Sulla poltrona padronale se ne stava
stravaccata Bellatrix
Lestrange, sotto i neri capelli sudici e arruffatti i suoi due piccoli
occhietti neri fissavano con concupiscenza il suo signore e padrone:
Lord
Voldemort.
Malfoy era appoggiato al caminetto,
il cui fuoco crepitante
emanava barbagli rossastri, illuminando il suo volto.
I suoi lunghi capelli pallidi, lo
sguardo freddo e
sprezzante, i lineamente scolpiti nella pietra, il fisico asciutto e
longilineo, tutto questo lo rendevano simile a un dio e procurava in
ogni
sottoposto una sorta di terrore panico reverenziale.
In tutti, ma non i quei tre
mangiamorte che sedevano
scomposti sulle poltorne del suo salotto.
Malfoy arricciò il naso
infastidito, odiava aver dovuto
cedere la sua dimora avita ai mangiamorte come loro base.
Poi la voce di Lord Voldemort lo
ridestò dai suoi pensieri;
più che una voce, si poteva ben dire un rantolo sinistro, un
sibilare di un
qualche vento cavernoso che fuoriscisse dalle profondità
abissali della terra,
ove hanno nido abominazioni ancestrali tali da ridurre alla follia
anche l’uomo
più coraggioso.
“Potter è una
seria minaccia se non possò ucciderlo. Devo
capire come fare a rendere la sua bacchetta inoffensiva. Portatemi Ollivander
Garrick, il mastro di
bacchetta.”
Malfoy lanciò una rapida
occhiata ai mangiamorte a cui
veniva affidata la missione.
Il primo,
che sedeva
in posizione fetale, rispondeva al nome di Thorfinn Rowle, e sebbene
avesse il
colore dei capelli simile a Malfoy, il fatto che fossero spelacchiati e
che circondassero
uno sguardo ebete, lo rendeva più simile a
un plebeo, che a un dio; per il resto non c’era
niente che lo
distinguesse dalla squallida manovalanza al servizio di Voldemort.
Il secondo, che sedeva
orizzontalmente sull’altra poltrona,
rispondeva al nome di Gordon Caradoc,
ed
era abituato a lavori di bassa macelleria, stante la sua stazza, a
questo si
aggiungeva due occhi verdi e grandi, circondati da sopraciglia
cespugliose e
barba incolta, anzì del suo volto si vedevano solo due punti
verdi sinistri e
un naso rotto in più punti, il resto era sommerso da un
intrico di capelli, barba
e baffi biondo fragola.
Infine, più che
seduto,sembrava abbarbicato, c’era Inigo
Guerrero, il quale se non respirasse e ragionasse, passerebbe
ottimamente per
un Ghoul ( il demone divoratore di cadaveri), stante la sua magrezza,
il volto
smunto e lo sguardo spiritato.
“Ma Lord
Voldemort.” Obbiettò a quel punto
Malfoy:” Non
parvi più giusto affidarmi la missione, non sono forse
l’uomo adatto?”
Lord Voldemort si limitò a
fissarlo con disprezzo per
ridurlo al silenzio, umiliandolo di fronte a tutti.
Non sei un dio, Malfoy, non sei un
dio.
Come un cane bastonato, Malfoy
ritornò al suo posto,
convinto però che i tre avrebbero fallito nella missione.
Passò un ora, passarono
due ore e anche la quarta ora era
sul finire, quando, con un mugghio sordo, il camino sprizzò
fiamme verdastre da
cui emersero i tre mangiamorte con il prigioniero: non avevano fallito.
“Bene.”
Sibilò sinistro Voldemort:” Buonassera, ssignor
Ollivander.”
Ma il gesto compiuto da quel vecchio
signore, dagli occhi
grandi e pallidi, e i candidi capelli , sorprese Vodemort.
“Signor Ridley.”
Disse con voce limpida e stringendo
calorosamente la mano di Voldemort:” Signor Ridley, lei non
sa quanto sono
lieto di conoscerla. Lei ha fatto grandi cose, terribili è
vero, ma grandi.”
Voldemort rimase basito.
“ Immagino che mi abbia
fatto convocare con urgenza perché
ci sono problemi con qualche bacchetta o le servono informazioni sulla leggendaria
bacchetta di Sambuco.
