“Ma nel cuor della notte un
rumore leggero le giunse all’orecchio, Ella era sola col suo
pudore di vergine e trasalì, cominciò a tremare
di paura, a temere l’ignoto che la circondava più
che un pericolo reale. Ma era il suo sposo invisibile che veniva a lei
che entrava nel suo letto e la possedeva, e che prima
dell’alba s’era già dileguato.”
{Amore e Psiche, libro IV, cap. IV}
*******
Come ogni notte guardavo le stelle, affacciata sul davanzale della mia
finestra.
Amavo perdermi nell’immensità del cielo
stellato… Mi piaceva immaginare che da qualche parte,
lassù, ci fosse qualcuno che mi osservava e non viveva che
per me. Sarebbe stato bello scoprire che qualcosa del genere fosse
reale.
La luce all’interno della mia stanza era spenta, ma la luce
della luna era sufficientemente chiara e limpida. Non mi spaventava
essere ammantata da quella rassicurante e accogliente
oscurità. Il giorno non faceva per me.
Io ero una creatura della notte.
Trassi un profondo respiro, lasciando che l’aria della notte,
insieme a tutti i suoi dolci e aspri profumi entrasse dentro di me.
Soffiava una fresca brezza, che mi accarezzava morbida la pelle.
Era una sensazione così bella…
All’improvviso mi misi a cavalcioni del davanzale, lasciando
penzolare una gamba all’esterno e aggrappandomi alla
struttura di legno della finestra. Così era molto meglio:
potevo sentirmi ancora di più segreta e silenziosa complice
della notte.
Dalle mie labbra socchiuse fuoriuscì una delicata nenia, che
accompagnava il canto estivo dei grilli e delle cicale che popolavano
il mio giardino, interrotto ogni tanto da qualche solitaria civetta.
Sarei potuta rimanere così per sempre… Con
l’aria fresca che mi scivolava sulla pelle e tra i capelli e
la soffice luce bianca della luna che mi bagnava la pelle. Socchiusi
gli occhi.
Non credo di essermi addormentata. Ma improvvisamente avevo cessato di
canticchiare, e con me sembravano aver taciuto anche tutte le altre mie
compagne notturne, come se qualcosa le avesse terrorizzate. Era come se
riuscissi ad avvertire la loro paura. Il venticello non soffiava, e
alle mie orecchie non arrivava più il debole frusciare delle
foglie degli alberi.
Sembrava che il tempo si fosse fermato.
Dischiusi piano gli occhi, timorosa di trovare la luce invadente del
sole ad accogliermi, come ogni mattina. Tuttavia era ancora notte, ed
io mi trovavo sempre sul davanzale della finestra… Ma allora
che cos’era quello strano e improvviso cambiamento di
atmosfera? E perché non ne ero minimamente spaventata?
Come risposta alle mie domande, qualcosa si mosse all’interno
della mia camera. Voltai lentamente il capo alla ricerca della fonte di
quel rumore, ma la stanza mi sembrò improvvisamente
più cupa e scura del solito, come se una greve foschia di
tenebra ne avesse avvolto ogni singolo oggetto. Tremai, e non per la
fresca brezza.
Mi accorsi di essere spaventata solo quando sentii scricchiolare gli
infissi della finestra alla quale ero aggrappata, e che stavo quasi
stritolando con le dita. Avevo la bocca secca e non riuscivo a parlare,
e dovetti umettarmi le labbra più volte prima di riuscire a
formulare qualche parola coerente. Solo che la cappa di tenebra divenne
più pesante, ed io la sentii chiaramente avvicinarsi a me,
lenta ma inesorabile… Avevo addirittura
l’impressione di sentirne il respiro…
“Azure…”
Il mio nome in un lieve sussurro, leggero come il fruscio delle foglie
secche. Mi fece rabbrividire, eppure rimasi immobile sulla finestra,
senza distogliere lo sguardo dalla nebbia scura che mi raggiungeva e
che iniziava a sfiorarmi, con timida riverenza, il piede penzolante per
risalire lungo tutta la gamba. “Azure… Non avere
paura…”
I miei occhi si stavano gradatamente abituando
all’oscurità, eppure sembrava che qualcosa mi
impedisse di vedere oltre la nebbia. E questa aveva ormai raggiunto le
mie mani, ne carezzava piano le dita, sembrava essere dotata di una
propria volontà…
E a quel punto, senza che riuscissi ad accorgermi di nulla,
l’oscurità mi inghiottì del tutto,
avvolgendomi come un mantello, abbracciandomi come un’amante
riguardoso. Allora qualcosa mi sfiorò il volto, in un gesto
gentile e rispettoso, colmo di dolcezza, qualcosa che io riconobbi
essere due dita che presto si trasformarono in una mano…
Gelida, morbida, ma pur sempre una mano…
Tremai e socchiusi gli occhi, lasciandomi sfuggire un sospiro dalle
labbra socchiuse. Stavo forse sognando? Dubitavo che qualcosa del
genere mi sarebbe mai potuta accadere, da sveglia.
