Il
sole cominciava ad alzarsi da dietro le colline imbiancate, un
morbido disco di calore liquefatto che gettava la sua languida luce
sul mondo circostante. La neve luccicava di riflessi arancioni, viola
e rossi, mentre i rami spogli degli alberi si inchinivano al vento
del nord. Quello stesso vento spingeva Richard avanti,
solleticandogli la schiena, incoraggiandolo, ma con dolcezza, come
avrebbe fatto una madre con un figlio insicuro. Dopotutto, il nord
era la sua casa, era dove aveva lasciato il suo cuore, la sua amata
moglie Anne e il loro figlioletto Edward. Richard, duca di
Gloucester, Signore del Nord, non si recava a sud da molto tempo, da
più tempo di quanto potesse contarne. Non era sempre stato
così,
pensava Richard amaramente. C'era stato un tempo in cui era andato
davvero d'accordo con suo fratello Edward, il re di quella gloriosa
nazione che era l'Inghilterra. Edward era il maggiore dei suoi
fratelli, Richard era il più piccolo di tutti: tra di loro
correvano
ben dieci anni. Se ripensava all'adorazione con la quale aveva sempre
guardato quello sfolgorante e imponente fratello maggiore, a come gli
era rimasto fedele anche nella più nera delle
avversità... ma ogni
cosa era cambiata da quando nelle loro vite era entrata lei. Lei,
la regina, l'odiatissima Woodville, l'arrogante arrampicatrice
sociale che teneva in pugno Edward e lo aveva convinto perfino a
violare sacre leggi ancestrali pur di favorire la propria famiglia di
avvoltoi plebei. Ogni cosa che lei gli aveva chiesto, lui gliel'aveva
concessa. Ogni suo desiderio era stato un ordine per lui. E Richard
aveva taciuto per il bene del regno, per amore del fratello. Aveva
taciuto, ancora e ancora. Si era morso la lingua e aveva lasciato la
corte per il suo amato nord.
Ma
ora era tutto diverso. Lei non poteva – non doveva
–
pretendere
questo! E Edward non
avrebbe mai dovuto concederglielo. Non la morte di George, del loro
fratello di sangue.
No,
Richard non poteva tacere su questo, e per quanto avesse evitato la
corte in tutti quegli anni, ora non poteva rimanere in disparte, non
quando era in gioco la vita di suo fratello.
George
era sempre stato un uomo complicato, avido, instabile, incauto:
questo Richard non poteva negarlo. Anche loro si erano scontrati
più
di una volta. George aveva cercato di tenerlo lontano dalla sua amata
Anne, era arrivato a nasconderla in una cucina, travestita da serva,
perché Richard non potesse trovarla. E tutto
perché non voleva
cedere neppure un'oncia della fortuna che Anne e sua sorella Isabel
avrebbero ereditato. Aveva ceduto solo quando Richard, stupendolo,
gli aveva detto: "Prenditi tutto... non mi interessa il denaro.
Tieniti i titoli, le terre... tutto."
"Non
basta", aveva dichiarato George baldanzosamente. "Voglio
anche la tua carica di Gran Ciambellano."
Richard
aveva guardato il fratello con occhi sgranati, troppo sbalordito per
proferire parola. Quando pensava che George non potesse toccare nuovi
livelli di bassezza, ecco che lui sorprendeva tutti quanti.
"Se
poi lascerai in pace me e Anne, allora prenditelo pure", aveva
risposto infine in tono stanco.
Ma
anche se George aveva promesso, la sua parola non era rimasta sacra a
lungo. Aveva creato al fratello e alla cognata ancora altri problemi.
E, come se non bastasse aver tradito Edward per ben due volte,
alleandosi con i suoi nemici per cercare di scalzarlo dal trono, ora
andava dicendo su di lui che era illegittimo e che quindi lui era il
vero re d'Inghilterra.
Nessuno
si aspettava che per questo George, duca di Clarence venisse
processato, giudicato colpevole di tradimento, e infine rinchiuso
nella Torre di Londra in attesa dell'esecuzione.
Quando
aveva ricevuto la notizia, Richard aveva sellato il suo cavallo,
preso con sé una manciata di seguaci, ed era partito seduta
stante
per Londra.
