Brodo
di gallina, brodo di dado, verrebbe da dirti Ti Amo
Quando
Thomas William Hiddleston suonò il campanello
immaginò diversi
scenari: innanzitutto la porta del colore del legno che si apriva
seguita a ruota da una Susan che lo accoglieva a braccia aperte,
oppure Adele con un libro stretto al petto, scocciata perché
era
stata interrotta, giusto per citarne un paio; così, quando
si
ritrovò la loro dirimpettaia, rimase leggermente confuso.
«Signora
Taylor?»
La
nonnina in questione gli sorrise apertamente, riconoscendolo come il
compagno dell'attrice e lo invitò ad entrare.
«La
sua fidanzata mi ha chiesto di passare per controllare Adele»
gli
spiegò, ciabattando lungo l'ingresso; gli fece strada fino
in
cucina, dove l'aroma del tè verde al gelsomino aleggiava
nell'aria.
Al nominare la coinquilina italiana Tom si accigliò ancora
di più,
non capendo cosa diamine stesse succedendo in quella mattinata
autunnale.
«Adele?»
ripeté. Dovette sembrarle davvero confuso,
una scena quasi comica vista dall'esterno; se Ben o Eddie fossero
stati presenti gli avrebbero riso in faccia, poco ma sicuro –
persino quel traditore di Luke l'avrebbe trovato divertente.
«Oh
sì, povera cara. Stamattina si è svegliata con
una bella influenza,
ha la febbre alta; è in camera sua che riposa, sono andata a
controllare giusto dieci minuti fa. Posso affidargliela?»
Ora,
la frase dell'arzilla settantacinquenne non avrebbe dovuto farlo
sudare o fargli stringere appena lo stomaco – o era il cuore?
Accidenti! – eppure andò esattamente in
quest'ordine. E rieccoli,
i diversi scenari – sul serio, doveva smetterla di rimanere
sveglio
fino a tardi e dormire un pochino di più, giusto per non far
galoppare eccessivamente la fantasia – con le rispettive
conseguenze; dovette anche far tacere un pensiero appena molesto che
aveva esultato perché, finalmente, si sarebbe trovato solo
con
Adele.
Tutto
questo durò frazioni di secondi, eppure gli
sembrò strano che la
signora Taylor non lo rimproverasse perché ci stava mettendo
troppo
a rispondere; ringraziò più di una volta d'essere
un attore così
da celare i sentimenti, altrimenti deducibili dalle espressioni
facciali. La voce profonda di Ben gli diede dell'idiota – e
da
quando i pensieri gli parlavano con la voce di Ben?
Tossicchiò
nervoso «Ma certo. Ci penso io.»
«Molte
grazie! Mi dispiaceva lasciarla sola, sa, per qualsiasi evenienza...
Ma devo proprio scappare, ho diverse commissioni da sbrigare.»
«Nessun
problema, davvero. Non si preoccupi, mi fa piacere.» Ti
fa
piacere? Oh, Signore, la frase da maniaco potevi anche
risparmiartela.
Fortunatamente
la donna
registrò la sua
innata galanteria, visto l'ennesimo sorriso elargitogli
e Tom la sentì sussurrare qualcosa che sembrava “bravo
giovanotto” mentre
raccattava
borsetta e cappotto; dopo le ultime scuse e altri ringraziamenti lo
lasciò solo, a fissare la porta d'ingresso chiusa e con
addosso
un'insana voglia di chiamare Susan. Ma era sul set e lui non poteva
–
o voleva, dipendeva dai punti di vista – disturbarla.
Respirò a
fondo una, due, tre volte e raddrizzò le spalle, determinato
a non
farsi condizionare da nulla; doveva solo rimanere lì in
cucina e
ogni tanto accostare l'orecchio alla porta per sentire se c'erano
problemi, nient'altro. Si trattava solo di una banale influenza ed
era Adele, la coinquilina della sua fidanzata. Punto.
Non capiva da dove veniva tutto questo nervosismo, non ce n'era
motivo. Bene.
