SLEEP
TIGHT
Dall’inizio
di quella strana ed inaspettata convivenza, mesi prima, si era formata
una specie di routine che sembrava mettere d’accordo tutti.
La sveglia era alle sei di mattino, costringendoli ad alzarsi delle
loro brande per passare la mattina ad adempiere ai loro doveri fino al
pranzo. Dopo aver consumato un lauto pasto c’erano gli
allenamenti che terminavano giusto per l’orario di cena che
decretava la conclusione delle fatiche quotidiane. A fine giornata
c’era solo il tempo per rinfrescarsi e per tornare
stancamente ai letti.
Goku
era sempre troppo esausto per pensare, dopo la massacrante giornata, e
una volta raggiunto il materasso si addormentava nel giro di pochi
istanti. Alle sei del mattino successivo ricominciava tutto da capo e
come i giorni che l’avevano preceduto si trascinava
giù dal letto per riprendere da dove aveva lasciato.
Il
suo compagno di stanza sembrava avere un ritmo diverso e Goku si
illuse, quasi per scherzo, che Vegeta non dormisse affatto. Essendo
sempre il primo ad appisolarsi non faceva mai in tempo a vedere il
principe dei saiyan fare altrettanto. All’alba la suddetta
sveglia non era altro che un calcio che l’amico gli dava
senza riguardi. Quando Goku riapriva gli occhi trovava Vegeta
già pronto, la battle suit in dosso fatta eccezione di uno o
entrambi i guanti. Alle spalle del principe il letto rifatto ed
ordinato che non sembrava essere nemmeno stato toccato.
Eppure
Goku si era sempre ritenuto piuttosto mattiniero. In quella piccola
casetta sui Monti Paoz era sempre lui il primo a svegliarsi, seguito a
ruota dalla moglie e qualche ora più tardi dal figlio
minore. Quando anche Goten era in piedi e pronto per andare a scuola,
Goku aveva già fatto il riscaldamento della mattina e stava
cominciando ad abbuffarsi della colazione che nel frattempo Chichi
aveva messo in tavola. Poi andava ad arare i campi. Era abituato a
svegliarsi alle sei ed infatti non aveva fatto una grinza quando gli
era stato detto che per quell’ora doveva cominciare a
prepararsi. Vegeta invece sembrava si alzasse almeno mezz’ora
prima, dandogli il tempo di sciacquarsi, vestirsi e persino rifare il
proprio letto, prima di andare a disturbare il compagno di stanza.
La
prima smentita di quell’assurda teoria avvenne quattro giorni
prima e Goku si accorse che qualcosa non andava quando, al mattino, non
fu l’amico a svegliarlo. Aprendo gli occhi scoprì
che di Vegeta non c’era nessuna traccia. Le lenzuola della
branda erano state lasciate disfatte. Senza darsi troppo pensiero, Goku
era andato a prepararsi tornando qualche minuto più tardi
per trovare la stanza come l’aveva lasciata.
Incontrò Vegeta non molto tempo dopo, seduto su uno degli
alberi piantati accanto al fiumiciattolo. Non indossava la sua divisa,
portava solo i boxer con la quale l’amico suppose avesse
dormito.
Da
lontano lo aveva fissato per un po', domandandosi cosa stesse facendo e
perché non fosse ancora pronto. Inutile dire che quando si
avvicinò per parlargli non ottenne altro se non la tipica
ostilità del principe dei saiyan che dopo qualche insulto e
una serie di borbottii si diresse verso la loro stanza per cambiarsi.
