Sleeping Beauty

di MystOfTheStars
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Cap. XIII

 

Lo spirito della luce delle stelle ed il demone di giada


 


Nella quiete della notte estiva, il cielo era un tappeto di stelle. La luce argentea si rifletteva sulle mura bianche della villa, a cui i tre spiriti erano stati condotti dall'incantesimo che legava Io alla perla indossata da Akoya.

Accovacciati sul ramo di un abete appena fuori dal giardino, il trio si era fermato a considerare come procedere. La villa aveva due piani soltanto, ma era vasta e circondata da un giardino che poteva nascondere chissà quali insidie. Non v'erano luci accese né alcun segno di movimento, ma gli spiriti sapevano fin troppo bene che la quiete era solo apparente.

Se volevano avere qualche speranza di sottrarre Atsushi ai demoni, dovevano pianificare attentamente il salvataggio, soprattutto considerando che non avevano idea alcuna di che cosa li aspettasse all'interno di quelle mura.

"E se provassimo a bussare alla porta ed a parlarci?" propose Yumoto a quel punto. "Forse non è poi troppo tardi per trovare una soluzione pacifica."

Gli altri due gli scoccarono un'occhiata stralunata. "Le troppe emozioni ti hanno dato alla testa," tagliò corto Io, lo sguardo di nuovo fisso sulla villa. L'incantesimo era potente, lì - si era abituato a percepire la presenza di Akoya come un puntolino che lo accompagnava costantemente, ma che non lo disturbava mai, né lo impensieriva. Quella stessa presenza, ora, era schiacciante, sembrava premere contro di lui, respingerlo, quasi.

"Credevo che l'incontro con Kinshiro avvenuto un anno fa ti avesse chiarito le idee sul fatto che il demone non sia incline ai compromessi."

Yumoto si morse il labbro inferiore. Se l'era cavata per miracolo dal loro duello, l'estate scorsa, e certo Kinshiro non era sembrato propenso a dimostrare pietà per nessuno. Tuttavia...

"Fosse per me, appiccherei fuoco a tutto, compreso questo giardino così perfetto. Scommetto che ogni pianta, qui, è pronta a saltarci addosso come quella che abbiamo incontrato ieri notte." Ryuu, al contrario, sembrava piuttosto deciso riguardo alla loro linea di azione.

"Dobbiamo salvare il principe, non arrostirlo assieme ai demoni," gli ricordò quindi lo spirito della terra. "Inoltre, ci troviamo nel loro covo. Dobbiamo evitare lo scontro diretto ad ogni costo, o questa volta non ce la caveremo solo con qualche graffio."

Gli occhi calcolatori di Io scorsero le mura e le finestre della villa. Erano tutte chiuse, le imposte serrate. Tutte uguali.

"Se fossimo dei demoni malvagi, dove terremo prigioniero un principe?" mormorò Yumoto, seguendo i pensieri dello spirito della terra.

"In una cantina? In una sorta di prigione sotterranea?" propose Ryuu.

Io annuì. "Sembrerebbe la soluzione più logica." Nonché, naturalmente, quella che rendeva la loro missione di salvataggio ancora più complicata. "Dovremo riuscire ad infiltrarci all'interno ed a mantenerci nascosti il più a lungo possibile... Se capiamo da dove entrare, naturalmente."

Con porte e finestre sbarrate, non avevano molte alternative. Sicuramente Ryuu sarebbe stato ben felice di incendiare una di quelle imposte di legno, ma fuoco e fumo non rientravano certo in un piano di avvicinamento alla chetichella.

"Il camino?" suggerì allora Yumoto, indicando diversi comignoli sul tetto della villa.

Ryuu annuì vigorosamente. "Perfetto. Forza, che cosa aspettiamo?" Alzandosi in volo con un frullo d'ali, lo spirito di fuoco era già pronto a gettarsi a capofitto nel primo comignolo disponibile, ma Io lo afferrò per una gamba.

"Aspetta. Credi che abbiano lasciato i confini del giardino privi di incantesimi o di una barriera di protezione?"

Lo spirito della terra si alzò in volo accanto a lui e, lentamente, si spostò sopra il muro, una mano tesa in avanti a tastare l'invisibile. Ad un tratto - come aveva previsto - si bloccò. Era come se la presenza magica di Akoya, imponente di fronte a lui, si fosse improvvisamente solidificata fino a costituire una barriera invisibile, come quella che avevano eretto a protezione della loro foresta.

"Come sospettavo," dichiarò quindi Io, "dobbiamo innanzitutto trovare un modo per oltrepassare la barriera." Come se fosse facile, si disse mentre parlava e tornava a scrutare il giardino e la villa davanti a loro. Con i suoi poteri, avrebbe potuto scavare un tunnel sotto il muro, ma non era detto che questo sarebbe sfuggito ai demoni. Tuttavia, un incantesimo barriera come quello che si trovavano di fronte era, normalmente, impossibile da sorpassare in qualsiasi modo. Stava giusto per voltarsi verso gli altri e spiegare loro la sua idea, che il sostegno offerto dalla barriera sotto la sua mano venne improvvisamente meno e lo spirito vacillò nella quieta aria notturna.

"Si è aperto." Io osservava l'invisibile di fronte a lui - ma poteva sentirlo, sia al tatto che con la sua magia: la barriera aveva ceduto, esattamente davanti a loro.

"È strano," commentò Ryuu avvicinandosi con fare sospettoso. Non era normale che si aprissero delle falle nelle barriere magiche, a maggior ragione se qualcuno non aveva fatto altro che appoggiarvi una mano.

"È intenzionale," lo corresse Io. "Sanno che siamo qui e questo è il loro invito ad entrare."

I tre guardarono la villa di fronte a loro. Silenziosa ed immersa nel buio, aveva l'aria di essere abbandonata ed accogliente, ma non era così. Nel tenue frinire dei grilli, la casa sembrava un predatore in attesa, pronto ad inghiottirli non appena si fossero avvicinati - e gli spiriti non potevano che infilarsi tra le sue fauci.

"Non abbiamo altra scelta, comunque," fece alla fine Yumoto. "E questa è la strada più veloce."

Gli altri due annuirono: non vi era altra soluzione praticabile e loro non avevano altro tempo da perdere. Quindi, si affrettarono a tuffarsi a capofitto nell'apertura nella barriera prima che i demoni decidessero di ritirare il loro invito.

Appena al di là, Io vacillò ancora, e Ryuu fu subito al suo fianco per sostenerlo. "Che c'è ora?" chiese preoccupato, sperando che non si trattasse già degli effetti di qualche incantesimo che i demoni avevano predisposto in vista del loro arrivo.

Ma Io scosse la testa, riprendendosi in fretta. "Nulla, ma ho completamente perso il contatto con la perla di Akoya. Non lo sento più - anzi, è come se fosse ovunque attorno a me." Se fino ad un attimo prima la magia del demone gli pareva una presenza incombente e schiacciate, ora lo aveva inglobato completamente.

Ryuu gli strinse la mano. "Questo posto è impregnato della sua magia, non c'è da stupirsi che il tuo incantesimo abbia perso la bussola."

Io annuì, ricambiando la stretta e riprendendo a volare verso il tetto della villa.

Nonostante procedessero guardinghi, pronti ad affrontare chissà che incognita e che agguati, nulla venne a disturbarli.

Appena raggiunsero il tetto, si infilarono nel primo comignolo a disposizione; in fondo, non sapendo davvero che cosa li aspettasse al di sotto, un'entrata equivaleva l'altra. Una volta all'interno, procedettero a tentoni. Il problema non era tanto mantenere l'orientamento - non con Yumoto a rischiarare le pareti attorno a loro e con Io che poteva sentire le cavità nella pietra dei muri e indovinare quindi la loro posizione nella casa - quanto decidere dove dirigersi.

