Salve, lettori
silenziosi che ormai vi eravate rassegnati alla mia dipartita. Sono di nuovo
qui, dopo una tesi e una laurea e anche un certo periodo in cui, capitemi, la
voglia di fare qualcosa di produttivo era pari a zero, qui con una missing appena sfornata, fresca fresca
per voi. Abbiamo Alatariel, Feanor, l’allegra
famigliola e non solo. Buona lettura!
Il sangue di Feanor
Quando arrivò, erano già tutti lì: Maedhros,
alto e con la testa incorniciata di capelli scarlatti, simili a lingue di fuoco,
stava poggiato al muro con le braccia conserte, molto serio; Maglor era poco distante, immerso nei suoi pensieri,
silenzioso come sempre; i gemelli se ne stavano vicini, leggermente in
disparte, talmente identici che Alatariel non riusciva a distinguerli nemmeno
dopo tutto quel tempo; Celegorm e Caranthir
la guardavano con circospezione, parlottando fra loro a bassa voce; Curufin faceva avanti e indietro per la stanza, le mani
ficcate nelle tasche e una nuvola scura in volto. Tutti la fissarono appena
varcò la soglia, come se avesse suonato un campanello per palesarsi.
Senza parlare si avvicinò a Maedhros,
che la salutò con un cenno del capo e un sorriso tirato.
< Nemmeno voi, quindi, sapete perché siamo qui? >
gli chiese e lui sospirò.
< No, ma pensavamo fosse una faccenda di famiglia. I
miei fratelli di certo non si aspettavano il tuo arrivo. >
< E tu? >
Maedhros la scrutò
intensamente. Nella stanza c’era un camino acceso e il riverbero accendeva i
suoi capelli rossi come fuoco, rendendo il suo volto ancora più pallido di quel
che era realmente.
< Mio padre non riesce a fare a meno di te, dobbiamo
accettarlo > disse. < Comunque a me piaci, Alatariel, se questo ti può
consolare. >
Sorrise di rimando all’elfo al suo fianco. Aveva sempre
l’impressione che i figli di Feanor volessero che lei
sparisse definitivamente in una nuvola di fumo, non riusciva a sentirsi a suo
agio quando loro erano nei paraggi. Si sentiva osservata, aspettavano un suo
passo falso per dimostrare al loro padre che non era altro che una ragazzina,
che non era degna di stare fra loro.
Sapere che Maedhros l’apprezzava
era come una sorsata d’acqua fresca dopo una lunga giornata.
< Mi consola moltissimo, > gli disse, toccandogli
appena un braccio, riconoscente.
Una porta laterale si aprì con uno scatto secco,
facendoli sobbalzare tutti.
Feanor entrò.
Era scarmigliato, con la camicia aperta, i capelli in
disordine, il viso annerito dal fumo della sua fucina, bagnato di sudore, ma i
suoi occhi ardevano come non mai e quando si posarono su di lei, Alatariel si
sentì mancare.
< Padre, > cominciò Caranthir,
facendo un passo in avanti, ma Feanor lo bloccò
alzando un braccio.
< Dovete giurare, > disse, con una voce che
sembrava provenire da un altro mondo.
I fratelli lo guardavano, confusi e accigliati, senza
sapere cosa dire.
< Giurare? > La voce di Maglor
era chiara e armoniosa.
< Giurate su Iluvatar!
Giurate che il nostro sangue viene prima di ogni cosa, prima persino delle
parole di Manwe. >
Sembrava un folle e li guardava tutti con uno sguardo che
avrebbe potuto incenerirli lì dove si trovavano.
< Giuro! >
Si voltarono tutti a guardarla. Aveva parlato con
chiarezza, senza nemmeno pensare a ciò che diceva, nella sua mente solo
l’immagine di Feanor, potente come non le era
sembrato mai.
< Per Iluvatar, io giuro che
niente e nessuno verrà mai prima della Casa di Feanor
e delle parole di Feanor, mio signore. >
Andò verso di lui, gli prese la mano e la baciò. Sentiva
che i fratelli la stavano osservando, ma non importava, c’era solo Feanor, il suo sguardo, il sorriso che le stava rivolgendo.
