Ciao a tutti, quella che sto scrivendo è un crossover tra
Once upon a time e Disney Descendants, avverto che si dovrebbe svolgere alla
fine della sesta stagione di Once upon a time che però non ho visto del tutto,
ma che comunque contiene spoiler sul finale di stagione. Altro accorgimento è
che io non ho visto tutto il film di “Descendants” ma mi sono molto
appassionato al cartone “Descendants Wicked Worl” e da allora immagino questo
crossover, che spero venga non troppo male dato che è la mia prima storia. E mi
scuso se di tanto in tanto non rispetti le versioni originali dei film. Ultima
cosa, poi lascio spazio al testo, è che la storia è organizzata in episodi:
ogni storia che scrivo sarebbe un episodio e i capitoli fanno parte dello
stesso episodio, e non so quanto spesso la aggiornerò. Detto questo vi lascio
alla lettura, credo di essermi dilungato anche troppo, spero vi piaccia.
Cap1
Henry passeggiava per le strade di Storybook insieme alla
madre Emma – “È … strano” – disse il ragazzo ad un
tratto – “Che cosa?” – “Voglio dire, io e te, un ragazzo e sua madre che
camminano per le strade della città. È
strano dopo che hai passato gran parte della tua vita a combattere contro ogni sorta
di cattivo e nella città in cui vivo ci sono anche tutti i personaggi delle
favole” – Emma ridacchiò un secondo poi sospirò e disse –“Sì, è strano, ma non
vuol dire che sia brutto”- “Non intendevo dire questo” – si affrettò a
rispondere il figlio – “ma tutte le volte che pensavamo che tutto fosse finito
poi, puff, sbuca fuori una nuova minaccia e, io non voglio che succeda di
nuovo” – “Henry” – Emma si fermò – “Non succederà e anche se accadesse la
risolveremo tutti insieme, come abbiamo sempre fatto, e poi da ognuna di quelle
minacce è spuntato anche qualcosa di buono, ci hanno fatto scoprire chi siamo,
ci hanno fatto ritrovare una famiglia.” - “… Si hai ragione” – rispose lui con
un sorriso - “In fondo non succederà proprio adesso” – finita la frase un
tremore scosse la terra, segui un suono come di lampi, un forte vento
improvviso che colse tutti impreparati, quando tutto finì tutti erano spaesati
e spaventati insieme, Henry ed Emma si guardarono intorno, non c’erano gravi
danni alla città almeno in apparenza, ma a quegli eventi spesso non seguiva
niente di buono – “Parlo sempre troppo presto”. Il resto della giornata
proseguì in modo abbastanza turbolento: Emma, Biancaneve, Regina e gli altri
passarono il tempo a capire cosa fosse successo, se fosse stato lanciato un
nuovo sortilegio, se ci fossero dei nuovi arrivati chissà dove e soprattutto
chissà chi. Biancaneve e David avevano deciso di pattugliare la foresta in
cerca di eventuali smarriti, ma finora nessun risultato. Regina era rimasta in
municipio a consultare i suoi libri di magia per cercare un incantesimo che
potesse aiutarla a capire cosa era successo. Henry era rimasto a casa con
Uncino mentre anche Emma faceva il possibile per risolvere la situazione, non
era proprio il modo migliore in cui Henry avrebbe voluto passare la giornata ma
almeno poteva fare quattro chiacchiere tra uomini. Era ormai sera quando Uncino
ricevette una telefonata da Emma, il ragazzo si affrettò a chiedere cosa fosse
successo, e il pirata rispose – “Emma dice che è scattato l’allarme allo chalet
di Gold, lei sta già andando là” – “Vengo anch’io” - declamò lui con sicurezza
– “Immagino che non ci sia modo per farti cambiare idea, vero?” - “Già, a meno
che tu non voglia legarmi alla sedia e poi inchiodarla al pavimento” – “In
circostanze normali lo farei, ma adesso andiamo di fretta, quindi andiamo”.
