Jealousy.
Trecce
turchine ornate di riflessi di luce increspano la superficie dell'acqua
e, nonostante la loro indubbia bellezza, non bastano a convincerlo a
tuffarsi. Mizu continua a osservare il liquido davanti a sé
non convinto, e realizza che quella piscina non è seducente
e invitante come per lui dovrebbe essere. Anzi, più soppesa
la vasca con lo sguardo più si accorge che nel muovere le
braccia e le gambe lì dentro non ci sia nulla di divertente.
E questo è un pensiero più che sbagliato e che
andrebbe estirpato dalla sua mente: perché lui è
figlio di due nuotatori che dietro al nome si trascinano la storia di
una grande e indissolubile carriera. Non può neanche
ipotizzare che il nuoto non gli piaccia: l'acqua dovrebbe essere il suo
elemento, la sua seconda casa.
« Qualcosa non va, Mizu-chan? » è la
voce di Makoto, suo istruttore e grande amico dei suoi genitori, a
ridestarlo dai propri pensieri.
Mizu si rende conto solo in quel momento di essere rimasto fermo
impalato sulla pedana, a muovere freneticamente i piedi –
avanti e indietro, in punta e sui talloni – e arricciando le
dita indeciso sul da farsi.
Gli occhialini gli fanno male al naso, mentre la cuffia di plastica gli
tira la fronte. Ciononostante la prospettiva di quello che lo attende
rimane la cosa più fastidiosa.
Rimane zitto, fa solo un lieve e veloce cenno indicando l'accessorio
sul viso.
« Oh, ti fanno male? » si preoccupa Makoto, e in
tutta risposta Mizu si limita ad annuire timidamente, sperando di poter
perdere un po' di tempo prima di doversi abbandonare alle fauci gelide
e volubili dell'acqua.
« Li hai messi al contrario. Ma non c'è problema,
li aggiustiamo subito » ridacchia Tachibana, levandogli gli
occhialini con cura, attento a non ferirlo, per poi rimetterglieli nel
verso giusto « Va meglio? »
Mizu annuisce, perché il dolore al naso è del
tutto scomparso, eppure sente ancora un malessere da qualche parte
dentro sé – probabilmente nel petto –
che gli impedisce di credere d'esser pronto a nuotare.
Makoto pare accorgersene, coglie il guizzo preoccupato negli occhi del
figlio della sua migliore amica. Ormai è abituato a stare
con i bambini e gli riesce piuttosto bene capirli. In più
Mizu è ben diverso dai suoi coetanei, avendo ereditato buona
parte del suo particolare carattere dalla madre possiede modi di fare e
di recepire che Tachibana conosce benissimo.
« Qual è il problema Mizu? » lo
interroga, senza giri di parole. « Se qualcosa non va puoi
dirmelo. »
Il piccolo mantiene lo sguardo ceruleo verso il basso, e riflette sulla
scusa da inventarsi.
« Non ricordo come si fa il tuffo a pesce. »
afferma poi, sperando di essere credibile.
Makoto ha spiegato solo una volta quel tipo di tuffo, essendo i bambini
di quel corso molto piccoli e soprattutto non a livelli agonistici. Non
ha mai preteso che loro si tuffino proprio in quel modo, ma li lascia
liberi di entrare in piscina come preferiscono – anzi, se
scendono dalle scalette è ancora meglio.
« Mizu... Sul serio, qualunque cosa non va in questo momento
me ne puoi parlare » ripete, non abboccando alla bugia del
bambino.
Mizu è riluttante, corruccia le sopracciglia e gonfia
leggermente le guance.
« Non c'è niente che non va » protesta,
incrociando le braccia al petto e ritraendosi di qualche passo. Sente
le lacrime che iniziano a pizzicargli gli occhi, per via del brutto
vizio che gli ha lasciato il suo papà.
« Mizu, ti prometto che non lo dirò a nessuno.
