La Fortezza

di Damnatio_memoriae
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Prologo
 
 
«Ti sei fatto male?» gli chiese la bambina, avvicinandosi in tutta fretta.
Lui si rimise in piedi con fare sgraziato, battendosi i piccoli palmi sui pantaloni sporchi, e indispettito della brutta figura rispose controvoglia: «Si. Non ero mai caduto». Le lanciò un’occhiataccia come a volergliene attribuire tutta la colpa.
La bambina arricciò le piccole labbra e due profonde fossette presero forma agli angoli della bocca. «Papà raccomanda sempre di non arrampicarsi sugli alberi» spiegò con tono altezzoso, agitando l’indice «Non è sicuro».
Il piccolo di fronte a lei gonfiò il petto e orgogliosamente ribattè: «A me non è stato vietato. Sono bravo ad arrampicarmi sulle querce e l’ho insegnato a tutti i miei amici. È colpa tua se sono scivolato: mi hai colto di sorpresa».
«Allora, se sei così bravo come affermi di essere, perché non insegni anche a me come si fa?» alzò gli occhi al cielo e tra le foglie novelle scorse i raggi del sole e rimase affascinata dall’idea di poter arrivare così in alto.
«Va bene» la assecondò lui dopo una lunga pausa «Ma dovrai fare tutto quello che ti dirò, senza discutere. Tu sì che potresti cadere e spezzarti l’osso del collo» sorrise nel vedere la bambina trasalire a quelle parole.
«Non è divertente…» borbottò sommessamente. «Come ti chiami?».
«Derek. Tu?».
«Cathleen. Ma papà mi chiama sempre Cath, quindi anche tu puoi chiamarmi così, se vuoi».
Derek si asciugò il naso gocciolante con un colpo di manica. «Sta bene, Cath. Solo una marmocchia spocchiosa come te poteva avere un nome così lungo».

 




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