Per la terza volta, si affacciarono guardinghi da un camino, entrando in una stanza da letto completamente vuota.

"Non andremo da nessuna parte, se continuiamo così," borbottò Ryuu, sbattendo le ali per scuotersi di dosso la fuliggine che gli si era inevitabilmente accumulata addosso e creando una leggera cascata di polvere grigia, che si accumulò sull'elegante tappeto sotto di lui.

Io si sbatté con cura gli abiti. "Dobbiamo procedere allo scoperto. Se davvero tengono il principe in un qualche sotterraneo, è lì che dobbiamo andare, e non credo che ci siano camini nelle cantine."

"Forse dovremmo separarci. In questo modo le esploreremo più in fretta," se ne uscì a quel punto lo spirito della luce. I suoi occhi scarlatti vagavano inquieti sulla stanza spoglia, esplorandone gli angoli illuminati dalla sua magia. Dalla sua voce trapelavano delusione ed impazienza. Dovevano affrettarsi a trovare Atsushi; non sapevano quanto costasse al principe ogni momento in più nelle grinfie di quei demoni, né che cosa stesse subendo a causa loro.

"Ma sei matto, Yumoto?" Ryuu istintivamente si strinse a Io.

"I demoni sanno che siamo qui e saranno ad aspettarci con il principe. Non ha senso dar loro più vantaggio di quello che hanno, lasciando che uno di noi vada allo sbaraglio," ragionò Io scuotendo la testa. "È il caso di uscire da questa stanza e cercare un modo per scendere nei sotterranei, tutti assieme," affermò, volando verso la porta, seguito dagli altri due. Come lo spirito allungò la mano verso la maniglia, però, questa venne improvvisamente avvolta da virgulti e foglie.

Io serrò le labbra, gesticolando agli altri di affrettarsi a tornare nel camino per scappare da dove erano entrati, ma, quando si voltarono per farlo, vennero investiti da una nube di fuliggine. Appena poterono riaprire gli occhi e scrutare oltre la polvere, videro che tutto - la cappa, il focolare, il pavimento antistante - era ricoperto di rampicanti verdi.

I tre spiriti tirarono fuori le proprie bacchette.

"Non c'è bisogno di essere così aggressivi."

Un ramo più spesso degli altri si dipanò lentamente dalla cappa del camino, rivelando un grosso bocciolo scuro. I petali carnosi si schiusero uno dopo l'altro, rivelando Akoya, la cui chioma gareggiava in morbidezza e splendore con la corolla che gli si era appena aperta tutt'attorno. Ammantato nei suoi soliti abiti scuri, il demone si sollevò in volo con grazia in mezzo al pulviscolo di cenere, perfettamente immacolato.

"Grazioso, non trovate?" fece, scostandosi poi appena in tempo per evitare la fiammata proveniente dalla bacchetta di Ryuu.

"Quanta scortesia," li rimproverò quindi il demone, incrociando le braccia sul petto. "Si ringrazia così chi viene a fare gli onori di casa?"

"Non prenderci in giro!" ringhiò lo spirito del fuoco, pronto ad attaccarlo di nuovo. "Credi di averci in trappola, ma non pensare che ci arrenderemo facilmente!"

Akoya sospirò in modo teatrale, posandosi a sedere su una delle foglie, ben attento a non sfiorare la fuliggine che ricopriva il resto delle superfici.

"È quello che spero, in effetti. D'altronde, siete stati fortunati ad arrivare proprio nel momento in cui ero io a sorvegliare la barriera. Anche se potrei aver preso il posto di Ibushi volontariamente, sapendo che sareste arrivati a breve, chissà," fece, arricciandosi con noncuranza una ciocca di capelli. "Vi sarebbe stato proprio difficile entrare, altrimenti."

"Sei stato tu a farci passare, quindi." Io sembrava sempre sul chi va là, ma aveva impercettibilmente abbassato la bacchetta.

"Ovviamente. Ma veniamo al dunque. Avrei potuto permettervi di vagabondare per questa villa per ore e lasciare che trovaste il principe per sfinimento, ma Kinshiro non è dell'umore migliore, stasera, quindi ritengo sia il caso di facilitarvi un poco il compito." Detto ciò, scivolò a terra, riprendendo improvvisamente dimensioni umane. "Su, seguitemi, e badate a non dare nell'occhio," li invitò, dirigendosi verso la porta.

"Ehi, piano, aspetta." Ryuu lo teneva ancora sotto la mira della sua bacchetta e ogni sua occhiata trasudava diffidenza. "Ci stai aiutando?"

Akoya poggiò le mani sui fianchi. "Tu che dici?"

Ryuu strinse i pugni. "Pensi davvero che saremo così sciocchi da seguirti senza fare domande?"

"E tu credi sul serio che mi sarei fatto catturare da voi così facilmente l'estate scorsa, se non ne avessi avuto ragione?" Akoya infilò un dito sotto il collo rigido della tunica che indossava, sfoggiando la perla ancora attaccata alla catenella. "Diciamo che volevo essere sicuro che avreste avuto modo di intervenire, qualora ve ne fosse stato bisogno."

"Ma perché?" Testardo, Ryuu non gli toglieva gli occhi di dosso. La sua voce suonava dura, ma nascondeva un tremito di incredulità.

Akoya si strinse nelle spalle, tornando a tormentarsi una ciocca di capelli. "Perché le cose stanno precipitando ed io non sono nella posizione giusta per impedirlo. Ma non ho tempo di spiegarvi tutto adesso, il principe non è nelle condizioni migliori e, se volete portarlo via da qui, dovete farlo in fretta."

All'avvicinarsi della sua mano, i virgulti si ritirarono obbedienti, lasciando libera la maniglia.

"Come sappiamo che non si tratta di una trappola?" chiese quindi Io, la bacchetta ancora puntata di fronte a sé.

"Se fosse una trappola, vi sareste già caduti comunque, non vi pare?" fece il demone alzando un sopracciglio, spazientito.

"E quella brutta pianta che hai seminato nella foresta vicino a casa nostra?" insisté quindi Yumoto, che si ricordava molto bene di quando pungessero i rovi incantati che lo avevano intrappolato. "Non è stato un bel modo di aiutarci."

Akoya fece un gesto con la mano, come a dire che non importava. "Che cosa vi aspettavate, che abbandonassi tutto per mettermi dalla vostra parte? Devo pur sempre eseguire gli ordini. Se avessi scelta, non sarei qui a mettere in piedi tutto questo teatrino, non vi pare?"

Li squadrò uno per uno. Inavvertitamente, la punta del suo stivale iniziò a picchiettare il pavimento con impazienza - nonché, credette Io, con un certo nervosismo. "Potete seguirmi o rimanere qui. Se procedete per conto vostro, sarà solo questione di tempo prima che Kinshiro vi intercetti. Io posso condurvi dall'umano immediatamente, invece. Ma niente scherzi, perché mi sarebbe molto facile sbagliare strada e farvi incontrare direttamente Kinshiro, al posto del vostro prezioso principe," li avvertì, finalmente poggiando una mano sulla maniglia. "Allora?"

Io ricambiò lo sguardo del demone per qualche istante, ed alla fine rinfoderò la bacchetta. Con una certa riluttanza, Ryuu e Yumoto fecero altrettanto, ed Akoya annuì. Ciononostante, era difficile capire se la loro decisione lo sollevasse o lo spaventasse.

