Your Guardian Angel

di Celine_Falilith
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I Cap

Salve a tutti!
Dopo tanto, troppo tempo, torno su EFP, nel mio amato fandom di Harry Potter.
Iniziai questa song-fic nell’agosto dell’anno scorso, poi, come la maggior parte dei miei lavori, la lasciai incompleta.
Sono positivamente intenzionata a ristrutturarla e a finirla in maniera decorosa! >3<
Grazie a tutti quelli che leggeranno.

See ya! ^^

PS: dovete, dovete ascoltare Your Guardian Angel, dei Red Jumpsuite Apparatus. Su Youtube c’è un video dedicato proprio a Severus e Harry che ha come colonna sonora proprio questa canzone. Ovviamente è stato quel video a ispirarmi. 

 Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Primo Levi

 

 

 

Prologo 

* 

When I see your smile
Tears run down my face I can't replace
And now that I'm stronger I've figured out
How this world turns cold and breaks through my soul
And I know I'll find deep inside me I can be the one.
 
 

*

 

“Mamma, che cos’è un angelo custode?“
“È una persona buona che ti protegge, tesorino.”
“E dov’è, mamma? Voglio vederlo!”
“Non si può vedere, Diddino, anche se è sempre con te, piccolo mio.”
“E ce l’hanno tutti, mamma?”
“Certo, Diddy, tutti.”
“Ma… anche lui?” esclamò il bambino, puntando l’indice ciccione verso il cuginetto Harry che dormiva paciosamente sulla poltrona del salotto, vicino alla finestra: le labbra rosate erano socchiuse e leggermente arricciate sul volto beato.
Sognava.

 
“No, caro. Lui no” disse la donna duramente: “Ma adesso è l’ora della merenda, tesoro! Vieni.“
“Sììì” gridò Dudley felice.

 

 ~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Primo 

*

Severus Piton odiava l’estate.

Ah, se la odiava.
La odiava tanto, tantissimo. L’estate era calda, come lo era stato una volta il suo cuore.
Ma adesso… cosa pulsava nella sua gabbia toracica, vicino ai polmoni, fra le costole e le scapole?
Forse una cosa nera, offesa e incancrenita, che si era aperta una sola volta per una persona e che poi si era chiusa per sempre, appassendo.

 
Se Severus Piton odiava l’estate, di conseguenza odiava anche il sole.

Ah, se lo odiava.
Lo odiava tanto, tantissimo. Il sole… così luminoso e invadente.
Piton, abituato alla rassicurante oscurità dei sotterranei di Hogwarts, non tollerava i suoi benefici raggi teporosi. Proprio non li tollerava.

 
Se Severus Piton odiava il sole, di conseguenza odiava anche i bambini.

Che amavano il sole.
Che amavano l’estate.

 

Ovviamente, Severus Piton non odiava veramente nessuna di queste tre cose (a parte, forse, i bambini), ma a lui piaceva farsi vedere così.
Astioso, oscuro e antipatico.

E, forse, lui era così.

 

In ogni caso, se voleva far credere al mondo intero di odiare l’estate, il sole e i bambini, quella era l’occasione giusta per farlo.

 

L’uomo era infatti di ritorno da Diagon Alley, dove si era recato per acquistare i soliti ingredienti per quegli intrugli magici di cui andava tanto fiero. L’unica cosa che l’aveva spinto ad avventurarsi nel caos cittadino in una giornata così afosa era infatti il suo amore infinito per le pozioni, un sensuale amalgamare delle più disparate schifezze presenti in natura.

Piton uscì dal Paiolo Magico, orrendo bailamme di maghi della peggior specie, e subito i raggi crudeli del sole cocente presero a tamburellargli con insistenza sul cuoio capelluto.

 
L’uomo grugnì, infastidito e stordito.
In lui si era già avviato da parecchio tempo un lungo e irreversibile processo di abbruttimento, fisico ma soprattutto spirituale.
Ed è terribile notare come il senso comune percepisce e giudica persone di questo genere.

Come ci comportiamo di fronte a una manifestazione di apparente anormalità?

Semplice, la evitiamo. Perché affrontare il problema, soprattutto se è un problema degli altri?
Eppure, soffrire è caratteristico della maggior parte del genere umano. Solo in pochi possono vantarsi di aver sfiorato appena questa condizione.

 
Severus Piton sapeva di vivere in un mondo del genere, dove la solidarietà è caratteristica ben rara nelle persone. Non avrebbe mai rivelato a nessuno l’inferno che aveva dentro. E poi, a che sarebbe servito?

Nessuno sarebbe riuscito a spegnere quelle fiamme venefiche che ardevano da troppo tempo sulla sua anima, ormai consumata e ridotta in cenere.
Anima sulla quale era marcito un dolore perpetuo e distruttivo, che testimoniava attraverso il fisico scheletrico di Piton, nel pallore cadaverico del suo volto e nei suoi occhi senza più luce.
 

Per cui, Severus Piton non chiedeva di essere aiutato, perché nessuno l’avrebbe più salvato.
Chiedeva solo il rispetto che si deve a un uomo che ha sofferto tanto.

E forse non chiedeva nemmeno quello.

 

L’uomo, stavamo dicendo, era appena uscito dal Paiolo Magico: aveva grugnito, si era guardato intorno per pura consuetudine e si accingeva a tornare nell’oblio dei suoi appartamenti…

 

 

…e accadde in un attimo, inaspettatamente e irreversibilmente.

 

*





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