Capitolo 1.
Le afose giornate d’estate sono l’ideale per un branco di
bambini squinternati, che sprizzavano energie da tutti i pori.
E i bambini del condominio Konoha Garden non facevano
eccezione, chi meno chi più tra loro.
L’età massima che i pargoli raggiungevano in quel cortile
era quella dell’innocente cifra di 11 anni, ma c’era chi ne aveva anche di
meno.
Le loro lunghe giornate estive cominciavano verso le otto,
otto e mezzo massimo, quanto i genitori li parcheggiavano nell’enorme cortile,
per recarsi ai turni lavorativi estivi, lasciando i propri figli liberi come
bertucce dei documentari di Discovery Channel.
Di solito il primo gioco che facevano era “campana”,
capeggiato dalla piccola Sabaku no Temari di appena nove anni, figlia di due
impiegati, seguita a ruota dalle amichette coetanee che solitamente tracciavano
con i gessi i quadrati per terra, Ino Yamanaka, Sakura Haruno e Hinata Hyuuga.
Per par condicio, ovviamente, erano costretti a giocare
anche i ragazzini, che rispetto alle bambine, erano più grandi di un paio
d’anni.
Il più grande era Neji Hyuuga, suddetto cugino di Hinata,
insieme a Sabaku no Kankuro, fratello maggiore della piccola e mascolina
Temari, un pigro bambino con i capelli a caschetto neri che si chiamava
Shikamaru Nara, ed infine l’arzillo, forse troppo, Kiba Inuzuka.
Questi ultimi avevano appena finito le elementari e si
apprestavano ad entrare nel duro mondo delle scuole medie.
Tutti insieme si conoscevano sin da piccoli, ed avevano
formato una sorta di Baby - comitiva, con cui passavano la maggior parte del
loro tempo, soprattutto nei tre mesi di vacanza Stop dalla scuola, a giocare
fino a cadere sfiniti nell’erba.
Di solito seguiva una lunga partita di calcio, dove
Shikamaru veniva letteralmente tirato per le orecchie da Temari, che era una
vera forza della natura, tutta concentrata in un corpicino piccolo ed atletico
come il suo.
“Muoviti femminuccia! Poltrire sulle panchine è da sfigati!”
Gli gridò nelle
orecchie, sbattendolo a centro campo e dandogli il ruolo di attaccante.
Non capiva perché quella dannata mocciosa dovesse comandarlo
a bacchetta, a lui, un ragazzo, e per giunta più grande.
Non gli andava di giocare, ma non gli andava neanche di
essere chiamato “femminuccia sfigata”, da una poppante con i codini che ancora
ciucciava il latte dalla mamma.
Temari invece adorava correre, saltare, giocare a calcio, ad
hockey, nuotare, sbucciarsi le ginocchia e detestava i pelandroni che
preferivano passare la mattina a poltrire sotto un pino.
Tante’è che ogni mattina, assieme ai fratelli, accuratamente
svegliati da lei con le sue graziose urla da pescivendola, andava a suonare a
porta di casa Nara, per prelevare quel dannato pelandrone, nonché suo vicino di
casa, e portarlo a fare un po’ di moto, a, come diceva lei “pompare un po’ di
sangue al cuore”.
Di questa storia Shikamaru ne fu seccato sin da subito.
Ma non potendo nemmeno svignarsela, visto che era soggetto
ai voleri della genitrice, abnorme seccatura come diceva lui, salutista come
Temari, doveva sorbirsi giornate intere tra partite di calcio e gare di chi si
rotolava prima dalla collina dietro casa.
Una gran bella scocciatura.
Quello era l’ultimo giorno delle sante vacanze estive.
Una torrida estate afosa… 40 gradi all’ombra. Ma cosa volete
che importi a un gruppo di bambini intorno ai 10 che hanno la possibilità di
giocare a nascondino tutto il tempo che vogliono?
Infatti, come di
consueto, i bambini di tutto il cortile organizzarono un mega torneo di
“Nascondino”, e, ovviamente, il fesso di turno che contava sempre, era Gaara,
di appena 10 anni.
I nascondigli erano estesi per tutta l’estensione del
chilometrico cortile, compreso il lungo colonnato dei portici.
“1…2…3…”
“Rompiscatole mi sono nascosto io li…”
“Taci crybaby! Ci sono arrivata prima io!”
“Zitta Quadriciuffo…che ci prendono!”
“Come mi hai chiamata Kiba??”
“Zitta!”
“TANA PER KIBA DIETRO LA COLONNA!”
“Uffa! Non vale!!”
“Allora crybaby…facciamo così…tu fai da diversivo e io
faccio tana libera tutti ok?”
