Ebbene sì, a volte rispunto con qualche sorpresa.
Quando ho finito di scrivere “Magic
Melody”, due anni fa, avevo detto che c’erano delle
bozze per un possibile seguito, ma francamente non sapevo se lo avrei mai
scritto per davvero, fino a che una deliziosa fanciulla
non mi ha regalato un disegno bellissimo ispirato a questa storia e, beh… per
sdebitarmi ho deciso di sviluppare quelle vecchie bozze. Il risultato è questo.
La raccolta è composta di quattro capitoli, in tutto. Un missing moment (fra il cap. 4 e
l’epilogo) e tre pezzi post-epilogo.
Sarà un concentrato di fluff e umorismo, ma l’inizio è doverosamente dedicato
ai pensieri di Arthur, che non abbiamo mai letto, dopo che Merlin è scappato.
L’inizio è amaro, ma sappiamo già come finisce la storia, quindi è una angst stemperata. Il resto,
invece, sarà tutto in discesa. ^^
Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.
D’istinto, vorrei
dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia
un filino migliore di Arthur con Mordred.
E poi è dedicata a chi
mi segue con costanza e affetto.
A chi si entusiasma
per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.
Ma soprattutto la dedico a Maryluis,
perché senza di lei, probabilmente, questo seguito sarebbe rimasto per sempre
ad ammuffire.
Magic Melody (Mordred’s Lullaby) 2
- La Raccolta -
Capitolo I: Merlin's Gift
Arthur si trascinò a passo stanco verso l’entrata della casa
di Morgana. Aveva evitato un confronto con lei il più a lungo possibile,
rendendosi irreperibile a tempo indeterminato e in vari modi – al limite della maleducazione e oltre –, perché tanto sapeva
benissimo che quella strega non si sarebbe fermata davanti a niente, pur di
fargli confessare quale fosse la sua pena indicibile o, per dirla con parole
sue, quale cazzata madornale avesse fatto, per mandare a puttane l’unica cosa
bella della sua vita: Merlin.
Ma lui non era ancora pronto a parlarne. A
dirlo a voce alta. Perché avrebbe reso tutto definitivo. Avrebbe ucciso ogni
flebile speranza che aveva coltivato, segretamente, nel suo cuore fin da quando
aveva capito che qualcosa non andava.
Aveva sperato, forse
con ingenua semplicità, di poter aggiustare tutto, di chiarire, di ricucire
quell’involontario strappo tra lui e l’uomo che amava. Ma
tutto sembrava accanirsi contro di lui.
Arthur si passò lentamente una mano sul viso, cercando
invano di scacciar via l’aria sfatta, ma sapeva di apparire pietoso. Aveva
passato giorni e notti accampato davanti alla
residenza di Merlin, per ore ed ore, nella vana speranza di vederlo entrare o
uscire, dato che nessuno rispondeva al campanello. Gli sarebbe bastato un
minimo cenno di vita. Ma niente. Niente di niente. La casa
sembrava sprangata e disabitata. Lui non si era perso d’animo e aveva
perseverato ancora, rischiando di apparire come lo stalker
che in realtà era.
Qualcuno l’aveva persino scambiato per un barbone e gli
aveva fatto la carità, ma Arthur aveva perso l’orgoglio
per strada giorni addietro e quelle monetine fra i piedi non l’avevano
indignato, erano solo servite a intristirlo ancor di
più. Alla fine, se n’era dovuto andare quando qualcuno dei vicini aveva
chiamato un agente di pattuglia nel circondario, probabilmente temendo che quel
tizio strano dall’aria strafatta avesse in mente qualche proposito criminale. Figurarsi. Lui non avrebbe mai potuto fare
del male a Merlin…
E invece sì, l’aveva
fatto. Gli aveva fatto male nel modo peggiore, si disse, trattenendo un
singhiozzo mentre racimolava il coraggio e suonava il citofono di sua sorella.
Alla fine aveva ceduto e non aveva più potuto rimandare quel maledetto caffè
che lei insisteva di volergli offrire.
Morgana lo aveva tirato dentro casa con un abbraccio strano
e inaspettato, uno di quelli che sapeva di altri tempi, o forse se lo stava
solo immaginando, dato che il loro legame fraterno non
era mai stato particolarmente saldo.
Eppure Gana se l’era stretto
addosso, senza criticare – con il solito cipiglio arcigno – gli abiti
trasandati, la barba lunga, gli occhi infossati e le occhiaie che lo facevano
apparire quasi spiritato.
Arthur aveva ricambiato per inerzia, mentre si faceva
trascinare verso il salotto dove, con tutta probabilità, il piccolo mostro
dormiva beato… E fu allora che sentì.
Una scossa vibrò lungo
la sua spina dorsale, come se avesse inavvertitamente infilato le dita in una
presa elettrica, mentre le note che ormai conosceva a
memoria risuonavano ovattate, oltre la porta chiusa, palpitandogli dentro.
Merlin. Merlin. Merlin.
Arthur corse oltre la soglia del salone, col cuore in
tumulto e la speranza incastrata in gola, che gli impediva di respirare.
