevo mai
sentito parlare così di loro.
Volevo sapere cosa si prova? Eccomi servito. Ed, ora, sto
peggio di prima.
L’invidia mi brucia nelle vene, come alcool su una
ferita.
Di che mi stupisco? L’ho voluto io…
Perché gliel’ho chiesto? Cosa volevo dimostrare, a
me
stesso? Sapevo già di aver avuto un’infanzia
d’inferno, perché ho voluto
punirmi, ulteriormente?
Rufy, non ha colpa. È stato fortunato e sono felice abbia
potuto avere dei momenti così belli, nel suo passato.
Spengo l’ultima sigaretta, sotto la suola. Non ho
più
voglia di fumare.
Mi giro, per guardare negli occhi il mio amico. E
sorrido, amaramente. Non mi vergogno a mostrami debole davanti a lui,
so che
capisce.
“Avrei voluto provarlo
anch’io…” ammetto, quasi in un
soffio.
Rufy mi fissa, neutro, le braccia poggiate al parapetto,
la luna ad illuminare il suo viso.
Infosso la testa tra le spalle, mettendo le mani in
tasca, sospirando.
Guardo la porta della cucina. Forse dovrei entrare ed
iniziare a fare i biscotti.
“Sanji?”
“Dimmi...”
“Come ci si sente, ad avere dei fratelli di sangue?”
Lo guardo, sorpreso. È mortalmente serio.
Perché lo vuole sapere? Vorrei tanto chiederglielo, ma
qualcosa mi frena.
“Beh…” inizio, titubante “Per
quanto mi riguarda, non si
sta tanto bene…” ammetto, storcendo la bocca. Rufy
mi osserva, attento. “Avere
il sangue in comune non significa niente. Non li senti speciali, quando
ti
picchiano o ti deridono. Non sei felice, se ti prendono di mira. Se
diventi la
loro vittima preferita. I giochi non sono divertenti e non comandi mai
tu. Ti
senti sempre una nullità, se paragonato a loro, da chi non
dovrebbe fare
preferenze. Non c’è niente di speciale
nell’avere fratelli di sangue, come i
miei…” Sospiro pesantemente, chiudendo gli occhi.
“Mi dispiace, forse non era la risposta che
volevi… Dovresti
fare questa domanda a qualcuno che ha una famiglia normale.”
Concludo, atono, riaprendo
gli occhi.
Il silenzio cala su di noi.
La luna ci osserva, stagliata nel cielo senza nuvole. La
nave ondeggia lievemente. Il mare è calmo.
La brezza notturna mi accarezza, facendomi voltare e
trovandolo che mi sorride, affettuosamente.
“Non dovresti essere tu a chiedere scusa per la tua vita.
Non è mai stata colpa tua, Sanji.”
Deglutisco rumorosamente, preso in contropiede.
Scuoto la testa, facendo un sorrisetto. “Cosa importa,
ormai? Il bello del passato è, che è
passato…”
Mi dispiace per
quello che ti ho fatto passare.
Rufy ghigna. “I fratelli non puoi sceglierli. Quelli che
arrivano, devi tenerteli. Nel bene e nel male.”
Non pensarci, non eri
tu quello.
Schiocco la lingua. “Sarebbe stato meglio che non fossi
mai nato. Tutti sarebbero stati più felici.”
Non avrei dovuto permettere
che voi foste invischiati nei miei casini.
Rufy perde il sorriso. “Non dirlo neanche per scherzo!
Come farei io senza i tuoi manicaretti?? Mi picchi se rubo qualcosa,
è vero, ma
alla fine mi lasci mangiare quello che voglio! E Zoro? Non avrebbe
nessuno con
cui confrontarsi! Voi due siete la mia avanguardia! E Nami e Robin
senza le tue
attenzioni e protezioni?? Brook si sentirebbe solo... Chopper, ti
idolatra. Per
non dire di Franky ed Usop, quando li lasci lavorare in cucina,
perché è più
caldo e nella loro officina fa freddo e non vuoi che si ammalino.
“Tu ci proteggi, sempre. Ti occupi di noi, ci fai
rimanere uniti! Senza di te, non saremmo la famiglia che
siamo!” conclude,
senza traccia di imbarazzo per ciò che ha ammesso.
Siamo noi i tuoi
fratelli, Sanji! Nessuno di noi ti lascerà mai andare via!
Mai! Ricordatelo!
Ridacchio, divertito. Ho appena un po’, gli occhi lucidi,
ma deve essere colpa del vento.
Rufy sorride. “Zeff sarà fiero di te quando
tornerai al
Baratie, dopo aver trovato l’All Blue!”
Hai sempre avuto
una famiglia che ti vuole bene. Non hai motivo per essere triste, amico
mio.
Lo guardo, mesto, mentre vengo invaso da un turbinio di
emozioni. Alle quali, fa capo la gratitudine.
Sono così stanco di soffrire. Ho l’anima lacerata.
Non credo che il mio male potrà mai guarire, è
troppo
radicato in me, ma Rufy ha ragione.