“Chi sei…?” Riuscii infine a mormorare,
accorgendomi del tremito che si era propagato in un lampo fino alla
punta delle mie mani.
Un paio di labbra si materializzarono in mezzo a tutta quella tenebra,
avvicinandosi con studiata lentezza al mio orecchio e sfiorandolo di
sfuggita. “Il
mio nome è Azrael… Non temermi, mia piccola
Azure, non farlo…”
La sua bocca si posò poi sulla mia guancia in una fresca
carezza, dimostrandomi che non aveva nessuna intenzione di farmi del
male. Perché, ne avevo mai dubitato? Se lui era la notte,
allora io gli appartenevo… E non ero nessuno per potermi
sottrarre…
Le sue mani si posarono leggere sulle mie spalle, iniziando una dolce
danza lungo la pelle delle mie braccia nude, in modo da tranquillizzare
il furioso battito del mio piccolo cuore spaventato. Il sangue
iniziò a scorrermi velocemente nelle vene, affluendomi al
volto e infiammandomelo come se fossi stata riscaldata da una fiamma,
benché in quel momento fossi solo circondata da un gelo
invernale in una notte di mezza estate.
Quando scivolò fino a raggiungere le mie mani, ne
intrecciò le dita con le proprie, lunghe e affusolate,
sollevandola poi e portandosela alle labbra per deporvi un bacio
rovente. Aprii gli occhi, certa ormai di poterlo vedere, ma mi ritrovai
a fissare solo un paio di occhi che brillavano come stelle in mezzo
all’oscurità, occhi felini, liquidi e luminosi
come argento fuso. Mi persi in quello sguardo, precipitando nella sua
profondità con la certezza che non ne sarei mai potuta
fuggire.
Ma l’unico mio desiderio era di rimanere lì per
sempre…
Poi, senza che riuscissi a capire come l’aveva fatto, mi
ritrovai tra le sue braccia, lontano dalla finestra e sempre
più vicina al letto. Mi mise a sedere su di esso,
dopodiché si inginocchiò davanti a me,
prendendomi entrambe le mani tra le sue e sfiorandole nuovamente con le
labbra. La luce della luna che entrava dalla finestra lo colpiva alle
spalle, definendone la figura sovrannaturale: iniziai a distinguere la
sua sagoma, e finalmente assunse un aspetto definito ai miei occhi.
Era un uomo. E, per quanto mi era possibile vedere in quella posizione,
era completamente nudo: non un velo lo ricopriva, ma il suo corpo era
talmente bello e perfetto da rendere inutile e superfluo ogni tipo di
abbigliamento.
Aveva lunghi capelli corvini che gli ricadevano in morbide onde sulle
spalle e sulla schiena, incorniciando un volto dai tratti tipicamente
maschili ma dalla carnagione bianca come il latte più puro:
vicina a lui, anche la mia pelle diafana sembrava scura. Le spalle
erano larghe e muscolose, forgiate da chissà quale nobile
attività, e il petto era altrettanto candido e scolpito, un
fascio attraente di muscoli. Il mio sguardo tornò al suo
volto, soffermandosi questa volta sulle sue labbra. Erano rosse,
morbide e stranamente carnose, un dolce invito ai baci. E in quel
momento era l’unica cosa che riuscivo a pensare…
Desideravo con tutta me stessa che quelle labbra incontrassero le mie.