Tuttavia
il primo campanello d’allarme cominciò a suonare
nella mente di Goku quella stessa notte, quando per la prima volta fu
svegliato bruscamente. Le urla del compagno di stanza s'introdussero
nel suo sonno, modificando di conseguenza i suoi sogni. Dopo alcuni
minuti comprese che le grida provenivano dalla realtà ed
aprendo un occhio per guardare, vide Vegeta sedersi sul materasso con
una lenta ed angosciante respirazione. La luce che filtrava dalla
finestra accanto alla quale dormiva il principe ne
sottolineò la pelle sudata. Pochi secondi più
tardi Vegeta scostò le coperte ed uscì dalla
stanza sbattendo la porta, senza preoccuparsi della
potenzialità di svegliare il coinquilino ed inconsapevole
del fatto che questo era già accaduto.
Goku
si mise a sedere sul letto, domandandosi cosa potesse essere successo.
Attese nella speranza di veder ricomparire l’amico, ma quando
non avvenne il sonno prese nuovamente il sopravvento e tornò
ad addormentarsi.
Il
terzo giorno comprese che se prima la sua era solo una battuta, era ora
divenuta una realtà. Vegeta non stava dormendo e
ciò divenne evidente dal viso pallido e dagli occhi stanchi.
Goku non aveva ancora detto una parola a riguardo, ma era diventato
troppo evidente per non notarlo e quel giorno, il quarto, decise che
forse sarebbe stato meglio intervenire.
***
Il
compito del giorno consisteva nello spolverare una grossa sala nel
palazzo del felino della distruzione. Senza fiatare i due saiyan
avevano afferrato uno scopettone a testa e si erano recati sul posto.
Ore
dopo non molto progresso era stato compiuto e l’enorme stanza
restava per lo più intrisa di polvere vecchia di secoli.
Goku era distratto, sollevando di sovente lo sguardo per guardare
l’altro saiyan, domandandosi cosa fosse la causa della sua
sonnolenza. Dal canto suo, Vegeta non aveva fatto altro che spazzare lo
stesso metro quadrato per un tempo indefinibile. Forse troppo
addormentato per accorgersene, non aveva fatto altro che passare lo
spazzolone in quei pochi centimetri senza scostarsi di troppo. Persino
Goku, per quanto assente a sua volta, era riuscito a pulire una parte
più ampia del pavimento.
Fermandosi
ad osservarlo per l’ennesima volta, si domandò se
fosse il caso di chiedere al principe dei saiyan una spiegazione, ma la
consapevolezza di ottenere una risposta sul genere “Fatti
gli affari tuoi, Kakaroth”
lo costrinsero a ripensarci. Così non avrebbe ottenuto
molto, se non quello di far arrabbiare l’amico.
“Questa
stanza è rimasta come l’ho lasciata”
s’introdusse una voce tra i pensieri di entrambi che
scostarono simultaneamente il capo in direzione della porta, davanti
alla quale il maestro li stava fissando. Lord Whis si portò
una mano al volto, per proteggersi dai pulviscoli e si
guardò attorno. Scostò prima lo sguardo su Goku,
che si grattò la nuca con imbarazzo, poi su Vegeta,
più intento a reggersi in piedi grazie allo scopettone che
stringeva tra le mani. Su di lui l’uomo dall’aura
divina indugiò per un secondo di più, ma non
disse nulla in particolare. “A chi di voi signori spetta il
compito di ripulire la cucina quest’oggi?”
domandò pur conoscendo la risposta, poiché i suoi
occhi si scostarono verso il principe. Vegeta lo guardò di
rimando per un istante soltanto, e con un’andatura flemmatica
si avvicinò alla porta, dopo aver abbandonato la spazzola
accanto alla parete. In silenzio si allontanò.
C’era
qualcosa che non andava nella sua postura, aveva notato Goku. Vegeta
camminava sempre a testa alta, le spalle dritte con lunghe e decise
falcate. Quel giorno la sua andatura sembrava quasi instabile, il capo
chino, le spalle basse e i piedi che si trascinava dietro a fatica.
