Journey; Liar. [Il diario dell'angelo.]

di NikitaCorrigan
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Corpi stanchi, sporchi, ricoperti di peccato. Respiri affannosi, parole, desideri proibiti. Sospiri e lunghi sguardi. Ricerche silenziose dell'anima, negli occhi.
 

Vagabondando senza una meta, perso, smarrito e in cerca di un posto che gli rammentasse anche solo vagamente la sensazione della pace negatagli, vagò nella notte. Il silenzio in gola e il freddo invernale in volto, negli occhi, sulle gote dalla pelle bianca e candida come la neve ai suoi piedi. Argentea luce della luna piena, sua malinconica e silenziosa, unica compagna. I pensieri dispersi riempivano il vuoto.

Ricordi. Ricordi di un presente ormai passato che mai più avrebbe animato la sua quotidianità. Dietro l'angelo, il più falso e dannato, sofferto, bramato, un'unica scia di orme. Era solo; solo gli spettri ad accompagnarlo.

Tra pensieri e passi, fredde parole silenziose, lacrime antiche congelate e tramutate in fiocchi di neve attraversati dalle fredde luci del nord, giunse a un labirinto. Niente strade, niente case, niente mondo al di fuori di quel luogo maledetto.

Eccomi, finalmente a casa. Da un lungo viaggio tornato
in questo labirinto d'amore che tanto ho odiato.

Recitò monocorde, apatico, mentre attraversava a piedi nudi il campo delimitato dai corridoi di siepi e rose rosse, immortali. L'unico fuoco rimasto in lui era quello ad accendergli i capelli sanguigni, attraversati da caratteristiche venature scure e coagulate, arrivando al nero delle punte.

Non aveva mai chiesto, mai preteso. Era stato quel sentimento oscuro e malato ad averlo preso.
E cominciò a ricordare.

Rapimento. Rapito da colui che spighe di grano aveva per capelli, setosi fili aurei che trattenevano il calore della primavera nel loro colore prezioso, tanto adorato. Occhi ambrati, legno, nocciole ricoperte da muschio e carbone lo avevano preso, avevano risucchiato una creatura d'inverno e morte nel mondo della rinascita. Il calore della pelle viva, calda.
E ne era rimasto stregato. Stregato, incantato da tanta bellezza.

Ti piace? Ti piace ciò che sono?

Gli era stato domandato, in quel tempo di luce e libertà. In quel tempo di allegria, calore, dolce amore. Eco di voce familiare, deliziosa, ormai portatrice di sofferenza.

Tutto questo... io posso darlo a te. Posso, voglio appartenerti. Niente più abbandono, mai più la solitudine, silenziosa morte dell'anima. Nascondiamoci, condividiamo il nostro dolore. Voglio sapere tutto di te, voglio che diventiamo un qualcosa di unico. Voglio.
Guardami.

Riecheggiò il desiderio di un ragazzo d'inverno estintosi nella neve, scioltosi sotto i raggi di quel sole che ancora non ascoltava i propri desideri.

Le memorie felici e calde, inghiottite dal tempo e da una storia ormai finita, cessarono di esistere con un sospiro. Il peso dei ricordi era troppo. 
L'angelo di ghiaccio si sciolse in preghiera, che sia dannato colui che rimpiange il passato.

Abbandonato, in ginocchio, chiese un'unica cosa all'abitante dell'altro mondo in ascolto, quello oltre il velo:

Perdono.





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