Ho
scritto, anzi, sto
scrivendo questa fanfiction non per la gioia di inserire un nuovo
personaggio, bensì per omaggiare uno dei personaggi ai quali sono
più affezionata: Cloud. Questa storia vuole essere un tributo a lui,
in qualche modo. Se potesse leggerla, gliela dedicherei. Vi prego
solo di non storcere il naso davanti all'avviso 'Nuovo personaggio';
non è quello che pensate, e che probabilmente molti di voi attendono
di gridare. Quello che dovevo dire, l'ho detto.
Cloud,
Final Fantasy VII e
cazzi vari © Square
Buona
(eventuale) lettura.
A Tale: Sara
Capitolo
I- Chocobo Head
Si
chiese cosa stesse facendo. Dove stesse andando, e perché quella
ragazzina fosse con lui. Si chiese cos'avrebbe fatto, cosa le avrebbe
detto, dove l0avrebbe portata, come avrebbe risolto la situazione.
Naturalmente,
non trovò uno straccio di risposta.
Era
seduto da un sacco di tempo, su quella roccia. Talmente tanto che
aveva perso il conto. E quella lo fissava. Non
continuamente,
a dir la verità. Ogni tanto voltava la testa, si guardava le unghie,
si dava un'occhiata intorno, si attorcigliava i capelli... E, di
tanto in tanto, anche lui le lanciava un rapido sguardo. E si
ritraeva subito dopo, constatando, con una lontana fitta allo
stomaco, che in ogni cosa che lei faceva, la rivedeva. Lei.
Avrebbe preferito non ricordarsene. Avrebbe preferito rimanesse un
argomento di cui parlare in piena notte, con gli amici ubriachi. Ma,
chi di dovere, doveva aver un piano diverso, per lui...
Meno
di un'ora prima, era un uomo felice. O meglio, era tranquillo.
Felice, in fondo, chi fra loro poteva dire di esserlo stato? Diciamo
che viveva la sua vita.
Si
aggirava dalle parti di Fort Condor, reduce da una visita a Junon. A
quanto pareva, la città stava una meraviglia anche senza Shin-Ra...
Comunque fosse, il chocobo con cui era arrivato aveva deciso di
prendersi una vacanza, e l'aveva piantato in asso. Così, quando era
uscito dalla città, al posto di Boko (Marlene aveva tanto insistito
per potergli dare un nome), aveva trovato un groviglio di erba
masticata e la diretta conseguenza del pranzo, ammucchiata lì
vicino.
Così,
suo malgrado, aveva dovuto farsela a piedi (aveva voluto evitare di
chiedere un mezzo a Junon, tanto per non dover rispondere alle
naturali domande con 'Il mio chocobo se l'è filata').
E
lei l'aveva letteralmente travolto, come un fiume in piena. Un fiume
notevolmente incazzato...
-Sai
come si fa un cappio?-, gli aveva chiesto, come se gli avesse
domandato che ore fossero.
Lui,
lì per lì, non aveva saputo risponderle, se non altro per la
particolarità della richiesta. Poi, al suo secco 'Allora?', constatò
che faceva sul serio, e rispose che non lo sapeva fare.
Qui,
le gli aveva borbottato qualcosa, e gli aveva voltato le spalle,
pronta ad andarsene.
Al
che, per qualche motivazione che ancora attualmente gli sfuggiva,
l'aveva fermata, chiedendole il motivo di tale interesse.
-Voglio
suicidarmi-, gli aveva tranquillamente risposto lei.
Ne
sarebbe seguita una discussione su quanto si stesse sbagliando, sul
fatto che non avrebbe dovuto farlo, che la vita è un dono prezioso,
e tutte quelle cose che le persone normali dicono in circostanze come
quella (ammesso che quelle cose accadessero, alle persone normali).
Ci sarebbe stato tale dibattito, se solo lui fosse stato una persona
vagamente normale. Ma le cose non stavano così: lui
non era
probabilmente mai stato una persona normale, e lei sembrava
decisamente convinta di quello che dichiarava di accingersi a fare.
E, con queste premesse, lui se ne sarebbe andato tranquillamente,
voltandole le spalle e continuando a vivere la sua vita.
Ma
'non esattamente normale' non significa 'completamente sprovvisto di
anima'; in più, lei aveva quell'aspetto. Non aveva
programmato che le cose andassero in quel modo...
Così,
dopo averla trascinata di peso per buona parte della boscaglia lì
intorno, aveva dovuto fermarsi e mollarla, perché le sue urla e i
suoi insulti gli avevano riempito le orecchie a sufficienza.