Rimasto
solo con il maestro, Goku lo fissò. “Ehi, Lord
Whis, tu credi che ci sia qualche problema con Vegeta?”
chiese, esternando per la prima volta il suo pensiero. Il divino lo
guardò a lungo, i fini occhi gelidi lo scrutarono con
attenzione. Whis sorrise, “È preoccupato per il
suo amico, Signor Goku?” domandò di rimando,
portando dietro la schiena la mano che aveva fino a quel momento tenuto
sul volto; l’altra stretta attorno all’immancabile
bastone.
Il
saiyan sembrò rifletterci, si grattò la nuca ed
osservò un punto imprecisato della stanza, “Beh,
sì” ammise “Se Vegeta non è
in forma non possiamo allenarci come si deve”
spiegò, tornando a posare lo sguardo sul misterioso maestro.
“Capisco” bisbigliò Whis “Se
questo è ciò che crede dovrebbe provare a parlare
con lui, non trova?” a questo Goku rise, “Vegeta
non mi direbbe mai nulla” spiegò. Poi ebbe
un’illuminazione “Lord Whis, perché non
provi a parlarci tu?” suggerì. Questa volta fu il
divino a ridacchiare, “Perché mai dovrei parlarci
io, Signor Goku? Sono il vostro maestro, non il vostro
confidente” fissò a lungo il saiyan “Per
risolvere il problema del Signor Vegeta dovrebbe trovare qualcuno in
grado di parlare con lui” detto ciò si
voltò, cominciando a ripercorrere il corridoio dalla quale
era venuto. Solo quando sentì Goku alle sue spalle esclamare
un sorpreso “Ah!” si bloccò.
“Lord
Whis! Ho avuto un’idea” esclamò il
saiyan, che nel frattempo lo aveva raggiunto. Whis gli
regalò uno di quei suoi sottili e misteriosi sorrisi.
***
Bulma
poggiò il vassoio davanti ai suoi ospiti, seduti attorno ad
un tavolo sull’immenso terrazzo. In seguito trovò
posto sulla sedia che aveva lasciato libera per un attimo.
“È un lavoro molto prestigioso, Gohan. Spero che
tu sia contento di averlo ottenuto” gli disse, osservando il
ragazzo grattarsi la nuca in un gesto che le ricordò il
padre del giovane. “Ti ringrazio Bulma” le rispose
imbarazzato.
“Il
mio Gohan sta facendo carriera” rincarò la dose
Chichi, appropriandosi di un pasticcino raccolto dal portavivande che
le era appena stato posto davanti. Bulma la guardò per un
secondo, contorcendo le labbra in un mezzo sorriso un po' sforzato.
“Ehi
Bulma!” s’intromise una voce dal nulla,
costringendo l’improbabile terzetto ad alzare lo sguardo al
cielo. “Papà?” domandò Gohan,
“Goku?” farfugliò a sua volta la padrona
di casa, “Goku!” urlò invece la moglie
del guerriero, scattando in piedi. “Ah! Chichi!”
esclamò il saiyan da una galassia lontana, “Quando
hai intenzione di tornare a casa?” “Ehm…
io non… scusa Chichi, devo solo parlare con Bulma”.
La
diretta interessata inarcò un sopracciglio in
un’espressione perplessa, “Devi parlare con
me?”. Goku annuì, osservando la scena tramite la
sfera posta all’estremità del bastone stretto tra
le lunghe dita azzurre del divino Whis. “Sì,
riguarda Vegeta” iniziò a spiegare il saiyan
“Credo non dorma da almeno quattro giorni e di
nott...” “Lasciami indovinare” lo
interruppe Bulma “Passa metà della notte ad urlare
nel sonno, si sveglia completamente sudato e senza fiato. Poi passa ore
in un posto tranquillo fino al mattino?” ci fu un attimo di
silenzio. “Accidenti! È esattamente
così!” esclamò sorpreso Goku,
“Tu sai cosa succede?” chiese subito dopo. Bulma
sospirò, poggiando le spalle sullo schienale della propria
sedia ed annuì, “Devono essergli tornati gli
incubi” spiegò chinando il capo. Goku
inarcò un sopracciglio, “Incubi? Ma… ma
è Vegeta”
mormorò, come se non avesse mai sentito un discorso tanto
assurdo. Bulma restò in silenzio.
