A Giuliana
Everything goes
well
Il pennello scivolava piano sulla pelle; lento, tracciava con
metodica precisione il contorno di ogni muscolo e ogni cicatrice. Il corpo del
ragazzo fremeva sotto ognuna di quelle carezze vellutate. Inarcava la schiena
ogni volta che, malizioso, si avvicinava al basso ventre, sfiorava appena le
ossa sporgenti del bacino e risaliva con una lentezza che sapeva di
provocazione, fino alla cicatrice da baionetta che percorreva il fianco.
«Lo
fai apposta…», la debole protesta uscì con un gemito roco dalle labbra di
Naruto. Alzò lo sguardo, incrociando gli occhi scuri del pittore e il sorriso
sardonico sulle labbra sottili. Il pennello guizzò sul torace; accarezzò uno
dei capezzoli scuri e scivolò di nuovo sul ventre, accarezzando la pelle
sensibile della cicatrice. Naruto si morse il labbro per non gemere e non dare
ulteriori soddisfazioni a quel bastardo sadico.
Sì,
Sasuke non poteva essere definito altrimenti. Lui, la sua dannata mania per la
pittura, i centinaia di quadri incompleti che facevano bella mostra di sé in
quella mansarda che puzzava di trementina e colori a olio. Dall’unica finestra
proveniva il vociare pieno di vita del quartiere di Mont-Maître; le musiche dei
festeggiamenti per la fine della guerra riuscivano a raggiungere perfino la
piccola mansarda.
«Affatto»,
negò Sasuke, per nulla convinto della sua stessa affermazione. Sapeva che
Naruto era dalla parte della ragione: si divertiva a vederlo inarcarsi, a
sentirlo gemere e a scorgere gli occhi azzurri liquidi per l’eccitazione. Fece
scivolare con noncuranza il pennello sopra i pantaloni del compagno; esercitò
una lieve pressione per combattere l’attrito con la stoffa e strappargli così
un altro gemito roco. Con indifferenza apparente, si scostò una ciocca di
capelli scuri dal volto per non negarsi neanche un briciolo della visuale che
aveva davanti: spalle brunite, il volto abbronzato col naso un po’ screpolato
per il troppo sole, il busto tonico e cosparso da tante piccole cicatrici tra
cui spiccava, in rilievo, quella sul fianco. Trattenne un sospiro di
soddisfazione e la propria voglia di chinarsi su Naruto a baciare una ad una
quelle mute testimoni di una guerra troppo travagliata perché entrambi
volessero ricordarla.
Naruto
desiderava con tutto se stesso che Sasuke lasciasse perdere le sue cicatrici;
sperava di dimenticare i colpi ricevuti, le volte che era stato sul punto di
lasciarsi le penne, la sua stupida idea di essere tra i primi ad arruolarsi per
proteggere quel paese che, per lui, era stato una seconda patria. Ogni cicatrice
gli ricordava la stupida esuberanza con cui si era imbarcato in qualcosa che,
allora, non era stato in grado di comprendere. Cinque anni di guerra di
frontiera e tante – troppe – cicatrici sul corpo gli avevano insegnato che la
guerra non era un gioco e si erano portate via la sua ingenuità.
Sasuke,
invece, amava ognuno di quei piccoli segni bianchi sulla pelle di Naruto,
almeno quanto quelli sul proprio. Erano memoria, erano testimonianza; erano la
storia di come si erano incontrati su quelle barelle, feriti e sanguinanti. La
tenda dell’infermeria, il non avere nessun altro con cui parlare, nessuno che
capiva come si sentivano mentre agonizzavano nell’oscurità e pregavano di
restare su quella terra un giorno in più. Soprattutto, a Sasuke ricordavano la
speranza che gli aveva dato quel biondo un po’ troppo entusiasta, quando aveva
esordito con un: «Andrà tutto bene». Lo aveva considerato un idiota – nessuno,
in guerra, dice che andrà tutto bene. Nessuno è così imbecille o pazzo da
credere a quelle parole; eppure Naruto ci credeva e pareva tanto convinto della
sua affermazione, che aveva finito col farci credere anche lui.
Ed
effettivamente era andato tutto bene. Erano vivi, fortuna della quale molti dei
loro compagni non potevano godere. Erano vivi ed erano tornati a casa, a
Parigi. Sasuke aveva ripreso i suoi studi d’arte, Naruto… Naruto non sapeva
dove andare. Si era arruolato troppo giovane per imparare un mestiere e la
prospettiva del futuro gli era sembrata atroce, priva di senso.
«Andrà
tutto bene», lo aveva rassicurato Sasuke. Naruto non ne pareva convinto, ma
Sasuke ci aveva creduto così tanto ed era stato così convinto delle proprie
parole, che aveva finito col farci credere anche lui.
Guardò
le cicatrici di Naruto illuminate dai raggi di sole che filtravano dalla
finestra. C’era qualche macchia di pittura sulle coperte e sul corpo del
ragazzo. Anche le sue mani erano sporche di solvente e colore. Le tele dipinte
facevano da sfondo e parevano riflettere il disegno delle cicatrici di Naruto.
Sasuke mise da parte il pennello e baciò Naruto, stringendo i capelli biondi
come il sole tra le dita. Godette nel sentire il corpo del ragazzo reagire a
quel bacio, nel percepire la risposta. In un attimo, i pensieri cupi sulla
guerra sparirono nel vortice delle coperte.
Erano
vivi, erano a casa, erano assieme.
«Andrà
tutto bene», si dissero, con un sorriso.
E
furono così convinti delle loro parole, che finirono col crederci entrambi.
N/A: niente di pretenzioso, niente di
approfondito. E’ una di quelle cose scritte al volto e tanto per fare un
pensierino a una persona che mi è stata particolarmente vicina durante la
stesura della tesi <3. Questa è tua Giuliana.
Partecipante
alla S.
Valentino Challenge: Prompt fantastici e dove trovarli