E
quindi, ecco lui sulla roccia e lei sul terriccio, lui intento a
cercare di ignorare le sue rimostranze, lei troppo impegnata a
fargliele presenti per pensare ad altro.
-Come
ti chiami?-, fu la cosa più intelligente che riuscì a dirle, dopo
lunghi minuti di silenzio.
-E
tu?-,ribatté lei, scrutandolo in volto, sempre visibilmente
contrariata.
-Cloud-,
rispose, senza riuscire a controbattere. Era già abbastanza
complicata, la faccenda...
Lei
sbuffò, voltandosi rabbiosamente, fissando un punto qualunque in
mezzo alle montagne.
-Sara-,
disse, infine, come se gli stesse facendo un gran favore a dirglielo.
A
dir la verità, sperava che quella fase sarebbe durata più a lungo.
In qualche modo, avrebbe preferito che lei facesse la ritrosa, così
da dargli modo di insistere, e di perdere così molto più tempo.
Invece, gli toccava continuare a pensare...
-Senti-,
fece lui, la testa appoggiata sulla mano, come se stesse cercando la
soluzione del mistero dell'esistenza, -non so cosa farne, di te-
-Allora
perché diavolo mi hai sballottata fin qui?-, sbuffò ancora lei.
Lui
non rispose. Non sarebbe riuscito a farlo.
-Fantastico-,
commentò, alzandosi, -visto che non c'è un motivo, me ne vado.
Tanti auguri-
La
guardò, con un sopracciglio alzato. Dove sarebbe finita, se l'avesse
lasciata andare? Voleva ammazzarsi sul serio?
-Mi
ricordi un'amica-, ammise lui, infine.
Lei
sembrò accettare la risposta come motivazione. Almeno per il
momento.
-Perché,
anche lei voleva suicidarsi?-, domandò Sara, incrociando le braccia
al petto.
-No,
ma anche lei ogni tanto straparlava-, rispose Cloud, tornando ad
ammirare i fili d'erba.
-Ah
sì? E su cosa?-
-Sugli
alieni-
Lo
sguardo di lei si fece scettico.
-Senti,
non prendermi in giro. Non sono una bambina-
-A
me sembra che tu lo sia, invece-, replicò lui, alzandosi a sua
volta, -altrimenti non diresti cose tanto stupide-
Stavolta,
fu lei a non rispondere. Chinò la testa, appassionandosi anch'essa
ai fili d'erba.
-È
che odio la mia vita-, ribatté, facendosi meno
aggressiva,
-non è perché il mio ragazzo mi ha mollato e cazzate simili-
-Per
che cos'è, allora?-
Sara
sospirò.
-Mia
madre è morta. E mio padre beve. Cioè, ha cominciato a bere da
quand'è morta mia madre. È un circolo vizioso, no?-
Lui
annuì, per dare l'impressione di comprenderla, ma senza essere
banale. In realtà, erano tutte balle: non aveva idea di cosa volesse
dire. Ma pensò che fosse meglio tacere e lasciare che lei parlasse,
se voleva.
-Non
intendo restare e prendermi cura di quel cazzuto alcolista, né di
spaccarmi la schiena per mantenerlo, e sentirmi oltretutto i suoi
insulti. Quini preferisco appendermi a un albero-
-Non
ci sono alberi abbastanza robusti, qui-, osservò Cloud, -il ramo si
spezzerà e tu cadrai. Ti farai male e basta-
Sara
non ribatté. Fece per aprir bocca, ma la richiuse subito dopo. Non
trovò da dire nulla che non fosse tremendamente idiota.
-Si
sta facendo buio-, proseguì lui, muovendosi per controllare i
dintorni, -e io devo tornare a Midgar a piedi. Dovremo accamparci-
Lei
lo guardò di nuovo con sguardo scettico.
-Sei
venuto a piedi da Midgar?-
Sperava
non gliel'avrebbe chiesto...
-Sono
venuto con un chocobo-, rispose, alzando gli occhi al cielo.
-E
dov'é, ora?-
-Cosa?-
-Il
chocobo-
Trasse
un profondo respiro.
-Se
n'è andato-, fece, a denti stretti.
-E
perché?-
Quella
ragazzina cominciava a risultare petulante. Era lì lì per
rimpiangere il blaterare di Yuffie e le lagne di Marlene.
-Non
lo so, il perché-, disse, iniziando a
spazientirsi,
-evidentemente, mi trovava antipatico-
Lei
lo squadrò, con un'occhiata che aveva molto di sufficienza e di
compassione.
