note iniziali:
la fanfiction che vi apprestate a leggere tratta dei personaggi di
Tokyo ghoul in un universo creato per metà da me e per
metà (ma anche
di più) ispirato al famoso anime/manga Death note. Non so se
sia effettivamente un crossover, ma l'ho segnato come avvertimento.
Per chi non conosce Death note mi
sento in dovere di fare qualche appunto prima che proseguiate con la
lettura: gli shinigami sono dei della morte. Sono loro i responsabili
della morte delle persone e agiscono grazie a dei quaderni, chiamati
death note, in cui scrivono il nome dell'individuo destinato a morire.
Non
credo di avere altre
precisazioni in merito, vi auguro buona lettura e ci si rivede nelle
note di sotto. ♥
.:Chapter one;
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♦
Tutti
quelli che aspirano all'infinito tendono a dimenticare le principali
caratteristiche di esso: non ha un inizio né una fine.
La vita di Ken era un infinito, e, proprio per questo, non si sapeva
quando fosse cominciata né quanto ancora sarebbe durata. La
sua esistenza andava avanti da così tanto tempo che la sua
limitata memoria eliminava i vecchi ricordi per far spazio a quelli
nuovi. E così era accaduto che Ken aveva perso ogni
cognizione del tempo: perché l'inizio di tutto era sfocato,
la fine era troppo distante, irraggiungibile o inesistente.
Questa era dunque la prima caratteristica del suo essere uno shinigami:
vivere per sempre. Con neanche un segno, una traccia, o qualsiasi altra
cosa che potesse collocare quel che stava trascorrendo in un tempo
preciso. Solamente il quaderno che Ken portava sempre con sé
recava un piccolo indizio, perché la prima pagina recitava
la frase "5^ generazione di umani". Il che rappresentava la sua prima
certezza: la dea Terra era morta quattro volte e rinata cinque, facendo
alternare sul suo pianeta ben cinque razze di esseri umani.
Terra era la madre di tutti gli uomini, era lei a far nascere ognuno di
loro, era invece compito degli shinigami ucciderli.
Terra amava i suoi figli, ma loro non ricambiavano; lei si donava loro,
loro la trattavano male, la sfruttavano, la distruggevano. E gli umani
non ce l'avevano solo con lei, odiavano pure se stessi: erano tutti
simili, quasi identici, ma quel che li accomunava più di
qualsiasi altra cosa era il desiderio di primeggiare sugli altri. Era
così che passavano la loro effimera vita: distruggendo,
distruggendosi.
Ognuna delle generazioni che si era alternata seguiva sempre un filo
cronologico ben preciso: Antichità, Medioevo, Età
moderna, Età contemporanea, Età futuristica.
Per le quattro volte in cui ci si era arrivati l'età
futuristica si era rivelata un fallimento: gli umani arrivavano a un
punto in cui si facevano guerra per tutto, perdevano di vista qualsiasi
morale e si interessavano solo a ottenere grandezza e potere. Il motivo
per cui si erano alternate cinque generazioni era proprio questo:
giungeva il momento in cui Terra di stancava, e annullava se stessa per
porre fine a tutto quel caos. Moriva, e con lei morivano i suoi figli.
Ma Terra non imparava mai dai suoi sbagli, provava un amore sconfinato
e anche un po' masochista per quella bizzarra specie, così
dopo un arco di tempo più o meno lungo di
inattività si rigenerava e dava la vita a una nuova razza
umana. E così ricominciava quel ciclo infinito.
Ora come ora, con la quinta generazione in corso erano fermi al periodo
dell'Antichità, pronti ad affacciarsi al Medioevo.
E già Ken riusciva a contare tre certezze sulla propria
esistenza: 1) era infinita, 2) era strettamente collegata a Terra e ai
suoi figli, 3) il suo compito, in quanto shinigami, era quello di porre
fine alla vita degli umani, segnandoli sul proprio quaderno della
morte, cosicché sul pianeta Terra potessero continuare a
nascere nuovi umani che si alternassero di anno in anno, di periodo in
periodo, senza creare sovraffollamento.