Arrivati a destinazione Uncino dovette subire le prediche di
Emma per aver portato anche il figlio, il giovane prese le sue difese dicendo
che era stata un’idea sua e che al momento c’erano cose più importanti a cui
pensare. Così i tre si avvicinarono allo chalet, le luci del piano superiore
erano accese, segno che qualcuno era dentro – “Deve essere un qualche nuovo
arrivato” - disse Henry - “Cosa te lo fa pensare?” – gli chiese Uncino –
“Perché nessuno in questa città entrerebbe in una proprietà di Gold neanche
sotto tortura” – concluse Emma – “Questo è vero” - si avviarono verso
l’entrata, la porta non era chiusa a chiave ma neanche stata forzata, poteva
forse essere stata aperta con la magia. Entrarono, l’ingresso sembrava come lo
avevano visto l’ultima volta: il divano soffice e accogliente posto a lato del
caminetto che crepitava, i mobili raffinati e altezzosi così come piacevano al
signore oscuro, piuttosto erano stati rimossi tutti i soprammobili, i sospetti
che fosse entrato uno nuovo aumentavano, nessuno sarebbe stato così pazzo da
rubare la roba di Tremotino. Sul pavimento di legno di sovrapponevano diverse
serie di impronte fangose, che si dirigevano verso le scale, la squadra le
percorse in silenzio fino ad arrivare ad un’altra porta per accedere alle
camere superiori, stavolta però quando provarono ad aprirla la trovarono
chiusa, ma Uncino le diede qualche calcio e spallata e quella si sfondò –
“Potevo anche usare la magia. Così ci giochiamo l’effetto sorpresa”- protestò
Emma – “Sì, ma così è molto più divertente” – entrarono in un ampio salone
anch’esso molto elegante: mobili ornati d’oro riempivano i lati della stanza,
sopra di essi vi erano candelabri, quadri, libri di ogni forma e dimensione e
tutto quello che Tremotino aveva preso da altri durante la sua vita, ai margini
della stanza vi trovavano diverse armature ornamentali, lucide e scintillanti
che ci si poteva specchiare, imbracciavano diverse armi, dalla spada all’ascia;
dal soffitto pendevano due lampadari di cristallo che illuminavano intorno,
c’erano anche diverse porte di legno che, probabilmente, conducevano ad altre
camere adiacenti. Ma non si vedeva nessuno, anche se le impronte continuavano
per tutta a stanza. Avrebbero potuto perlustrare le altre camere ma ci sarebbe
voluto del tempo e non sapevano quante persone ci fossero, Henry decise di
prendere l’iniziativa – “C’è nessuno?” – inizio alquanto scadente, lo disse a
se stesso – “Non siamo qui per farvi del male”- continuazione non molto
migliore – “Sentite, lo so che siete spaventati, siete in un posto che non
avete mai visto dove siete stati portati probabilmente contro la vostra
volontà, ma noi siamo qui per aiutarvi” – nessuna risposta – “in questa città
ci sono molte brave persone, altre non lo sono e altre ancora erano cattive ma
hanno cambiato vita. Questo è un posto dove tutti possono ricominciare se lo
vogliono, dove possono concludere le loro storie o cominciarne di nuove, se
avete il coraggio di provarci. E non vi chiedo di fidarvi subito di me, non vi
conosco neanche, chiunque voi siate, ma se volete potete venire con noi in
città oppure rimanere qui se vi sentite al sicuro” – ancora niente, Henry si
girò verso la madre –“Il discorso te lo sei preparato prima o ti è venuto
così?” – il ragazzo ridacchiò, in effetti gli pareva di essere andato bene, ma
evidentemente non abbastanza; stava tornando sui suoi passi ed insieme agli
altri faceva per andarsene visto che aveva detto che gli avrebbero lasciati in
pace, quando si udì la serratura di una porta scattare, si voltarono e da una
porta laterale uscirono due ragazze: una aveva i capelli viola che le
arrivavano fino al collo, gli occhi verdi brillante come smeraldi e la pelle
chiara, portava vestiti prevalentemente viola con qualche sfumatura verde e
nera con un look un po’ ribelle, l’altra aveva i capelli lunghi e corvini con
qualche ciocca blu e gli occhi marrone scuro, il viso era bellissimo evidente
che ci teneva molto all’aspetto esteriore, i suoi vestiti erano blu con qualche
dettaglio nero. Dopo di loro ne seguirono altri, ragazze e ragazzi di al
massimo 18 anni, si erano nascosti nelle ante dei mobili, nelle stanze accanto
e in ogni altro posto. Tutti li guardavano con fare curioso e dubbio insieme,
Henry disse loro – “Beh, benvenuti a Storybook”.