Ora
più calmo, ritornò in cucina e si
preparò una tazza di tè
riempiendo a metà il bollitore, nel caso Adele si fosse
svegliata
volendo una bevanda calda; ad ogni movimento alternava un momento di
pausa per ascoltare, ma a parte il ticchettio dell'orologio vintage
non sentiva altro. Scelse una miscela di Ceylon dalla dispensa di
Susan e bevve un primo sorso bollente prima di assecondare
la-voce-di-Ben che gli
ripeteva da almeno cinque minuti buoni di piantarla di perdere tempo
per andare a controllare la malata. In un battito di ciglia era
lì
davanti alla porta e l'istante successivo stava tirando giù
la
maniglia pregando di fare piano; aprì uno spiraglio e
sbirciò
dentro, riconoscendo da subito il respiro pesante ma affannato di chi
stava dormendo non del tutto tranquillo. Bé, c'era poco che
potesse
fare, e la signora Taylor gli aveva comunicato di non svegliarla per
farle prendere la tachipirina, perciò... niente, si
ritrovò a
seguire l'istinto camminando a passo felpato fino al suo capezzale,
finché non riuscì a distinguere il volto
addormentato coperto per
metà fino al naso, ed i capelli sparsi sul cuscino. Dormiva
sul
fianco sinistro, le braccia celate così da non mostrargli come
dormisse;
chissà perché se ne
era sempre immaginato uno sotto il cuscino, a sostegno della testa.
L'ho idealizzata troppo, constatò
amaramente, se per l'idea o per quel minuscolo mattoncino che andava
a formare il muro del tradimento. Adele tirò appena su con
il naso
risvegliandolo e facendogli capire che era tempo d'andarsene e,
davvero, stava per farlo quando lo schermo del suo cellulare si
illuminò all'improvviso e la vibrazione divenne l'unico
rumore
fastidioso nella stanza in penombra.
Tom
fu rapido ad acchiapparlo prima che potesse svegliarla, indeciso sul
da farsi: non ci voleva un laureato in Lingue per capire che suo
padre la stava chiamando – e la foto profilo era prova
inconfutabile, data la somiglianza – quindi come diamine
doveva
procedere?
Il
giovane rampollo di Eton si concesse una parolaccia e
strisciò il
pollice sullo schermo, accostando l'orecchio all'apparecchio ed
allontanandosi quel poco da non disturbarla; tenne la porta socchiusa
e, d'impulso, rispose con l'unica frase in italiano che sapeva.
«Pronto,
signor Tesei?»
Dall'altro
capo del telefono arrivò solo silenzio. Per circa tre
secondi.
«Chi
diavolo sei?»
Di
nuovo, non ci voleva un laureato in Lingue Straniere anche se Thomas
William Hiddleston non aveva idea di cosa gli era stato detto,
intuendolo dal tono alterato e insieme stupito. Si ritrovò a
pensare
la seconda parolaccia della giornata, ed era appena mezzogiorno.
«Sono
Tom Hiddleston, signore. Il fidanzato di Susannah.»
«Ah
sì, certo. Adele mi ha parlato di te.»
Tom
sospirò di gratitudine non per il contenuto quanto
nell'udire la
propria lingua madre; non sapeva che il padre di Adele parlasse
egregiamente inglese.
«Non
si faccia un'idea sbagliata, signore, sono solo entrato per
controllare sua figlia» non appena ebbe concluso strinse gli
occhi e
si morse le labbra; Dio, possibile che oggi ogni stupida frase
diventasse ambigua?
Lo
stesso pensiero dovette attraversare Tesei Senior, perché
gli
rispose con uno sgarbato «Avevo motivo
di farmi un'idea
sbagliata?»
«Nossignore,
assolutamente no.» Troppo precipitoso,
Hiddleston!
Altra
pausa.
«Adele
come sta?»
«La
signora Taylor mi ha detto che aveva ancora febbre ma le aveva dato
una tachipirina. Sta ancora dormendo.»
«Capisco.
Hai notato se in cucina c'è del brodo? Ormai è
mezzogiorno, là da
voi.»
Bene,
la conversazione stava procedendo ormai tranquilla «Non
ho
controllato, no, ma posso farlo subito.»
Si
avviò a lunghi passi ma, una volta entrato, ci mise poco a
scoprire
che no porca miseria non c'era niente, nemmeno in frigo.
Quando
lo riferì, il signor Tesei non si pose problemi. «Bé,
niente di più semplice. In freezer c'è un pezzo
di gallina?»
Stavolta
fu il suo turno di concedersi una pausa, perché era sicuro
d'aver
capito male. Una gallina?