“Aspetta
un attimo. Papà, hai detto quattro
giorni? Vuoi dire da quando siete tornati
sul pianeta di Lord Beerus?” s’intromise Gohan,
“Beh, sì” rispose Goku, notando solo ora
la coincidenza, ma senza vederne il nesso. Tramite il bastone di Whis
vide il figlio rivolgersi verso l’amica, “Bulma, tu
pensi che sia per…” chiese lasciando a
metà la frase, lei annuì. “Di cosa
state parlando?” volle sapere Goku, sentendosi escluso da una
parte della conversazione. “Suo figlio e la Signora Bulma
ritengono che sia a causa di Lord Freezer” intervenne Whis,
parlando per la prima volta. Il saiyan si voltò a guardarlo,
“Freezer?” domandò perplesso,
“Ma perché? Io e Vegeta abbiamo sconfitto Freezer.
Perché dovreb…”
“Papà, non siamo tutti fortunati come
te” intervenne il figlio. Sebbene le sue parole potessero
sembrare crudeli, non c’era nessuna malevolenza nel tono di
voce che al contrario suonò rassicurante.
Nella
sua mente Gohan tornò ad avere cinque anni. Era di nuovo su
Namecc alla ricerca delle sfere del drago, terrorizzato che tutto e
tutti potessero ucciderlo. La costante sensazione di panico ad ogni
incontro, la paura di essere intercettati a causa della propria aura. I
nemici, uno più forte dell’altro che si
susseguivano a ritmo incalzante e che, nella maggior parte dei casi,
potevano distruggerlo con un solo sguardo. Dall’esercito
misterioso che avevano trovato al loro atterraggio, alla squadra Ginew,
passando per lo stesso Vegeta che al tempo voleva le loro teste. Ed
infine lui, il tiranno, il mostro, il crudele sadico despota
intergalattico che su quel pianeta aveva giurato di ucciderli tutti:
Freezer.
Dopo
l’esperienza namecciana, Gohan aveva trovato conforto negli
amici che con lui avevano convissuto quelle vicissitudini.
Nell’anno in cui suo padre era da qualche parte nello spazio,
erano stati Piccolo e Crilin ad aiutarlo a dimenticare gli orrori
vissuti. E se come sempre il namecciano sembrava avere le parole
perfette per aiutarlo, era in realtà stato il terrestre a
fargli dimenticare gli incubi che per mesi lo avevano tenuto sveglio la
notte. Crilin gli aveva confessato, un po' imbarazzato, che anche lui
si sentiva vulnerabile nel sonno, quando il terrore dalla pelle chiara
e gli occhi rossi tornava a tormentarlo, ricordandogli la sensazione di
morire.
Gli
anni erano passati e l’incubo Freezer era passato con essi.
Nessuno si era più svegliato con la paura di trovarselo di
fronte con un sadico sorriso sulle labbra scure. C’erano
stati altri momenti in cui le notti erano disturbate da mostri pronti
ad ucciderli. Che avessero le sembianze di un insetto gigante o fatti
di una gommosa sostanza rosa.
“Tu
vedi ogni scontro come se fosse solo un altro avversario da
sconfiggere, ma non è sempre così per
tutti” gli spiegò Gohan, tornando alla
realtà e Goku si grattò la nuca, ancora un po'
disorientato. “Ma Vegeta è… Vegeta”
argomentò non troppo convincente. C’era qualcosa
che proprio non capiva. Come poteva essere che Vegeta, il principe dei
saiyan, il guerriero con la quale condivideva la smania di combattere
come con nessun altro, si svegliasse nel cuore della notte a causa di
un vecchio avversario?
Freezer
era storia antica, un nemico che ormai si erano lasciati alle spalle.