Ora, Emma, Henry e Uncino erano abituati a trovarsi in
situazioni ‘particolari’, ma era la prima volta che un gruppo di ragazzi
arrivati da chissà dove, si paravano davanti a loro con sguardi interrogativi
come se fossero la loro unica via per avere risposte, e in effetti era proprio
così in quel momento. Alcuni avevano un che di famigliare, pensò Henry:
sembrava come delle riproduzioni giovanili dei personaggi delle favole, il che
non era affatto assurdo in quella città. “Storybook?” – chiese la ragazza coi
capelli viola – “Sì, è il nome di questa città” – le disse il ragazzo – “Io mi
chiamo Henry, lei è mia madre Emma” – disse indicando la donna – “e lui è …” –
continuò indicando l’uomo, ma l’uncino al posto della mano parlava da solo –
“Capitan Uncino ?!” – saltò su una ragazza rimasta un po’ in fondo alla sala,
aveva un folta chioma di lunghi capelli castani lisci che le accarezzavano
delicatamente il viso, negli occhi marroni si poteva vedere un velo di paura
(normale se non conosci il nuovo Uncino) portava un elegante vestito rosa con i
contorni azzurri che risaltava sulla carnagione abbronzata – “Sì. Sì sono io, a
quanto pare la mia discutibile fama mi precede ancora” – soggiunse il pirata,
alcuni dei ragazzi indietreggiarono un poco nel riconoscere l’uomo –
“Ascoltate, immagino che voi mi conosciate come un pirata tagliagole che naviga
per i sette mari e si diverte a portare paura e terrore, e in effetti era così”
- prese un respiro – “Ma, come ha detto il ragazzo, qui le persone possono
cambiare possono riscrivere la loro storia, ed è quello che ho fatto io. Non
sono più quell’uomo, sono cambiato. Anche se capisco che possa essere difficile
da credere” – il discorso sembrò dissuadere almeno in parti i ragazzi, che
smisero di indietreggiare – “Uao, se non ti avessi visto non ci avrei mai
creduto Uncino” – si intromise la ragazza dai calli blu-neri, l’uomo la guardò
perplesso – “Ci conosciamo?” – la ragazza sembrò sorpresa, così come la sua
compagnia viola – “Siamo Mal e Evie” - Uncino era più disorientato di prima –
“Isola degli Sperduti? CJ? Harry? Harriet? Non ti dicono niente queste cose?” –
“Dovrebbero?” – ok, ufficialmente nessuno capiva più chi stesse parlando di che
cosa, così Emma decise di intervenire – “Mi dispiace interrompere ma, forse
sarebbe meglio continuare la conversazione e le presentazioni varie in …
qualunque altro posto che NON sia lo chalet di Tremotino” – tutti i ragazzi si
bloccarono come colpiti da un fulmine – “Tr-Tre-Tremotino?!” – squittì un’altra
ragazza che portava i capelli marrone scuro e degli innocenti occhi blu carichi
di terrore, il vestito blu chiaro che indossava tremava in modo tale da non
nascondere la sua preoccupazione – “Proprio quel Tremotino? Il signore oscuro?
Il peggio del peggio che sia?” - “Sì, proprio lui” – rispose Emma – “E vi
assicuro che non prende affatto bene la violazione di una sua proprietà, né
tanto meno un furto di essa” – un ragazzo in fondo piuttosto alto a quelle
parole svuotò le tasche facendo cadere una discreta quantità di soprammobili e
altro che aveva preso dall’abitazione – “Ok” - fece Henry – “propongo un
sondaggio: quelli favorevoli ad alzare i tacchi e venire con noi in città
alzino la mano” – e tutti la alzarono, un ragazzo dai capelli banchi nel farlo
diede una manata in faccia all’altro che stava ancora rimettendo a posto quello
che aveva preso – “Bene” – commentò Emma – “Allora andiamo prima di scoprire se
Tremotino tiene alla sicurezza di questo posto” – ma mentre terminava la frase
la porta dalla quale erano entrati, che si era rimessa in sesto da sola dopo
l’aperura ‘forzata’, sbatté violentemente e si chiuse a chiave da sola, seguita
da tutte le altre porte e finestre della stanza – “Oggi, decisamente, non è la
mia giornata” – ed aveva proprio ragione. Emma e Uncino si misero in posizione
di allerta, aspettandosi di tutto quado si viola una proprietà del Signore
oscuro, ma tutta era insolitamente tranquillo, l’uomo si guardò in intorno con
fare circospetto, e i suoi occhi si bloccarono su un’immagine allarmante: una
delle armature della stanza si stava muovendo da sola e, silenziosamente si
stava avvicinando, con ascia in mano, alle spalle della ragazza che prima per
poco non sveniva nel riconoscerlo – “ATTENTA! DIETRO DI TE!” – le gridò Uncino;
tempo che lei si girasse e l’aggressore aveva già alzato la sua arma; la
ragazza non sarebbe mai riuscita ad evitarla in tempo, paralizzata com’era dal
terrore, ma per sua fortuna qualcun altro aveva i riflessi pronti: un’altra
ragazza dagli occhi a mandorla e coi capelli color cioccolato raccolti in
un’elegante e lunga coda di cavallo, la prese per i polsi e la scostò a forza