«Una
gallina?» ripeté stupidamente, tanto da non far
caso – in
principio – al tramestio all'altro capo del telefono, nella
casa
italiana di Adele; una voce di donna si sovrappose a quella del padre
e una parte del cervello di Tom la registrò come la voce
della madre
della ragazza, anche se, come da copione, non capì una
emerita
mazza.
«La
gallina, Massimo? Sarà già tanto che abbia i cibi
basilari! Nostra
figlia fa la fame pur di non cucinare qualcosa di
sostanzioso!»
«Va
bene, ma avrà qualcosa per farsi del brodo, o ce
l'avrà Susannah.»
«E'
inglese, Massimo. Inglese.»
Tom
si schiarì la gola e scosse appena la testa per recuperare
un minimo
di contegno; con la mano destra aprì le ante della dispensa,
sia
dell'una che dell'altra ragazza, alla ricerca di qualsiasi cosa
potesse servire. Quando nella parte di Adele trovò la
scatoletta
verde e bianca e lesse gli ingredienti, si illuminò
ringraziando il
Cielo.
«Ho
trovato del dado vegetale!» esclamò orgoglioso,
con un sorriso
soddisfatto come non gli capitava da tempo; per ragioni ancora
ignote, sentiva di voler presentarsi al meglio ai genitori della
giovane. Sorriso che, purtroppo per lui, si incrinò appena
quando
udì un altro scambio di battute in italiano.
«Sonia,
ha trovato il dado vegetale.»
«Non
dirlo con quel tono, è stato molto gentile! Anche se non ho
ancora
capito chi sia...»
«Ma
non va bene, dai, è orrendo! Se lo mandassi a comprare un
pezzo di
gallina? Pure la faraona andrebbe bene, oppure l'anatra; il cappone
lo escludo, è già più complicato da
trova–»
«Andrà
benissimo, non fare il difficile. Ringrazialo e spiegagli come
usarlo, se non lo sa.»
«Ti
pare lo sappia? È inglese.»
«Bé,
magari sì.»
«Come
no. Senti» disse,
tornando
all'inglese – cosa per cui Tom ringraziò ancora
– «grazie,
Tom, davvero. Le prepareresti un po' di brodo, per favore?»
«Ma
certo, signore» si sentì mentire spudoratamente,
perché in tutti
quegli anni non l'aveva mai preparato in vita sua. «So esattamente
come fare.»
Suvvia,
non servirà chissà quale mente eccelsa per
arrivarci! Lui, d'altra
parte, era stato educato a Eton. Quanto poteva essere difficile?
Che
giornata di merda.
Che
giornata di merda.
Tom
ripeté la frase per l'ennesima volta nel giro di dieci
minuti,
precisamente da quando aveva chiuso la comunicazione con Massimo
Tesei e si era cimentato in quella che i posteri avrebbero definito
come la Tredicesima Fatica di Hiddleston
– con
buona pace del povero Ercole. Si era sentito molto stupido nello
sbloccare il cellulare e cercare la ricetta su Google come se da
quello dipendesse la sorte dell'umanità intera ed aveva
letto
voracemente le non-proprio-arcane istruzioni; qualche reminiscenza
dell'adolescenza a casa di sua madre tornò ad affacciarglisi
nella
mente ma la scacciò con cenno secco e risoluto. Non doveva
distrarsi, la missione era della massima importanza. Esattamente come
quando aveva pensato di chiamare sua madre, o le sue sorelle,
accantonò l'idea di chiamare Susan; l'orgoglio avrebbe
sofferto
terribilmente se
avessero iniziato a prenderlo per i fondelli a causa della sua
incapacità. Decise quindi di rimboccarsi le maniche,
letteralmente,
aprendo le ante con rinnovata energia. Non si sentiva così
elettrizzato da giorni, ed il pensiero dell'espressione stupita ma
riconoscente che Adele avrebbe avuto stampata in faccia lo
accompagnò
durante ogni fase del procedimento, dal riempimento della pentola con
dell'acqua corrente alla bollitura di questa, per finire col lancio
del dado e lo schivare qualche schizzo d'acqua. Perfetto.
Non era per niente difficile.
Il
sorriso compiaciuto, però, si spense appena quando
realizzò di
essersi dimenticato il sale e, ingrediente più importante,
la pasta.
