LdsOdv
Tra
palco e realtà
Extra di Lezioni di seduzione
“Hai davvero intenzione di studiare mentre sei qua?”
Sbuffai, perché era la quinta volta che me lo chiedeva nel
giro di poche ore. “Sì, Jack.”
Si fermò, a due passi dall’entrata della libreria.
“Rimani solo cinque giorni.”
Come se non sapessi anch’io che il tempo sarebbe
volato. “Lo so ma ieri il professore ha aggiunto
questo saggio al materiale da studiare e non era previsto” mi
lamentai, considerando quanto avevo studiato nelle notti precedenti per
rimanere al passo con il piano di studi e potermi concedere quei giorni
a Londra.
Annuì, sconfitto. “D’accordo, vediamo se
lo troviamo qua” mi prese per mano ed entrammo.
Sperai che il terzo tentativo fosse quello buono, nelle due librerie
precedenti era andata male e non ne esisteva una versione digitale.
“Io vado a cercarlo, tu intanto vedi se qua
c’è qualcuno che ci possa aiutare” mi
istruì Jack, ancora nervoso per la mezz’ora persa
nel negozio precedente.
Da quando era venuto a prendermi all’aeroporto, non eravamo
ancora riusciti a stare un po’ da soli. Avevamo lasciato la
mia valigia nel suo appartamento e mi aveva proposto di fermarci in
camera sua, per farmi riposare,
ma in salotto c’erano il suo coinquilino e un paio di amici.
“Jack, se mi stendo rischio seriamente di addormentarmi, non
ho dormito molto sull’aereo” era stata la mia
risposta, a malincuore. C’eravamo baciati, non appena ero
corsa tra le sue braccia, ma eravamo comunque in pubblico.
“Hai così scarsa fiducia nelle mie
capacità di tenerti sveglia?” si era finto offeso
ma il suo classico ghigno aveva fatto subito capolino.
“Al contrario, ne ho troppa e di là in salotto
c’è gente” mi ero seduta sul letto, con
un sospiro.
“Decisamente non sei silenziosa, è vero. Per me
non è un problema ma…”
“Jack!” lo avevo bloccato, cercando di non ridere.
Perché era drammaticamente vero, tutto quanto. Sia che lui
riuscisse a farmi perdere il mio abituale autocontrollo sia che non se
ne sarebbe minimamente curato, mentre io non avrei avuto il coraggio di
uscire da quella stanza fino alla partenza.
Perciò avevamo deciso di andare alla ricerca di quel
maledetto libro, considerando che avrei comunque avuto qualche ora
libera il lunedì mentre Jack sarebbe stato a lezione. Certo,
avrei potuto godermi la città da turista ma non era la mia
prima visita e in caso di pioggia, quindi molto probabile, avrei avuto
qualcosa di utile a cui dedicarmi.
Jack sparì nei meandri della libreria, diretto alla sezione
giusta, mentre io mi avvicinai alla cassa per chiedere informazioni.
C’era un ragazzo alto, dai capelli corti, fermo lì
vicino. Non era in fila per pagare e alla cassa non c’era
nessuno, perciò dedussi che lavorasse lì.
“Scusami, sto cercando un libro” esordii.
Si girò e mi restituì uno sguardo perplesso. Non
era la prima volta che il mio accento americano suscitava un minimo di
curiosità ma lui mi stava fissando come se parlassi
un’altra lingua.
“Mi dispiace, non lavoro qua.” E non era nemmeno
del luogo, dedussi da come mi rispose.
“Oh, scusami” arrossii, conscia di aver appena
scambiato un turista per un commesso. Con buona pace del
cliché dell’americana svampita.
“Non ti preoccupare” mi sorrise, poi aggiunse
“scusami… il mio inglese non è il
migliore.”
Parlava lentamente, misurando le parole ma non aveva fatto alcun errore
e, oltretutto, aveva davvero una bellissima voce.
