Mirror
mirror on the wall
who's
the fairest of 'em all?
Un gioco di specchi.
Quel fottuto bastardo,
chiunque fosse, era incredibilmente abile.
Percival aveva perso di
vista il resto della squadra per inseguirlo da solo, sul molo e
nell'aria impregnata di salsedine della notte.
Non sentiva più
nemmeno le voci dei suoi compagni e l'unica cosa che vedeva attorno a
sé, per quanto si girasse, erano centiania di volte il suo
riflesso mentre avanzava in un labirinto di specchi.
Avrebbe giurato di aver
visto in un lampo i capelli innaturalmente biondi alle sue spalle, ma
appena si era girato era tutto sparito.
C'era solo lui.
Centiania di volte lui.
"Tsk. Devi fare di
meglio" pensò rivoltò al suo camaleontico
interlocutore.
Con un gesto della mano
spazzò via gli specchi che aveva davanti riducendoli in una
pioggia di schegge.
-Un incantesimo a mani nude.
Molto interessante-
La voce proveniva da dietro
di lui, nascosta tra gli specchi e distorta dall'eco e da un accento
straniero.
Graves ne aveva abbastanza.
Non gli piaceva essere
valutato in quel modo come un oggetto all'asta.
Si girò e nello
stesso tempo rifece l'incantesimo per spaccare quelle maledette
lastre alle sue spalle.
La rabbia che cominciava a
salirgli dentro lo aiutava a fare esplodere tutto il suo potere senza
preoccuparsi di controllarlo.
Quando si girò uno
dei riflessi non era scomparso.
Stavolta usò la
bacchetta e la formula Confringo per distruggerlo, ma il riflesso
alzò a sua volta la bacchetta e parò l'incantesimo.
Percival ci mise qualche
secondo di troppo a realizzare.
Un impostore.
Che aveva preso il suo
aspetto.
-Imperio-
***
Quando riprese coscienza era
disteso su un pavimento di pietra.
La luce filtrava dall'alto e
sembrava troppo lontana per poterla raggiungere.
Aveva le mani incatenate
insieme ed un anello di ferro alla caviglia destra, che probabilmente
era fissato al muro.
Non erano semplici catene.
Servivano anche a bloccare
la sua magia.
-Perdona la scarsa
delicatezza, Percival, ma ho avuto l'impressione che altrimenti non
mi saresti stato ad ascoltare-
Aprì gli occhi.
Sopra di sé la prima
cosa che vide fu l'impostore (il riflesso), e allora si affrettò
a rimettersi in piedi.
Non gli avrebbe dato la
soddisfazione di vederlo accucciato in catene come un animale!
-Non ho molto tempo per
spiegarti. Sono qui per fare una cosa importante, Percival, e tu mi
aiuterai-
Chiunque fosse era molto
furbo: aveva l'accortezza di mantenersi appena al di fuori della sua
portata e quando lui fece per avventarsi su di lui la catena fissata
al muro lo fece quasi cadere.
-Fottiti, schifoso
bastardo!-
-No, non ci siamo. Così
rendi tutto più difficile per entrambi-
Lui gli sputò in
faccia. Aveva appena sputato a sé stesso.
Il suo doppio lo colpì
con un manrovescio talmente forte da spaccargli il labbro.
-Ti sto offrendo la
possibilità di collaborare. Dovresti accettare. Non mi sembri
stupido-
-Brucia all'inferno-
-Sai dirmi solo questo? Io
ti sto offrendo la possibilità di fare parte di qualcosa di
più grande del MACUSA, capisci? E tu sei un uomo
straordinario. Potremmo andare d'accordo. Potremmo fare grandi cose
insieme-
-Io sono un Auror, e con i
bastardi come te posso andare d'accordo solo dopo avergli spezzato le
gambe-
Lui scosse la testa
rassegnato, in un'espressione che non era la sua.
-Dunque non mi lasci altra
scelta. Percival, io ammiro la tua forza d'animo, ma sei
terribilmente ignorante su alcune questioni fondamentali-
-Dolore-
Crucio.
Graves crollò a terra
urlando.
