Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 1.514 (Fidipù)
Note: E ci siamo: l'avete atteso, me lo avete chiesto
inesorabilmente da lunedì, ma alla fine è giunto: Miraculous Heroes 3
inizia. E già vi comincio a rompere con le mie informazioni gratuite:
prima di tutto, questo capitolo si svolge, cronologicamente parlando, in
contemporanea a Miraculous Heroes, ma dal prossimo si torna al presente
(o, almeno, al presente della storia); inoltre troverete in questo
capitolo due personaggi (cioè uno è proprio il protagonista di questo
capitolo, l'altro è solo citato) di Tikki,
la prima Portatrice (se non l'avete letta, vi consiglio di farla
dato che tutto è collegato. Me e il mio maledetto vizio di collegare
tutto).
E ora...
Shangri-la. In verità Shangri-la è solamente un luogo immaginario
descritto nel romanzo Orizzonte
perduto di James Hilton; il successo di questo romanzo nella
società dell'epoca diede origine al mito: così sognatori, avventurieri ed
esploratori provarono a trovare questo paradiso perduto.
Detto questo vi lascio al capitolo, sperando che vi possa piacere e che vi
invogli a lasciarmi un commentino.
Al prossimo capitolo!
Quanto tempo aveva vissuto?
Quante stagioni aveva visto susseguirsi?
Quanti regni e imperi aveva visto nascere e poi morire?
Kang inspirò profondamente, mentre si appoggiava stanco al muro di pietra
della caverna, alzando la testa e osservando il piccolo gazebo posto alla
bocca dell’antro: il sole rendeva il piccolo edificio nero e scuro, quando
invece era stato costruito con la pietra più candida di quella zona.
Forse un po’ polverosa al momento, ma pur sempre chiara.
Ricordava ancora, quando quel luogo era al colmo del suo splendore: in
fondo era a giro per il mondo da molto tempo, forse anche troppo.
Era stato un neonato quando si era salvato dalla distruzione della sua
patria, un regno ormai dimenticato e sfumato nei miti e nelle leggende di
tutti i popoli; era stato un adolescente, quando aveva dovuto dire addio
all’unico padre che aveva conosciuto: la morte di Gyrro era stato uno dei
motivi per cui si era messo in viaggio ed era giunto lì ove la sua vita
era diventata innaturalmente lunga.
Inspirò nuovamente, sentendo nelle narici l’odore fresco e umido dell’aria
e sorrise, mentre il futuro si dipanava davanti a lui: fin da quando era
stato bambino aveva avuto il dono della Vista.
Era stato grazie al suo Dono se Gyrro era partito, come primo Gran
Guardiano, iniziando quella ricerca di anime valorose a cui donare
gioielli…beh, miracolosi.
Era stato lui che aveva scritto di proprio pugno i testi più importanti,
che a Nêdong venivano considerati sacri.
E grazie al suo Dono era riuscito a salvare due vite, che si sarebbero
rivelate importanti nei giorni a venire.
Un sorriso gli piegò le labbra, mentre serrava la presa sul bastone e
faceva un nuovo passo: alla fine di tutto, era stato lui a dare la spinta
alla ruota del destino che lo portava proprio a quel momento.
Tutto era iniziato quando, secoli prima, aveva detto a Gyrro di
intraprendere il suo viaggio, sapendo benissimo cosa il futuro avrebbe
portato.
Sapeva del giovane gruppo di eroi che, in quel frangente, stava
combattendo un’antica minaccia dall’altra parte del mondo.
Sapeva della donna prigioniera che, preso, si sarebbe liberata e si
sarebbe ricongiunta alla sua famiglia per combattere la minaccia del suo
passato.
E conosceva anche avvenimenti futuri alla sua morte, poiché lui sarebbe
morto quel giorno.
Trasse un lungo respiro, alzando la testa e riprendendo la sua camminata
verso il gazebo: un brandello della magnificenza dell’antica Shangri-la,
la città eterna, in cui aveva vissuto tutto quel tempo.
Si avvicinò ancora, notando l’uomo al centro di esso: le spalle rilassata,
la postura tranquilla e lo sguardo rivolto in avanti.