Il demone aprì la porta con cautela e si sporse a controllare che la via fosse libera, prima di fare cenno ai tre di seguirlo. In silenzio, gli spiriti gli andarono dietro, i sensi all'erta - ma il lungo corridoio della villa era vuoto e silenzioso, scuro nel buio della notte.

Akoya avanzava silenzioso, le suole degli stivali che sfioravano appena il pavimento, leggere come i petali di un fiore. I suoi capelli scintillavano appena nella fioca luce delle stelle, quando si trovavano a passare di fianco ad una finestra. Camminava con portamento eretto, aggraziato, come suo solito, ma c'era qualcosa - forse un'eccessiva rigidità del collo, il modo in cui stringeva le mani a pugno, o come voltava la testa a controllare la provenienza di rumori che sentiva soltanto lui - che ne tradiva il nervosismo.

Alle sue spalle, Io lo osservava con attenzione. Non si fidava completamente del demone ma, d'altronde, non era poi così sorpreso da quell'improvvisa scoperta. In fondo, aveva coltivato dubbi a proposito delle intenzioni di Akoya fin da dopo il loro incontro durante l'acquazzone.

Inoltre, necessitava di qualcosa che lo distraesse dal crescente senso di oppressione che avvertiva. Non era paura, né ansia - non che fosse estraneo a tali sentimenti, specialmente in quel momento, ma provenivano da dentro di lui e riusciva a tenerle sotto controllo. Questa sensazione opprimente, invece, lo schiacciava dalle tenebre del corridoio, quasi volesse ghermirlo, allungandosi dalle ombre.

Un paio di volte lo spirito dovette voltarsi perché aveva creduto di udire il suo nome sussurrato nelle tenebre del corridoio, per ritrovarsi a fissare solo immobile oscurità - ma c'era qualcosa che splendeva, nel buio, o così gli sembrava: potevano essere luccichii di pietre preziose, o occhi che lo fissavano.

Si girò verso Ryuu, che gli volava a fianco, ma lo spirito del fuoco sembrava preoccupato unicamente dalla loro guida e dal prevenire qualsiasi suo eventuale tiro mancino. Accorgendosi che l'altro lo stava guardando, gli diresse un breve sorriso confidente, riportando l'attenzione su Akoya. Io seguì il suo esempio - forse era tutta una sua immaginazione, forse era solo più teso di quanto non credesse.

Una volta che ebbero raggiunto l'altra estremità del corridoio, Akoya aprì un'altra porta, rivelando una stanza in penombra, la cui unica fonte di luce era un candelabro sul tavolo. Le fiamme si riverberavano fiocamente sull'argento di un vassoio posato lì sotto, coperto ed intatto, che doveva, a giudicare dal profumo, contenere una cena deliziosa. Lí vicino, c'era un letto semidisfatto e vuoto.

"Dov'è?" fece Yumoto quindi, ma Akoya si mise un dito sulle labbra e fece un cenno nella direzione del giaciglio.

"Aspetterò fuori, fate in fretta," gli disse in un sibilo, chiudendo la porta dietro di sé.

I tre spiriti indugiarono per qualche istante, perplessi, ma poi proseguirono guardinghi verso l'altra estremità della stanza. Avvicinandosi al letto, ebbero appena un attimo di esitazione, un poco preoccupati per quello che erano sul punto di trovare. Se si aspettavano qualcosa di pericoloso, tuttavia, fecero presto a ricredersi non appena intravidero la figura raggomitolata sul pavimento.

"Principe Atsushi?" chiamò piano Yumoto, andando a sedersi sul bordo del materasso.

Il ragazzo era incuneato nel poco spazio tra il letto e la parete, talmente ripiegato su se stesso che a prima vista, nella semioscurità, lo si sarebbe quasi potuto scambiare per un mucchio di abiti spiegazzati. Per un momento, la sua immobilità li spaventò tanto che gli spiriti temettero di essere arrivati, ancora una volta, troppo tardi. Un attimo dopo, però, la sagoma sembrò scuotersi.

"Andatevene!" La voce del ragazzo era più simile ad un piagnucolio che ad un comando, ed il principe non si curò nemmeno di sollevare la testa per vedere con chi avesse a che fare.

"Ma, altezza, siamo venuti a salvarvi, a portarvi via di qui," continuò speranzoso Yumoto, volando fin dall'altra parte. Raggomitolato com'era, era difficile persino distinguerne l'espressione del volto.

"Non esco di qui," di nuovo, la voce del ragazzo trasudava paura. Le sue spalle tremavano appena, ed una mano strinse convulsamente il braccio opposto. "Non torno in quell'incubo di labirinto, non per farmi ingoiare vivo dai demoni."

"Ma non c'è nessun labirinto, qui fuori," obiettò Ryuu, che guardava l'umano con fare perplesso.

Yumoto piegò la testa di lato, studiando il ragazzo. "Principe, siete ferito?"

Dall'altro non venne risposta ma, accovacciato accanto a lui, Yumoto aumentò improvvisamente di dimensioni per prendergli una mano tra le sue. Il principe soffocò un gemito di dolore e tentò di ritirarla, ma lo spirito lo tenne stretto.

"Sono sicuro che deve far male, povero principe," mormorò Yumoto mentre tra le sue dita si sprigionava la caratteristica luce dorata. Il corpo del ragazzo si contrasse e, per qualche istante, nell'aria sopra le mani congiunte di umano e spirito fluttuò un ago di luce verdastra, aguzzo e tremolante. L'attimo dopo era già sparito ed Atsushi stava alzando la testa, sempre impaurito ma non più tremante.

"Che cos'era quello?" boccheggiò, spostando lo sguardo stralunato dalla mano, intonsa, all'aria dov'era svanito l'ago di luce.

"Un piccolo incantesimo malvagio e fastidioso, principe, per offuscarti i sensi e distorcere la realtà... Almeno così sembrava. L'avevate conficcato nel dito, ma ora ve l'ho tolto," Yumoto gli sorrise incoraggiante, illuminandolo con la sua luce.

I tre spiriti, ora, si ritrovavano davanti il ragazzo che avevano visto nel bosco l'inverno prima. Da sotto una frangia di spettinati capelli scuri, i suoi grandi occhi castani li scrutarono titubanti, incerti se credere o meno a ciò che vedevano. Si massaggiava ancora il braccio, quasi avesse bisogno del contatto fisico con se stesso per ricordarsi che tutto era, purtroppo, reale.

"Va meglio ora, non è così?" Yumoto gli sorrideva ancora, speranzoso.

Atsushi aprì e chiuse la mano che lo spirito aveva trattenuto tra le sue, guardandolo senza capire. "Il dolore è sparito, è vero." Sbatté le palpebre un paio di volte, e si sistemò gli occhiali sul viso. "Come avete fatto a...?" chiese, con un gesto vago delle dita, intendendo che si riferiva un po' a tutto. "Chi siete?"

"Siamo gli spiriti guardiani di En, Ryuu, Io e Yumoto," rispose allora Ryuu con un sorriso. "Sicuramente vi ha parlato di noi." Allo sguardo perso di Atsushi, tentò nuovamente. "I suoi, uhm, cugini? Questo è quello che fingevamo di essere."

Il principe si corrucciò un momento, poi finalmente sembrò comprendere. "...oh. Oh! Sì, credo di capire."

Yumoto si inginocchiò di fronte a lui. "En è stato colpito dalla maledizione, proprio come il demone aveva predetto." Mentre gli parlava, lo guardava negli occhi, cercando di intuire quanto il principe sapesse già. Dal modo in cui chinò il capo, comprese che doveva essere già a conoscenza di tutto. "Voi siete l'unico che ha il potere di svegliarlo, principe. Siamo qui per liberarvi e portarvi da lui."