-Umiltà-
Imperio.
-In ginocchio-
Contro la sua volontà,
il suo corpo si mosse scollegato dalla sua mente, e lo fece rialzare
per stare in ginocchio davanti al suo doppio.
No, quello mai! Percival
lottò con tutte le sue forze. Aveva ancora la sua coscienza.
Lui non voleva! Non voleva e basta!
Con uno sforzo titanico
riuscì a buttarsi di lato.
Meglio a terra e ferito che
in ginocchio davanti a quel mostro.
Quello lo guardò di
nuovo come se lo stesse attentamente valutando.
Sembrava allo stesso tempo
indispettito per non essere riuscito ad imporre la sua volontà
e ammirato per come lui aveva resistito alla maledizione Imperius.
-Obbedienza- aggiunse
lentamente -Ma su quello suppongo che dovremo lavorare un po'. Non
temere, Percival: ne avremo tutto il tempo-
***
-Perdonami, Percy, ma avevo dimenticato una cosa impotante-
-Ad esempio crepare male in una fogna degna di te?-
Vide sé stesso stringere la mascella per un attimo e subito
dopo sciogliere il viso un un'espressione fintamente confidenziale.
-Ah, Percival, Percival... E dire che avevamo già fatto questo
discorso a proposito di umilità ed obbedienza. Crucio-
Il dolore gli mozzò il respiro in gola, come al solito, come
se ogni centimetro della sua pelle fosse trapassato da coltelli
roventi.
Durò più del solito, e quando finì il dolore non
svanì subito.
Erano i suoi muscoli che si erano contratti all'inverosimile sotto le
sferzate di adrenalina e adesso protestavano.
-Avremo modo di discuterne ancora, e la prossima volta spero di
trovarti più ragionevole. Adesso, se permetti...-
Lui non poteva muoversi, ancora troppo stordito dalla sofferenza, ed
il bastardo lo sapeva, perché approfittò di quei
secondi per allungare una mano verso la sua gola.
Graves si aspettava di sentire un'altra esplosione di dolore o il
suono della sua trachea schiacciata, e invece sentì un rumore
di stoffa che si strappava.
-Queste a te non servono, a me invece sì. Adesso ti saluto,
Percy. Mi attendono affari importanti-
Vide qualcosa luccicare nella mano dell'impostore, ma non riuscì
a capire cosa fosse prima che lui se ne andasse e lo lasciasse di
nuovo solo nella sua prigione.
"Che diavolo hai fatto stavolta?"
Non riusciva a capire.
Si portò le mani alla gola in uno sferragliare di catene e si
tastò il colletto della camicia.
Era strappato.
Allora si rese conto che ciò che serviva al suo doppio, ciò
che si era preso per rubare completamente la sua identità,
erano le spille gemelle a forma di scorpione.
Lasciò andare un grido di rabbia che echeggiò tra le
pareti di pietra finché non gli fece male la gola, perché
quella davvero non gliel'avrebbe mai perdonata!
I vestiti si potevano ricomprare, il taglio di capelli cambiare... ma
quelle spille erano un'eredità della sua famiglia ed erano
qualcosa di unico ed insostituibile; giurò a sé stesso
che sarebbe sopravvissuto in qualche modo, e che quel bastardo si
sarebbe pentito di averle anche solo toccate.
***
Graves non aveva modo di
contare lo scorrere del tempo.
Nella penombra perenne della
sua cella potevano essere passate ore, giorni o solo minuti.
Neanche la fame lo aiutava
ad orientarsi, perché il suo carceriere gli portava da
mangiare poco e ad intervalli irregolari; per questo per giorni
(settimane?) Graves era stato costantemente tormentato dai crampi, ma
poi questi erano scomparsi man mano che il suo corpo si costringeva
al nuovo metabolismo.
Graves non aveva mai visto
bene in faccia chi lo teneva prigioniero.
Di quella notte sul molo
ricordava solo una pelle pallida, capelli quasi bianchi ed occhi
glauchi, ma non riusciva a ricordare i tratti del volto.
Non sapeva nemmeno il suo
nome.