Prendiamo un tè e discutiamone.”
Voldemort non potè che
accontentare il suo “ospite”.
La scena che si presentava aveva
tutta l’aria di essere
comica, se non fosse stato per la cupezza dell’ambiente e per
le espressioni
feroci negli occhi dei presenti.
In mezzo a tutto questo pericolo
Olivander sedeva
tranquillamente, sorseggiando il suo tè allo zenzero.
“Signor Ridley”
prese a parlare:” per quanto riguarda il
problema Potter non le posso essere in alcun modo di aiuto. Purtroppo
la
matrice del nucleo delle vostre bacchette è la stessa; io
stesso ho strappato
quelle due piume dalla fenice che avevo con me. Come ogni buon mastro
di
bacchetta sa, quello che impedisce ad una bacchetta di essere distrutta
dal
nucleo interno è la volontà di autoconservazione
del nucleo stesso. Il mio
procedimento è segreto certo, ma non è un segreto
che un nucleo di bacchetta
venga, come si può dire in termini poveri, risvegliato nel
suo potenziale.
Però, l’energia che ne scaturisce è
molto forte e così il nucleo stesso
sviluppa una volontà di autoconservazione. Ora, dato che le
vostre bacchette
sono dotate di nucleo simile, succede che il nucleo si riconosce
nell’altra
bacchetta e quindi impedisce, non che vengano scagliati incantesimi, ma
che
essi vadano a danneggiare lì’involucro.”
“Capissco.”
Sibilò Voldemort, sorseggiano anche lui il suo
tè al rabarbaro.
“Per quanto riguarda la
bacchetta di Sambuco è, ancora una
volta, il nucleo il suo perno centrale. Corda di cuore di drago, il
nucleo più
potente per l’attaccò, ma anche il più
volubile, infatti, se il possessore
dovesse essere sconfitto, la bacchetta non gli risponderebbe
più e
passerebbe al vincitore. Ora
tocca capire chi è stato a sconfiggere il
precedente possessore. Poiché
se questo
nuovo possessore non verrà sconfitto e morrà di
morte naturale, la bacchetta
perderà tutto il suo potere, diventando inutile.”
Avendo mandato, come ricompensa , i
tre mangiamorte a
divertirsi con le prigioniere giù in
cantina, In sala erano rimasti, oltre a Voldemort e Ollivander, solo
Malfoy,
sempre appoggiato al camino con lo sguardo cupamente pensieroso, e
Bellatrix,
accucciata sulla poltrona con gli occhietti da cucciolo bastonato che
guizzavano dall'uno all'altro dei commensali: osservava il suo signore
e
padrone che cercava di capire qualcosa di quei discorsi noiosi e il
signor.
Ollivander che mentre parlava, giocherellava con una strana bacchetta
di un
legno pallido e nodoso.
Mentre era pronta a intervenire per
avvisare il suo signore
e padrone, egli stesso la precedette:” Crede di intortarmi
con queste
chiacchiere, mastro di bacchetta?” Sibilò
tonante:”Non le conviene
pensare di mettere mano alla bacchetta, ho
qui il miglior duellante e, prima che possa mettere a mente anche un
solo
incantesimo, sarebbe già morto!”
Sia Malfoy che Bellatrix gongolarono,
pensando che il
complimento fosse rivolto a loro, ma in realtà il signor
oscuro parlava di se
stesso.
Ollivander rispose con pacata
compostezza:” Signor. Ridley
le ho forzato la mano chiedendole di offrirmi del tè,
sperando che ciò
risvegliasse in lei un minimo di ospitalià. Ma come vedo lei
è un bruto,
arrogante e assetato di potere. Lei non vincerà,
perché un superbo, perché pensa
davvero che le cose debbano andare come vuole lei, ma non pensa che
tutto è
esattamente come deve essere. Lei
non si
è accorto che sono venuto qui di mia spontanea
volontà, così allo stesso modo
me ne andrò, di mia spontanea volontà. E lei non
potrà fare niente per impedire
che ciò accada, o meglio lei ci proverà, ma il
fatto che io me ne vada senza
che venga me torto un capello è inevitabile. Io sono un
mastro di bacchetta e
sono obbligato ad andare ovunque sia richiesto il mio lavoro o la mia
consulenza, ma non sono così sprovveduto da cadere in
trappola. Lei è destinato
alla sconfitta, poiché non si è mai posto
nell’ottica di una sconfitta, di un
insuccesso. Lei guarda il mondo solo da una sola prospettiva, se
l’avessa
cambiata avrebbe vinto, ma ormai è troppo tardi per tutto. E
troppo tardi per
lei e per me, che sto facendo tardi ad un appuntamento con il signorino
Potter.”