» tenta Makoto. Ed è a quel punto che il piccolo
Matsuoka, senza sapere da dove gli giunge il coraggio, inizia a
guardare negli occhi il suo allenatore. È quella la frase
incoraggiante di cui necessitava per essere sicuro di poter rivelare il
suo complesso interiore. Perché lui è il figlio
di Haruka e Rin, che amano l'acqua, amano il nuoto, e con questo stesso
nome lo hanno battezzato: Mizu, acqua. Lui può forse
permettersi di odiare quello sport? Come potrebbe mai rivelare ai suoi
che le lezioni di nuoto non lo divertono affatto, senza provocare in
loro una grande delusione?
« Io... » esordisce e per l'insicurezza si morde il
labbro « A me non piace l'acqua » riesce infine a
confessare.
Makoto non riesce a trattenere un sorriso. Non perché sia
felice, ma perché si aspettava che il motivo del turbamento
interiore del bimbo fosse quello. Difatti, non è la prima
volta che gli capita un caso simile: quella era stata con il fratellino
di Kisumi, e in seguito nel corso della sua carriera da allenatore
sempre più frequentemente aveva trovato bambini che si
trovavano in piscina senza comprenderne neanche loro il motivo.
Tachibana lo evinceva dal loro comportamento svogliato e dall'assenza
di sorrisi per le intere lezioni, e quando loro decidevano di
confidargli questo segreto l'istruttore andava per prima cosa alla
ricerca della motivazione.
« Come mai non ti piace? »
« Non mi piace e basta » risponde semplicemente il
piccolo, certo che non ci sia nulla da spiegare sulla sua repulsione
per l'acqua.
« Capisco. » Makoto si mostra piuttosto
comprensivo. « Perché non provi a dirlo ai tuoi
genitori? » e propone quella che è l'unica
soluzione. Il problema è come reagisce Mizu: prima alza lo
sguardo sul suo allenatore, strabuzzando gli occhi come se sia stato
appena tradito, poi, inesorabile, inizia a piangere.
Tachibana si da dello stupido mentalmente. Prende il bimbo da sotto le
ascelle per sollevarlo e metterselo in braccio, e lascia che si sfoghi
sulla sua spalla mentre lui gli da amorevoli e pazienti pacche sulla
schiena.
Si allontana dalla pedana e attende che si calmi un po'. Mizu
è introverso e sensibile, ma non è bravo a
mentire, così quando l'adulto ha toccato quella fragile
corda è stato impossibile per lui non scoppiare in lacrime.
« Ohi » lo chiama a un certo punto Makoto,
mettendolo a terra e chinandosi fino ad arrivare alla sua altezza. Per
fortuna sono distanti dalla piscina e gli altri bambini sono occupati
ad esercitarsi con l'istruttrice, o intorno a Mizu si sarebbe formato
un gruppetto di curiosi che avrebbe peggiorato la situazione.
« Mizu, la tua mamma e il tuo papà ti vogliono
bene anche se non vuoi nuotare . »
È probabile che Rin e Haruka ci restino un po' male, ma non
ne faranno una tragedia: l'amore per uno sport non è mica
una cosa ereditaria.
Mizu si è quasi calmato, ha ripreso a respirare regolarmente
anche se di tanto in tanto ancora tira su col naso.
« Ma... » protesta, non ancora del tutto persuaso
da quell'idea. Sposta gli occhi sulla piscina, in preda a pensieri che
a Makoto sono sconosciuti. Allora l'adulto prova a seguire la direzione
dello sguardo del piccolo e improvvisamente tutto si fa più
chiaro.
« Ah » fa, quando nel suo campo visivo rientra
l'altro piccolo Matsuoka, con i suoi occhi pimpanti, il perenne sorriso
e i ciuffetti di capelli rossi che fuoriescono a tratti dalla cuffia.
« E quindi c'entra Sakura, eh? » domanda Makoto,
sperando di non farlo piangere di nuovo.