Sollevai una mano tremante verso di lui, avvicinandola al suo volto, e
sfiorandolo con delicatezza per timore che, se il mio tocco fosse stato
troppo deciso, lui sarebbe potuto svanire, frantumarsi come un sogno di
cristallo… Ma quando le mie dita sfiorarono la sua pelle, lo
sentii duro e reale al tatto, e lo vidi socchiudere gli occhi alla mia
muta carezza: fu quello che mi convinse della sua esistenza. Non stavo
sognando.
Improvvisamente sentii uno strano fruscio, come il debole battito delle
ali di un uccellino, e il mio sguardo si posò nuovamente
sulle sue spalle, vedendo però oltre di esse. Era
impossibile sbagliarmi… Quelle che vedevo erano ali, immense
ali nere come la pece, che lo avvolgevano regali come un morbido
mantello, e che si aprirono maestose quando le osservai. Mi sporsi
incantata, osando sfiorarle con le dita: la mia pelle
incontrò la morbida e soffice superficie di centinaia di
piu-me nere, che fremettero sotto il mio tocco e che si avvicinarono a
me, come a volermi avvolgere in-sieme al loro oscuro proprietario.
Deglutii, poi non riuscii più a mantenere il silenzio.
“Sei… Sei un angelo…?”
Mormorai, incuriosita ma non spaventata.
Per tutta risposta mi prese nuovamente la mano tra la sua,
avvicinandosela alle labbra e onorandola di altri piccoli e dolci baci.
“Sì”,
rispose, in un tenero sussurro. “Il tuo angelo, da sempre e per
sempre…”
Cosa potevano mai voler dire le sue parole? Era il mio angelo? Davvero?
Forse si trattava di una sorta di angelo custode… Anche se
non avevo mai sentito parlare di angeli che possedevano ali
più nere della notte stessa. E tuttavia, il brivido che mi
attraversò il corpo non aveva nulla a che vedere con la
paura…
Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa, mi attirò
delicatamente verso di sé, facendo incontrare le nostre
labbra in un bacio che non aveva nulla di casto e umano, un bacio che
sembrava contenere tutta l’oscurità di cui solo
qualche minuto prima avevo avuto un piccolo assaggio, un bacio che,
malgrado le sue labbra fossero gelide come l’inverno,
bruciò le mie come un fuoco inarrestabile… Chiusi
gli occhi, abbandonandomi contro di lui, e avvertendo in lontananza,
come una nota più bassa della melodia che avevo
l’impressione di sentire nella mia mente, il suo oscuro
profumo…
Le sue scure ali finalmente si chiusero su di me, avvolgendomi in un
abbraccio e nascondendomi alla vista del mondo esterno, in modo da
poter essere goduta solo dagli occhi d’argento del mio
angelo. Le sue mani scivolarono giù fino ad afferrarmi
delicate la vita, stringendomi in un leggero abbraccio come se avesse
avuto il timore di farmi del male, e sollevandomi in modo da farmi
sdraiare completamente sulle lenzuola fresche del letto.
Aprii gli occhi, ben decisa a non perdermi nemmeno un movimento del mio
angelo, e osservando con rapita curiosità le sue ali che si
dispiegavano sopra di noi con un movimento elegante ed armonioso: ma
questo mi distrasse, e mi fece perdere il suo gesto successivo.
Posò le sue morbide labbra in direzione del mio collo,
nascondendosi nel piccolo avallamento tra questo e la spalla e
assaggiandone la pelle con la punta della lingua. Un debole sospiro
fuoriuscì dalla mia bocca socchiusa, e subito dopo trattenni
il respiro, in attesa.
Non dovetti attendere molto prima di ritrovarmi anch’io priva
della mia leggera camicia da notte bianca che ero solita indossare
prima di andare a dormire. Presto il suo corpo aderì
perfettamente al mio, due pezzi di un puzzle che finalmente
combaciavano dando origine ad una nuova e magica immagine, come le due
metà di una stessa anima che erano state perdute e infine
ritrovate, perdendosi in una tenera armonia fatta di sussurri e
sospiri, dolce e antica come il mondo.
Prima di lasciarmi andare al sonno, vidi le sue ali, morbide e
vellutate, chiudersi come le tende di un prezioso sipario alla fine di
una magnifica rappresentazione…
***
Furono infinite le carezze che ci scambiammo, piacevolmente stanchi e
indeboliti, durante quella splendida notte. Io non dormii molto: del
resto, era impossibile farlo avendo un bellissimo angelo sdraiato di
fianco a me, nel mio letto.