“Perché non fai tu da diversivo? È seccante…”
“E dai!!”
“Se faccio da diversivo stai zitta…?”
“Forse…”
“È già un inizio…”
Un bambino alto all’incirca 1.50 dai capelli neri, esce dal
cespuglio dov’è nascosto per farsi far tana.
La bambina dai quattro codini sorrise vittoriosa,
stringendosi uno dei fermagli neri che stringevano i capelli.
Vide il bambino dai capelli a caschetto neri prepararsi ad
una corsa sfrenata per fungere da diversivo.
La meta? Una panchina di pietra dove il fratello di Temari,
il rosso Gaara, aveva contato.
Doveva arrivare lì e fare tana a tutti quanti, sperando che
quel pigrone di Shikamaru facesse il suo lavoro.
“Spicciati!”
Gli intimò la ragazzina notando che si muoveva a passo di
formica, altro che corsa sfrenata, così si avvicinò di poco spintonandolo dalla
schiena verso destra dove si trovava la tana, cioè verso la fine della partita,
ma anche verso la fine dell’estate.
Al solo pensiero Shikamaru piantò i piedi per terra,
riflettendo un attimo sul fatto che ricominciare la scuola avrebbe comportato
compiti a casa ed enormi seccature con le attività extra-curriculari; per non
parlare del fatto che…
Non poté terminare il pensiero che la bambinetta bionda
dietro di lui aveva cominciato a pizzicargli dolorosamente le guance.
“Accipicchia crybaby! Ti muovi, altrimenti finisce che quel
cefalo di mio fratello ci trova”.
Un’altra spinta verso la meta ed il ragazzino cominciò ad
avvicinarsi silenziosamente, mentre Temari, avrebbe fregato tutti arrivando dal
lato opposto, dietro la tana.
“Almeno però comincia a zittirti mocciosa”.
Avvertì bruciandola con i suoi occhi scurissimi.
Temari sorrise acida facendogli la linguaccia, cosa che fece
sbuffare Shikamaru, che le lanciò ancora uno sguardo, notando che si
allontanava velocemente per raggiungere la meta.
Intanto il silenzioso e spietato Gaara, aveva cominciato a
“mietere le prime vittime”; Hinata si era fatta trovare subito, nascosta
com’era dietro al muretto accanto alla panchina che fungeva da tana; un
nascondiglio decisamente calcolato male per Hinata.
Neji, scocciatosi prestissimo, si era chiamato fuori dal
gioco, sedendosi poi sulla tana e aprendo un libro di Antologia per le medie, e
leggendo qualcosa per prepararsi.
Naruto e Choji, due ragazzini di 10 anni, erano stati
trovati in un nascondiglio impossibile da scovare: le caldaie del condominio.
Come avevano fatto a farsi sgamare?
La risposta era semplicissima: Choji, amante del cibo, si
era portato dietro un pacchetto di patatine, nel caso gli fosse venuta fame, e
appena arrivati al nascondiglio, aveva aperto il pacchetto di plastica
cominciando a mangiare. Ovviamente neanche Naruto aveva resistito. Così il
pacchetto di plastica e le fauci affamate dei due coetanei, avevano fatto
scoprire i bambini.
Shikamaru, notando che Gaara si faceva sempre più vicino,
cominciò a correre veloce, mandando a farsi benedire la sua amata pigrizia.
Cosa avrebbe potuto desiderare di più?
Il silenzio di quella mocciosa coi codini non poteva
chiedere di meglio.
Anche se non è che gli desse fastidio…e sapeva che dopo
quell’ultimo giorno di afosa estate non l’avrebbe sentita per qualche tempo.
Doveva ammettere che era un passatempo carino bisticciare
con quella seccatura in miniatura. Se pur una bambina di nove anni, poteva
conversare come se fosse una sua coetanea.
Forse le sue tendenze al femminismo non le poteva e non
voleva sopportarle, ma comunque era parecchio interessante punzecchiarsi con
Sabaku no Temari; già, molto interessante.
Mentre correva per distrarre Gaara, gli mancò un battito, e,
all’improvviso, piantò i piedi per terra.
Chissà come avrebbe reagito alla notizia; ne sarebbe stata
contenta, oppure ci sarebbe rimasta male?
E chissà come sarebbe stata da grande…sicuramente molto
bella.
Si passò una mano nei capelli stringendosi una piccola
ciocca.
“Ma guarda tu…mi sto trasformando seriamente in una
femminuccia sfigata”.
Sbuffò alzando gli occhi al cielo limpido, troppo limpido
per i suoi gusti.