Atsushi aveva abbassato lo sguardo, improvvisamente molto interessato al dito guarito. Alla fine, aprì la bocca con voce incerta. "Mi hanno raccontato la storia della maledizione. Io ed En, però, ieri..." Incespicò un po' nel pronunciare il nome dell'altro principe e si passò una mano sul volto, a disagio.

Questa volta, sia Io che Yumoto si voltarono nella direzione di Ryuu, che sospirò ed andò a posarsi sul ginocchio di Atsushi,

"Sappiamo tutto della faccenda delle lettere, se è questo che intendete."

Il principe spalancò gli occhi, ed annuì. "Dopo quello che è successo, io non so se... Se posso ancora farlo, ecco."

"Ma certo che potete!" Ryuu si alzò in piedi, pugni puntati sui fianchi. "Anzi, dovete!"

Atsushi chinò il capo, cercando di evitare l'urgenza nello sguardo del piccolo spirito. "Le lettere che ha scritto... e le cose che ci siamo detti..." si prese la testa fra le mani, scuotendola in confusione. "Ho ferito Enny, e non so più che cosa provi per me. Non capisco come sia potuto succedere."

I tre spiriti si scambiarono sguardi pieni di apprensione. Akoya aveva suggerito loro di fare il più in fretta possibile, ma non sembrava che il principe fosse pronto a seguirli. Io fece cenno agli altri due di continuare a parlargli, avvicinandosi invece alla porta della stanza, per scongiurare di venire colti alla sprovvista se fosse entrato qualcuno.

A quel punto, Yumoto si avvicinò all'umano e gli sfiorò gentilmente un braccio. "Per En non c'è nessun altro all'infuori di voi, principe."

"Avreste dovuto vedere la sua disperazione, questo pomeriggio, quando si è reso conto che non sareste venuto per la sua festa," insisté Ryuu sbuffando, pugni sempre ben piantati sui fianchi.

Atsushi, però, sembrava in grande confusione. "Perché sarei dovuto venire, dopo quello che ho scoperto?" affondò il viso tra le mani. "...Enny."

Ryuu incrociò le braccia sul petto e si sollevò in volo fino all'altezza della testa del ragazzo. "En non hai mai scritto quelle lettere, principe, si è trattato di un malinteso. Tutti quei messaggi li ho scritti io."

Gli occhiali di Atsushi spuntarono fuori di nuovo, nascondendo appena uno sguardo esterrefatto e confuso. "Come?"

Uno schiocco di dita, e Ryuu fece comparire di fronte a sé un foglio di pergamena ed un lunga penna. Senza nemmeno che lui dovesse impugnarla o poggiare il foglio da qualche parte, i due oggetti iniziarono una buffa danza a mezz'aria. Dopo un po', Ryuu fece voltare la pergamena, ora ricoperta in quella che sembrava, in tutto e per tutto, la scrittura di En.

Atsushi era senza parole. Abbassò gli occhi, posando pesantemente la fronte su una mano, schiacciato dal peso improvviso di quanto aveva scoperto.

"È magia, mio principe," spiegò quindi Ryuu. "Certo, è vero che En è stato promesso a vostra sorella quando era appena nato, ma non lo ha scoperto se non qualche settimana fa. Così come noi non sapevamo nulla di voi, altezza, fino a quest'inverno. Solo per questo ci siamo permessi di, be', facilitare un poco le cose tra En e la principessa. Per inciso," si schiarì la voce, "En non è stato affatto contento di scoprirlo. Anzi, quando gli abbiamo spiegato tutto, la notte scorsa, avrebbe voluto come prima cosa venire da voi."

"Oh, sì, avreste dovuto vederlo, principe!" Yumoto annuì con forza. "Era così disperato per il vostro litigio. È montato a cavallo, al galoppo verso la vostra villa. Ma poi siamo stati attaccati dai demoni e..." Atsushi si lasciò sfuggire un'esclamazione soffocata, ma Yumoto lo rassicurò con un cenno del capo. "Ce la siamo cavata, non vi preoccupate."

Ryuu si era seduto sul bordo del materasso ed aveva appoggiato una mano sulla spalla dell'umano. "En non si è perdonato il fatto di non aver nemmeno immaginato che ci fosse lo zampino della magia, in tutta questa storia,"

Il principe scosse la testa, come se stesse facendo fatica ad accettare tutto e rimettere ordine nei propri pensieri. "Avrei potuto pensarci anch'io, in fondo sapevo della maledizione, ma ero troppo sconvolto," confessò, più a se stesso che non agli spiriti. "Il mio dito," disse alla fine, seguendo un suo personale filo logico, "mi sono punto quando ho aperto quella lettera."

La mano di Ryuu si strinse sulla spalla del ragazzo. "Ve l'hanno fatta trovare apposta, allora! Al solo fine di farvi litigare!" avvampò lo spirito. "Quei demoni sono fin troppo esperti nel mistificare la realtà."

Atsushi si era ripreso la testa tra le mani in un gesto di disperazione. "Ancora non posso credere che Kin..."

In quella, Io si fiondò verso di loro, azzittendoli con un urgenza. "Nascondetevi, sta arrivando qualcuno!"

Fuori dalla porta, ora, si udivano delle voci attutite.

"Come sta?" Non era la voce di Akoya, questa, né quella di Kinshiro.

"Non ha ancora toccato cibo," rispose invece il loro improvvisato alleato, forse con un tono un poco più alto di quanto fosse necessario. "Credo sia il caso di lasciarlo tranquillo un altro po'."

Dopo un attimo, però, la maniglia della porta si mosse, segno che Ibushi non intendeva seguire il consiglio di Akoya. I tre spiriti, allora, si affrettarono a farsi piccoli piccoli sotto al letto. Quando il demone entrò, si ritrovò davanti solo uno spaurito Atsushi.

"Altezza, dovete mangiare. Oggi non avete ancora toccato cibo," disse il demone, lanciando un'occhiata al vassoio intatto sul tavolo.

Invece che raggomitolarsi ancora in un angolo come aveva fatto prima, quando il demone era entrato a portargli la cena, questa volta Atsushi alzò gli occhi su di lui. Ibushi sorrise gentilmente.

"Vedo che però state un po' meglio, altezza. Via, alzatevi, prenderete freddo a rimanere lì per terra."

Lentamente, il ragazzo obbedì e si sistemò i vestiti stropicciati.

"Vi farò avere un cambio d'abiti, se desiderate," proseguì il demone, procedendo a scoperchiare i piatti presenti sul vassoio. La stanza si riempì nuovamente del profumo del cibo, caldo come se fosse stato appena servito.

"Non ho fame," la voce di Atsushi era un sussurro appena distinguibile nel silenzio della stanza. Sebbene si fosse alzato in piedi, ancora non aveva intenzione di spostarsi dall'angolo in cui si trovava, quasi avesse timore di perdere la protezione datagli dalle pareti.

"Signor Ibushi, che cosa significa tutti questo?" Le braccia dietro la schiena, lo non stava guardando direttamente in faccia. "Il Kinshiro che ho conosciuto per tutti questi anni... Non posso credere che non esista. Perché mi fate questo?"

Ibushi lo aveva osservato con attenzione, e non parve particolarmente stupito dalle sue parole. Tuttavia, passò qualche momento prima che il demone rispondesse.

"Perché non vi sedete e mangiate qualcosa, altezza? Se lo farete, in cambio vi racconterò una storia."