Il suo potere, indipendentemente dalla sua ultima trasformazione, non
era in grado di misurarsi contro di loro. Vegeta stesso lo aveva messo
al tappeto dopo un paio di calci… e allora,
perché?
“Papà,
prova un attimo a pensarci” gli stava dicendo nel frattempo
suo figlio, “Prima di stabilirsi sulla Terra, Vegeta era
nell’esercito di Freezer. Noi non sappiamo da quanto tempo
ha…” “Da quando era bambino”
disse Bulma, parlando dopo un lungo silenzio, ma senza guardare nessuno
negli occhi “Una volta mi ha detto che è entrato
nell’esercito di Freezer quando era un bambino”
aggiunse. Gohan le regalò uno sguardo comprensivo, poi
tornò ad osservare il cielo, come se potesse intravedere suo
padre. “Lo vedi papà? Per lui Freezer non
è un avversario come gli altri. Te lo ricordi, vero? Ti
ricordi lo scontro su Namecc?”.
A
quelle parole anche Goku tornò indietro nel tempo. Per un
attimo si ricordò quello che all’epoca era un
altro avversario riverso nel suo stesso sangue, mentre tra le lacrime
gli chiedeva vendetta. In anni non aveva più ripensato a
quel momento. Troppe cose erano cambiate da allora, Vegeta era un amico
adesso, un compagno d’allenamenti, un coinquilino. Goku aveva
dimenticato l’attimo in cui per la prima volta lo aveva visto
nella sua più vulnerabile umanità.
“Direi
che a questo punto sappiamo cosa affligge il Signor Vegeta”
intervenne Whis, dopo aver visto la comprensione farsi strada sul viso
del saiyan al suo fianco. Seguì un secondo di silenzio,
nella quale nessuno sembrò più
dell’umore adatto per esprimere un’opinione.
“Bulma…”
fu Goku a rompere il silenzio, costringendo l’amica a
sollevare lo sguardo, “Prima hai detto che gli incubi gli
sono tornati?
Vuoi dire che fino ad adesso non ne aveva più?”
lei annuì. “Non sono mai andati via del tutto, ma
sono diventati sempre più rari” gli
spiegò “Quindi… come ha fatto a farli
passare?”. Bulma si schiarì la voce ed
arrossì, in seguito voltò lo sguardo verso un
punto imprecisato della terrazza, “Non
c’è nulla che voi
potete fare” mormorò a fil di voce.
“Eh?” rispose confuso l’amico,
“Ma se non ci dici nulla come facciamo ad aiutare
Vegeta?” “Dannazione Goku! Certe volte sei proprio
scemo!” sbottò all’improvviso Bulma,
incrociando le braccia e tornando ad osservare il cielo.
“Ma,
Bul…” “Goku, mi sembra chiaro che non te
lo vuole dire perché sono affari
loro.
Non fare il maleducato e smettila di chiedere” intervenne sua
moglie, che in silenzio aveva assistito alla scena restando in piedi.
Il saiyan la guardò attraverso la sfera.
Era
sul punto di replicare, quando udì la voce di Whis dire
“Se la Signora Bulma me lo permette, io avrei
un’idea che potrebbe aiutare il Signor Vegeta”.
***
Per
quanto cercasse di tornare indietro nel tempo con la memoria, non
riusciva a ricordare con esattezza il momento della sua vita in cui
erano iniziati. Era come se fossero sempre stati lì, una
parte scomoda e fastidiosa della sua esistenza.
Quando
viaggiava in giro per lo spazio era più facile. Passava le
sue giornate ad uccidere, dando sfogo a quella parte di lui che aveva
bisogno di udire le urla delle sue vittime per dormire sonni
tranquilli. E anche quando, per puro caso, un incubo
s’insinuava nei suoi sogni si alzava e trovava qualcuno da
uccidere per mettere a tacere il suo subconscio. Nappa e Radish non
avevano mai fatto troppe domande a riguardo, in quanto Vegeta aveva
detto loro di non impicciarsi. I due saiyan accettarono il responso e
non chiesero più nulla, non che avessero alternative.