I tipici
crostini inglesi non
erano adatti, l'aveva letto poco prima; con uno sbuffo
riaprì le
ante della dispensa di Adele alla ricerca dell'alimento perduto
–
era italiana, santissimo
cielo, doveva esserci come minimo metà ripiano stracolmo, il
brodo
stava bollendo un po' troppo per i suoi gus– AHA!
Trionfante,
il pacchetto trasparente alzato al cielo – mancava solo della
musica epica in sottofondo – Thomas William Hiddleston
sentì che
finalmente quel pranzo
procedeva per il verso giusto.
Un
passo. Un altro ancora. La figura addormentata di Adele sempre
più
vicina.
Una
mano grande, da uomo, si protende verso la sua spalla e di scatto si
ritrae,
le
dita appena contratte.
Tom
si sentì a disagio, quasi imbarazzato, quando dovette
scacciare la
fastidiosa immagine delle proprie dita a contatto con le ciocche
scure o, peggio ancora, a seguire una linea immaginaria dalla tempia
destra alla guancia calda. Deglutì un paio di volte e si
bagnò le
labbra secche con la lingua prima di raccogliere tutto il coraggio e
continuare la discesa fino alla spalla di Adele, scuotendola piano
per timore di farle male, per timore di spaventarla; considerava il
gesto un tantino intimo per
i suoi gusti ma una buona parte del cervello gli ricordò
acidamente
che non c'erano molti altri modi per destarla e farle ingoiare quella
maledetta cosa preparata.
«Adele»
sussurrò quando vide gli occhi muoversi sotto le palpebre
chiuse;
tre secondi dopo era sveglia e lo guardava confusa. Adorabilmente
confusa.
«Tom?»
D'accordo,
lo stordimento aveva raggiunto livelli cosmici – si stava davvero
coprendo fino
al naso con il
lenzuolo? Ed era una nota isterica quella
che aveva percepito nella voce? Il giovane non avrebbe saputo dirlo,
eppure il proprio senso di disagio crebbe a dismisura come un
torrente in piena.
Per
amor della sua sanità mentale si schiarì la voce.
«Ben svegliata.
Come ti senti? Riesci ad alzarti? Ti ho preparato un po' di brodo,
è
quasi l'una del pomeriggio e devi mangiare qualcosa oppure la febbre
ti tornerà, sennò chi la sente la signora Taylor,
o Susan, o tuo
padre–»
«Mio
padre?» ecco, di sicuro non ci stava capendo nulla.
Comprensibile.
Cos'era
tutto quel calore che sentiva? Si stava ammalando anche lui, per
caso? «Ehm, sì, ha chiamato quasi mezz'ora fa ma
tu stavi dormendo;
io ero entrato solo per accertarmi stessi bene e quando il telefono
si è illuminato ho preferito lasciarti dormire. So che posso
esserti
sembrato invadente, anzi, lo sono stato e me ne scuso, però
dormivi
così bene...» smise di parlare e gesticolare,
rivolgendole uno
sguardo contritissimo, da cucciolo bastonato.
«Mi dispiace.»
Le
guance di Adele divennero più rosate e gli occhi si
abbassarono
appena, giusto il tempo di permetterle di riordinare i pensieri per
mandarlo a quel paese, forse.
«E'
tutto a posto» disse invece, aggrottando appena la fronte.
«Solo...
la prossima volta chiamami lo stesso, d'accordo? Non me la sono
presa» ebbe cuore di aggiungere quando notò le
labbra di Tom
schiudersi, pronto a scusarsi «è solo che non sono
così
malata da non
poter parlare. A
proposito, che ti ha detto papà?»
Tom
ringraziò il cambiamento del discorso – se
così si poteva
chiamare – e le riferì la conversazione omettendo
giusto un paio
di fatti, leggermente nervoso.
«Vado
a prenderti il vassoio.»
«Non
è necessario, Tom, sul serio. Posso camminare fino in
cucina.»
L'attore
soppesò la proposta per una manciata di secondi ma alla fine
si vide
costretto ad accettarla, dato che l'ammalata aveva scostato le
coperte e fatto leva per alzarsi nascondendo poco e male una live
smorfia infastidita; le braccia di Tom agirono per conto loro
posandosi senza esitazione e naturalmente sui fianchi di Adele come
se conoscessero quei punti alla perfezione.
