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di Male_na
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"Mi son perso calpestando vetri
e pure qualche cuore degli amanti
graffi e graffi dalla testa ai piedi
quanti pianti ho spento nella gola,
ma finalmente mi lasciavo dietro
tutte le paure e tutti i santi.
Finalmente rincorrevo nuda
senza più pensare a farmi male,
male."

Cambiata - Nobraino

 


Fece la valigia di corsa buttando i vestiti a caso.
Voleva andarsene.

Si sedette un attimo sul divano esausta, da cosa voleva scappare, da chi?
Cominciò a piangere.
Era lei il mostro.

Piangeva.
Ripensava a quando una notte d’estate era salita in solitaria su un autobus, le stelle a guardarla, le risate degli altri. Per lei era la cosa giusta e non c’era nient’altro e nessun altro. Avrebbe incontrato qualcuno per strada, qualcuno che le avrebbe offerto qualcosa e avrebbe chiacchierato con lei in un inglese masticato male, in un posto troppo pieno di fumo.
Poi sarebbe arrivato qualcun’altro per sbaglio, forse una faccia già vista in quella samsara che ora le sembrava più opprimente che mai.
Poi ancora fuggire e il buio e le stelle, cercare qualcosa che non c’è, qualcuno che raccolga il tuo dolore e quel farsi bastare un paio di occhi chiari e poco più limpidi degli altri.
Perdersi di nuovo. Non ritrovarsi mai più.
Erano questi i suoi ricordi, la tenevano ancora inchiodata su quel divano. Quante volte era arrivata a quel punto? Quante volte aveva immaginato una spiaggia sicura?
Erano ancora ricordi di giorni assolati e finta felicità, che brava attrice che era stata, quante maschere aveva finto di togliere e ora si stava ancora lavando la faccia con le lacrime.

Era arrivata più volte a quel punto di non ritorno, almeno così pensava lei, poi succedeva qualcosa, arrivava il suo cavaliere a salvarla e allora era un nuovo teatro, nuove maschere e battute. Quanti spettatori per quella patetica commedia, quanti spettacoli felici aveva osservato sotto la sua maschera, ma quanti potevano essere veri? Quanti avrebbero voluto scappare come lei? Quanti non lo avevano ancora fatto? E perché?
Troppe domande come sempre.

Fissava la valigia e vedeva ancora ricordi, quelli lasciati a qualcuno con magliette che ormai lei non aveva più, quelli legati a un pezzettino di stoffa. Non poteva rinnegare tutto quel bagaglio, era lei.
Ed era lei il suo carnefice e la vittima.
Era lei il presente e il suo futuro.
Era lei la tela ed il pennello.
Lei il peso e la valigia.

Era solo e sempre lei.

Era lei le sue maschere, una per una, ogni singolo sorriso e taglio degli occhi, ogni lacrima e ogni gioia, ogni spettacolo e ogni spettatore.
Si alzò con le guance ancora umide e cominciò a disfare la valigia, come un attore che sistema paziente i suoi vestiti di scena e ripete in testa il suo copione.

Sorrise pacatamente. Poteva solo vivere ed interpretare quell’assurdo spettacolo.

 




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