“Oh no, tranquillo! A volte faccio fatica a farmi capire
perfino io qua, quando parlo troppo velocemente. Sono
americana” gli spiegai.
Non mi ero mai accorta di quanto marcato potesse sembrare il mio
accento fino a quando Jack aveva iniziato a esercitarsi per usare
l’accento inglese e le differenze erano diventate subito
evidenti.
“Turista? O adesso vivi qua?”
“Nessuna delle due. Il mio ragazzo studia qua e quando posso
vengo a trovarlo” sempre troppo poco di frequente, ma le ore
di viaggio e le spese per sostenerle erano davvero tante.
“Relazione a lunga distanza, wow” poi aggiunse
qualcosa in una lingua che non riconoscevo, guardando alle mie spalle.
Mi girai e vidi una ragazza sorridergli, poi si avvicinò a
noi, mostrandogli un libro.
“Puoi chiedere a lui” il ragazzo dalla bella voce
mi indicò il commesso che aveva seguito la ragazza, forse
era stato impegnato a trovarle quel libro.
“Grazie e scusami ancora” gli feci un ultimo
sorriso, prima di girarmi.
Con la coda dell’occhio vidi che quella che probabilmente era
la sua ragazza mi guardava con curiosità.
Con enorme sollievo di Jack, trovammo il libro ma quando stavamo per
uscire dalla libreria, ci accorgemmo che fuori la pioggia da lieve era
diventata intensa.
“Mangiamo qualcosa qua, dai. Diamo il tempo agli altri di
sgombrare casa come ho chiesto” mi propose, indicandomi il
locale lì vicino.
“Più che chiesto, hai ordinato, minacciandoli di
non azzardarsi a tornare prima di mezzanotte.”
Jack rise, non potendo negarlo. “Miciotta, non ti vedo da
quasi due mesi e avresti dovuto accettare la mia proposta di prenderci
una stanza in albergo.”
Scossi il capo. “Avremmo speso inutilmente soldi, dobbiamo
risparmiare per il prossimo biglietto aereo.”
Dopo varie discussioni avevamo deciso di creare un fondo comune, dove
depositare ogni nostro risparmio da destinare ai biglietti aerei.
Jack lavorava quattro sere a settimana in un pub ma la sua borsa di
studio copriva soltanto la rata di iscrizione e poco altro, quindi
doveva comunque pagare l’affitto e mantenersi. A suo padre
non aveva chiesto un soldo, non si erano più parlati da
quando gli aveva annunciato il trasferimento oltreoceano. Io avevo
iniziato a dare ripetizioni e per fortuna i miei genitori si
preoccupavano di pagare anche l’affitto
dell’appartamento che dividevo con Rick.
Non ci saremmo comunque potuti permettere più di due viaggi
se non fosse stato per i biglietti che Luke, il fratello di Jack, ci
aveva regalato per il suo compleanno e poi per il mio. Era il suo
ringraziamento perché avevo convinto Jack a cercare di
recuperare un rapporto con lui.
Se c’era una cosa che quella relazione a distanza ci aveva
insegnato era superare l’orgoglio, accettare gli aiuti per
riuscire a vederci più spesso. Non era facile ma ce la
stavamo facendo, smentendo qualsiasi previsione.
Quando ci fecero accomodare a un tavolino per la cena, notai subito,
nel locale ancora mezzo vuoto, la coppia della libreria. Feci al
ragazzo un cenno di saluto e Jack mi vide.
“Lo conosci?”
Gli raccontai di averlo scambiato per il commesso quando in
realtà era un turista.
“Andiamo a parlarci, dai!” mi prese per mano,
alzandosi dalla sedia.
“Ma è con la sua ragazza, magari li
disturbiamo” mi opposi, debolmente, perché sapevo
che l’avrebbe avuta vinta. Tutta colpa della
facilità con cui sembrava aver assorbito l’accento
britannico. Gli era rimasta la curiosità di imparare altri
accenti, in previsione di un incerto futuro in cui gli sarebbe servito
fare un provino per un personaggio straniero. Non era la prima volta
che mi trascinava a fare conversazione con un turista.
