Riflessi di tela
“Se ti dondoli orizzontalmente non
ti viene il mal di mare”.
L’osservazione di Gilda sembrò non toccare Jim, che fissava nel vuoto verso il cielo. In quel momento
sarebbe anche potuto morire: non avrebbe sentito dolore. Fra quelle fibre di
tela blu che lo separavano dal sole mentre, sdraiato,
si cullava su 400 euro di dondolo, scorse, per un solo, fuggevole secondo, ciò
che da sempre aveva desiderato vedere.
“Bisognerà andare a prendere l’acqua” ricordò Gilda al marito, ma Jim non l’aveva dimenticato.
Decise ancora una volta di tornare al mondo.
Spesso sognava di partire e non tornare per molto tempo,
forse mai. Vedere cosa si prova a non essere nessuno e non
avere niente su cui appoggiarsi. Come essere
gettati nudi nel mondo.
Tutto sarebbe sembrato più bello, sicuro,
ogni cosa avrebbe avuto un valore immenso, certo.
Povero stolto. Non sapeva che già non possedeva nulla.
Sognava anche di morire, e di poter vedere il susseguirsi
degli eventi dopo la morte. Voleva accertarsi sul valore della sua esistenza.
La sua vita aveva significato qualcosa? A qualcuno importava di lui? In più di
40 anni di vita era riuscito ad influire abbastanza su una vita altrui? E ciò gli importava davvero? Forse non desiderava che la sua
vita avesse un senso. Anzi, più probabilmente voleva essere sicuro che davvero
la sua esistenza non fosse contata nulla per nessuno. Era un
uomo discreto lui, riservato, non si sarebbe mai sognato di ficcare il
naso negli affari altrui.
Un giorno, mentre tornava a casa dal lavoro, si ricordò di quando, da ragazzino, provò il primo sentimento d’amore.
Si chiamava Giusy e non era la più bella della classe. La
terza più bella, obiettivamente secondo lui. Sembrava nata dall’incrocio
tra un fiore e la serenità: era allegra, vivace, parlava sempre, in ogni
momento. Parlava di cose inutili, era superficiale,
immatura e un po’ egocentrica. Gli piaceva, la sua terza in classifica. Non
sapeva che era in realtà una delle ragazze più ambite dell’intera scuola.
Doveva trovare il coraggio di parlarle un giorno: credere di non avere rivali
l’avrebbe aiutato.
Finì la scuola media, e con lei il sentimento dal
caratteristico calore. Non si dichiarò.
Rivide Giusy 3 anni dopo, durante il liceo. La scoprì
notevolmente ingrassata e con degli spaventosi solchi nel volto, in particolare
sotto agli occhi. Sembrava che i cosmetici le avessero
lentamente estirpato la serenità che la distingueva. Dopo
averla congedata, Jim ci rise su. Un vero bastardo.
Superficiale ed egoista. Come lei.
Giusy aveva abortito già una volta. “Roba dell’altro mondo”
avevano pensato i vecchietti leggendo il quotidiano locale, quel giorno. “Come
ho speso i primi 16 anni della mia vita?” si era chiesta Giusy quel giorno. Sì,
Giusy era sicuramente più matura di Jim.
La seconda ragazza di cui Jim si innamorò follemente si chiamava Nadia. Si
incontrarono la prima volta nel cortile della scuola. Lei aveva la sua
stessa età. Un bersaglio più difficile si pensava allora.
L’ideale era trovarsi una ragazza che avesse
un anno in meno di te. Abbastanza matura per parlarci
tranquillamente di ogni cosa e sufficientemente giovane per fare gli esperti in
amore.
Non era bellissima. Questa volta sul serio.
Aveva un bel viso, ma era piuttosto magra e scarna. Passava un po’ inosservata. Non parlava
molto, sembrava covasse sempre tra sé e sé pensieri filosofici di chissà
quale complessità.
Una notte, al termine di una festa a base di
alcool, canne e musica, erano rimasti solo in sei: Jim,
Jay, Nancy, Matt, Claire e Nadia. Si
divertivano a tirare le somme della serata e a parlare un po’ dei rapporti
interpersonali tra amici e nemici. Qualcuno accennò l’argomento “futuro”: quel
che avrebbero voluto fare dopo la scuola. Solo allora
Nadia, che durante tutta la serata non aveva aperto bocca, o perlomeno così era
sembrato alla maggior parte delle persone, irruppe nel
discorso esponendo le sue idee, i suoi sogni, le sue ambizioni e i suoi
limiti. Tutto in una sola volta. Come se qualcuno, forse l’alcool, le avesse donato le corde vocali che sempre aveva desiderato.