Loro sono la mia famiglia, come lo sono Zeff e i cuochi
del Baratie!
Mi conoscono, sanno chi sono e che non ho mai voluto far
del male a nessuno.
Hanno tentato di schiacciarmi in tanti modi. Ma io sono
ancora qui!
Acciaccato e depresso, ma vivo. Vivo e amato, anche se ho
fatto di tutto, per dimenticarlo.
Sono vivo e ho ancora degli amici, a questo mondo! Brave
persone, su cui fare affidamento.
Temo il giudizio dei miei compagni su Wano, ma il capitano
sembra deciso a non mollare.
Se è così fiducioso, deve pur esserci qualcosa di
buono,
in me.
“Rufy?” più sereno, lo chiamo.
“Hai voglia di fare i
biscotti con me?”
Lui si volta, annuendo, contento di aver avvertito un
tono più dolce nella mia voce.
“Tu vai pure avanti, io arrivo tra poco.”
“Certo!! E chiederò anche agli altri se vogliono
farlo!”
esulta, avviandosi verso la porta della cucina.
“Mi sembra un’ottima idea.” Mormoro,
sinceramente. Dovrò
farmi perdonare il comportamento di prima. Ho fatto preoccupare a morte
tutti
loro, per giorni. È normale abbiano paura di vedermi
scomparire.
Con un ultimo ghigno incoraggiante, Rufy rientra.
Rimango ancora un istante appoggiato al parapetto di
quella nave, che ho rischiato non rivedere più.
Credo che non tornerò mai quello di un tempo, forse non
lo voglio nemmeno.
Potrò plasmare il nuovo Sanji, a mio piacimento.
Sarò un
uomo nuovo.
Raddrizzo la figura e sorrido, rassicurato, un attimo
prima di aprire la porta.
Subito, Chopper mi corre incontro. Una volta tanto, solo
per un abbraccio, felicissimo di fare i biscotti. Getto
un’occhiata al tavolo
della cucina, dove Rufy sta impilando sacchi su sacchi di farina, presi
dalla
dispensa; prima di venire atterrato al suolo, da un pugno della mia
bellissima
dea ramata, che gli urla qualcosa riguardo il fare attenzione alle
quantità, se
non voleva avvelenare tutti, un’altra volta, con Brook e
Carrot che se la
ridono, dietro il bancone.
Ridacchio anch’io, mio malgrado partecipe
dell’ilarità
generale.
Chopper raggiunge il resto dei nostri Nakama ed io faccio
per seguirlo, ma poi, mi blocco.
Il sorriso mi si congela, sul viso.
Parlare di fratelli con Rufy, ha fatto affiorare un
pensiero spontaneo.
Se nostro padre ci
avesse permesso di essere bambini normali, noi… avremmo
anche potuto… volerci
bene?
Scuoto la testa, affranto.
Non ho idea di dove siano, né se siano ancora tutti vivi,
e, non posso fare a meno di pensare, che se nostra madre fosse
sopravvissuta,
forse, le cose sarebbero andate diversamente.
Non lo saprò mai. È un quesito che non
avrà risposta.
Tanto vale mettere il cuore in pace e godermi la vita,
con la famiglia migliore che potessi trovare.
Annuisco, tra me e me, sicuro.
Nostro padre non condizionerà mai più
l’esistenza di
nessuno.
Rejiu e gli altri, se ancora vivi come credo, ora sono
liberi di fare quello che vogliono.
Nonostante tutto, spero ancora che siano abbastanza
intelligenti, da abbandonare qualunque mira bellicosa e decidere di
avere una
vita normale. Lontano da me. Questa volta, per sempre.
Guardo i miei Nakama giocare ed un nodo mi sale in gola.
Ho odiato i miei fratelli e li odio tutt’ora.
Mi hanno rovinato la vita.
La decisione definitiva è stata mia.
Non voglio rivederli mai più.
Eppure, è strano quanto questo pensiero mi ferisca.
What if I’m far from home?
Oh brother I will hear you call
What if I loose it all?
Oh sister I will help you back home
Oh, if the sky comes falling down, for you
There’s nothing in this world I
wouldn’t do
Angolo
autrice:
Ok, non è una song-fic… ma ci va
vicino.
Hey, brother di Avicii mi pareva indicata per il contesto
in cui versa il nostro povero cuoco… adesso più
che mai ha bisogno di affetto (che
tu sia maledetta Pudding, anche se non me la conti
giusta………)
Ho voluto immaginare i suoi pensieri quando (e se),
riusciranno a ripartire da WCI, tutti interi. Ho creato un futuro in
cui Judge
è rimasto ucciso sull’isola, mentre i mugi e i
fratelli Vinsmoke sono riusciti
a scappare.
Perché, nonostante tutto, sono profondamente convinta che
Sanji, in un angolino del suo cuore, speri ancora nella redenzione dei
fratelli, una volta eliminato il fattore scatenante (Judge).
PS: non ho messo Pedro, perché ho paura che anche il
visone faccia una brutta fine…
Fatemi sapere che ne pensate, grazie!!
A presto,
Momoallaseconda
|