Ma Merlin non c’era.
Fu grato di essersi aggrappato alla maniglia, stritolandola
come un ossesso, altrimenti sarebbe caduto a terra come un sacco di patate, perché
le ginocchia tremanti stentavano a tenerlo in piedi.
Che sciocco ch’era stato. Morgana non aveva nessun pianoforte in
quella stanza e Merlin non avrebbe mai avuto motivo di essere lì. Non dopo esser fuggito a quel modo, facendo perdere completamente
le sue tracce. Non dopo essersi negato con definitiva risolutezza. Non
dopo che aveva persino cambiato numero di telefono, pur di tagliare ogni ponte
con lui.
Arthur inghiottì il cuore in gola, che sprofondò giù giù nello stomaco, respinse le
lacrime che sentiva pungere e strinse i pugni, impotente, davanti all’ennesima
illusione infranta, e intanto Mordred dormiva,
placido e beato, cullato dalle musiche che il pianista aveva composto per lui.
“Artie…” sussurrò Morgana, posandogli
le dita fresche di manicure sulla spalla, per una strizzatina di conforto.
“Come può…? Come fai a…?” farfugliò
lui, mentre la sorpresa, la delusione, la speranza e il dolore scalciavano litigando
fra loro.
“Arthur, siediti”, ingiunse lei, spingendolo con gentile
fermezza verso uno dei divani, il più lontano rispetto a dove Mordred riposava, ignaro del suo turbamento interiore.
Fece come gli veniva detto,
rilasciando un sospiro affranto mentre cadeva esausto sul costoso sofà.
Fu allora che la vide.
Dimenticata lì, quasi con noncuranza, come se fosse l’oggetto più
insignificante del Creato.
***
Arthur allungò una mano esitante, raccogliendo la custodia
del cd che l’impianto Home Theater stava
riproducendo.
Se la mise in grembo, accarezzando con tenera reverenza la plastica
trasparente su cui spiccava la scrittura elegante di Merlin. L’unica cosa che gli era rimasta di lui.
Si accorse troppo tardi della lacrima che si schiantò contro
la superficie liscia.
Dio, ma quando si era
trasformato in un’adolescente con la sindrome premestruale?
Come tutti gli scrittori, sapeva benissimo che la sua vena
melodrammatica non restava mai in secca, ma nessuno dei suoi personaggi si era
mai ridotto a piagnucolare come lui, con un cuore spezzato per un amore finito.
“Tieni”, offrì sua sorella,
spingendogli contro una scatola di kleenex. “Se Mordred ti vede così, penserà che siamo già ad Halloween. Sembri uno zombie!”
gli appuntò, zuccherando poi una tazzina di caffè per sé e per il suo ospite.
Arthur la guardò stralunato, incapace di capire da dove
fosse spuntato il servizio buono. Si soffiò rumorosamente il naso e cercò di
ricomporsi, accettando con un cenno del capo la tazza fumante.
“Prima che tu me lo chieda, ti dirò ciò che so”, anticipò
lei, assorbendo con calma il liquido caldo. “Ma dovrai
accontentarti e fartene una ragione”.
Lui si ritrovò ad annuire, perché qualsiasi cosa era meglio
del vuoto che gli rimbombava dentro.
“Merlin mi ha spedito una busta imbottita con dentro il cd
che stai stritolando”, gli disse, annuendo alla volta della stretta
inconsapevole delle sue dita.
Arthur chinò la testa, come se le mani non fossero neppure
sue, e allentò la presa.
“C’è un modo per…?”
“No”, lo smentì lei, sopprimendo ogni sua speranza. “Non c’era nessun indirizzo, nessun recapito sulla busta. Posso dirti che viene dal Giappone, questo sì”.
Arthur spalancò occhi e bocca, sconcertato dal fatto che no,
non gli era neppure passato per l’anticamera del
cervello di controllare i prossimi impegni del suo pianista. Eppure le date e i
luoghi erano di pubblico dominio nel blog che gestiva lo staff del suo agente.
Una parte di lui era sempre stata certa
che Merlin fosse ancora a Londra, magari a casa di un amico, a leccarsi le
ferite in cerca di conforto… ma Will non gli era stato di nessun aiuto, in quel
caso. Anzi.
“Giappone?” ripeté, mentre le idee cominciavano a frullare.
“Beh, potrei…”
“No, che non puoi”, negò Morgana, scuotendo la massa di
ricci neri. “Merlin mi ha telefonato, ieri. Non mi ha spiegato le sue ragioni,
anche se io ho cercato di perorare la tua causa. Voleva semplicemente salutare Mordred un’ultima volta e sincerarsi che il cd fosse
arrivato a destinazione. Mi ha detto che, se mai ce ne fosse stato bisogno, la
sua magica melodia è un metodo soporifero infallibile. Poi, beh, mi ha chiesto
di non dirti nulla. È stato perentorio a riguardo: non intende parlare con te. Non vuole avere più niente a che fare con te”.
Arthur si ritrovò a boccheggiare, a corto di ossigeno, e
Morgana si sporse stringendogli un ginocchio in segno di solidarietà.