Si sporse verso di lei e le diede un bacio sulle labbra, facendo tremare ogni
piccolo muscolo del suo corpo.
< Non mi deludi mai, Alatariel, > sussurrò.
< No, mio signore, > rispose, sussurrando a sua
volta, < sono tua. >
Feanor la guardò per un altro
secondo, poi si volse verso i suoi figli.
< Cosa farete allora, figli miei? >
Maedhros si fece avanti e si
mise di fronte a suo padre, guardandolo negli occhi. Facevano un contrasto
impressionante, l’uno con i capelli scuri come la tenebra, trafelato e sporco,
mentre l’altro impeccabile nei suoi abiti candidi e i capelli dai ricci
infuocati. Eppure, guardandoli, era impossibile dubitare della loro parentela,
né di chi dei due fosse quello con maggior potere.
Maedhros baciò suo padre sulla
guancia.
< Giuro, per Iluvatar, che
nulla e nessuno verrà prima delle tue parole, padre. >
Anche gli altri fecero lo stesso e giurarono.
< Ciò che sto per mostrarvi, > disse infine Feanor, < sono stato io a farlo e mi appartiene, ma
molti ne reclameranno la proprietà, se non ora in seguito. Ma sappiate che non
l’avranno mai, perché è mia. >
Fece una pausa, poi prese la sacca che aveva su una
spalla e che fino a quel momento nessuno aveva notato, e la aprì.
Alatariel trattenne il respiro.
Camminava senza pensare davvero a nulla, lasciando che i
suoi piedi si dirigessero verso l’unico posto che aveva sempre considerato casa
sua.
Bussò e fu Dama Galadriel ad
aprire.
< Alatariel > le sorrise dolcemente, facendola
entrare, < non ti aspettavamo. >
La scrutò intensamente, come aveva sempre fatto fin dal momento
in cui si erano incontrate la prima volta, quando entrambe erano solo delle
bambine. C’era una profondità nel suo sguardo che la metteva in soggezione e le
aveva impedito di diventare davvero sua amica, come invece era accaduto con gli
altri figli di Finarfin, in particolare Finrod.
La condusse nel porticato e infine nel giardino interno,
dove Finarfin e sua moglie erano seduti insieme,
conversando.
Quando la videro, entrambi le sorrisero e l’elfo si alzò
per abbracciarla.
< Alatariel, non pensavo che oggi saresti venuta a
farmi visita! >
< Non ti vediamo da molto, > aggiunse Earwen, prendendole la mano e facendola sedere accanto a
sé, < ci sei mancata. >
Finarfin si sedette all’altro
suo fianco e le spostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso.
< Sei turbata? > domandò apprensivo.
Avrebbe voluto stringerli, piangere sulla spalla di Finarfin, lasciarsi andare e raccontare tutto ciò che Feanor aveva detto, quello che le aveva mostrato, ma
avrebbe voluto dire venir meno alla parola data. E comunque sarebbe stato Feanor stesso a svelare la creazione dei Silmarils molto presto, allora avrebbero saputo anche loro,
e avrebbero potuto parlarne. Si sentiva sopraffatta dalla bellezza di quelle
gemme, da ciò che aveva provato per Feanor in quel
momento, dalla paura di cosa quell’incredibile creazione avrebbe provocato
nella sua vita.
Guardò Finarfin negli occhi e
vide che lui sapeva, che aveva capito tutto soltanto con quello sguardo, come
nessun altro era mai riuscito a fare.
< Arafinwe, io… >
< Non devi dirmi niente, non ora, > disse lui.
Non riuscì a trattenere le lacrime e scoppiò a piangere
lì, fra le braccia di Finarfin, mentre Earwen le teneva la mano e Galadriel
li lasciava silenziosamente da soli.
Non sapeva nemmeno perché stava piangendo, ma era
irrefrenabile, come non le era più capitato da quando era bambina e sua madre
aveva scelto Lòrien a lei.
Stranamente anche quella volta c’era stato Arafinwe a consolarla, ad accogliere le sue lacrime, anche
se non ne conosceva il motivo.
Ci sarebbe sempre stato, per lei, ne era certa.