Come
se fosse normale.
La
sentì irrigidirsi – oh, eccome se la
sentì! – e lui si
ritrovò inconsciamente ad inspirare, il naso troppo, troppo
vicino
ai capelli scuri che ora le sfioravano le spalle. Ricordava come
fosse accaduto ieri – invece era già passato quasi
un anno – il
giorno in cui, sulla soglia della loro casa, aveva dovuto richiudere
la bocca appena spalancata alla vista del nuovo taglio di Adele e di
come lei, d'altra parte, aveva dovuto faticare per non sgranare i
suoi occhi alla vista dei suoi – di capelli – ora
neri. Ancora
gli bruciava ricordare l'assenza di quei meravigliosamente lunghi e
ondulati capelli scuri, classificati come crespi dalla
ragazza, spariti per lasciar posto ad un pixie cut. Per
carità, le
donava moltissimo tanto da farla sembrare più giovane dei
suoi
ventisette anni e maledettamente desiderabile, ma quelle lunghe
ciocche perse ancora lo infastidivano. Per troppe notti, più
di
quante doveva essere lecito, si era sorpreso a sognarle mentre gli
solleticavano il corpo, lasciando una sensazione di gelo al
risveglio; si era autoconvinto che i sogni erano conseguenza del
periodo di stress sul set di Thor e che, in realtà,
appartenevano
alla sua fidanzata. Eppure nemmeno una volta a casa tra le braccia di
Susan erano finiti. Inutile girarci attorno, aveva osservato troppo
bene ciascuna delle due ragazze per potersi confondere.
Col
cervello quasi del tutto andato in malora, il primo aggettivo
balzatogli alla mente non appena aveva terminato di respirare era
buono. Un bel po' banale e molto riduttivo,
contando che il
secondo fu dolce; ma non un dolce stucchevole
quanto,
piuttosto, un dolce calmo, rigenerante. Di quelli
che più ne
respiravi più ne volevi. E Tom voleva. Disperatamente
da star
male.
Però Adele non era ancora pronta, lo capì quando
si liberò
dalla presa farfugliando qualcosa d'incomprensibile, rossa in viso,
lasciandolo stordito e impalato nella sua stanza per un paio di
secondi. Le mani gli formicolavano e dovette flettere le dita per
capacitarsi dell'assenza del corpo morbido, meno spigoloso di quello
di Susan – anche se il girovita di Adele era comunque
stretto, al
contrario dei fianchi un poco più larghi.
Scrollò il capo per
togliersi quei pensieri e si stampò in faccia una parvenza
di
tranquillità mentre la seguiva in cucina, le suole delle
scarpe a
contatto col wooden floor. Adele era ancora in
piedi, accanto
al bancone in legno chiaro, lo sguardo fisso sulla tovaglietta in
bambù e sul piatto fondo appoggiatovi; chissà se
i pensieri erano i
medesimi, chissà se la logoravano nella stessa maniera,
chissà se
ne aveva abbastanza di quella situazione di stallo! Quando si accorse
di lui gli rivolse un lieve accenno di sorriso, ancora imbarazzata;
toccò a Tom il compito di tirar fuori entrambi da quella
situazione.
«Spero
non si sia raffreddata.»
Doveva
affogarcisi con tutto il suo stramaledetto completo firmato,
lui
e la sua inettitudine!
Adele
invece accolse la frase come un invito a sedersi, rivolgendogli un
altro sprazzo di sorriso. «Sarà
perfetta. Anzi, ti ringrazio
per esserti preso questo disturbo; di sicuro avevi altri impegni, ti
avrò fatto perdere tempo.»
«Nessun
problema» le assicurò sincero, mentre si aiutava
col mestolo a far
scendere gli ultimi rimasugli di pasta sul piatto. «Ho
ancora
una mezz'oretta prima di dover uscire. Ecco qui»
annunciò,
girandosi il più lentamente possibile per non far cadere
nemmeno una
goccia di brodo a terra. Le mise il piatto fumante davanti
mormorandole buon appetito,
talmente vicino
da non
accorgersi delle espressioni comparse sul volto della ragazza. Se
avesse prestato attenzione il sorriso sarebbe morto ed avrebbe capito
d'aver commesso un'enome cavolata; invece Thomas William Hiddleston,
di professione attore e confuso nella vita privata, dovette
arrendersi ai suoi sentimenti per Adele Tesei quando questa
portò
alle labbra una cucchiaiata di brodo e pasta elargendogli complimenti
del tutto immeritati, poiché si era appena ricordato di non
aver
aggiunto il sale.