Per
tutto il viaggio aveva sperato e pregato di arrivare in tempo.
E
aveva ricordato momenti del loro passato che in quegli attimi avrebbe
preferito dimenticare. Aveva ricordato quando aveva perso suo padre,
il duca di York, per mano dei lancastriani a soli otto anni. George
ne aveva tre di più. Improvvisamente l'Inghilterra era
diventata un
luogo pericoloso per gli York, e loro due – i figli
più piccoli –
erano stati mandati oltremare, nelle Fiandre. Erano solo due bambini
spaventati, lontani dalla madre e dal fratello maggiore impegnato a
lottare per il trono. Ma poco dopo Edward aveva battuto i
lancastriani, aveva vinto la corona ed era divenuto Edward IV.
Richard e George erano potuti tornare a casa, e Edward aveva
sostituito per loro il padre che avevano perso. Era stato il loro
eroe, il loro appiglio. Si era preso cura di loro, gli aveva
assegnato onori e titoli. Com'erano potuti giungere a quel punto?
Quando
i primi tetti della periferia di Londra apparvero alla sua vista,
tirò un sospiro di sollievo. Il Tamigi, ricoperto qua e
là di
lastre di ghiaccio non ancora sciolte, si snodava nella
città come
un sinuoso serpente.
Richard
e i suoi uomini ne seguirono il corso, passando davanti a Banyard
Castle, la residenza di sua madre Cecily, duchessa vedova di York.
Un
domestico l'informò che la duchessa non era in casa: era
già al
palazzo di Westminster, a colloquio con il re.
"Se
volete sistemarvi in attesa del suo arrivo...", cominciò il
domestico, che rimase però con la mano a mezz'aria e le
parole in
gola, perché il duca era ripartito senza neppure dargli il
tempo di
terminare la frase.
Richard
si sfilò i guanti impolverati mentre si dirigeva verso le
stanze di
Edward. Si sentiva sporco e trasandato per il lungo viaggio, ma non
gli diede importanza. Si bloccò davanti alla porta che
conduceva
allo studio privato del re. La porta si aprì all'improvviso
e
apparve sua madre Cecily, ancora abbigliata a lutto per la morte di
suo marito.
"Madre,
che succede?" chiese Richard preoccupato. La duchessa vedova
aveva gli occhi lucidi, ma il suo decoro gli imponeva di non versare
neppure una lacrima. Era una donna forte sua madre; forte e
determinata. E mai Richard l'aveva vista in quello stato di
prostrazione.
"Non
vuole ascoltarmi, figlio mio! Vuole uccidere George, nonostante le
mie preghiere. Ho perso tuo padre, ho perso tanti dei miei figli. Ma
ho potuto tollerarlo, perché è stato per mano dei
nostri nemici o
per il volere di Dio. Ma questo... questo è solo il volere
di
Edward."
Richard
strinse il fragile corpo dell'anziana madre a sé e le
parlò con
voce rassicurante. "Lasciate che ci parli io. Cercherò di
farlo
ragionare; forse abbiamo una possibilità di salvarlo."
"Entra
pure, fratello mio. È bello vederti di nuovo dopo tanto
tempo",
disse Edward facendo cenno a Richard di sedersi accanto a
sé. Poi lo
squadrò più attentamente. "Sembri stanco e
impolverato. Non
hai neppure fatto una sosta per cambiarti e riposarti prima di venire
da me?"
"No,
Edward, non l'ho fatto. Avevo bisogno di parlarti e non mi sembrava
tempo di indulgere in frivolezze quando la vita di nostro fratello
è
appesa a un filo."
Edward
cercò di non darlo a vedere, ma era a disagio. Richard si
accorse
che evitava di guardarlo negli occhi. Prendeva tempo, giocherellava
con la coppa di vino che aveva in mano, guardava fuori dalla
finestra, dove la neve aveva ripreso a cadere.
"Edward,
dimmi perché..." lo incalzò Richard.
Finalmente
il re lo guardò. "Ti serve un motivo? Conosci nostro
fratello,
è sempre stato così... era inevitabile che
andasse a finire in
questo modo."
