Dante, figure di merda e nuove amicizie

di _MyHeadIsAnAnimal_
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«Scusa è libero il posto?» la voce esce più roca del dovuto, sembra quasi che l'abbia persa dopo una giornata passata ad urlare allo stadio.

Appena alzo lo sguardo, però, mi rendo conto che la mia supposizione è sbagliata: il ragazzo che sta di fronte a me potrebbe essere tutto fuorché un tifoso di calcio. In realtà ricorda più il tipo di persona che non segue nessuno sport.

Ha un paio di occhiali con la montatura spessa marrone scuro, mi ricorda il colore della terra umida in estate dopo uno dei tipici acquazzoni estivi, che nasconde due occhi marroni con qualche screziatura di una strana tonalità di verde che, diamine, li rende così particolari, non ne ho mai visto un paio simile ai suoi, le labbra screpolate e con qualche piccola traccia di sangue sono arricciate; sembra stanco, il suo sguardo è contornato da delle occhiaie e le spalle sono leggermente ricurve verso il basso. Il viso è contornato da una folta massa di capelli ribelli, mille riccioli castani che si sparpagliano in tutte le direzioni, sembrano così morbidi e ho subito la tentazione di infilarci in mezzo la mano ma mi trattengo.

Sento il suo sguardo su di me e mi accorgo di non aver ancora risposto alla sua domanda. Lo sto guardando anzi, sarebbe meglio dire fissando, da ormai troppo tempo senza proferire parola.

Mi schiarisco la gola e sposto i miei libri, che occupano praticamente tutto il tavolo, raggruppandoli in un piccolo mucchio.

«Certo, siediti pure!» esclamo forse con troppa foga. Mi sistemo meglio e abbasso lo sguardo sul libro della Divina Commedia, aperto sulla stessa pagina ormai da mezz'ora, nella speranza che i lunghi capelli scivolino fino a coprirmi le guance arrossate.

Che poi, perché sto andando a fuoco? È da diciannove anni che colleziono figure di merda con i ragazzi, perché mi imbarazzo per una sciocchezza come questa?

«Che palle» bisbiglio tra me e me. Mi sento in soggezione con lui seduto al mio stesso tavolo, non ha distolto lo sguardo da me nemmeno una volta, neanche quando ha appoggiato i suoi due libri e il quaderno sul ripiano e ha spostato la sedia per sedersi.

«Dante?» un flebile sussurro mi raggiunge ma non sono sicura che sia stato lui a parlare, sono quasi del tutto sicura di essermelo immaginato.

Quando però alzo lo sguardo e lo trovo ancora a fissarmi mi accorgo che, forse, mi ha parlato veramente.

«S-sì,» balbetto lisciando la pagina del libro aperto di fronte a me, «è la Divina Commedia».

Abbasso lo sguardo per poi rialzarlo e puntarlo direttamente nei suoi occhi che si restringono formando delle piccole rughe ai lati quando mi sorride, le labbra tese in un ampio sorriso sono contornate da due adorabili fossette.

Ricambio abbassando di nuovo lo sguardo. Lo sento ridacchiare e, con la coda dell'occhio, lo vedo aprire uno dei due libri, quello più spesso, e il quaderno. Le pagine sono ricoperte da una scrittura un po' disordinata ma leggibile, le lettere leggermente inclinate verso destra e rese eleganti dai tratti leggeri di penna.

Mi ridesto subito dalla mia attenta osservazione di ogni suo movimento e mi concentro di nuovo sul libro che ho davanti.

«Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.» le mie labbra si muovono senza emettere un suono. Ho sempre avuto questo vizio di leggere, senza effettivamente parlare, per capire meglio il testo e per cercare di ricordare il più possibile, con scarsi risultati ahimè.

«Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sí forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona.» la sua voce roca mi raggiunge subito, come uno schiaffo in pieno viso dato da una grande mano gelata. La mia pelle percorsa da brividi mentre le sue labbra rosse si fermano, socchiuse, prima di continuare, gli occhi ancora chiusi, «L'ho studiato qualche settimana fa qual canto, Paolo e Francesca, no? Il cerchio dei lussuriosi

Perché la sua faccia si è contratta in quel modo? Doveva per caso essere un'espressione ammiccante quella? O me la sono immaginata?

«Esattamente» replico grattandomi la guancia.

Non so come mai ma ho questa strana sensazione che la situazione non farà altro che peggiorare.

«Ti stai scarabocchiando la faccia.»

Cosa?

«Come scusa?» le cose sono due: o sono io a sembrare pazza o è lui a non essere normale.

«Dico, ti stai scrivendo sulla guancia con la penna» dice questa volta con la voce allegra e un sorriso malcelato ad illuminargli il volto.

Dio. Che imbarazzo!

Subito sposto la mano e mi accorgo di aver tenuto impugnata una penna aperta per tutto questo tempo e che, in realtà, non era il mio dito ma proprio quest'arma ad inchiostro a muoversi sulla mia guancia.

In meno di due secondi sento la mia faccia andare a fuoco. Di sicuro sono tutta rossa in viso.

Che figura di merda assurda!





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