 

~~~

 

C'era una volta uno spirito della luce delle stelle. Era di carattere schivo, e compariva di notte ai viandanti che avevano perso la via, per indicare loro la direzione da seguire per proseguire correttamente il cammino.

Aveva sembianze delicate, occhi del colore dell'erba novella e capelli sottili come raggi di luna. Il suo nome era Kinshiro e si accompagnava ad altri due spiriti: Ibushi, lo spirito del vento che accarezzava le foglie appena nate con la sua brezza, ed Akoya, lo spirito dei fiori che amava la bellezza e la perfezione.

Un giorno, Kinshiro incontrò un umano - ma non era un umano qualsiasi, era un mago.

Il mago si rivolse a Kinshiro ed agli altri due spiriti per essere guidato da loro sulla strada della magia. Felici di essere stimati come maestri e di poter consigliare l'uomo nel suo apprendimento dell'arte magica, gli spiriti lo seguirono.

Il mago viveva in una casa isolata, lontano dalla civiltà, e qui dedicava tutto il suo tempo alla ricerca della conoscenza e del sapere. Gli spiriti furono quindi più che felici di aiutarlo, crescendo per lui le sue piante, facendo sì che il suo orto mai si inaridisse, e che i suoi incantesimi avessero successo.

Nonostante la buona volontà degli spiriti, il mago non era stato onesto con loro: i consigli e gli insegnamenti che aveva richiesto ai tre erano solo una scusa per avvicinarli. Ottenuta la loro fiducia, e non appena scoprì i loro punti deboli ed il modo per farlo, approfittò della loro innocenza per legarli a sé con un incantesimo, imprigionandoli e costringendoli a mettere al suo servizio il potere magico che possedevano.

Nella speranza che il mago comprendesse i suoi errori e si ravvedesse, gli spiriti continuarono ad esaudire i suoi desideri, ma più il tempo passava, più l'uomo veniva consumato dal suo stesso potere e dalla smania di acquisirne ancora di più.

Lo spirito dei fiori e quello del vento, legati al giardino ed all'orto dell'umano, soffrivano relativamente per quella prigionia: nonostante la loro libertà fosse venuta meno, servivano comunque il loro scopo e, seppure infelici, potevano condurre un'esistenza tranquilla. Tuttavia, erano consumati dalla preoccupazione per ciò che stava subendo il loro amico.

Lo spirito della luce, infatti, soffriva. Incatenato all'interno della casa, il mago attingeva continuamente alla sua magia per ottenere maggior potere. Kinshiro sapeva che quell'ossessione non avrebbe potuto condurlo a nulla di buono, e si pentiva amaramente del momento in cui aveva acconsentito a mettersi al suo servizio. C'erano dei limiti a quanta magia poteva governare un umano; il mago, però, nella sua ingordigia e sete di potere era sordo ai suoi avvertimenti ed alle sue preghiere.

Infine, accadde l'inevitabile: una notte, l'uomo evocò qualcosa che non avrebbe mai dovuto disturbare, un demone che non avrebbe mai dovuto essere invitato su questo piano dell'esistenza. Accecato dalla promessa di nuovi poteri e forse ignaro dei rischi - o sufficientemente arrogante per decidere che sarebbe stato in grado di evitarli - l'uomo completò il rituale di evocazione, intrappolando lo spirito malvagio in una piccola, apparentemente innocua statuina: Zundar, un demone dell'oscurità, racchiuso in un piccolo riccio cesellato nella giada.

Ma nessuna entità malvagia, una volta chiamata nel mondo reale, rimane davvero innocua. Soprattutto, nessun demone rimane placido in questo piano dell'esistenza se non si ha cura di fornirgli un costante sostentamento.

Affinché il demone affamato non gli si rivoltasse contro senza preavviso, il mago lo legò a Kinshiro, lasciando che si nutrisse a piacimento dell'energia magica dello spirito. Senza che questo potesse opporsi, gli aculei di Zundar misero radici nel suo petto, rubandogli parte di sé e macchiando la sua luce con la tenebra.

Per la prima volta, lo spirito della luce conobbe l'odio: quando la creatura dell'oscurità lo ghermì, comprese che l'umano, fin dal principio, aveva avvicinato lui e gli altri spiriti unicamente per sfruttare la loro magia, non curandosi né delle loro conoscenze, se non per trarne vantaggio personale, né della loro anima, se non per usarli come concime per le sue ambizioni e per l'oscurità che albergava nel suo cuore.

Più l'odio ed il dolore aumentavano in Kinshiro, più Zundar accresceva la sua forza, fino a che, un giorno, non parlò alla sua vittima, suggerendogli di fare un patto. In fondo, gli disse, entrambi erano prigionieri del mago, costretti a soffrire ed assecondare i suoi capricci. Insieme, però, potevano ribellarsi al suo potere.

Kinshiro, quel giorno, si trovò a prendere una decisione difficile: avrebbe potuto continuare ad esistere servendo quell'uomo, per finire la sua esistenza da schiavo, consumato dal demone e tormentato dall'odio che questi avevano istillato in lui, oppure avrebbe potuto divenire sufficientemente forte per sbarazzarsi delle catene che lo imprigionavano. Per fare ciò, tuttavia, avrebbe dovuto diventare tutt'uno con Zundar e rinunciare ai suoi poteri di spirito della luce: i raggi delle stelle non l'avrebbero più raggiunto per indicargli il cammino; le sue mani non avrebbero più curato o costruito, ma solo ferito e distrutto.

Corroso com'era dai sentimenti negativi che l'umano gli aveva provocato e che il demone coltivava nel suo animo, Kinshiro scelse la seconda via e lasciò che Zundar affondasse ancora le radici nel suo cuore, soffocando la luce con la tenebra.

Lo spirito, quindi, suggerì sia ad Ibushi che ad Akoya di prestare a loro volta i loro poteri a Zundar, affinché il demone avesse la potenza sufficiente a liberare tutti loro. Ormai stufi di subire le ingiustizie dell'umano, gli altri due spiriti acconsentirono, e si legarono a loro volta a Zundar.

Una volta che fu in grado di attingere a ben tre fonti di magia in contemporanea, il demone poté dispiegare i suoi poteri e spezzare gli incanti che legavano lui e gli spiriti. Il mago intervenne nel tentativo di fermarlo, ma venne distrutto nello scontro che seguì.

Tuttavia, Zundar non riuscì a liberarsi del tutto: la sua essenza rimase confinata nella statuina di giada, e la sua esistenza rimase ancorata al potere che assorbiva dai tre spiriti, i quali, in cambio, disponevano ora degli stessi oscuri poteri che Zundar aveva portato con sé nel loro mondo.

"Il demone non può sopravvivere senza un costante sostentamento di energia e non ci ha mai lasciati liberi, anche dopo esserci liberati del mago. Fuggimmo da un padrone solo per finire nelle grinfie di uno ancora più potente," ammise Ibushi infine, sollevando gli occhi sul principe quasi con un sorriso di scusa, seminascosto nelle ombre della stanza. Non fu sorpreso di vedere che Atsushi, per tutto il tempo del racconto, aveva a mala pena toccato cibo.

"Zundar ebbe gioco facile con noi, sfruttò ed alimentò il nostro risentimento nei confronti di quell'umano. Del resto, se Kinshiro non fosse sceso a patti con lui, saremmo rimasti suoi prigionieri per molto, molto tempo, fino a che la magia di Kinshiro non si fosse esaurita. Poi, chissà, sarebbe toccato a me o ad Akoya."

Il ragazzo aveva passato un braccio attorno allo schienale della sedia e vi si reggeva, come a dover mantenere l'equilibrio, pur essendo seduto. Era chiaro che c'erano più cose che avrebbe voluto chiedere e che faceva fatica a scegliere quella da cui cominciare.

"Il riccio... La statuina che c'era al centro del labirinto in giardino... per questo non mi è mai stato permesso di avvicinarmici da solo."

Ibushi annuì. "Kinshiro non avrebbe mai voluto che il demone avesse anche voi. Vi avrebbe ucciso subito o, peggio ancora, avrebbe potuto tentare di insinuarsi in voi rendendovi schiavo."