Il suo problema era... Da quanto tempo andava avanti così
ormai? Più trascorreva il tempo più dimenticava
il passato. Si ricordava a stento di come brutale fosse stata la fine
della quarta generazione di umani, e di quanto tempo senza far nulla
fosse passato prima che Terra si rigenerasse. Ora Ken poteva di nuovo
adempire al suo lavoro assieme ai suoi colleghi, ma... Prima che
esistessero gli umani lui dov'era, cosa faceva, di che lavoro si
occupava? E che fine facevano gli umani che uccideva? Quando ancora
neanche una generazione di umani era arrivata, lui esisteva? O gli
shinigami e gli umani erano stati generati assieme all'inizio di tutto?
Era Terra che comandava quel ciclo infinito e apparentemente
immotivato? E lui non aveva alternativa per sfuggire a quell'eterno e
indefinito limbo dalle estremità sfocate?
Altra certezza: noia. Ken non conosceva neanche del tutto il
significato di questa parola, ma le sembrava perfetta per descrivesi.
Ormai ne era certo: quei millenni passati a osservare gli umani, per
quanto poco si ricordasse, lo avevano senza dubbio mutato. Dall'alto
del suo piccolo e oscuro mondo, dove quelli come lui trascorrevano le
giornate con un quaderno in mano a vedere cosa facevano gli uomini e a
ucciderli quando ne avevano voglia, sentiva di esser diventato anche
lui un po' come le sue vittime.
Prima il suo modo di agire era meccanico: sapeva di dover segnare un
nome sul suo death note, lo faceva e aspettava che il malcapitato
morisse. Ma ora non era più così. Con la 4^
generazione aveva scoperto l'esistenza dei libri: centinaia di pagine
rilegate assieme che contenevo i pensieri e le fantasie umane.
Così si era innamorato della specie umana e della loro
libertà, dei loro pensieri, dei loro modi irrazionali di
agire. Aveva cominciato a trascorrere più tempo sulla terra
che sul suo pianeta, restando invisibile agli umani e osservandoli
silenziosamente o prendendo forma di umano lui stesso e interagendo con
loro per qualche sporadico minuto. All'inizio gli sembrava tutto nella
norma, non era di certo il primo shinigami a cui piaceva girovagare per
la Terra, ma poi i libri aveva cominciato a rubarli e a nasconderli a
casa sua nel suo pianeta.
E già ecco il suo primo segreto reato: portare oggetti umani
nel mondo degli shinigami. E non si era fermato lì, poi
aveva iniziato anche a leggerli tutti quei libri e ad apprezzarli. Era
da quel momento che tutti quei vorticosi pensieri avevano iniziato a
girargli per la testa, anche se suonavano sbagliati e anormali per uno
della sua specie. Non poteva di certo sapere se tra i suoi colleghi
qualcuno si fosse posto domande simili, perché le
conversazioni tra shinigami erano minime, gli scambi di pensieri
inesistenti. Quindi la noia allagava il suo mondo: era una vita triste,
monotona, grigia e orribilmente infinita.
Da quando era nata la quinta generazione non c'era ancora stata una
volta in cui fosse sceso su quel pianeta per parecchi motivi. Gli altri
shinigami non avevano perso tempo ad accorgersi dell'interesse bizzarro
e fuori luogo che Ken provava per le persone. Veniva in particolar modo
preso di mira perché era considerato il pupillo del re degli
shinigami, Arima. E qualcuno di tanto rinomato veniva tenuto d'occhio.
Per fortuna le voci che giravano su di lui si erano esaurite in fretta,
e nessuno aveva mai ispezionato casa sua, con il rischio di far venire
fuori la sua collezione proibita.
I libri erano il più grande e pericoloso tesoro di Ken,
perché contenevano i sentimenti degli uomini. Ciononostante
erano diventati l'unico motivo per cui riusciva ad andare avanti:
sfogliava le pagine bianche, passava i polpastrelli sull'inchiostro
nero e si sentiva parte, per quanto paradossale potesse essere per uno
shinigami, della vita. Ormai era così influenzato dalle
stupide congetture degli umani, dai loro bizzarri sentimenti, che si
era trovato ad esitare al momento in cui ne doveva uccidere uno, o
aveva selezionato e direzionato alla morte solo quelli considerabili
malvagi.
Ed era da lì che si era accorto che c'era decisamente
qualcosa di anomalo in lui, perché uno shinigami incapace di
uccidere non può di certo considerarsi uno shinigami.
