Alberi di Natale

di Kore Flavia
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Kageyama era stato persuaso solo dopo decine di suppliche e migliaia di riverenze nei suoi confronti. Era stato convinto dallo sguardo basso e stizzito del compagno di squadra perché, no, da solo proprio non ci arrivava alla cima dell’albero. Hinata aveva pestato i piedi, gridato che “voglio metterla io la stella” ed era stato rimproverato bonariamente da Sugawara per il troppo chiasso. Kageyama si era limitato a borbottare un’”idiota” mentre appendeva una pallina blu al ramo dell’albero.
Kageyama aveva accettato d’aiutarlo solo dopo la centesima volta che l’albero aveva ondeggiato sinistramente verso di lui. Più che voler mettere la stella Hinata sembrava star cercando di attentare alla vita di ognuno di loro. Era stata quindi anche la minaccia alla propria incolumità a portarlo ad affermare che “va bene, ti aiuto.” Ma ad una condizione. 
“Ti aiuto solo se ammetti che ho vinto.” 
“Vinto cosa?” 
“Vinto. Su tutti i fronti.” 
“Ma sarebbe mentire!” Hinata era esploso in una fragorosa risata. Cosa lo divertisse tanto, della sua affermazione, Kageyama non riusciva proprio a capirlo. A lui, quell’affermazione, l’aveva solo maldisposto ulteriormente. Pensava d’averci fatto il callo davanti all’idiozie che uscivano da quella bocca- 
“Sei migliore di me.” Aveva borbottato l’esca, guardandosi i piedi. “Non per niente sei stato scelto tu per il campo d’allenamento.” Ma non erano state le sue parole a convincerlo ad aiutarlo, quanto la sincerità con cui aveva affermato, innervosito, queste cose. 
“Che diavolo stai facendo!?” Aveva gridato mentre Kageyama lo tirava sulle proprie spalle, incontrando non poche difficoltà. 
“Ora però spicciati, che pesi.” 
Hinata era riuscito a mettere la stella quel Natale. 


Bonus: 
“Ti farò più spesso dei complimenti se poi fai quello che ti chiedo” 
“Non è così che funzione.” 
“Eppure prima ha funzionato!” 
“Non è stato per quello che ti ho aiutato.” 
“E per cosa?”
“Per altro, idiota, ora però cammina”




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