"E'
proprio questo il punto... sappiamo com'è George, sappiamo
tutto ciò
che ti ha fatto. Ha preso le armi contro di te... per ben due volte!
Gli hai sempre perdonato tutto. Non puoi metterlo a morte per una
sciocchezza simile!"
Edward
tacque, riprendendo a bere e a fissare le fiamme guizzanti del
focolare.
Richard
si passò la mano sul volto, stancamente. Questo confermava i
suoi
sospetti.
"C'entra
lei, non è vero? È lei che ti ha chiesto di
farlo?"
Edward
continuava a tacere. Non si preoccupò neppure di far notare
che
"lei" non era un modo appropriato di rivolegersi alla
regina. La vergogna che cercava di celare era chiara sul suo volto.
"E'
così", continuò Richard. "Non ha mai perdonato a
George
di aver ucciso suo padre e suo fratello e ora ti ha convinto a
fargliela pagare."
"Non
è solo questo... non è questo", si corresse il
re. "Tu
non puoi capire!"
"Se
solo tu provassi a spiegarmi!" gli ritorse contro Richard.
"Non
posso", disse Edward guardando stancamente il fratello. "Non
posso spiegarti. George deve morire. Non ne sono felice, ma devo
farlo."
"E'
nostro fratello!" gridò Richard esasperato. "Come puoi
fare questo a nostro fratello? Siamo sempre stati noi tre, anche con
i tradimenti e gli scontri, anche con il carattere impossibile di
George. Alla fine siamo sempre tornati uniti. Ricordi il presagio che
vedesti prima della battaglia di Towton, prima che ottenessi la
vittoria schiacciante e la corona? I tre soli nel cielo, Edward. I
tre soli di York... noi."
Edward
si alzò in piedi, in tutta la sua maestosità. Era
ancora attraente,
ma non più magro e slanciato come un tempo. Anni di bagordi
avevano
richiesto il loro prezzo.
"Non
una parola di più, Richard. Questo è tutto", gli
disse
fronteggiandolo.
Richard
lottò per calmarsi, per reprimere la rabbia e la
frustrazione che
sentiva montare dentro. "Almeno mi permetterai di vederlo?"
"Non
posso", tornò a ripetere il re.
"Non
potrò neppure dirgli addio?" E di fronte al muto assenso di
Edward, aggiunse: "E immagino che neanche di questo io possa
sapere il motivo."
Lasciando
Londra il mattino dopo, Richard passò davanti alla torre in
cui
George era rinchiuso. Alzò lo sguardo verso le finestre e
immaginò
il fratello in quelle stanze, in attesa della morte. Non aveva potuto
salvarlo, non aveva potuto dirgli addio, e non sapeva neppure
perché.
Mentre
tornava a Nord, mentre tornava verso casa, Richard sentì il
cuore
spezzarsi a metà: aveva perso non uno, ma due fratelli. I
tre soli
di York non avrebbero mai più brillato gli uni accanto agli
altri.
Nota
dell'autrice: Questa
OS è stata scritta per la challenge "Brothers love", e
parla del rapporto tra i tre fratelli York, Richard di Gloucester
(Richard III), Edward IV e George di Clarence, nel suo momento
più
critico: il momento in cui Edward decide di mettere
a morte il fratello di mezzo, George. Ciò a cui si allude
qui, il
"segreto" per cui George fu messo a morte, è la sua
conoscenza del precontratto tra Edward IV e Eleanor Butler, che
avrebbe dunque reso invalido il matrimonio di Edward ed Elizabeth
Woodville e illegittimi i loro figli. Ho aderito a questa teoria
molto tempo fa, leggendo lo storico Paul Murray Kendall che per primo
la ipotizzò. Mi sembra altamente improbabile, infatti, che
Edward
avesse messo al morte il fratello per tali futili motivi dopo avergli
perdonato ben due ribellioni armate.
È
questo inoltre il momento in cui Richard perde (a mio parere) buona
parte dell'adorazione fanciullesca per il suo formidabile fratello
maggiore, in cui niente sarà più come prima.
Perciò ho scelto di
immortalarlo con questa piccola storia.
Storia prima classificata del contest "Brothers Love" indetto da Criss sul forum La Lega degli Artisti |