Yamagi era veramente spaventoso.
Shino glielo aveva detto come se fosse una liberazione, un peso che
portava nel cuore.
Non gli faceva paura perché lo aveva palesemente minacciato sul fatto
che non lo avrebbe mai perdonato se fosse morto, ma lo terrorizzava
quanto potessero essere enormi e puri i sentimenti che provava per
uno come lui. Eppure Shino doveva
avergli spezzato il cuore quando era andato al bordello, inoltre non
ricordava di aver mai fatto nulla di speciale. Sentiva quasi di
non meritare quel cuore a lui votato, sicuro si trattasse di un dono
troppo grande.
Aveva paura di quei sentimenti che ogni giorno vedeva crescere,
trasformandosi in qualcosa di mai conosciuto prima e che non credeva
esistesse, ma, pian piano, quelle emozioni avevano cominciato a
sfiorargli il cuore fino ad arrivare a stringerglielo con gentilezza
nel pugno, come una fidata mano che glielo sorregga.
Nonostante Shino possedesse il coraggio di combattere da solo contro
una flotta intera, non era ancora riuscito a mettere a nudo i propri
sentimenti, da poco compresi, con la persona amata benché si
fidasse di Yamagi – a lui avrebbe potuto veramente aprire il proprio
cuore senza paure.
Dopo aver riso e avergli detto: “Sei veramente spaventoso!”, il suo
sguardo si era addolcito e lui si era fatto serio, fissandolo negli
occhi –
in quelle iridi celesti profonde come galassie che si era impresso a
fuoco nella memoria prima
di andare da Orga a esporgli la propria idea per l'attacco finale
contro
Arianrhod.
Fu mentre parlavano, casco contro casco, che prese la sua decisione:
quella era la loro ultima battaglia e una volta che tutto fosse finito,
magari mentre bevevano insieme, gli avrebbe confidato i propri
sentimenti. Non poteva farlo lì, quello era il momento più sbagliato di
tutti: Shino era pronto a dare la propria vita per permettere a Yamagi,
a tutti, di vincere e scappare; avrebbe fatto di tutto per tornare, ma
se quell’unico colpo non fosse andato a segno, non avrebbe mai
sopportato l’idea di lasciare Yamagi per sempre dopo averlo illuso.
Orga ed Eugene, nel frattempo, avevano staccato la comunicazione vocale
con loro, sicuramente per lasciare il giusto grado di privacy in un
momento come quello.
Il pilota posò per l’ennesima volta una mano sul casco del meccanico –
come
fosse l’ultima carezza prima di una partenza, come faceva spesso
Kassapa con Merribit –, ma facendo così, inavvertitamente, azionò il
pulsante che ne portò indietro automaticamente la visiera. Entrambi
dentro il Ryusei-GO IV, con il portellone chiuso, non avevano problemi
di
ossigeno, era solo per un fatto di praticità che li avevano tenuti
indosso in quel modo.
Yamagi tremò appena. I suoi occhi pieni di ansie e di lacrime
stoicamente trattenute
fissarono Shiro, cercando una risposta che non arrivò e quindi,
semplicemente, fece altrettanto, non lasciando più niente che li
separasse dal guardarsi direttamente in volto.
«Shino...», mormorò il meccanico, stringendogli la tuta all’altezza
delle spalle, mentre avvicinava appena il viso reclinato un po’ di
lato.
Il pilota sentì il fiato di Yamagi, mentre gli sussurrava “Buona
fortuna, Shino…”, sfiorargli le labbra a ogni sillaba, poi tutto di
colpo divenne freddo quando il meccanico si allontanò, lasciando la
presa; Shino sentì come una morsa al collo che non gli permetteva né di
parlare né di respirare, come se fosse la falce della morte stessa a
premergli contro la carotide. Non riuscì a dire nulla, sentendosi
impotente e impaurito, ma non poteva permettere che si allontanasse,
non
così, non lasciandolo con le labbra che pulsavano di cieco desiderio
come mai
in vita sua.
Fu veloce quando si mosse: tuffò la mano libera tra i capelli esposti
di Yamagi
e, aiutato dall’assenza di gravitá, lo riavvicinò facilmente a sé,
unendo finalmente le loro labbra che da troppo tempo si stavano
cercando senza mai riuscire a incontrarsi.
Yamagi trattenne il fiato e allargò gli occhi, incredulo, ma la sua
sorpresa durò ben poco, poiché rispose subito portando una mano al
casco di Shino, ben deciso a non farlo scappare da quel bacio che aveva
da sempre anelato.
Le loro lingue si sfiorarono vicendevolmente, all’inizio piano,
titubanti, poi lasciarono che l’istinto prendesse il sopravvento e
svuotarono entrambi la mente, curando i propri patemi con quel dolce e
focoso bacio, carico di promesse e frasi mai dette. Solo quando fu
veramente impossibile non prendere una boccata d’aria a causa dei
polmoni che bruciavano, Shino e Yamagi tornarono a guardarsi negli
occhi.
Shino si maledisse.
Se in quel momento Yamagi lo avesse supplicato di non andare o se non
avesse voluto lasciare il Ryusei-Go, sarebbe riuscito comunque a
imporsi?
Il meccanico prese un profondo respiro e mosse finalmente le labbra,
rompendo il silenzio:
«Vai, e non esitare», disse
terrificantemente
serio.
Il pilota, dapprima stupito, riacquistó il suo solito temperamento
scherzoso. «Con un augurio di buona fortuna del genere lo colpirò di
sicuro», ghignò ammiccante. Strinse forte a sé Yamagi con il braccio,
respirando il buon odore dei suoi capelli biondi.
Nonostante avessero le bocche accanto all’orecchio l’uno dell’altro
non ci fu bisogno di dire più nulla. Yamagi strinse le braccia al collo
del pilota e stritolò nel pugno le bende che aveva usato per
immobilizzargli il braccio sinistro.
Quando dopo pochi secondi si separarono, non c’era più il freddo, ma
tutto era caldo e confortevole.
Yamagi si rimise il casco integralmente e abbandonò la cabina di
pilotaggio del Ryusei-Go senza perderlo di vista finché il Gundam non
raggiunse la Hotarubi, poi si mosse svelto per andare ad aiutare
Kassapa.
Voleva solo che Shino, il suo Shino, tornasse. Non gli interessava
essere parte dei Re di Marte, voleva solo poter baciare ancora e ancora
quelle labbra.
Si sentiva lo stomaco in gola e lavorare non lo aiutava a distrarsi;
anche se non era lì fuori con Shino, aveva lasciato dentro Flauros il
proprio cuore.
Non poteva sapere cosa stesse succedendo vicino alla flotta nemica, non
poteva sentire Akihito e Ride che gridavano a Shino di fare fuoco, e
che
lui,
senza esitazione, aveva
usato l’unico colpo del suo Super Galaxy Cannon mentre Orga urlava il
suo nome.
E solo dopo l’arma di Julieta lo aveva raggiunto, colpendo il cannone
ormai vuoto.
Un’esplosione.
Il rimbombo sordo del rumore nel vuoto della galassia.
E il sorriso di Shino che gli si allargava sul volto.
«Strike!~☆».