Atsushi scosse la testa. "Se Kin era tanto preoccupato per me, allora... Perché questo, adesso?" domandò quindi, gesticolando ad indicare la stanza attorno a sé. "O davvero mi ha usato per tutti questi anni, solo perché gli sarei servito a trovare En e non poteva rischiare che mi accadesse niente prima del tempo?" La sua voce era andata via via scemando.

Delle tante cose che aveva scoperto, suo malgrado, questa era quella che più faticava ad accettare. Era cresciuto con Kinshiro, aveva giocato, e letto, e chiacchierato. Si era sentito in colpa per avergli taciuto un piccolo segreto, solo per scoprire che il suo migliore amico ne celava uno ben più grande e tremendo.

"E poi, perché En?" fiatò alla fine, scuotendo lentamente la testa. "Di tutte le persone, perché proprio lui?"

Ibushi lo ascoltò con pazienza e, alla fine, parlò con voce pacata, simile al fruscio del vento tra le foglie appena sbocciate.

"È stato un caso. Zundar ha fame di odio e di dolore, è per questo che ci ha spinti ad attaccare il castello, quel giorno. La più futile scusa era sufficiente per istigare la sua sete, e la nostra di conseguenza. Da allora, si è divertito e pasciuto del risentimento di Kinshiro nei confronti degli spiriti e del principe, che erano riusciti a nascondersi tanto bene, e della nostra frustrazione."

"Allora è così... Il Kinshiro che credevo di conoscere non è mai esistito." Atsushi parlò con voce amara, spenta, voltandosi dall'altra parte. La tremolante luce del candelabro gli illuminò il volto, creando ombre profonde sul suo viso, rendendolo più esausto di quanto già non fosse.

"Incontrammo Zundar molto, molto tempo fa, e da allora nessuno di noi è più stato lo stesso, questo è vero." Il demone incrociò le mani in grembo, contemplando la ragnatela di ombre e riflessi caldi che prendeva forma tra le sue dita.

"Controlla sia me che Akoya, ed anche ora sa che cosa vi sto raccontando e perché." Atsushi sollevò lo sguardo su di lui, senza capire, ma Ibushi scosse la testa e proseguì. "Ma le sue radici sono nel cuore di Kinshiro. Si nutre ancora della sua rabbia e la alimenta, tenendolo prigioniero. Tuttavia, altezza," fece guardando Atsushi negli occhi, con sguardo tra l'onesto ed il dispiaciuto, "quando Kinshiro stava con voi, sembrava nuovamente lo spirito che conoscevo tanto tempo fa, prima che decidessimo di fidarci del mago. La vostra amicizia gli aveva regalato serenità ed aveva indebolito Zundar."

Questo, almeno, fino al momento in cui Kinshiro non si era reso conto che Atsushi era innamorato della sua preda, ma Ibushi si curò bene dall'aggiungerlo.

Gli occhi del ragazzo erano ancora addolorati ed in cerca di risposte, ma questa volta vi brillava una tenue speranza. "Ma allora, forse c'è un modo per...?"

"Che cosa sta succedendo, qui?"

All'udire la voce di Kinshiro nel corridoio, il picco di adrenalina colpì Atsushi come un pugno sullo stomaco, tanto che per un attimo il principe temette di rigettare i pochi bocconi che era riuscito ad inghiottire.

"Ibushi si sta accertando delle condizioni del prigioniero." La voce di Akoya era atona, ma l'altro demone spalancò la porta con impeto.

Avanzò nella stanza con ampi passi, gettandosi dietro le spalle un lembo del mantello che lo intralciava. Dalla tasca della tunica nera che aveva sul petto, spuntava qualcosa di verde ed aguzzo. I suoi occhi scarlatti si posarono si Ibushi e poi sul ragazzo umano, ardenti di un fuoco gelido.

"Sto controllando che il principe si nutra, Kinshiro, come mi hai ordinato." La voce di Ibushi era pacata, cauta, come se stesse tentando di rabbonire una bestia pericolosa.

"Se non vuol mangiare, non mangi, ci sono cose più pressanti al momento," fu la brusca riposta. "Non li hai sentiti arrivare? Come hai potuto lasciare che varcassero la barriera senza accorgertene?" sibilò. Nonostante l'evidente differenza di statura tra i due demoni, Kinshiro torreggiava su Ibushi. Seduto e a capo leggermente chino, quest'ultimo abbassò lo sguardo senza rispondere.

"Ero io a presidiare la barriera."

Kinshiro si voltò di scatto da Ibushi ad Akoya. "Un lavoro encomiabile, davvero." Le sue parole erano così caustiche che avrebbero potuto ustionare.

"Se ci dividiamo, li troveremo in un attimo," prese a dire l'altro demone, ma Kinshiro scattò verso di lui.

"Certo, tanto valeva aprire cancelli e porta d'ingresso per invitarli, non è così?" Stava quasi gridando; le tenebre della stanza gli si erano condensate attorno in un'aura scura ed il suo mantello, nero e scarlatto, gli volteggiava attorno. "Dopo tutti gli sforzi fatti per arrivare al punto in cui siamo, consentire a quegli spiriti di raggiungerci nella nostra dimora ed entrarvi a loro piacimento è inconcepibile!"

Akoya abbassò la testa, lasciando che i folti ciuffi rosati gli coprissero i lati del viso. L'evidente ammissione di colpa sembrò, se non altro, placare un poco Kinshiro, che tuttavia rimase avvolto nel suo potere.

"Abbiamo concesso loro già troppo del nostro tempo." Nel dire così, alzò entrambe le mani, mentre la magia attorno a lui vorticava sempre più forte. "Andiamo via da questo posto, è comunque inutile rimanervi."

Akoya alzò di scatto la testa per dire qualcosa, ma venne preceduto dal grido strozzato del principe, alle spalle del demone. L'aura nera di quest'ultimo aveva avvolto anche l'umano, che si divincolava inutilmente contro le sue spire, costringendolo in piedi, le braccia imprigionate lungo i fianchi.

"Kin, che cosa hai intenzione di fare?" lo interrogò con voce spezzata.

A quel punto, Kinshiro si voltò indietro lentamente, per guardare il prigioniero negli occhi.

"Ce ne andiamo, lontano dagli umani e da quei tre spiriti petulanti. Lontano da questa villa che ha esaurito il suo scopo."

A quelle parole, il demone alzò un braccio sopra la testa, pronto a terminare l'incantesimo. Invece dell'esplosione di tenebre in cui la sua magia avrebbe dovuto culminare, però, si ebbe un improvviso lampo di calore e luce e Kinshiro si ritrovò schiacciato contro la parete opposta della stanza.

"Voi fate quel che vi pare, il principe viene con noi."

Atsushi, libero dalla magia oscura, ricadde di peso sulla sedia e fu prontamente affiancato da Yumoto, Ryuu ed Io, che si frapposero tra lui e Kinshiro. Afferrato l'umano per le braccia, lo trascinarono via di forza. Nè Ibushi né Akoya si frapposero tra loro e la porta.

"Fermateli!" ordinò quindi Kinshiro, riprendendo a fatica a respirare dopo l'attacco.

Senza voltarsi indietro, i quattro guadagnarono il corridoio e si lanciarono verso le scale. Gli imponenti gradini di marmo li attendevano, bui e vuoti - fino a che, nelle ombre, non si concretizzò qualcosa.

"Rovi!" esclamò Atsushi, istintivamente rallentando la corsa. Certo, non si trattava del labirinto che in cui si era ritrovato intrappolato qualche ora prima, ma vedere quei tentacoli spinosi strisciare lungo le scale e venire incontro a loro era altrettanto terrificante.

"Nulla a cui non siamo preparati," garantì però Ryuu, gettandosi a capofitto sulle piante, preceduto da un esplosione delle sue fiamme. Le spine arsero facilmente, arricciandosi e ritirandosi.

"Akoya ci sta ancora dando una possibilità di fuga," mormorò Io spingendo Atsushi giù per i gradini dietro a Ryuu. Alle loro spalle, tutto taceva e lo spirito della terra, involontariamente, indugiò ad ascoltare.

Nel silenzio, la voce stava nuovamente chiamando il suo nome.