Non dava proprio l’aria dell’assassino.
«E’ una vista incantevole, non trova?» domandò, salendo i pochi gradini
del chiosco e affiancandolo, voltandosi verso il panorama delle vette
innevate: Shangri-la, il paradiso perduto, era situato fra i monti
dell’Himalaya, non molto lontano dalla sua amata Nêdong.
Gli sarebbe piaciuto rivederla, prima di morire.
Peccato che fosse un desiderio irrealizzabile.
«Forse un millennio fa era più bella.» continuò Kang, poggiandosi
stancamente al bastone e sorridendo: «C’era una strada, che costeggiava il
monte: d’inverno era tutto completamente bianco ma nelle stagioni calde,
la pietra candida risaltava e, quando veniva toccata dai raggi del sole,
riluceva.» spiegò, allungando una mano magra e nodosa: «Era uno
spettacolo. Mi ricordo di un imperatore cinese che…»
«Lei sa che cosa voglio, vero?» domandò l’uomo, massaggiandosi il mento e
la barba ben curata, voltandosi verso di lui: «Non sono qui per ascoltare
di una città dimenticata.»
«Sì.» dichiarò spiccio Kang, voltandosi verso l’altro: «E so anche cosa
succederà.»
«Quindi potremmo…»
«Combatterò. Poiché non posso dare il potere che proteggo qua.» dichiarò
orgoglioso l’anziano, alzando la testa e sfidando l’altro: «Posso
essermene andato da Nêdong da tempo, ma rimango un suo accolito e, più di
ogni altra cosa, sono un nativo di Daitya.»
«Non mi lascia altra scelta, allora.»
«E’ pericoloso ciò che ha in mente di fare.»
«Lei non può…»
«Io so.» continuò Kang, scuotendo la testa e inspirando a fondo l’aria,
mentre concentrava l’energia nella mano destra, pronto a scagliarla contro
il nemico: «Il potere – quel potere – non le darà mai ciò che vuole.»
L’uomo accanto a sé sorrise, mentre un pugnale scivolava dalla manica del
completo costoso che indossava: «Lei non sa.» ringhiò, afferrando Kang per
un braccio e tirandolo verso di sé, affondando la lama nel ventre
dell’anziano.
Kang gemette, sentendo la carne lacerarsi e il dolore irradiarsi per tutto
il corpo: «Tu...» sibilò, stringendo il braccio dell’altro e alzando lo
sguardo, per vedere in volto il suo assassino; si lamentò nuovamente,
quando l’uomo fece forza sull’elsa, spingendo più a fondo la lama.
Lo sguardo dell’anziano si fermò sul collo dell’assassino, notando il
monile che lo adornava: «Tu…» bisbigliò, alzando tremante una mano e
sfiorando l’oro.
«Sì, avevo già trovato la collana.» dichiarò l’uomo, sorridendo: «Non
l’aveva visto?» domandò ironico, girando il pugnale nel corpo dell’uomo e
lacerando gli organi: «E’ diverso dai gioielli di Nêdong, ma non per
questo meno potente…»
«Tu sarai fermato.» mormorò Kang, vedendo il futuro dipanarsi di fronte a
lui per un’ultima volta: «Tu verrai fermato.»
«Il mio futuro non è ancora deciso, vecchio.» dichiarò l’uomo, tirando
fuori la lama dal corpo e spingendo il corpo dell’altro lontano da sé:
l’anziano cadde a braccia aperta sulla nuda pietra, un sorriso che gli
increspava le labbra e il respiro affannoso: «Io non verrò fermato. Da
nessuno.»
«Oh. Incontrerai la tua fine, il giorno che ti metterai contro di loro.»
dichiarò Kang, tossendo poi quando un rivolo di sangue gli salì in gola:
«I gioielli di Nêdong ne usciranno vittoriosi.»
Qualcosa nell’aria era cambiato: la ragazza si voltò verso la montagna,
socchiudendo lo sguardo e ascoltando il vento.
C’era qualcosa di diverso, lo sentiva.
