vivere non sopravvivere

di guy
(/viewuser.php?uid=891469)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Una sensazione di calore, come di un abbraccio che lo avvolgeva e lo teneva al sicuro, il capo sprofondato in qualcosa di morbido, mosse lentamente le mani, cercando di capire dove si trovasse, sentì la stoffa sotto le mani poi le dita sfiorarono quello che sembrava…un materasso? Possibile che fosse un materasso? Aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre fino a mettere a fuoco un tetto, sembrava formato da assi di legno accostate, la stanza era avvolta nella penombra, solo un filo di luce filtrava tra quelle che sembravano due tende di panno scuro e pesante, un buon odore di cucinato riempiva l’aria “sono in paradiso?” brontolò con la voce resa roca dalla febbre, una risata argentina interruppe i suoi pensieri e gli fece voltare di scatto la testa, inquadrando una giovane ragazza dai lunghi capelli neri e un sorriso brillante con un vassoio tra le mani “non sei in paradiso! Sei a casa mia!” sbatte le palpebre confuso e si tirò a sedere, appoggiando la schiena sui cuscini con un mugolio dolorante “io…io sono Nathan…” “io sono Annika, piacere di conoscerti” si sedette sul bordo del letto, tenendo il vassoio sulle ginocchia “ti ho portato la colazione…” gli avvicinò una tazza colma di latte e Nathan strabuzzò gli occhi…stava sognando, l’unica soluzione era che stesse sognando…non vedeva del latte da anni…prese la tazza tra le mani tremanti quando vide la ragazza accostarsi alle tende come se volesse aprirle “ferma! Cosa fai?! Ci vedranno!” ma lei rispose con un cenno di negazione del capo “ma non possono vederci! Non preoccuparti!” e senza aggiungere altro le spalancò mostrando una vetrata che lasciava vedere tutto il panorama intorno a loro…Nathan si avvicinò per guardare e rimase senza fiato…la vetrata era composta da pezzi di vetro uniti con uno strano collante nero eppure lasciava che vedesse tutto…erano su un albero immenso che si ergeva al centro di un carcere protetto da alte mura…poggiò i palmi sul vetro e non poté non notare che c’era qualcosa di strano…qualcosa di ordinato…poi scosse la testa “cosa ci fa…un albero in…in un carcere?” “beh questo era un carcere particolare…si voleva costruire un nuovo prototipo di carcere autosufficiente…a contatto con la natura…insomma…un sacco di cose” disse Annika facendo spallucce “e il latte?” “il latte? Oh beh ho alcune mucche e pecore e capre e…beh ho un sacco di animali che allevo nel cortile…”.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3655791