Io si voltò verso il corridoio, ma questo era vuoto. Eppure lo sentiva - quel sussurro suadente gli si era impresso nelle orecchie, gli era rimasto appiccicato addosso, ed ora lo chiamava indietro. Mosse un passo per risalire i gradini, ma qualcosa lo strattonò improvvisamente per un braccio. Automaticamente, guardò in basso, vedendo che un ramo di spine gli si era attorcigliato attorno al polso e stava rapidamente risalendo fino al gomito.

Prima che avesse il tempo di realizzare il rischio, la presa si indebolì e di fronte a lui comparve Atsushi. Il principe aveva un pugnale in mano e lo guardava con occhi terrorizzati ed apprensivi. Fu lui, questa volta, che afferrò lo spirito per un polso per poi trascinarlo giù per la scalinata.

"Svelti, o ci si richiuderanno addosso!" gridò Ryuu davanti a loro. Ormai avevano guadagnato il piano terra e la porta di ingresso era a pochi passi di distanza. Yumoto corse per aprirne i battenti, ma senza riuscirvi. Allora arretrò, sfoderando la bacchetta, che già brillava di magia. Il suo colpo, però, si infranse in un'esplosione di luce contro una barriera di ombra, che apparve improvvisa tra lui e la porta.

"Non così in fretta."

La voce che proveniva dalla cima delle scale, questa volta, venne udita da tutti. Sullo sfondo delle ombre notturne, Kinshiro era poco più che una sagoma pallida in un involucro di tenebre violacee. Ad un suo cenno della mano, i rovi sulle scale avvizzirono e scomparvero, lasciandogli libero il passo.

Scese con calma deliberata, un gradino alla volta. Dietro di lui, venivano Akoya e Ibushi, ma la loro lentezza appariva semmai esitazione.

"Apri quella porta, Yumoto!" ordinò Io, mentre lui e Ryuu si mettevano fianco a fianco di fronte ad Atsushi.

"Pensavate davvero di potermi sconfiggere così facilmente, qui nel mio stesso covo? Siete dei poveri ingenui. Avreste fatto meglio a rimanere con il vostro principino a vegliare sul suo sonno."

Mentre avanzava, aveva delicatamente estratto la statuina dalla tasca sul petto. La giada riluceva debolmente nelle ombre della notte, ma non era un riflesso: il bagliore proveniva dal cuore della pietra stessa.

"Ci siamo annoiati un po', ultimamente." La voce di Kinshiro aveva una sorta di strana eco, adesso, che non era data dalle pareti dell'atrio della villa. "Ma voi tre siete un diversivo interessante."

Senza preavviso, la luce verde esplose e investì i tre spiriti ed il principe, che si coprì istintivamente gli occhi ma, con una certa sorpresa, rimase illeso. Quando tornò a guardare, però, si rese conto con orrore che Io e Ryuu, di fronte a lui, erano caduti a terra.

"Ehi!" Atsushi si inginocchiò in mezzo a loro, scuotendo Ryuu per una spalla. Lo spirito del fuoco sembrava privo di conoscenza, così come Io di fianco a lui. Alle spalle del principe, Yumoto era ripiegato su se stesso, ancora cosciente, ma incapace di rimettersi in piedi.

Il principe sollevò la testa verso Kinshiro. Il suo viso rifletteva il bagliore verdastro della statua, ed in mezzo ai riflessi ardevano due tizzoni scarlatti. Era folle, si disse il ragazzo, riconoscere le sembianze del suo migliore amico in quella creatura demoniaca.

"Kin! Ti prego, smettila!" supplicò, avanzando fino a mettersi tra il demone e gli spiriti. "Non sei tu ad agire in questo modo, non è così?"

Le braci si fissarono su di lui ed Atsushi sentì le gambe quasi cedere per il terrore. Era folle, si ripeté.

"Silenzio, umano." L'ordine riecheggiò tra pareti e soffitto, ed il respiro del principe venne meno. Tuttavia, strinse la presa sul suo pugnale. Folle e ridicolo.

"Non ti permetterò di fare male anche a loro. Ne hai già fatto abbastanza ad En." La sua voce era roca e patetica, ma udirla riuscì in qualche modo a confortarlo. Dietro di lui, sentì gli spiriti destarsi e muoversi e chiamare il suo nome, pregandolo di tornare indietro.

"Ma non abbastanza a te, non è così?" Le fiamme negli occhi di Kinshiro sembrarono dilatarsi. Il demone alzò la mano libera e le dita bianche furono presto avvolte da una sfera di fitto buio. "È stata una sciocchezza pensare di tenerti in vita." Tese il braccio, pronto a scagliare l'incantesimo contro Atsushi. Il ragazzo si coprì istintivamente il volto con le braccia, vagamente conscio del fatto che non avrebbe aperto gli occhi mai più.

Il colpo, però, non arrivò.

"Kinshiro, no!" Ibushi aveva afferrato il braccio del demone e lo teneva saldamente. "Non assecondarlo! Se fai del male al ragazzo, Zundar si impossesserà anche di quel che rimane di te!"

"Lasciami!" ringhiò Kinshiro, dimenandosi. "Da che parte stai?"

"Dalla tua, sempre." La voce spezzata dalla fatica, Ibushi lottò per tenerlo fermo, e Kinshiro perse il controllo sulla sfera di oscurità che aveva creato. Questa andò a schiantarsi sulla parete, a poca distanza dal principe e gli spiriti.

L'esplosione fu così forte da mandare Atsushi lungo disteso a terra. Quando si riebbe, pochi istanti dopo, Yumoto era chino su di lui e lo stava aiutando ad alzarsi. Intontito dallo scoppio, il ragazzo dovette appoggiarsi allo spirito per poter stare in piedi. Tutt'intorno c'erano calcinacci e polvere, ed Io, che ancora manteneva lo scudo magico che li aveva protetti dalle macerie che erano schizzate intorno, stava facendo loro segni frenetici di sbrigarsi. Nella parete annerita, ora, c'era una fenditura irregolare, e Yumoto vi condusse il principe.

Atsushi incespicò attraversandola, ma Ryuu lo spinse dall'altra con malagrazia. "Coraggio, altezza, fuori di qui prima che sia troppo tardi!" Lo spirito, poi, si voltò a cercare Io. Lo scudo sempre alzato, questo era immobile ad osservare la scena che si stava svolgendo sulle scale.

Ibushi stava ancora tentando di immobilizzare Kinshiro, ma quest'ultimo riuscì a liberarsi di lui, mandandolo lungo disteso sulle scale. Prima che potesse colpirlo ancora, però, i rovi di Akoya gli intrappolarono gambe e braccia, ed il demone lanciò un grido di rabbia e frustrazione.

"Akoya!" Ryuu si ritrovò con la bacchetta in mano, sollevata verso i demoni, pronto ad attaccare - anche se per fare che cosa, non era sicuro.

Il demone li fulminò con lo sguardo. "Andate!" ordinò. Il suo bel volto era contratto per la fatica, e non fu difficile comprendere che non sarebbe riuscito a tenere a bada l'altro molto a lungo.

Ryuu imprecò, ma afferrò la mano di Io e se lo trascinò dietro nel varco della parete. Fuori, nel buio della notte, Atsushi e Yumoto li aspettavano, montando il cavallo del principe.

"Dobbiamo bloccarlo in qualche modo o ci sarà subito addosso!" esclamò Ryuu, senza ottenere alcuna risposta dal compagno. "Io!" insisté, prendendo lo spirito della terra per le spalle e scrollandolo.

Io appariva quasi in trance, ma l'aria notturna e la voce di Ryuu sembrarono riscuoterlo. Scosse la testa, sbattendo le palpebre.

"Sì. Sì, hai ragione. Voi, via di qui," ordinò, colpendo il cavallo e lasciando che corresse verso il cancello. Poi si inginocchiò, affondando le dita nel terriccio dell'aiuola in cui erano usciti e chiudendo gli occhi, concentrato. La luce che lo aveva avvolto fino a quel momento confluì nelle sue braccia, tese nello sforzo, e sparì nel terreno.

Ryuu, dietro di lui, spiccò il volo, allontanandosi per precauzione. Curvo sull'erba ed immobile, Io sembrava volervi affondare. Nonostante il palese sforzo a cui era sottoposto, però, per svariati istanti non successe nulla. Poi, si udì un rombo sordo.

Dapprima, ci fu il fracasso dei vetri rotti, poi iniziarono a cadere le prime tegole dal tetto, mentre lunghe crepe correvano a tagliare la facciata della villa.

Io si alzò e, tornato alle sue dimensioni ridotte, volò a raggiungere Ryuu e gli altri. Alle loro spalle, l'edificio tremò e collassò su se stesso in una nuvola di polvere.

 