Mizu abbassa il capo con le guance imporporate, vergognandosi di essere
tanto trasparente. Poi annuisce, e si sforza di far uscire le parole
che soggiornano nella sua gola.
« Sakura è più bravo di me a nuotare
perché a lui piace. E papà e mamma sono contenti
di questo. »
Makoto di fronte a quella rivelazione sorride intenerito e divertito al
contempo, realizzando di trovarsi davanti uno dei tanti casi di gelosia
tra fratelli. In fondo c'era d'aspettarselo però: Sakura
è l'esatto contrario di suo fratello maggiore. È
estroverso, rumoroso, e a quanto pare ha ereditato la passione per il
nuoto – o almeno, finora dà quest'impressione.
Mizu invece sembra non provare sin dal principio nulla per quello
sport, e ha l'impressione che questo, nel suo caso, sia un difetto o
qualcosa che lo faccia risaltare meno rispetto al fratello, per questo
fino a quel punto si è ostinato a venire alla lezioni pur
non divertendosi.
Makoto sospira, e affonda affettuosamente la mano tra i capelli del
bimbo.
« Ma la tua mamma e il tuo papà ti vogliono bene
anche se non ti piace nuotare. Credimi, non è importante
amare l'acqua, loro ti vogliono bene lo stesso » spiega.
Il bambino lo guarda con un misto di speranza e incertezza «
Sicuro? »
« Sicurissimo. »
E Mizu riesce a sorridere, anche se in modo impercettibile –
come prima della sua nascita solo Haruka era in grado di fare.
« Facciamo così Mizu: quando viene la mamma a
prendervi glielo diciamo assieme che non vuoi più nuotare,
okay? » propone per assicurarlo ulteriormente, e il bimbo
annuisce.
***
Haruka
arriva all'Iwatobi solo quando quasi tutti i bambini, eccetto per ovvi
motivi i suoi figli, se ne sono già andati. Mizu e Sakura
frequentano l'ultimo turno, così ogni volta che vanno a
cambiarsi negli spogliatoi possono avere a disposizione Makoto, che li
aiuta a prepararsi e ad asciugarsi i capelli. Rin e Haruka avevano
spesso protestato per questo, affermando che non fosse necessario, ma
Tachibana aveva insistito fino all'ultimo finché non era
riuscito a convincerli – del resto, gli piace credersi come
una sorta di zio per quei due splendidi bambini.
« Ciao Haru-chan » saluta, quando dalla porta
d'ingresso entra la suddetta donna. Makoto l'ha attesa per qualche
minuto lì, tenendo per mano entrambi i suoi figli.
« Ciao. » Haruka indossa la sua solita espressione
apatica, e Makoto si stupisce per l'ennesima volta di quanto i suoi
occhi siano profondi nonostante l'inespressività.
« Mamma, mamma! » Sakura si divincola in fretta
dalla presa dell'uomo e si butta a capofitto su sua madre, stringendole
le gambe in un abbraccio « Mamma, mi sono divertito
tantissimissimo! Mi piace nuotare! » quasi lo urla.
Haruka è colta da una sensazione immensa di tenerezza, e per
quanto restia a mostrare le sue emozioni non può vietarsi di
sorridere.
Mizu davanti a quella scena sente il cuore che gli si stringe e perde
in parte il coraggio ottenuto. Va alla ricerca degli occhi rassicuranti
di Makoto, che gli sorride incoraggiante e con un cenno del capo lo
esorta a fare il primo passo.
« M-Mamma » gli trema la voce ed ha appena
sussurrato. Ciononostante Haruka lo sente e alza lo sguardo verso Mizu.
« Sì? » chiede, incoraggiando il piccolo
a continuare.
Mizu è piuttosto nervoso, e sente il cuore che gli palpita
veloce. Con la manina intensifica la stretta con Makoto, come se questo
potesse infondergli coraggio.