Adele,
io ti amo.
Il
brodo è insipido, ma non è questo piccolo
dettaglio a sconvolgerti
quanto la pasta.
«Sono,
uhm» ti schiarisci la voce ed osservi una volta in
più i
pezzi
dentro
il cucchiaio sperando di sbagliarti. Ma come puoi confonderti?
«Sono
spaghetti?»
Speri
di non apparire troppo sconcertata e pensi una parolaccia
quando
vedi Tom rivolgerti un'occhiata seguita da un cenno affermativo.
«Ho
letto che sarebbero stati perfetti i passatelli, ma non li avevi.
Perciò ho usato gli spaghetti–»
Ti
prego, ti scongiuro, non finire la frase.
«–tanto
sono la stessa cosa, no?»
Una
pugnalata ti avrebbe procurato meno dolore.
Non
sai se scoppiare a ridere per l'assurdità della situazione
– stai
mangiando spaghetti
scotti,
spezzati quasi maniacalmente, con un cucchiaio e bevendo brodo
insipido –
o
lasciar perdere e permettere alla gratitudine di espandersi
perché,
in fondo, lui è
solamente
il ragazzo della tua coinquilina e poteva benissimo andarsene per i
fatti suoi.
Invece
è rimasto, impegnandosi, aiutandoti come può.
«Sono
buoni» dici, e sai di non star mentendo.
Nel
dubbio, lasci che i sentimenti ti scuotino come un vento impetuoso e
ti accartoccino nel
loro
vortice.
Tom,
io ti amo.
BONUS
TRACK
Massimo
premette
appena sulla cornetta rossa e chiuse la telefonata della figlia con
un'espressione tale da mettere in allarme Sonia; anche se,
più di
allarme, in realtà si trattava di pura e semplice
curiosità.
«Bè?
Che ti ha
detto?»
Massimo
aggrottò
ancora di più le sopracciglia, incredulo su ciò
che aveva appena
ascoltato perché, andiamo!, non poteva
aver capito bene. Di
sicuro c'era stata una qualche interferenza, la lontananza poteva
giocare un ruolo fondamentale nel distorcere informazioni preziose.
Persino
pronunciare
quella frase fu difficile, stonato, uno smacco al suo ruolo di cuoco
in quella famiglia. «Adele ha detto che Tom le ha preparato
una
fantastica minestra.»
Sonia
si ritrovò a
sorridere, intuendo le parole sottintese dell'adorata figlia che il
marito, pur con tutte le sue buone qualità, non aveva colto.
Ma
d'altronde alle donne – e, soprattutto, alle madri
– certe cose
non sfuggivano.
CANTUCCINO
DELL'AUTRICE
Ohibò!
Non posso crederci, sono tornata a pubblicare dopo
un'eternità;
ammetto che questa storia, oltre ad essere totalmente scema, era in
cantiere da troppo tempo. Talmente tanto che stasera mi sono imposta
di rimenere concentrata e di finirla, ed ecco qui il risultato; Tom e
Adele sono tornati con un mattoncino in più sulla loro
storia, con
Tom sempre pronto a farsi mille paranoie e a perdersi un po' troppo
nei pensieri invece di sfregarsi le mani ed agire. Qui ho introdotto
i genitori di Adele (Sonia e Massimo) che ADORO, c'è poco da
fare! I
loro pezzi mi hanno divertita moltissimo, lo ammetto. Ricalcano in
qualche modo i miei genitori? Mah, chissà ;).
Ah, giusto:
mi scuso se ci saranno errori di battitura, visto che Openoffice ha
bellamente deciso di mandare in malora il controllo ortografico; se
trovate qualcosa non esitate a dirmelo! Io ci ho guardato
più e più
volte, ma un paio di occhi in più sono sempre utili :).
Grazie
a chiunque legga, a chi commenterà e... un bacione, alla
prossima
(sperando di non metterci altri ventordici mesi!)
Buona
serata, vostra
Anna
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