-Penso
che avesse ragione-, commentò, per poi guardare altrove, -ma è
strano: immaginavo che un chocobo trovasse affinità con i tuoi
capelli-
Sara,
invece, aveva i capelli quasi rossi... eppure, anche in quelli la
ricordava.
Cloud sospirò. Di nuovo.
-Allora?-, le chiese, -cosa pensi di fare?-
Lei parve non sentirlo. Apparentemente,
preferiva
dedicarsi ai capelli spettinati, che a preoccuparsi di quanto le
stava dicendo quel perfetto sconosciuto...
-Penso che dormirò con te-, rispose.
Almeno, sembrava
avere le idee chiare...
-Ma domani mi suiciderò-, aggiunse,
degnandolo di un
ultima occhiata.
-Come vuoi-, fece lui, cercando il posto
più adatto per
passare la notte. Individuò una rientranza tra le montagne,
probabilmente una cavernucola. Fece cenno a Sara di seguirlo.
-Dove mi farai dormire?-, gli chiese lei,
camminandogli
di fianco.
-Lì-
Le indicò la caverna, poco distante da
loro. Dalla sua
espressione, Cloud dedusse che a Sara l'idea non era piaciuta.
-Se vuoi stare comoda, c'è un tizio che
abita in una
caverna, a Nord di qui-, la informò, -dorme su un mucchio di
stracci, su una pietra umida. Potrebbe ospitarti-
-È disgustoso-, gli fece notare lei, per
poi scuotere
la testa. Forse aveva immaginato di doversi rassegnare, e accettare
seriamente di dover dormire in una caverna umida.
-Eccoci-, annunciò Cloud, mettendo la testa
nella
rientranza. Sembrava a posto. Ed era anche miracolosamente grande per
tutti e due. Senza attendere i commenti secchi di Sara, si affrettò
a sistemare qualche pezzo di legno, in modo da accendere un fuoco
prima che facesse buio del tutto.
-Dove ti aspetti che io mi addormenti?-,
domandò lei, a
voce bassa e dall'espressione di chi si prepara ad aggredire.
-Non saprei. Scegliti un punto della
caverna e
sdraiati-, disse lui, mentre mandava mentalmente in posti non molto
carini la legna, che non voleva saperne di stare nella posizione
designata.
-Ma è scomodo. Devo davvero
dormire su pietre e
terriccio?-, ribatté, speranzosa.
-O qui o in bocca a un mostro. Vedi tu-, la
liquidò
lui, malendendo tutto e accendendo i rami con una Fire materia.
Sara sbuffò. Sonoramente. Dopodiché, si
lasciò cadere
nel cantuccio che le sembrava meno scomodo-bagnato-freddo degli
altri.
Dopo qualche minuto di silenzio, tempo
durante il quale
Cloud aveva sistemato un paio di rami accesi anche sulla soglia della
caverna, per tenere lontane le belve, e infine si era finalmente
seduto nell'angolo quasi opposto a Sara, la suddetta fanciulla gli
fece notare la mancanza di cibarie.
-Non mangiamo?-
-Non c'è nulla da mangiare-, le fece notare
Cloud,
appoggiando la schiena alla parete rocciosa.
-Ma io ho fame-, ribatté lei, scurendosi in
volto.
-Finirai per essere mangiata, se esci ora a
cercare del
cibo-
-Sempre meglio che morire di fame. E
conseguirei il mio
scopo-
-Scordatelo-, fece lui, scuotendo la testa,
-hai detto
che ti saresti suicidata domani, non che avresti cercato di farti
uccidere stasera-
Lei tacque. Iniziava ad essere stanca, per
discutere, e
Cloud non gliel'avrebbe data vinta.
-Bene-, fece lei, secca, -allora buonanotte-
Dal modo in cui lo disse, sembrò più una
minaccia che
un augurio
-Buonanotte-, rispose lui, cercando di
ignorare i
borbottii che si lasciava sfuggire Sara di tanto in tanto.
Chiuse gli occhi, facendo il possibile per
bloccare il
flusso dei suoi pensieri. Ne aveva avuti abbastanza, per quel giorno.
Meglio cercare di dormirci su. Ci avrebbe pensato l'indomani, a cosa
farne di Sara... e anche al perché le assomigliasse così
tanto...
Dopo circa mezz'ora, l'unica cosa che si
udiva, era il
crepitìo delle fiamme e i versi assordanti degli animali notturni.
-...animali di merda!-
Fu l'ultima cosa che disse Sara prima di
addormentarsi.
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Sì, il nome del chocobo, Boko, è un omaggio al Boko di FFV. E a Bartz.
Perché il mio neurone è anche il suo neurone.
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