La strada per Westfalia

di LatazzadiTea
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Dopo settimane d'attesa, una grave notizia turbò l'apparente tranquillità dei due generali incaricati della difesa di quel territorio: erano in guerra. Si aspettavano da tempo un simile attacco, quello che non avevano previsto però, era la grandezza dell'armata di Re Nicholaus di Ronania. Diecimila uomini erano davvero tanti e anche se c'erano pochi soldati scelti fra quelle fila, il loro numero era più del triplo del loro esercito. La grande schiera di nemici aveva superato i confini nord orientali di Saarland e fatto scorrerie nel distretto di Dasura, là dove sorgeva il Santuario magico di Ambrosia. Il Santuario era perso. Non avrebbero potuto opporsi a un tale numero di nemici nemmeno volendo, così decisero di riunirsi al resto del loro esercito per tentare almeno di resistere alla loro avanzata e proteggere le città più importanti come la capitale, Daanan.  Ma fu proprio in quel mentre, che una sola guarnigione li intercettò sulla via del ritorno. Adrastar Drias, la Tigre Volante di Adlos, attaccò con meno di trecento uomini le loro retrovie, portando il terrore. Mentre il resto fuggiva, molti soldati di Saarland rimasero a farsi trucidare per permettere ai loro compagni di ricongiungersi agli altri.

Dall'alto della torre del Santuario, lo stregone si preoccupò per l'improvviso peggioramento del tempo. C'era un sole splendido prima, poi le nubi nere e tempestose che avevano iniziato a profilarsi all'orizzonte si erano allungate nel cielo come solchi grondanti di sangue sulla pelle graffiata. Il vento rinforzò, facendo tremare gli alberi e la vegetazione intera intorno alla sacra dimora, e frequenti lampi presero ad illuminare l'oscurità marchiando la terra di un ombra terrificante e inumana. Gli odori portati dal vento trasportavano sentore di morte e distruzione, ma a dispetto di tutto, il vecchio stregone iniziò la sua litania. Gli occhi di Segundus divennero candidi e una luce accecante squarciò il buio intorno a lui che restò fermo come una roccia, contro il vento ululante. I lunghi capelli argentei si arruffarono e il mantello che gli ricopriva il corpo ancora forte e robusto, si tese, strappandosi come una vela nel turbinio della burrasca.

Quel rombo devastante attirò l'attenzione di Adrastar che si voltò di scatto verso quella colonna di luce, rimanendo a fissarla per il breve istante in cui sfolgorò nel cielo temporalesco e scuro. Sprofondato nel fango fino ai polpacci, cercò di farsi strada attraverso quella poltiglia fatta di escrementi, vomito e sangue. Uomini e animali giacevano intorno a lui ormai esanimi: i cavalli erano stati quasi tutti mutilati, e nella maggior parte dei casi, i cavalieri che li montavano giacevano a poca distanza, smembrati a loro volta. I cadaveri dei fanti massacrati sporgevano appena dalla fanghiglia: per sfuggire alla morte, quei poveri soldati si erano inutilmente ammassati uno sopra l'altro. Di quegli uomini coraggiosi, oramai non rimane altro che un mucchio di corpi fatti a pezzi dalla furia del nemico. Ovunque si posasse il suo sguardo: sulle povere carcasse, sugli alberi e sulla terra, Adrastar non vide altro che un mare di frecce dal corvino piumaggio. L'intera valle fra il santuario e l'immensa foresta che si estendeva per miglia fino a lambire i confini di Westfalia, sembrava avvolta da un nero sudario. Ma lui, ormai sfinito, si sedette sulla ruota divelta di una carro chiudendo gli occhi per un breve istante, incurante del luogo in cui si trovava e del massacro che aveva contribuito a creare.

- Il grosso dell'esercito di Saarland, ripiega a sud. Questi disgraziati lasciati indietro per rallentarci, hanno finito per sacrificarsi inutilmente... - esordì uno dei suoi uomini strappandosi una freccia dal fianco dolorante e gonfio.