Va bene, si sarebbe rassegnato a guardarla da lontano.
Stava per scavalcare il muretto, mentre Temari ormai era
vicinissima al traguardo, quando una voce dura riecheggiò per tutta la
grandezza del giardino.
Lui conosceva molto bene quella voce, e avrebbe voluto che
fosse stato solo un sogno.
“Shikamaru, la cena.”
Chiamò a voce alta la signora Yoshino Nara affacciandosi al
balcone del 4° piano, mentre reggeva saldamente un mestolo di metallo.
Quella donna avrebbe potuto tranquillamente lanciarglielo in
testa se non fosse salito subito, ed anche la pentola con tutta la cena se era
possibile.
Sbuffando scavalcò velocemente il muretto, notando, con sorpresa,
che la piccola Temari era arrivata alla tana e ora era in piedi sulla panchina
che dimenava le braccia a destra e a manca.
“TANA LIBERA TUTTI!”
Gridò sorridendo continuando ad agitare le braccia, poi
rivolse lo sguardo a Shikamaru che affianco a lei la osservava serio, serrando
le mascelle.
“Che ti prende! Abbiamo vinto!”
Scese dandogli una pacca sulla schiena. Nessuna reazione.
“Fa un po’ come ti pare.”
Tutta contenta la bambina corse verso il fratello Kankuro
che la prese in braccio, festeggiando la vittoria. Shikamaru rivolse lo sguardo
serio alla madre.
“Salgo subito ma’”
Mentre cominciava ad incamminarsi Kiba, Choji, Naruto e
Kankuro, con il braccio la sorella che ancora festeggiava, corsero verso il
piccolo Nara.
“Allora ci vedremo domani a scuola?!” chiese Kiba dando il
cinque a Kankuro con la mano libera.
Shikamaru abbassò lo sguardo, portandosi lentamente le mani nelle
tasche dei jeans.
“Ecco, ragazzi…io non credo ci vedremo domani”
Mosse un piede nel terreno, facendo alzare la polvere dal
terreno. I quattro bambini lo guardarono interrogativi, e Temari, ancora in
braccio al fratello, strinse la presa preoccupata.
Cosa poteva essere successo al suo compagno di zuffe? Dallo
sguardo nulla di buono.
“Vedete, io dovrò partire domani mattina…” levò una mano
dalla tasca, massaggiandosi la nuca capelluta.
I compagni del ragazzino tirarono un sospiro di sollievo.
“Ah. Non devi farci prendere questi spaventi…” Naruto non potè
finire.
“Andrò a studiare in Inghilterra…” aggiunse infine
Shikamaru.
Tutti sgranarono gli occhi, chi celesti, chi marroni, e chi
verdi come quelli di Temari che non poteva credere alle sue orecchie.
Ma no! Era un bluff!
“Andiamo crybaby. Non fare questi scherzi idioti, lo sai
bene che li detesto”.
Disse tranquillamente la bambina, scendendo dalla presa del
fratello, e assestando un gancio destro sulla spalla di Shikamaru, che fermò il
pugno prima che potesse andare a segno.
“Non è uno scherzo Temari…”
Detto questo si voltò per poi salire le scale che lo
avrebbero portato all’androne per chiamare l’ascensore e tornare a casa,
sparendo così dalle vite dei suoi amici.
Temari rimase ferma a guardare la schiena dell’amico
allontanarsi, e lei non poteva farci niente.
Fece un passo in avanti, rabbioso.
“Ti odio crybaby!”
Strillò con forza in modo tale che potesse sentirlo da casa.
Lo sentì eccome.
Poco dopo anche Temari, Kankuro e Gaara
vennero chiamati per la cena.
La prima che salì era Temari, che era partita correndo il lacrime dal cortile, e appena su era corsa in camera sua,
senza nemmeno toccare cibo.
Nella sua camera prese a dare calci al suo armadio e picchiò
i pupazzi che aveva sul letto, facendo uscire tutta l’imbottitura.
Ma ancora non si era sfogata del tutto.
Tutta la sera e la notte la passò a piangere, nemmeno lei ne
conosceva il perché.
Come se quel bambino stupido ed egoista
le avesse portato via qualcosa. Qualcosa di cui si era appropriato un paio di
anni prima. Che magari gliel’avrebbe ridata.
E lei ci aveva creduto.
Ma con cinque parole, aveva distrutto completamente il suo
piccolo mondo.
Non faceva altro che ripetere “razza di bastardo” finché esasperata dalle lacrime non si
addormentò abbracciando il pupazzo con raffigurato un cervo che Shikamaru le
aveva regalato per il compleanno.