Quando gli aveva chiesto chi
era, il suo doppio gli aveva risposto con una smorfia sadica che
poteva chiamarlo "padrone" o "signore"; Percival
gli aveva sputato addosso ancora una volta ed aveva continuato a
chiamarlo "schifoso bastardo".
Con il tempo gli fu chiaro
perché era prigioniero: chiunque fosse, aveva bisogno delle
sue informazioni, e per ottenerle non si faceva scrupolo di usare
qualsiasi mezzo.
Non appena lo aveva capito,
Graves aveva provato di tutto per suicidarsi.
Lui era un consigiere del
MACUSA. Se ciò che speva lui fosse caduto nelle mani sbagliate
sarebbe stato un disastro, così si risolse a morire.
Peccato che il bastardo
avesse previsto anche questo: la parete contro cui aveva picchiato la
testa sembrava fatta di gomma, il bordo metallico dei ceppi non gli
tagliava le vene come avrebbe voluto e l'acqua gli era concessa solo
in presenza del suo carceriere, in modo che non potesse annegarsi
mandando apposta un sorso di traverso.
Non che non ci avesse
provato, ma lui era stato fin troppo svelto e capace nel
salvargli la vita.
Graves sperava che la
maledizione Cruciatus lo avrebbe ucciso o fatto impazzire così
da renderlo inservibile, ma il suo doppio era molto furbo, e
piuttosto che farlo uscire di senno preferiva aspettare e ricorrere
al Veritaserum oppure alla maledizione Imperius quando lui era
particolarmente debole.
Più di ogni altra
cosa Graves odiava l'apatia che lo coglieva sempre più spesso.
Passava lunghe ore (o pochi
minuti?) in uno stato di sospensione totale, invece di cercare ogni
modo per fuggire come aveva fatto all'inizio.
Ogni tanto il suo doppio
sembrava impietosito, e allora gli si avvicinava con un fare
confidenziale e gli proponeva di allearsi, di collaborare.
Tanto i suoi sforzi per
resistere gli stavano solo facendo provare un agonia peggiore,
giusto?
Paradossalmente i momenti in
cui il suo carceriere era gentile erano anche gli unici momenti in
cui Graves sentiva riaccendersi dentro l'antica fiamma e tornava a
lottare con più forza.
***
Quando finalmente Graves
vide scendere nel buco in cui era confinato qualcuno che non fosse il
suo doppio malvagio, per la prima volta pianse di gioia.
Lo portarono fuori in uno
stato pietoso, che non riusciva a tenere gli occhi aperti per quanto
era disabituato alla luce del sole.
Sentì qualcuno (una
voce conosciuta!) che inveiva contro i maledetti giornalisti
ficcanaso e mentalmente ringraziò chi stava cercando di
salvargli un minimo di dignità.
Sapeva benissimo di essere
in condizioni disastrose: era sporco, con i vestiti a brandelli e la
barba lunga, ed i capelli non erano cresciuti tanto ma non c'era modo
di sperare che fossero in condizioni migliori.
Quando Graves scorse il suo
riflesso allo specchio non si riconobbe, e la cosa, per una volta, lo
riempì di un immenso sollievo.
In ospedale venne mantenuto
in una stanza più possibile appartata, in cui fu libero di
urlare e piangere quanto voleva per incubi o terrori notturni per
giorni e giorni.
Solo una settimana dopo che
era stato liberato apprese l'identità di chi lo aveva tenuto
prigioniero.
Gellert Grindelwald.
Poco male.
Per Graves sarebbe rimasto
sempre uno schifoso bastardo a cui prima o poi l'avrebbe fatta pagare
molto, molto cara.
***
Dopo quasi un mese in
ospedale stava meglio.
Gli avevano ridato un
aspetto civile ma lui non aveva ancora avuto il coraggio di guardarsi
allo specchio; si radeva dalla parte opposta del bagno e solo dopo
aver drappeggiato un asciugamano sulla superficie riflettente.
Onestamente aveva paura di
cosa avrebbe visto.