Jack mancava di ritegno e non si imbarazzava mai per nulla, quindi non
si faceva problemi a intavolare una conversazione con un perfetto
conosciuto.
Finimmo, neanche troppo inspiegabilmente, a sederci a tavola con la
coppia. Lei si chiamava Bianca, studiava economia ma aveva
un’ottima conoscenza della lingua, perfino quando mi era
sfuggito un modo di dire tipicamente americano.
“Sono abituata alle serie tv e ai libri, quindi capisco
meglio te di uno sceneggiato della BBC!”
Alex, il ragazzo, si era scusato nuovamente perché il suo
lessico non era molto ampio, giusto quello che gli era servito sapere
nel suo lavoro alla reception di un albergo.
“Quindi siete italiani ma non abitate vicini” Jack
continuò a fare domande sulla loro provenienza.
“Sono due città diverse, entrambe nel nord
Italia” spiegò lei. “Ma devi ascoltare
Alex se vuoi sentire la giusta dizione, ha studiato per registrare i
suoi podcast.”
Di fronte alla mia espressione incuriosita, continuò a
spiegare. “Alex ha un podcast in cui legge racconti inviati
dagli ascoltatori, è così che ci siamo
conosciuti” Bianca si girò verso di lui, con un
sorriso nostalgico.
“Quindi vi siete conosciuti online?”
Il ragazzo annuì, chinando il capo per lasciarle un bacio
sulla tempia. Erano davvero una bellissima coppia.
“E voi invece? Tu sei americana e lui
inglese…?” la domanda era legittima, per chi non
ci conosceva.
Non avevo bisogno di voltarmi, ero certa che Jack stesse sorridendo
compiaciuto.
“Veramente sono americano anch’io, però
ho imparato a fingermi inglese” abbandonò la
recita.
Adoravo il suo finto accento britannico, lo trovavo sexy, ma mi sentivo
a casa quando tornava se stesso.
“Ci siamo conosciuti al primo anno di college,
perché sono finita in un assurdo corso di teatro per
ottenere crediti, illusa che avrei fatto tappezzeria.
Invece… abbiamo dovuto recitare insieme
e…”
“Vi siete innamorati” concluse Bianca, con un
sospiro. “Dalla finzione alla realtà, davvero
romantico. Certo, ora siete parecchio distanti.”
“Già” convenne Jack, circondandomi le
spalle con un braccio, per attirarmi più vicina.
Mi lasciai andare contro di lui, come desideravo fare ogni volta che il
pensiero della lontananza mi apriva una voragine nel petto.
“Non mi lamenterò più della nostra ora
di treno” sospirò Bianca, guardandomi con
dispiacere.
“Però anche voi non riuscite a vedervi
sempre” puntualizzai. Non volevo che sminuisse le
difficoltà della loro relazione a distanza, solo
perché io e Jack eravamo due pazzi che continuavano a
resistere con un oceano in mezzo.
“La distanza è sempre dolorosa, fa discutere e
alimenta la gelosia e…” Alex si bloccò
e chiese la traduzione di una parola alla sua ragazza.
“Il risentimento, sì” concluse lei,
facendosi comprendere anche da noi.
Jack sospirò, prendendo a giocare con i miei capelli, come
faceva quando aveva bisogno di rilassarsi.
“Alex, ma come è nato il tuo podcast?”
cambiò poi argomento, per risollevare l’umore
generale.
Rimanemmo due ore a chiacchierare con loro e ci scambiammo gli
indirizzi e-mail per tenerci in contatto. Jack non vedeva
l’ora di ascoltare il podcast di Alex per continuare a
studiare le differenze di accento tra le lingue e io mi ero scoperta
curiosa quanto lui. Certo, non avrei compreso i racconti letti ma la
voce di Alex era davvero bella, calda e morbida.