E detto ciò estrasse la
sua agenda e spuntò la voce
Voldemort dai suoi appuntamenti, la rimise in tasca e afferò
la strana
bacchetta.
All’istante due
expelliarmus e un incanto crucio, questo
lanciato da Voldemort, furono scagliati contro Ollivander, ma colpirono
la
bacchetta senza effetto alcuno.
I presenti restarono basiti,e il
mastro di bacchetta
approfittò dell’attimo di confusione per gettarsi
nel camino e usando la polvere
flood trasferirsi al sicuro a villa Conchiglia.
Un tonfò sordo e un
levarsi di polvere in dense nubi, poi il
rotolare di un corpo fuori dal camino destarono gli abitanti di villa
Conchiglia.
“Signorino Potter,
signorina Granger e signorino Weasley,
scusate per il ritardo.” Disse Ollivander rialzandosi e
rimuovendo la polvere
dai suoi vestiti.
La casa era molto meno illuminata di
villa Malfoy, ma la
luce che filtrava dalle piccole finestre era pura e semplice e le ombre
non
nascondevano nulla di malevolo.
“Dove è stato
signor Ollivander?” Chiese Hermione con tono
fra il pedante e il preoccupato.
“Avevo un
appuntamento non segnato in agenda col signor
Ridley.” Rispose con
pacata sincerità Ollivander
“Voldemort!”
esclamarono i tre in coro.
“Spero non avrà
fornito informazioni riservate o delicate,
signor. Ollivander.” Intervenne Hermione:” O
avrà dei guai col ministero, la
accuseranno di favoreggiamento o, peggio di tradimento.”
“Saccentemente pedante,
come sempre, signorina Granger!”
Ribattè Ollivander, mettendosi a sedere ( e stante la
scomoda seduta, rimpianse
la malvagia comodità di villa Malfoy.)
Hermione rimase piccata dalla
risposta e provò a trovare una
risposta adatta, ma Ollivander la precedette.
“Il tempo non è
ha nostro favore. Il signor. Ridley è sempre
più debole, ma è ancora forte per tentare un
ultimo colpo di coda. Dovete prendere
Hogwarts a tutti i costi, solo così potremo procedere a
decapitare questo male
una volta per sempre.”
“Il che le dispiace,
signor. Ollivander, non è vero?”
Intervenne Hermione caustica.
“Si!” rispose il
mastro di bacchetta leggermente
rattristato:” Mi dispiace- e qui di nuovo lanciò
una frecciatina-perché sarebbe
potuto essere un grande mago, quale lei non sarà mai
signorina Granger. Che spreco
di talento!” Concluse con un filo di amarezza.
“Quindi lei dice che
dovremmo lottare? cingere d’assedio un
castello insepugnabile?” chiese Ron con un filo di
preoccupazione.
“Come sempre, lei ha una
visione limitata delle cose, signor
Weasley. Non ci sono forse ad Hogwarts amici fidati, leali compagni e
coraggiosi cospiratori? Un modo per entrare non visti, dove trovare. A
quel
punto dovrete colpire e trasformare quel castello inespugnabile nel
vostro
castello inespugnabile.” Ribattè Ollivander, senza
modificare di un punto il
suo tono sereno.
Concluse poi chiedendo qualcosa da
mangiare, poiché a villa
Malfoy aveva avuto appena il tempo di finire il suo tè,
senza poter gustare un
dei tanti squisiti dolci della casa.
Quando ebbe fornito le indicazioni
del caso, uscì dalla
villa e disparve.
