Tales of Us [Proxies]

di Ire_2002
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Il suo dito indugiava sul grilletto. Sentiva quel freddo cerchio di metallo contro la propria tempia. Aveva vinto, il bastardo.

Chiunque diventi Proxy soffre in eterno, oppure decide di morire. E lui voleva mostrare di essere diverso, stupido! Ma chi si credeva di essere, come se lui fosse stato diverso!

Un ragazzo malato mentalmente, perseguitato dall'Operatore sin dalla più tenera età, debole di salute. Solo uno stupido scorbutico ragazzo con quella dannata scatoletta arancione sempre nella tasca della giacca di pelle. Un presuntuoso, sarcastico stupido che credeva di potersi legare un paio di ali alla schiena e volare via, libero.

Ma lui non era libero. Lo diceva la sua maschera, lo diceva il marchio sulla sua spalla. Lo dicevano le sue mani sporche di sangue innocente. Anche se provava a lavare le mani, a liberarsi del rosso che stava sulla sua pelle, arrivando anche a scorticarsi, era inutile. Il sangue restava. La sua colpa restava.

Non poteva essere libero, perché era colpevole.

Era stato costretto ad essere un mostro. Non aveva scelto di diventare Masky, l'assassino a sangue freddo che segue come un burattino gli ordini di un uomo senza volto. Lui voleva essere Timothy Wright, il ragazzo che ai campeggi con gli amici teneva una sigaretta tra le labbra e suonava le corde della chitarra, talvolta incontrando lo sguardo di quello che lui poteva senza dubbio definire praticamente come un fratello. Lo stesso a cui piaceva restare da solo a sognare, che parlava poco e lo faceva sempre in modo schietto e duro.

Lo stesso ragazzo che non sarebbe mai potuto essere. E se doveva essere Masky e non poteva essere Tim, allora preferiva non essere.

Nella buia stanza della magione, il ragazzo aveva gettato davanti a sé la maschera bianca dalle labbra femminili che rendeva impossibile vedergli il volto. Non la voleva più, quella vita. 

Tanto, a chi sarebbe mancato? La sua famiglia lo credeva morto, Brian ormai era un mostro apatico e... Jenny.

Jenny lo aveva pregato di non farlo, si era aggrappata alla sua giacca di pelle fissandolo con i suoi grandi occhi ambrati, gli aveva urlato contro. Ma lui aveva scosso la testa.

La ragazza aveva dato un pugno debole al suo petto, scoppiando in singhiozzi, urlandogli che non poteva smettere di sognare a quel modo, che c'era ancora una luce in quella foresta buia in cui i fili del loro burattinaio si tendevano.

Masky era in una sorta di trance in quel momento, quasi non aveva sentito le sue parole. Solo lì, un attimo prima di premere il grilletto, realizzò le parole della ragazza. Abbassò la pistola, per poi gettarla con forza sul pavimento di legno. Tremando e sudando freddo, si passò le mani sul viso. Era stato ad un passo dall'orlo del dirupo più profondo, aveva guardato giù per un attimo, e poi si era voltato.

Una luce in fondo a quel tunnel. Possibile?

Il ragazzo si voltò, aprendo lentamente la porta della stanza buia con un "clic". Una valanga di capelli biondi gli si precipitò addosso, tra i singhiozzi.

- Credevo l'avresti fatto davvero - sussurrò lei con una voce spezzata - Possiamo trovare... c'è ancora qualcosa che possiamo fare... ti prego fino ad allora non...

La accarezzò sulla schiena con dolcezza, stringendola a sé.

- Non lo farò mai più - disse, lasciando che una sola lacrima gli rigasse il viso - Mai mai mai più...




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