Il
momento peggiore era stato dopo essersi stabilito sulla Terra. Non
c’erano valvole di sfogo su questo pianeta azzurro, nessuna
possibile conquista o un’incurante vittima che poteva
spazzare via senza rimorso. Era solo lì, solo con i suoi
pensieri, le sue frustrazioni e i suoi incubi.
Si
era scoperto molto sorpreso quando quest’ultimi venivano a
torturarlo sempre più di rado durante i suoi sogni. Era una
di quelle cose per la quale bisogna toccare il punto più
basso del baratro per rivedere un barlume di speranza. Vegeta aveva
visto il fondo di quella voragine così tante volte nella sua
vita che aveva smesso di contare anni addietro; si era imposto di
risalire e ricominciare senza fermarsi, ma per la prima volta non era
stata la sua forza di volontà a rimetterlo in piedi.
Gli
incubi si erano allontanati quando aveva cominciato a condividere i
sogni e le notti accanto a quella donna dall’aspetto gracile
ma dal carattere tenace. In un primo momento non si era posto il
quesito, perché dormire con lei accanto sembrava fargli
dimenticare i suoi demoni? Deciso ad ignorare la questione era andato
avanti per la sua strada senza fermarsi o a guardarsi attorno. Quando
infine decise di soffermarsi a riprendere fiato, si accorse che gli
incubi non erano passati da soli o per miracolo.
Gli
anni avevano migliorato il suo rapporto con Bulma e ora che con
sé stesso poteva essere sincero sapeva che lei era il suo
scacciaincubi personale. Ciò che gli impediva di svegliarsi
nel buio delle tenebre urlando.
Durante
il giorno, quando la vita quotidiana e i suoi pericoli incombevano,
quando lei si cacciava in qualche guaio, quando uno degli esperimenti
andava storto con conseguenze disastrose, quando un nuovo nemico
arrivava per dar battaglia, Vegeta era il suo scudo. La proteggeva con
le braccia forti e addestrate al combattimento.
La
notte, quando non c’era altro che il buio di una stanza nella
grande casa dalle mura gialle, quando lui era lasciato solo con le sue
paure più profonde, quando la sua forza fisica e mentale non
era sufficiente, Bulma gli ricordava che era tutto diverso adesso e che
poteva rilassarsi. Lo proteggeva con le braccia esili abbracciandolo
nel sonno.
Anche
quando dormiva scomposta, tirando calci e pugni, o quando si
raggomitolava sotto le lenzuola in una caparbia lotta per chi doveva
rimanere senza, Bulma aveva la capacità di ricordare al
subconscio di Vegeta che andava tutto bene e nella notte non
c’erano più demoni da combattere.
La
prima sera, dopo averlo rivisto, quando Vegeta si ritrovò
faccia a faccia con Freezer dal manto dorato che minacciava la sua
famiglia durante un sonno agitato, si era girato per istinto al suo
fianco. Non aveva trovato Bulma, solo Kakaroth che nel letto
dall’altra parte della stanza dormiva sonni tranquilli. Ed
allora si era illuso che si trattava solo di un episodio sporadico.
D’altra parte avrebbe dovuto pensarci prima, rivedere Freezer
era come spalancare di nuovo la porta dei suoi incubi che aveva cercato
di richiudere con tanta fatica.
Solo
dopo la seconda e la terza notte consecutiva, come non gli accadeva da
anni, riconobbe di avere un problema, ma la soluzione era troppo
lontana. Lui si trovava su quel pianeta piccolo e piatto
all’ombra di un albero, lei era a casa loro che dormiva nel
loro letto nella loro casa sulla Terra. Vegeta non aveva modo di
raggiungerla, non da solo, ed esprimere ad alta voce la
necessità di tornare era come ammettere una sconfitta. Prima
o poi sarebbero passati, continuava a ripetersi il principe guerriero,
perdendo ore di sonno notte dopo notte.