Ora che era tornato sé
stesso, con il viso rasato e con il solito taglio di capelli, non più
pelle e ossa per la denutrizione... era davvero sé stesso? O
avrebbe visto di nuovo il suo doppio?
Patetico. Lui non voleva
avere paura. Non avrebbe permesso a quel bastardo di fargli paura.
Appena finito di radersi, si
getto sullo specchio e strappò via l'asciugamano.
Rimase senza fiato.
Lui era lì.
No, non era lui... non
poteva essere lui!
Il panico gli mozzò
il respiro.
-Bastardo! Maledetto,
schifoso bastardo!-
Urlò al suo riflesso.
Ricordava confusamente di
averlo colpito come non aveva potuto fare quando era prigioniero, e
poi una pozione sedativa ed i medimaghi che lavoravano con pazienza
certosina per togliergli dalle nocche tutte le schegge di vetro.
Percival sentiva il dolore
come una cosa lontana.
Il sangue e le sue mani
rovinate erano niente in confronto a quanto si sentiva strappato
dentro, e per quello nessun medimago avrebbe mai potuto fare nulla.
***
-Ci sarà il processo.
Abbiamo raccolto abbastanza prove- disse la Presidente.
-Signor Graves, nelle sue
condizioni non pretendo che lei renda una testimonianza davanti ad
una corte, tuttavia comprenderà che dobbiamo processare
Grindelwald prima possibile. I crimini di cui si è macchiato
sono tali che non può appelarsi alla giustizia tedesca. Verrà
giudicato da esponenti di un tribunale internazionale. Signor Graves,
ci serve la sua testimonianza. Disporrò in modo che lei possa
essere interrogato qui in presenza di testimoni-
-Io ci sarò-
-Come, prego?-
-Io testimonierò in
aula, al processo-
-Ne è sicuro?-
-Assolutamente, Madama
Presidente-
Lei annuì. Dallo
sguardo determinato che gli rivolse, Graves avrebbe giurato che
capisse, che condividesse le sue motivazioni e che fosse d'accordo
con lui.
-Molto bene, Signor Graves.
Le faremo sapere le date in cui sarà richiesta la sua
deposizione-
Non appena Seraphina
Picquery ebbe lasciato la stanza, lui si alzò dalla sedia.
Non sarebbe riuscito a stare
fermo un momento di più.
Finalmente ci sarebbe stato
il processo!
Avrebbe potuto dare
personalmente il suo contributo per inchiodare quel bastardo in una
galera a vita!
Finalmente avrebbe potuto
vedere il vero volto di chi lo aveva imprigionato e torturato!
L'idea gli resituiva le
forze più che le cure e le pozioni dei medimaghi.
-Tra poco faremo i conti,
bastardo- sibilò tra i denti.
Fuori era quasi buio e nel
suo muoversi in giro per la stanza Graves non si era accorto di
essere capitato vicino alla finestra.
Il vetro, mano mano che
diminiuva il contrasto con la luce esterna, rendeva il riflesso
dell'interno della stanza sempre più nitido, e all'improvviso
Graves si trovò faccia a faccia con sé stesso.
Il vero sé stesso.
Ogni curva del viso che
vedeva apparteneva di nuovo solo a lui.
Per la prima volta da quando
era stato liberato, Percival Graves riuscì a sorridere.
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Nel Cerchio della
Strega
Ho scoperto da pochi giorni
che esiste la sezione dedicata ad "Animali fantastici e dove
trovarli", ed il modo migliore per festeggiare mi è
sembrato scrivere una storia.
Il titolo è la famosa
frase della matrigna di Biancaneve. Mi è sembrata adatta ad
una storia dove il tema centrale è il "doppio".
Avevo già iniziato a
pubblicare storie su "Animali fantastici" quando ancora non
esisteva la sezione, per cui avevo preso a prestito quella di "Harry
Potter" con la dicitura "altro contesto".
Provvederò a spostare
le storie nella sezione giusta quando qui ci sarà l'elenco
completo dei personaggi.
Per adesso, grazie a chi ha
letto e a chi vorrà lasciare un commento.
Lady Shamain
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