“Hai fatto un bel casino, fratellino. Che tu lo voglia o no,
devi lasciargli tempo e spazio… Ora come ora, non ti starebbe neppure a
sentire. È ferito e diffidente. Non ti crederà mai… ma non è
detto che, fra qualche tempo, tu non possa riprovare”, gli consigliò con
pratica razionalità. “So che la pazienza non è il tuo forte, Artie. Ma glielo devi. Se davvero
ci tieni a lui, lascialo in pace. Glielo devi”.
Arthur si limitò ad annuire piano, sganciandosi
deliberatamente dall’ultimo appiglio di speranza e scivolando nel vuoto.
“E poi… poi, fra qualche tempo”, concluse
sua sorella con tono deciso, “quando sarà il momento giusto, troverai il modo
di dirgli tutto. Di essere sincero fino in fondo. Perché gli
devi anche questo”.
“Hai ragione, Gana”, soffiò,
stropicciandosi stancamente le palpebre arrossate.
“Cielo! L’Apocalisse è vicina! Mio fratello mi dà ragione!” esclamò lei, fingendosi sconvolta.
“Che stronza…” biascicò Arthur, con in
bocca il primo mezzo sorriso da quelli che parevano secoli.
“Artie, cretino, vedi di mettere a posto le cose, perché questo tizio sta
simpatico al mio Puccino, quindi dev’essere
speciale, intesi?”
“Sì, Merlin è speciale davvero”, concordò nostalgico.
“E sicuramente non capisco cosa ci abbia visto, di buono, in
te”, rincarò lei, con la familiare acidità, prima di sorprenderlo con
l’ennesima parola di supporto. “Tuttavia, se i vostri sentimenti sono sinceri, neppure
il tempo e la distanza basteranno a cancellarli e le cose si aggiusteranno”.
“Grazie”, si ritrovò a dire. “Non pensavo che la maternità
ti rendesse così saggia”.
“È che sono stanca di sentirti piagnucolare depresso e non
voglio dover essere io a chiamare nostro padre con qualche notizia ingrata”,
filosofò lei, stringendosi nelle spalle esili.
“Ah, ecco. Ora
riconosco la vecchia strega!” ironizzò Arthur, risollevandosi dal divano, perché
era tempo di congedarsi da lì.
“Tieni…” offrì Morgana, porgendogli la custodia dopo aver
inserito il cd estratto dal lettore. “Potresti averne più bisogno di me. Ma consideralo
un prestito e non farti le seghe sopra, per favore”, puntualizzò, passandogli
il cofanetto con la punta delle dita, come se l’altro l’avesse
già insozzato. “E niente roba fetish. Ah, ho controllato: non puoi neppure tagliarti le vene con quello,
non è abbastanza affilato”.
“Grazie”, ripeté Arthur. “Cercherò di non sgualcirtelo…” la
canzonò, smentendo l’ironia posandosi la custodia sul cuore, come se stesse
stringendo Merlin a sé.
“Ho detto: niente feticismo, idiota!” ripeté Morgana, colpendolo
sulla spalla con un piccolo ceffone, che fece sorridere entrambi.
“Grazie, Gana”, si accomiatò
Arthur, andando verso l’uscita. “E dai un bacino al mo- a Mordred, da parte mia”.
“Sia mai, che poi mi esce sentimentale come te…” profetizzò
lei, accigliata. “Vai a scrivere il tuo mucchio di menate, Artie.
Magari il cuore di un pianista passa per un libro… e lo riconquisterai”.
“E poi il sentimentale sarei io?!” la
stuzzicò, arcuando le sopracciglia bionde.
“Sono questi dannati ormoni… Ma presto tornerò a prenderti a
calci nelle palle, non temere”.
“Già, non vedo l’ora… ma intanto, credo che seguirò il tuo
consiglio”.
Se Arthur De Bois aveva combinato quel disastro, Arthur De Bois avrebbe anche dovuto rimediare.
-
Fine -
Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in
questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma
di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio alla mia kohai, che subisce le mie
paranoie. X°D
Note: Stranamente
non ho molto da dire. Spero che vi sia piaciuto.
Il disegno di Maryluis è questo:
Non è bravissima? Fate un salto nel suo account di Deviantart o in quello di Tumblr,
perché il suo talento merita davvero di essere apprezzato!
Per eventuali domande, sono sempre a disposizione.
Intanto vi lascio con
un piccolo assaggio come anticipazione del prossimo capitolo:
Certo. Nessuno lo
avrebbe mai eletto Zio dell’Anno. Ma non lo aveva ancora avvelenato o ucciso. E questo doveva pur valere qualcosa, no?
Eppure… il mostriciattolo non spiccicava niente. Si ostinava
a non volerlo chiamare. A non nominarlo manco per sbaglio. Il suo nome sembrava
un tabù. “Aaaaa!” garriva oltraggiato, quando lo
vedeva, manco se fosse stato uno scarafaggio schifoso.
Ah, colgo l’occasione per
ringraziarvi del caloroso bentornato a Linette. Siete
riusciti a commuovermi. <3
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche costruttive.
Grazie (_ _)
elyxyz