La
quinta sera, quando si svegliò con l’immagine di
morte ancora impressa negli occhi della sua mente, ammise almeno con
sé stesso che l’avrebbero torturato fino allo
stremo. Vegeta era esaurito a causa del sonno e dalla frustrazione di
non poter dormire.
Si
voltò, notando che il compagno di stanza era beatamente
immerso nel mondo dei sogni. Con malcelata invidia ponderò
l’idea di svegliarlo solo per crudele divertimento.
Cambiò opinione per il semplice fatto che non voleva
renderlo partecipe dei suoi problemi, non aveva nessuna intenzione di
fornirgli alcuna spiegazione.
Si
alzò dal letto e com’era diventata tradizione
s’incamminò verso la sponda del fiume, dove
l’aria fresca serviva a rinfrescare la sua pelle bollente e
sudata.
Restò
a fissare l’orizzonte solo per alcuni minuti.
“Sapevo di trovarla qui, Signor Vegeta”
“Lord Whis” esclamò quando, una volta
essersi voltato, vide il divino maestro avvicinarsi
all’argine, tra le mani un paio di dolcetti che doveva aver
recuperato dalla cucina all’insaputa del dispotico gatto che
serviva.
Whis
assaggiò uno dei dolci e gongolò
“Mmh… sono veramente ottimi”
parlottò tra sé. Vegeta li guardò,
anche con la mente ottenebrata dal sonno riuscì a
riconoscerli, venivano da una pasticceria non troppo lontano da casa,
la madre di Bulma era solita comprarne a quintali.
Dopo
aver assaporato la leccornia il maestro sembrò tornare
serio, “Dunque, Signor Vegeta. A quanto pare lei ha qualche
problema a prendere sonno” “Io non ho nessun
problema” brontolò, cercando di assumere
un’espressione seria, ma l’evidente mancanza di
riposo rovinò l’effetto. “Anche il
Signor Goku si è accorto che c’è
qualcosa che non va” Vegeta incrociò le braccia
“Tsk, Kakaroth deve imparare a farsi gli affari
suoi”. Whis alzò lo sguardo, osservando per un
istante il saiyan seduto sul tronco di un albero, “Forse non
l’hanno informata, Signor Vegeta, ma è quello che
fanno gli amici di solito… si preoccupano”
“Kakaroth non un mio…” “Ad
ogni modo, potremmo aver trovato una soluzione per il suo
problema” concluse il misterioso assistente del dio della
distruzione. Il principe inarcò un sopracciglio,
“Quale soluzione?” si scoprì a domandare.
Lord
Whis aprì le sottili dita e dal nulla fece comparire il
magico bastone. Nella sfera sulla cima di esso si
materializzò un’immagine e Vegeta
impiegò meno di un battito di ciglia per riconoscere la
propria camera da letto alla Capsule Corporation.
“Bulma” mormorò quando riconobbe la sua
figura seduta sul materasso, circondata dalle scartoffie sulla quale
stava lavorando. Sentendosi chiamare, lei alzò lo sguardo,
“Vegeta? Sei tu?” domandò apparentemente
al vento, “Sì” le rispose lui dopo un
po'.
“Questi
dolcetti sono davvero buoni, credo che andrò a cercarne
altri prima che Lord Beerus si accorga che ci sono” disse a
sé stesso Whis, mettendo il proprio bastone tra le mani del
saiyan ed allontanandosi in direzione delle cucine. Vegeta lo
accompagnò con lo sguardo, poi tornò a guardare
la moglie riflessa nella sfera.
“Come
stai? Goku mi ha detto che non stai dormendo”
“Kakaroth deve imparare a farsi gli affari suoi”
forse era dovuto alla sonnolenza, ma quelle parole gli suonarono come
un déjà vu. Bulma si poggiò le mani ai
fianchi, “Perché devi rendere sempre tutto
così difficile. Goku ha fatto bene a parlare con me, lo
sento dalla tua voce che hai sonno” a questo lui non rispose.