~~~

 

Le stelle erano più luminose che mai nel cielo, quando i rovi finirono di farsi strada nel cumulo di macerie. Smossero una pila di calcinacci e pietre, che rotolò di lato, formando una piccola frana, e fecero spazio per il grosso bozzolo di foglie e rami che emerse, pulsando debolmente.

Una spira dopo l'altra, i virgulti si schiusero, lasciando libere le tre figure che vi avevano trovato riparo.

Akoya si alzò per primo, sistemandosi con cura i capelli arruffati dietro le spalle. Era sporco, coperto di polvere ed affaticato, ma fu con grazia che si chinò a porgere la mano ai due compagni, che solo adesso stavano pian piano mettendosi a sedere.

Ibushi fu il primo a ricambiare la stretta, alzandosi a fatica. Kinshiro, invece, rimase seduto in mezzo alle spine. Stringeva a sé la statuina e teneva gli occhi bassi.

"Mi avete costretto a lasciarli fuggire." La sua voce suonava arida. L'aura nera lo avvolgeva ancora, ma sembrava essersi affievolita.

"Dimenticati di loro, Kinshiro. Dacci retta. Andiamocene da qui." Ibushi si accovacciò accanto a lui, posandogli affettuosamente una mano sulla spalla. A quel tocco, Kinshiro scattò.

Ibushi si trovò riverso sulle macerie, schiacciato dalla possente aura oscura che ora si sprigionava dal corpo del demone.

"Li hai lasciati entrare apposta! Traditore!" tuonò, mentre le spire di tenebra si avvolgevano strettamente attorno alla gola di Ibushi, che si trovò a corto di aria per respirare. Tutt'attorno, si sollevò un vento così forte da sollevare macerie e calcinacci, facendoli vorticare attorno a Kinshiro. Nessuno dei proiettili, però, riuscì a colpire il bersaglio, perché si frantumavano immancabilmente contro l'aura nera che lo circondava.

"Basta!" Lottando contro vento e polvere, Akoya si frappose e riuscì a spingerlo via con violenza. Kinshiro rotolò da un lato ma si rialzò subito, scrutando i due compagni con occhi colmi di gelido odio. "Te l'ho detto, la barriera la mantenevo io, e sì, ci hanno trovati grazie a me, li ho invitati ad entrare e li ho anche condotti dal principe," ammise il demone, non senza una punta di orgoglio, mentre si chinava a sollevare Ibushi, che ancora tossiva convulsamente.

"Mi avete tradito... tutti e due!" la voce di Kinshiro era rotta. C'era una nota selvaggia, in essa, di dolore, quasi fosse un animale ferito ridotto in un vicolo cieco.

"Non abbiamo tradito te, Kinshiro," rispose Akoya, mentre tutt'attorno dai calcinacci sorgevano germogli di rovi.

Allora, Kinshiro rise, e nella sua risata riecheggiò la stessa ombra che lo avvolgeva. "Patetico!" I virgulti più vicini a lui avvizzirono non appena mosse una mano. "Credi di poterci combattere così? A chi credi di dovere questi poteri, Akoya?" Il demone sollevò davanti a sé la statuina di giada, pulsante di luce. Pulsò una, due volte, e poi il bagliore esplose ancora, gettando gli altri due a terra, senza fiato e senza forze.

Akoya aprì gli occhi dopo quelle che sembrarono ore; sollevare le palpebre gli richiese tutte le energie di cui disponeva. Sopra di lui torreggiava Kinshiro, o ciò che rimaneva di lui. Nell'oscurità imperante l'espressione del suo volto era illeggibile. La luce verde e pulsante tra le sue lunghe dita bianche era tutto ciò che il demone riusciva a mettere a fuoco.

"Visto che ormai non li usi più per lo scopo per cui te li ho donati, sono ben felice di riprendermeli indietro," echeggiò una voce che non somigliava più a quella che era stata di Kinshiro. "E poi, ho bisogno di magia fresca, visto che questo spirito inizia a consumarsi. Venite a me, entrambi," ordinò, imperiosa e suadente insieme.

Non c'era che la luce, ora, ed Akoya ne era irresistibilmente attratto. Non aveva la forza sufficiente per alzarsi e raggiungerla, ma si stava avvicinando lo stesso. Quando lo avvolse, però, si rese conto che bruciava. Cercò di gridare, di divincolarsi, ma non poteva muovere nemmeno un muscolo mentre la luce lo inghiottiva inesorabilmente. Dopodiché, fu solo il buio.

 

~~~

 

In mezzo alle macerie, ora, era rimasto unicamente il demone conosciuto come Kinshiro.

Non era solo, però: al petto stringeva la statuina di giada. Era leggermente piegato su se stesso, ed il suo volto era contratto in una smorfia di dolore. Era troppo potere tutto in una volta, pensò una parte di sé, ma venne prontamente soffocata. Non era mai stato così potente prima, si disse invece, inebriato, mentre la smorfia si trasformava in un sorriso.

Mosse una mano ed una massa di rovi neri eruttò ai suoi piedi. Aveva gli artigli per combattere, ora, ma il castello era distante, e i quattro fuggitivi avevano su di lui un netto vantaggio. Il sorriso divenne così ampio da scoprirgli i denti. Possedeva anche il potere del vento, adesso.

L'ombra che gli vorticava attorno si estese dietro di lui, coprendo le macerie biancastre alla luce delle stelle, ingigantendosi e schizzando ai lati, nella forma di due ampie ali.

Improvvisamente, il castello era molto più vicino.


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Note: un capitolo senza il principe En, che tristezza Ormai mancano davvero pochi capitoli alla fine! Grazie a Yuki per l'aiuto e a tutti voi che leggete questa storia~ spero di riuscire a postare gli utlimi aggiornamenti in tempi brevi!





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