Ricordo come un sogno ciò che avvenne dopo.
Mi sollevai piano sul gomito per osservarlo incuriosita
nell’espressione di abbandono che seguiva l’amore.
Era l’essere più bello che avessi mai visto:
credevo che fosse il dio Amore, e io già mi sentivo come la
timida Psiche…
Aveva gli occhi chiusi, ma non stava dormendo. I lunghi capelli neri
giacevano scomposti sul cuscino, incorniciandogli il volto, e aveva un
braccio posato mollemente sul petto e l’altro che penzolava
dalla sponda del letto. Mi chinai su di lui, lasciando che i miei
capelli piovessero sulla sua testa come una soffice tenda: oro luminoso
contro ebano…
A quel gesto aprì lentamente gli occhi, rivolgendomi un
caldo sorriso. La sua mano si sollevò fino a sfiorarmi la
guancia in una dolce carezza, attirandomi poi verso le sue labbra
morbide e invitanti che si chiusero sulle mie in un bacio. Temevo che
sarei morta dal dolore e dalla disperazione se non l’avessi
mai più rivisto, dopo quella notte…
Come se mi avesse letto nel pensiero il suo sguardo si
oscurò per un momento, triste, per poi interrompere il
bacio. Mi afferrò il volto tra le mani gelide, facendomi
rabbrividire.
“Oh no, Azure.
Tu non morirai mai”, sussurrò,
accarezzandomi i capelli.
Aggrottai le sopracciglia, confusa. “Cosa
significa?”
Un debole sorriso gli illuminò nuovamente il volto.
“La sposa
della Tenebra è immortale…”
Continuavo a non capirlo. Di cosa stava parlando? Perché il
mio angelo era così misterioso? Un momento… Lui
era davvero un angelo? O era forse qualcosa di
più… terribile? Per la prima volta il brivido che
mi saettò lungo la schiena nuda fu di terrore, e non
più di eccitazione.
“Mi spaventi…” mormorai,
indietreggiando e abbandonando le sue carezze.
Lui si sollevò a sedere, le ali che si aprirono sulle sue
spalle conferendogli un aspetto terribile e maestoso: era un sacro
orrore quello che mi ispirava?
“Io sono
Azrael.” Ripeté, per la seconda volta
quella notte. La sua voce aveva assunto dei toni possenti e regali, ai
quali era impossibile sfuggire. “Sono l’angelo della
Morte. E tu sarai la mia compagna, per sempre.”
Scossi piano la testa, senza distogliere lo sguardo da lui.
“Io non voglio essere la compagna della Morte!”
Replicai, spaventata. “Vattene, lasciami in pace!”
Ma quelle deboli proteste erano vane, ed io non desideravo davvero che
se ne andasse… Non potevo vederlo svanire per sempre dalla
mia vista. Eppure mi terrorizzava l’idea di essere la sposa
della Morte, allo stesso modo in cui mi affascinava essere la sposa
dell’angelo… Ma unire insieme questi due
esseri… Sarebbe stato impossibile.
Il suo sguardo divenne ancora più triste alle mie parole;
non sopportavo di averlo ferito. “Non posso
lasciarti…Sono millenni che ti attendo, e ora mi
appartieni… Dentro di te hai la mia oscurità, la
mia essenza… Se ora non ti portassi via con me, ti
consumerebbe fino a portarti alla pazzia e alla morte…”
Tacque, avvicinandosi verso di me e allungando le mani a sfiorarmi le
labbra. Sembrava dispiaciuto, ma allo stesso tempo era incredibilmente
risoluto. In quel momento seppi – sicura come
l’inferno – che non mi avrebbe mai lasciata andare.
Ormai gli appartenevo.
“Vieni con
me…” sussurrò, tendendomi
poi una mano per invitarla a prenderla.
Lo fissai a lungo, perdendomi nella profondità dei suoi
occhi color dell’argento e liquidi come il mercurio. Non
c’era cattiveria nel suo sguardo. Non c’era morte.
C’era solo tristezza…
E solitudine.
Fu questo a decidere per me.