« Ken » l'interpellato si bloccò di
colpo, rendendosi conto che, assuefatto dai pensieri, stava camminando
avanti e indietro da un bel po'. Incrociò lo sguardo di
Touka, shinigami con la quale aveva un rapporto che gli umani avrebbero
potuto definire amicizia. Sembrava che a tratti ci tenesse a lui, e Ken
si domandava spesso se fra due shinigami qualcosa del genere fosse
possibile. Passavano molto spesso tempo assieme a parlare (non erano
chiacchierate vivaci come quelle che potevano avere due persone, ma era
pur sempre un inizio) quindi a lui non dispiaceva pensarla
così.
« Ciao Touka, » abbozzò un sorriso
sorpreso « come va? »
La shinigami inarcò un sopracciglio mantenendo
un'espressione piuttosto fredda. Incrociò le braccia al
petto e sbuffò.
« Non sei ancora sceso sulla terra, come mai? »
chiese diretta, con tono vacuo e distaccato, ignorando la domanda del
compagno.
Ken deglutì.
« È strano da parte tua, ho sempre creduto che ti
piacesse stare a contatto con... » Fece qualche attimo di
silenzio come se stesse ponderando le parole, « la morte
» concluse.
Ken abbassò lo sguardo. Era da un po' che non si vedevano e
quindi non era proprio quella la prima domanda che si aspettava di
ricevere. Inoltre era raro che fosse lei a cercare lui, in genere era
sempre il contrario. Per essere lì a chiedergli di cose del
genere, Touka doveva aver sentito dei guai in cui si era cacciato.
« Touka, » iniziò, consapevole dei
rischi che correva « lo sai bene che non è la
morte a piacermi, ma le persone »
Lo schiaffò che gli arrivò sulla guancia fu
così repentino che Ken si rese conto di cos'era accaduto
solo grazie al sonoro rumore. Si passò i polpastrelli sulla
guancia dolorante e incrociò lo sguardo furioso di Touka.
Era forse un'emozione quella che le leggeva in viso? Un'emozione
rivolta a lui?
« Non dire stupidaggini! » irruppe, « sai
bene che parere hanno gli altri su di te, come puoi permetterti di
scherzare in questo modo?! »
« Non stavo scher- » questa volta Touka gli sferro
un pugno, ma Ken riuscì a evitarlo. Touka restò
ferma a guardarlo con gli occhi infuocati dalla rabbia, ansimando. Con
le sopracciglia corrugate e i fili di capelli sul viso, gli occhi rossi
dalla sclera nera, Ken la considerò assurdamente bella e si
chiese come fosse possibile che si trattasse di una dea della morte.
Possibile che stesse reagendo così perché ci
teneva a lui?
« Scusa, hai ragione, stavo scherzando; ho sbagliato.
»
Touka lo guardò in cagnesco. « Non ci tieni
affatto alla tua esistenza, eh, Ken? » domandò.
Rifletté per qualche secondo con occhi vuoti. Quella di
Touka era una domanda retorica, Ken non aveva nulla da perdere da
un'esistenza come la sua.
« Io... »
« Non rispondere » lo bloccò,
« non voglio saperlo... » Abbassò lo
sguardo, rilassò le spalle e i pugni. Lanciò un
ultimo sguardo al ragazzo dopodiché di allontanò
senza voltarsi.
Ken rimase solo.
« Mi dispiace Touka » sussurrò. Si
accorse della desolazione che lo circondava di nuovo.
Non era colpa sua, non poteva mentire. Anche se ogni giorno rischiava
di ottenere le occhiatacce dei suoi colleghi e di finire in guai
più seri non poteva nascondere all'infinito l'intolleranza
che provava per un'esistenza così vuota come la sua. Poteva
a stento fingere per non ferire Touka, o per non deludere Arima. Ma
fingere per sempre, per quante altre generazioni ancora? Impossibile.
Ken sospirò. Voleva solo una via d'uscita.
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note: buonsalve
fandom di Tokyo ghoul! questo è il primo capitolo di una
long che credo arriverà più o meno sui dieci
capitoli. La principale coppia sarà l'hidekane, ma voglio
dare spazio anche a Touka: primo, perché la TouKen
è pure cosa bella e sono felice *spoileeer*[ dei risvolti
che ha preso il manga; ]e secondo, perché sì.
Spero che questo inizio sia piaciuto a qualcuno, e che vi abbia
incuriosito sui futuri dettagli che si veranno a scoprire andando
avanti. Questo capitolo era solo una sorta di introduzione per un
universo su cui ho ancora tanto da dire. Le critiche o i commenti di
qualsiasi genere sono ben accette.
Saluti,
Eeureka.
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