Pensando a un abbraccio

di Return_to_Nibelheim
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PENSANDO A UN ABBRACCIO

Non è raro che Edward indugi in vagheggiamenti su mani indistinte che lo stringono in un abbraccio.
Immagina il gesto.
Il calore del corpo dell’altro.
La profonda tenerezza, la confidenza.
Gli piacerebbe che qualcuno di tanto in tanto lo abbracciasse così, che lo cingesse forte fin quasi a soffocarlo, ma naturalmente piuttosto che ammettere una cosa del genere si farebbe strappare la lingua con una cesoia arrugginita da giardino.
Mustang lo può escludere subito, lui non lo tocca mai se non per dargli sulla testa pacche così forti da accorciarlo: strano per uno che passa le giornate a scavare conche nelle poltrone con le chiappe. Ma anche se per qualche arcano motivo lo facesse, pervertito com’è, il rischio che gli scivoli la mano troppo in basso è forte e Ed non vuole correrlo. La maestra Izumi, invece, gli stritolerebbe soavemente le vertebre con un ameno rumore di nacchere se solo pensasse di farle la sua richiesta. Col Tenente Hawkeye si vergogna anche solo ad immaginarli in quella situazione perché ha una specie di rispettosa soggezione di lei, la percezione di un’aura che respinge qualsiasi forma di tenerezza. A dire il vero un po’ lo intimorisce. E sì che secondo Winry è una donna così dolce…
Winry…
Non va bene neanche lei, perché appena pensa all’ipotesi di entrare nel suo spazio personale per un qualcosa che non sia divorarsi vicendevolmente a suon di insulti diventa rosso come il suo cappotto: la zietta invece ha le braccia troppo corte perché la stretta possa risultare davvero appagante.

Così finisce sempre ad immaginare le mani di Alphonse.
Non quelle fredde e vuote dell’armatura che dorme nel letto accanto.
E neppure quelle che pensa avrebbe adesso il suo fratellino se riacquistasse il suo corpo, ma le mani del bimbo che quando c’era la mamma cercava sempre di stringerlo a sé.
Quello che lui invece spingeva via con rabbia, disgustato.
E che una volta buttò per sbaglio giù dalle scale.
Perché era di natura scostante e non sopportava di essere toccato, mentre invece suo fratello era l’esatto opposto: lui vedeva le persone come enormi peluche da stringere fino al soffocamento.

C’è dell’ironia in tutto questo.
Dio, il destino o chi per lui ha un umorismo malato.
Adesso darebbe gli arti che gli restano per un abbraccio fraterno, caldo e gentile.





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