Passano alcuni secondi, in cui gli occhi dei presenti sono tutti
puntati su di lui, dopodiché si decide a dirlo: «
Mamma a me non piace nuotare invece, non voglio venirci più
qui. »
Haruka rimane in silenzio come se stia elaborando dentro di
sé quell'informazione.
« Ah, va bene » dice infine. Non sembra
né delusa né arrabbiata, né altro. A
essere sinceri, non manifesta proprio nulla, e questo confonde e
allarma il bambino.
« Sei arrabbiata mamma? » domanda ingenuamente.
Haruka, che non è brava a esprimere i suoi sentimenti, ma
che ci tiene che il suo bambino capisca che è tutto apposto,
si china e allarga le braccia per invitarlo ad abbracciarla. Mizu lo
capisce, e non se lo fa chiedere due volte prima di correre dalla sua
mamma e stringerla.
« Non sono arrabbiata » mormora Haruka
accarezzandogli i capelli.
« Anch'io mamma! » si lamenta Sakura, che viene poi
incluso nell'abbraccio.
Makoto assiste alla scena sorridendo intenerito, anche se pare che
qualcosa dentro di sé si stia inspiegabilmente incrinando.
Haruka si alza e prende tutti e due i suoi figli per mano, volge lo
sguardo verso Makoto. « Grazie per tutto Makoto »
dice un po' imbarazzata. Perché sa che è merito
di quell'uomo se Mizu gli ha rivelato quel che da tempo Haruka
sospettava.
« Di niente, Haru-chan. » Il ragazzo le sorride,
lei vorrebbe farlo pure, ma non le riesce.
« Adesso noi andiamo. Papà ci sta aspettando in
macchina » annuncia. « Ciao Makoto. Salutatelo
anche voi. »
I bambini fanno come gli è stato ordinato, uno agitando la
mano con timidezza, l'altro urlando saluti di ogni genere l'uno dopo
l'altro.
« Ciao Haru-chan! E ciao anche a voi! » lo dice con
gentilezza Makoto, anche se il suo sorriso vuole spegnersi. Appena i
tre sono scomparsi dietro la porta d'ingresso, Makoto abbandona il suo
buon umore sfumato.
Si accorge che quel "papà ci sta aspettando" lo ha ferito.
Pensa che sebbene sia lieto di aver aiutato il piccolo Mizu a superare
la sua paura, improvvisamente riesce a comprendere la sua gelosia.
Realizza che quei bambini non sono figli suoi e di Haruka, no, ma di
Haruka e Rin; e questo, anche se ormai è l'effettiva
realtà da svariato tempo, a tratti fa ancora male.
Makoto scuote la testa e allontana rimpianti, cose mai dette e soffoca
per l'ennesima volta l'amore che prova per la sua migliore amica.
Pensa che la gelosia è una brutta bestia, ma cerca di non
curarsene più di tanto. Semplicemente, come al solito,
ignora quel che sente dentro lui e sorride.
{{ blaterazioni.
}
che dire, è la prima volta che scrivo su free!
Cioè, non proprio la prima... Diciamo la prima volta dopo
tanti insuccessi e tentativi.
Non c'è molto da dire su questa fic. Ammetto che come
esordio per questo fandom avrei voluto scrivere qualcosa che mi
soddisfacesse un po' di più, ma questa idea mi è
ronzata in mente per tempo e alla fine l'ho concretizzata del tutto.
È incompiuta, ovvero, sì, è un po'
lasciata incompleta, e quindi potete immaginare che Makoto abbia
continuato a soffrire in silenzio per la vita intera o che alla fine
abbia fatto qualcosa per cambiare la situazione. Io immagino che lui
abbia scelto la prima per non ferire nessuno, ma ogni vostro trip
mentale è ben accetto :D (?)
E niente, dopo queste blaterazioni più che inutili spero che
la fic vi sia piaciuta e se è così vi invito a
lasciarmi un commentino con il vostro parere e magari possibili
consigli.
Saluti,
Eeureka
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