Io ero sempre stata sola. Avevo vissuto i miei diciotto anni confidando
nell’esistenza di un essere come lui che mi osservasse
dall’immensità del cielo, che mi proteggesse e mi
amasse… E ora, per chissà quale miracolo, il mio
desiderio, la mia preghiera era stata ascoltata e trasformata in
realtà. Il mio angelo era davanti ai miei occhi, e mi
implorava di seguirlo. E non mi importava che fosse l’Angelo
della Morte, perché non era il terrore che mi ispirava. Non
più.
Allungai trepidante una mano fino a posarla sulla sua, ancora tesa
verso di me, e quando le nostre pelli si sfiorarono nuovamente mi
sembrò che qualcosa, dentro di me, fosse tornato al suo
posto. Come se il cerchio si fosse chiuso.
Azrael – ormai non avevo paura a chiamarlo così
– sorrise con una dolcezza che non aveva niente di
spaventoso, ma tutto di amorevole. Mi attirò a sé
e, dopo avermi onorato di uno sguardo intenso e carico di rispettoso
desiderio che io condividevo, si chinò sulle mie labbra per
catturarle in un bacio che non aveva nulla a che vedere con quelli che
lo avevano preceduto.
Lo abbracciai, facendo aderire insieme i nostri corpi, e a quel punto
accadde una cosa che non mi sarei mai aspettata.
Le piume nere che si erano staccate dalle sue ali mentre facevamo
l’amore si sollevarono vorticando in aria con delicata
lentezza, avvicinandosi a me come se fossero state attirate dal mio
corpo, e posandosi in due punti indistinti della mia schiena, tra le
scapole. Avrei voluto interrompere il bacio, preoccupata per quello che
sarebbe potuto accadere, ma Azrael me lo impedì, tenendomi
ben stretta a sé.
Passarono pochi secondi, penso, quando finalmente lui mi diede
l’opportunità di respirare e si
allontanò leggermente per osservarmi con una compiaciuta
ammirazione. Io credevo di sapere che cosa fosse successo, ma volevo
sentirlo dalle sue labbra.
“Sei diventata
un angelo, mia dolce Azure…” disse,
in risposta alla mia muta domanda. “Un bellissimo angelo, e
appartieni a me. Solo a me.” Non c’era
prepotenza in quelle parole, solo uno smisurato orgoglio che mi
contagiò.
Volevo vedermi.
Azrael sorrise, prendendomi di nuovo la mano. “Chiudi gli
occhi e dispiega le ali… Ti vedrai con gli occhi della tua
splendida anima.”
Obbedii.
Oh.
Ciò che vidi mi ammutolì dallo stupore.
Avevo dimenticato di essere ancora nuda, ma stranamente non me ne
imbarazzai. La mia camicia da notte avrebbe sicuramente stonato con
quell’immagine.
Azrael non aveva sbagliato. Ero un angelo. Le mie ali – nere
come pece, come quelle del mio sposo – erano leggermente
più piccole rispetto alle sue, ma altrettanto maestose. I
miei capelli d’oro creavano un incredibile contrasto con quel
nero, ma ciò non intaccava la mia bellezza.
“Guardami,
Azure…” La sua voce mi distolse dalla
mia contemplazione, facendomi socchiudere gli occhi per rivolgere tutta
la mia attenzione al mio angelo. “La notte sta morendo…
È tempo di andare.”
Annuii, avvicinandomi a lui e intrecciando la mia mano con la sua.
“Dove andiamo?”
Oh, la mia voce! Com’era cambiata rispetto a prima! Sembrava
accarezzare l’aria, morbida e vellutata come i petali di una
rosa, e dolce ed eterea come il più succoso nettare del
Paradiso.
Lui mi sorrise. “Il
mondo e l’eternità ci attendono…
Andremo a prendere delle anime stanche e le accompagneremo alle porte
della notte… Questo è stato il mio compito
dall’alba dei tempi e, d’ora in avanti,
sarà anche il tuo.”
Si chinò per perdersi nuovamente in un mio bacio, e per la
prima volta lo sentii gemere deliziato al mio tocco. Poi
l’oscurità ci avvolse come una fedele alleata,
accompagnandoci silenziosa verso la mia nuova vita.
Accolsi la mia prima alba con un sorriso.
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