Di lui non sepperò
più niente, non sepperò che poco dopo il
loro incontro era morto, infatti in agenda aveva un altro appuntamento,
con un
mago con cui aveva un affare in sospeso.
Casa sua era sopra il negozio ed era
decisamente spartana,
un bagno, il letto, e il tavolo dove fabbricava le bacchette.
Se ne stava lì in attesa,
giocherellando con la sua
bacchetta di vite ( quella di legno pallido e nodoso); poi si
alzò accese il
suo fornello di creazione e distrusse la bacchetta alla livida fiamma
del
piccolo fornello, la bacchetta si distrusse con facilità,
non avendo nucleo e
non essendo incantata.
Ollivander la usava come beta tester
delle altre bacchette
data la peculiarità del legno di vite di essere assorbente e
quindi immune a
qualsiasi incanto.
Dato che doveva morire, preferiva non
lasciare a nessuno
quell’oggetto così pericoloso.
Poi il mago arrivò, un
uomo in nero, con un volto nero,
cupo, ma anche abbattuto e sconfortato.
“Vieni, vieni. Entra pure
Piton, ti aspettavo.” Disse con
gioia Ollivander.
“Sono venuto a renderti il
favore, Ollivander.” Rispose cupo
Piton.
“Bene, bene!”
Gongolò Ollivander:” sai che il lavoro che ho
dovuto fare non è stato facile. Adattare la bacchetta di un
mago ad un altro e
poi quella bacchetta. Che lavoro, il più bello e il
più difficile, per fortuna
che avevate lo stesso nucleo.”
“Sono io che ti
ringrazio.” Rispose gelido Piton:” E
nonostante tutto è così che devo
ripagarti?” concluse incupendosi.
“Quando quel giorno ti
presentasti con la bacchetta di
salice sibilante chiedendomi di adattarla a te, mi sono rifiutato. Poi
però
quando ho capito chi era il proprietario, ho capito: quella bacchetta
sarebbe
stato un monito, un ricordo perpetuo, una sorta di dedizione post
mortem.”
Piton abbozzò un sorriso.
“Mi ucciderai con
l’incanto avada kedavra?” Chiese
preoccupato Ollivander.
“No!” Rispose
Piton ed estrasse dalle falde del vestito una
piccola pozione.” Distillato della Morte Vivente, in dosse
letale. Prima un
sonno profondo e poi…la morte.” Concluse laconico.
“Bene.” Rispose
Ollivander sempre più scemante nel tono di
voce:” Prima che me ne vada per sempre, ho un favore da
chiederti: distruggi la
bacchetta di salice sibilante. Ci rivedremo presto dall’altra
parte. Arrivederci
signor Piton.”
Dettò ciò bevve ed ebbe appena il tempo di
sdraiarsi, che la pozione lo piombò
in un sonno-coma, in attesa della morte definitiva.
Piton pianse, poco, ma pianse.
“Che spreco!” Pensò fra se e
se.
Scese nel negozio e mentre si avviava
verso l’uscita, vide
sul bancone una custodia per bacchette vuota e sopra di essa una
lettera.
L’aprì e
leggendola sorrise ancora una volta amaramente.
“Egregio
signor.
Severus Piton
So che lei
non
distruggerà la bacchetta di salice sibilante , troppo legata
ad essa e ai suoi
ricordi, non ne avrebbe il coraggio.
Faccia
però uno sforzo
e riconsegni questa bacchetta al signorino Harry Potter , in
qualità di
legittimo erede della stessa.
Poiché
tutto è come
deve essere e tutto va come deve andare.
In fede
Garrick Ollivander (
22 gennaio 1940 – 25
gennaio 2017)
E Piton riconsegnò ad
Harry la bacchetta.
E Piton morì, proprio come
Ollivander gli aveva detto.
Poiché tutto è
come deve essere e tutto va come deve andare.
Questa lunga
one shot
è dedicata a John Hurt, un attore di grande talento.
A tutti i
lettori
grazie per la lettura e recensite, per farmi sapere cosa ne pensate;
non
saranno tuttavia accettate pedanterie su gli errori da me commessi
relativi al
mondo di Harry Potter.
Non conosco
affondo questo
fandom, ma per la legge del contrappasso è quello che mi
ispirà di più.
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