“Che incubo era questa volta?” Vegeta
restò in silenzio e per un attimo lei suppose che non
avrebbe detto nulla, “Il solito” ammise lui infine.
Lei aggrottò la fronte tradendo una leggera preoccupazione,
“Vuoi raccontarmelo?” gli domandò e il
saiyan sembrò riflettere su questa possibilità.
***
Alle
sei in punto, regolare come il più preciso degli orologi,
Goku si svegliò. Si concesse ancora pochi secondi per
stiracchiarsi, prima di rendersi conto che anche quella mattina la sveglia
non era arrivata a suon di calci. Sorpreso e un po' preoccupato, gli
occhi ancora assonnati, si voltò alla sua destra per
controllare le condizioni del suo compagno di stanza.
Per
la prima volta dall’inizio della loro convivenza, Goku fu il
primo a svegliarsi. Vegeta era ancora nel suo letto, nel più
profondo dei sogni. Nel constatare il ritmo regolare e tranquillo nel
respiro dell’amico, il saiyan sorrise. Sapeva che parlare con
Bulma era la cosa giusta da fare, per quanto ancora non avesse compreso
quale fosse il suo segreto. Ciononostante fu felice di constatare che
lei era riuscita ad aiutarlo.
Goku
si alzò dal letto, si grattò la testa ad
accompagnò il gesto ad un rumoroso sbadiglio. In seguito si
rifugiò nella zona dei bagni per lavarsi e per prepararsi
all’inizio della nuova giornata.
Quando
rientrò nella stanza per recuperare scarpe e polsini,
completando così il suo vestiario, lanciò
un’altra occhiata all’amico ancora assopito. Ora
che stava cominciando a riprendere coscienza lui stesso, si accorse che
le sopracciglia di Vegeta restavano fisse nell’angolatura che
era per lui così tipica. Era come se, da sveglio, fosse
così abituato ad assumere quel cipiglio austero che anche
nel sonno cercava di mantenerlo. Sebbene nella sua incoscienza il
broncio apparve in una certa misura meno severo.
Ridendo
a quella constatazione Goku uscì all’aperto,
facendosi accarezzare dalla brezza del primo mattino. Avrebbe potuto
svegliarlo, pensò incamminandosi verso il punto
d’incontro giornaliero con il maestro, poteva destarlo in
modo improvviso ed indelicato, così come Vegeta faceva con
lui da mesi. Tuttavia preferì rinunciare a
quell’unica possibilità di rivalsa. Goku non era
Vegeta, non aveva interesse in piccoli dispetti mascherati ad arte.
“Buongiorno
Lord Whis” disse intravedendo la figura alta e longilinea del
maestro che, impeccabile, li stava già attendendo. Il dio
guardò il nuovo venuto, constatando l’assenza
della seconda figura, “Il Signor Vegeta non è con
lei, a quanto vedo” sottolineò poi ad alta voce.
Goku alzò le spalle e sorrise “No, stava dormendo,
ho deciso di non svegliarlo” spiegò, afferrandosi
la cintola con entrambe le mani. Quando sentì la propria
voce pronunciare quelle parole si rese conto che Vegeta, con ogni
probabilità, lo avrebbe rimproverato più tardi,
accusandolo di un ipotetico tentativo di boicottaggio. Tuttavia Goku
non tornò sulla sua decisione, se Vegeta si fosse arrabbiato
sarebbe stata la prova che tutto era tornato alla normalità.
“Molto
nobile da parte sua, Signor Goku. In questo caso sarà solo
lei a svolgere le mansioni odierne… a cominciare dalla sala
che non
avete pulito ieri” ordinò Whis, accompagnato da un
sottile sorriso, “Ehhhhhh” lagnò Goku.
FINE
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