- Magari, la maggior parte di loro si è offerta volontaria. Guarda quello ad esempio, non avrà più di quindici anni. Le effigi sui paramenti della sua cavalcatura appartengono quasi certamente a una nobile famiglia di Saarland. Stupido, inetto ragazzino... - aggiunse Drias sputando a terra un grumo di sangue e saliva.

- L'hai ucciso tu, capo? - volle sapere il suo soldato.

- Mi ha aggredito alle spalle, se avessi saputo che era poco più di un bambino, l'avrei risparmiato di sicuro - rispose Drias.

Era vero, per loro non c'era niente di male ad ammazzare qualcuno, specialmente se armato, soprattutto in tempi bui in cui l'unica cosa che contava era la forza. Eppure, quel volto esangue e quegli occhi prima luminosi e azzurri ora privi di vita, alimentarono maggiormente il senso di colpa che da qualche tempo lo tormentava.

- Sono stanco di queste inutili uccisioni... - ammise il condottiero.

L'eccitazione del trionfo faceva ribollire il sangue nelle vene e affascinava anche un uomo che come lui, per natura non gioiva nell'uccidere qualcuno. Malgrado il senso di colpa a volte gli bruciasse nel petto come piombo colato, Adrastar sapeva che in quel momento ogni sua considerazione sarebbe stata inutile. D'altro canto era la guerra, e quello della guerra era il suo mestiere. Si rialzò. La luce era scomparsa, e con essa anche la speranza che il sole tornasse a risplendere su di loro quel giorno. Adrastar e il suo luogotenente si allontanarono per ricongiungersi al resto dell'armata ad Ambrosia, ma prima, risistemò alla cintura il prezioso pugnale con cui aveva appena trafitto l'ultimo dei suoi nemici.

- Non serve a nulla sentirsi in colpa, ormai... - mormorò allontanadosi.

Dopo di ché si lasciò quel crudele spettacolo di morte e sangue alle spalle, su cui nemmeno l'astro più rilucente del cielo ormai, sembrava volersi più affacciare.


Evy restò ad ammirare quel prodigio con la stessa meraviglia tipicamente infantile, che contraddistingueva la bambina che era. Sapeva a che serviva quell'incantesimo, come sapeva cosa stesse succedendo all'esterno di quelle mura: il nemico si appressava per distruggere il santuario e loro dovevano fuggire. Prima di scappare coi suoi allievi però, Segundus aveva lanciato una potente magia su quelle antiche pietre, così che chiunque fosse entrato e avesse violato quel luogo se la sarebbe veduta con la stessa costruzione che aveva intenzione di distruggere. Non avrebbe reso le cose facili a nessuno, men che meno a quel folle di Re Nicholaus di Ronania. Ma malgrado i suoi propositi, il pensiero del vecchio Magister andò inevitabilmente alla persona che più amava al mondo, la piccola Evy. Il suo sangue maledetto le avrebbe impedito di seguirlo attraverso il portale magico che aveva creato, tramite il quale avrebbe potuto raggiungere più in fretta il regno di Westfalia. In quanto mezzosangue, Evy era immune ad ogni tipo di magia, e non solo, quel potere arcano su di lei non funzionava. La ragazza divorava la magia, come aveva divorato parole, frasi e formule da ogni libro letto nella biblioteca di Ambrosia. Se a Evy quella via di fuga era preclusa, lo stregone avrebbe trovato un altra soluzione per salvarla. Avrebbe dovuto lasciarla al santuario a cavarsela da sola almeno finché non avesse incontrato colui il cui destino era legato al suo. Quella persona non era lontana, Segundus ne aveva aveva sentito l'odore nel vento, così appoggiò una mano sul capo della ragazza per l'ultimo saluto, sospirando. Aveva vissuto abbastanza da sapere che non esistevano soluzioni facili, scelte sbagliate o giuste. Il destino li avrebbe condotti sempre dove voleva, e nel caso di Evy, fra le braccia del solo e unico nemico che una persona come lei poteva avere sulla terra. Il solo però, che al contrario di ogni aspettativa, avrebbe potuto salvarla.



 




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