Nessuno ebbe il coraggio di interromperla. Né ce ne sarebbe stato bisogno: era un discorso perfetto. Jim venne come trafitto: poteva provare di
nuovo quella meravigliosa sensazione di calore che aveva smesso di
provare 5 anni prima. Si era di nuovo innamorato, e questa volta il sentimento
pareva ancora più forte di quello provato con Giusy.
Passarono 3 giorni, forse i migliori 3 giorni
della sua vita, prima che Nadia si mettesse con Matt.
Quella bellissima sensazione sparì di nuovo, sostituita
dall’apatia.
Jim passò l’esame di Stato con 67
centesimi. Era deciso a passare un’estate all’insegna del divertimento e della
follia. Risultò tuttavia una delle peggiori della sua
vita.
Non si innamorò mai più. Fece
presto a dimenticare quella sensazione di calore.
Jim sposò Gilda a 28 anni. Era ora
di darsi da fare con l’ideale di vita che si era dipinto in testa. Un ideale di vita noiosa, banale, quasi stupida, agli occhi di Jim.
Gilda aveva 25 anni ed era bella. Bella almeno quanto
tediosa. Una ragazza di poche parole e pochi pensieri.
Aveva qualche idea nella testa, qualche strada che intendeva seguire, ma nulla di interessante o ammirevole.
Jim passò una settimana a
ricordare tutto questo. Nel frattempo si era mosso con inerzia, come se non
fosse stato lui a guidare il suo corpo, ma un automatismo del destino.
Quando riprese coscienza delle sue
azioni, si accorse di come nulla era cambiato, come nessuno si era accorto
della sua momentanea assenza.
Da allora l’apatia si trasformò in agonia.
L’abbandonarsi ai ricordi diventò presto un vizio orribile. Jim non aveva mai sperimentato nulla di così brutto. E più evitava di ricordare, più ricordava. Passava ogni momento libero delle sue giornate a tormentarsi, ad
angosciarsi, si crogiolava nella tristezza ogni sera prima di addormentarsi.
Quarant’anni di vita buttati nel
cesso. Una giovinezza sprecata. Una vita inutile. L’unica cosa che lo
tratteneva dal suicidio era l’amore per i ricordi.
Erano diventati la sua ragione di
vita. Peggio dell’alcolismo, peggio del cibo, peggio della
droga. Ne era schiavo e non sapeva come liberarsene.
Non davano assuefazione, solo angoscia.
Quella era la sua droga, l’angoscia. Dopo 20 anni di
completa apatia, l’angoscia sembrava un afrodisiaco. Era un sentimento forte ma, per quanto orribile, faceva sentire Jim ancora vivo, ancora capace di provare emozioni forti.
Decise di staccare. Così, all’improvviso. Da tutto.
Voleva lasciarsi alle spalle tutto ciò che gli potesse apparire familiare.
Lui e Gilda cambiarono casa, andarono ad abitare in campagna, lontani dalla città e dalla gente.
Un ultimo sforzo finanziario per liberarsi dallo strazio di
una vita.
Le cose non cambiarono, l’unica cosa
che ottenne fu più tempo libero per abbandonarsi ai ricordi.
Forse, quando sognava di ripartire da zero, come un uomo
nudo gettato nel mondo, voleva solo ricostruirsi il proprio passato, ma era
troppo tardi.
“Bisognerà andare a prendere l’acqua” ricordò Gilda al marito, ma Jim non l’aveva
dimenticato.
Stava solo contemplando quella luce. Quel
fine e brillante riflesso che il sole proiettava sulla tela blu del dondolo.
Era bellissimo. E Jim provò
di nuovo, per la terza volta nella sua vita, l’amore.
Il suo corpo fu pervaso da un calore
sovrannaturale. In quel momento sarebbe anche potuto morire: non avrebbe
sentito dolore.
Era innamorato dell’amore.
Era sempre stato innamorato solo dell’amore. Non gli
importava cosa glielo facesse provare, ma lui non desiderava altro che provare
amore.
Imparò presto ad amare ogni cosa, amò
sua moglie come non l’aveva mai amata, amava la sua casa, la campagna, il
lavoro. Amava la sua vita. Gilda, per la prima volta, fu contenta di aver
sposato Jim.
Ebbe una figlia a 42 anni, una figlia
che amò come nient’altro al mondo. La chiamò Nadia.