Eravamo quasi arrivati all’appartamento di Jack, quando lui
ritornò in argomento.
“Sai, credo di aver capito che non è facile per
nessuna coppia, indipendentemente dalle ore di viaggio. Stare distanti
e non potersi vedere quando si vuole è comunque
doloroso.”
Annuii, pensierosa. Jack stava per inserire le chiavi nella porta
quando lo bloccai. “Promettiamoci una cosa.”
“Cosa, miciotta?”
“Che se un giorno diventasse troppo difficile, troppo
doloroso da gestire, ce lo diremo. Senza trascinarci, senza rovinare i
bei ricordi. Prima di arrivare a fare qualcosa di…”
“Stai parlando di tradimento?” mi
bloccò, serio.
“Io ho fiducia in te, Jack. Se non ce l’avessi non
avrei resistito nemmeno un giorno dopo la tua partenza.”
Sorrise, poi mi prese tra le sue braccia, ancora sul pianerottolo.
“E io ho fiducia di riuscire a farti tornare a casa
così felice e sessualmente appagata che nessun broccolo
oserà nemmeno avvicinarsi a chiederti l’ora, da
quanto ti si leggerà in faccia che pensi solo a
me” mi scoccò un bacio a fior di labbra.
“Sei il solito presuntuoso arrogante” risi,
sciogliendomi dalla sua stretta per permettergli di aprire la porta.
“E tu sei pazza di me” concluse, prendendomi in
braccio a sorpresa.
“Jack!” mi lamentai, mentre mi faceva varcare la
soglia dell’appartamento. “Non ti sembra di
esagerare?”
“Dimentichi sempre che mi sono inginocchiato ai tuoi piedi,
davanti a una platea piena di testimoni.” Chiuse la porta
dietro di noi, con un calcio. Per fortuna l’appartamento era
deserto come speravamo.
“Quello era William e stavamo recitando Lezioni di
seduzione” protestai, debolmente, mentre lui procedeva
spedito verso la sua camera.
“Lo so, sono un grande attore” ghignò,
depositandomi brutalmente sul letto.
Prima che potessi lamentarmi della poca delicatezza, mi
trascinò su di lui. “Non ho mai avuto bisogno di
calarmi davvero nei panni di William e tu non sei mai stata Catherine
per me.”
“Nessuna distinzione tra il palco e la
realtà?” sussurrai, con il cuore che batteva
fortissimo.
“Una sola, sul palco mi sono dovuto trattenere.” Mi
baciò, con passione. I vestiti volarono via, nessun lento
spogliarello come in Lezioni di seduzione, nessuna scena interrotta,
nessun gioco di luci e di scenografie.
“Ti amo, Liz.”
Ogni volta che facevamo l’amore dopo essere stati separati
per settimane, finivamo a stringerci l’un l'altra come se non
fossimo mai vicini a sufficienza, come se non potessimo tollerare
nemmeno un millimetro tra di noi, consci che quei ricordi ci avrebbero
dato la forza di aspettare il viaggio successivo, di resistere
nonostante le difficoltà.
“Ti amo anch’io, Jack.”
Note finali
Sono ormai
sette anni che scrivo, ciclicamente, di Jack e Liz. Lezioni
di seduzione
ha appena compiuto un anno in libreria e, proprio in questi giorni, ho
ripreso a scrivere una nuova versione di Un
fidanzato di troppo.
Ho sempre amato far incontrare i miei personaggi e non potevo non farlo
anche con Alex e Bianca di Onde di velluto.
Grazie a chi passerà di qua con la voglia di leggere ancora
di Jack e Liz e magari di conoscere anche i miei nuovi personaggi.
Potete trovarmi qua: profilo
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wattpad,
nel nuovo gruppo
facebook appena nato... e in libreria! A presto,
perché torno sempre a casa.
fallsofarc
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