Lasciò perdere la trappola che stava controllando e, la mano ferma
sull’elsa della spada, tornò di corsa alla caverna: i lunghi capelli scuri
si muovevano al vento, sferzandogli di tanto in tanto il volto; il corpo
sentiva la fatica e la mente viaggiava, travolta dalle sensazioni che
stava provando.
Aveva avuto un sentore, quella mattina, quando il sommo Kang l’aveva
mandata via, per controllare le trappole: un dovere che avrebbe dovuto
compiere nei giorni successivi, ma l’anziano era stato irremovibile e
l’aveva quasi spinta fuori dalla caverna.
Si fermò, osservando la bocca della grotta in cui viveva: molti
escursionisti giungevano quasi fin lì, ma nessuno poteva vedere oltre il
velo che copriva loro l’entrata della città senza tempo.
Shangri-la, come la patria di Kang, erano luoghi misteriosi che
stimolavano i sogni degli uomini.
Scosse il capo, riprendendo la sua marcia e fermandosi nei pressi del
piccolo gazebo, che delimitava l’ingresso della città: quando era piccola,
lì era solita sostare una guardia che controllava il flusso delle persone
in entrata e in uscita; all’epoca, la città non era abbandonata e il
novello impero vicino traeva grande profitto dal commerciare con loro.
Poi, lentamente, la rovina era giunta e di quella fiorente comunità non
restava altro che rovine.
Si avvicinò lentamente, carezzando le colonne decorate e arrese alla
polvere, notando poi il corpo al centro del chiosco: «Kang!» esclamò la
ragazza, correndo da lui e chinandosi al suo fianco: «Cosa…?» si fermò,
notando la macchia di sangue che si espandeva nell’addome dell’uomo:
«Resisti. Ti porto…»
«Non c’è più tempo per me.» mormorò l’anziano, allungando faticosamente
una mano verso l’alto: «Xiang, non perdere tempo.»
«Ma posso…»
«No. Non puoi.» Kang sorrise, inspirando profondamente e socchiudendo le
palpebre: «Pr…presto mori…rò…»
«No.»
«Sì. Ma lo sa…pevo…» l’anziano si fermò, facendo un nuovo profondo
respiro: «Xiang. Tu devi andare a Parigi.» dichiarò con voce ferma,
aprendo gli occhi e fissandola: «Vai a Parigi e unisciti a coloro che
portano i gioielli di Nêdong.»
«Io…»
«Lui ti aiuterà. So che è lì. Affidati a lui.»
«Non posso lasciarti…»
Kang sorrise, stringendo la mano della ragazza e portandogliela al cuore:
«Sei tutto ciò che rimane di questo posto, Xiang. Sei tutto ciò che rimane
dell’uomo che mi accolse a braccia aperte, quando ero ancora un bambino.
Vai, figlia della Città senza tempo.» tossì, sputando sangue e tremando:
«Vai e lascia che il tuo tempo scorra di nuovo. Va a Parigi, Xiang.»
Xiang osservò l’uomo sorriderle ancora una volta prima che la mano, che
teneva la sua, perdesse tutta la forza e cadde inerte verso il basso: un
singhiozzo le sfuggì dalle labbra, mentre si rendeva conto che Kang
l’aveva lasciata.
Kang non c’era più.
Kang, l’immortale Kang, era morto.
Si accasciò contro il suo corpo e i suoi singhiozzi riecheggiarono per
tutta la caverna, mentre dava voce alla tristezza che sentiva dentro al
cuore: di tutto ciò che aveva conosciuto non era rimasto più nulla.
Kang, l’unica persona ad aver vissuto quanto lei, non c’era più.
Era sola.
Completamente sola.
Va a Parigi, Xiang.
L’ultimo ordine dell’anziano risuonò dentro di lei: Parigi. Doveva andare
nel luogo indicatole.
Si tirò su, osservando il volto senza vita e annuì, asciugandosi con un
gesto deciso le lacrime: «Eseguirò il tuo ordine, Kang.» dichiarò, alzando
la testa e puntando lo sguardo davanti a sé: «Io andrò a Parigi.»
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