un attimo prima che la lama si conficcasse nel pavimento, per poi assestare un
calcio volante alla Karate Kid sull’elmo del cavaliere fantasma, che volò via
finendo tra le mani della ragazza al vestito azzurro di prima, la quale urlò e
fece cadere la testa del cavaliere. “Bel calcio, signorina… ?” – le chiese
Uncino, quasi incredulo – “Lonnie. E grazie, me lo ha insegnato mia madre” –
gli rispose lei, per poi rivolgersi alla ragazza quasi infilzata – “Audrey,
stai bene?”- l’altra balbettò qualcosa di incomprensibile – “Direi che sta
bene” – si intromise la ragazza dai capelli viola, che se ben ricordava aveva
detto di chiamarsi Mal, ma non c’era tempo per fare ulteriori commenti, dato
che dopo pochi secondi tutte le altre armature della stanza si voltarono di
scatto verso di loro, scesero dai loro supporti e si diressero pesantemente,
con armi sguainate, verso gli ospiti indesiderati –“La situazione si sta
complicando”- commentò Henry – “Concordo” – lo sostenne sua madre. Di lì in poi
la situazione non prese una bella piega; le armature avanzavano a passi pesanti
menando fendenti, Emma cercava di contrastarle, o quanto meno rallentarle,
lanciando raggi di luce bianca dalle mani, Uncino aveva sottratto una spada da
una delle armature e adesso combatteva corpo a corpo insieme alla ragazza kung
fu che aveva anche lei preso l’arma del cavaliere che aveva steso prima, mentre
quella Mal, Henry scoprì essere abile in magia: lesse degli incantesimi da un
piccolo libro che portava con se e un paio di armature si ritrovarono
schiantarsi contro il soffitto o a essere colpiti da delle sfere di fuoco
verdi, tutti gli altri ragazzi compreso Henry lanciavano tutto quello che
avevano a portata di mano. Sfortunatamente le armature anche se distrutte, si
ricomponevano velocemente e ricominciavano ad avanzare; bisognava trovare un
modo per filarsela ed anche alla svelta pensò Henry – “Mal!”- chiamò il ragazzo
–“In quel libro c’è un qualche incantesimo che possiamo usare per andarcene
?!”- le chiese sperando disperatamente in una risposta affermativa, la ragazza
ci pensò un attimo su –“No… ma ne ho imparato uno che permette di spostarsi da
un posto all’altro se si riesce a visualizzarlo nella mente” – “Quello che
usavamo per filarcela dalle lezioni sull’Isola degli Sperduti?” – le chiese Evi
e l’altra annuì – “Ma non l’ho mai usato su così tante persone, e qui non
conosco assolutamente nessun posto” – “Beh, io di posti qui ne conosco. Posso
descrivertene uno e tu con un po’ di aiuto potresti trasportarci là” – “Si può
fare. Jane, mi servirà una mano” – disse la ragazza col vestito azzurro che
aveva riconosciuto il nome di Tremotino prima – “O-ok” – rispose; adesso
avevano un piano, Henry descrisse velocemente alle due ragazze la tavola calda
di Granny, era il primo luogo che gli era venuto in mente dato che ci aveva
passato un sacco di bei momenti quasi normali in famiglia, poi Mal spiegò a quella
Jane di immaginare il luogo nella sua mente alla meglio possibile e poi il reso
sarebbe venuto da sé. Ma il tempo iniziava a stringere: i ragazzi stavano
esaurendo le ‘munizioni’ e anche Emma e Uncino cominciavano a essere affaticati
- “Prendetevi tutti per mano!” - ordinò Mal, e nessuno se lo fece ripetere due
volte – “Mamma, vieni presto!” - incitò Henry, Emma allora raccolse tutte le
forze rimaste per lanciare una potente ondata di luce che travolse tutti i
cavalieri facendoli volare a pezzi al confine della stanza. Emma, Uncino e la
ragazza kung fu approfittarono del momento per ricongiungersi agli altri –
“D’accordo, ci siamo tutti, ora leviamo le tende! ” - disse Henry, ma passato
qualche secondo non successe niente, erano ancora nella stanza e le armature si
stavano ricomponendo, mentre il panico si stava impossessando nuovamente della
folla, ma mentre tutti cecavano di capire perché l’incantesimo funzionasse Emma
notò che Jane stava tremando e non poco, forse era quella la ragione: era
troppo spaventata per concentrarsi sull’incantesimo, allora le prese la mano
–“Ehi. Calmati. Respira” - le disse in tono calmo, senza lasciar trasparire
troppo il fatto che avevano una certa fretta, prima di essere infilzati – “Io,
io non …” - cercò di dire la ragazza, respirando affannosamente in preda al
panico – “Lo so, anche io ho paura adesso, nessuno sarebbe capace di non averla
in una situazione come questa” – le armature intanto stavano riprendendo ad
avanzare – “ma non sei sola. Ci sono i tuoi amici qui con te. Persone che hanno
fiducia in te e in quello che puoi fare, ma ora devi provare ad averne anche
tu” - Jane era senza parole, si guardava intorno e tutto quello che vedeva
erano persone che la guardavano ma non per aspettarsi qualcosa da lei, ma
perché avevano fiducia in lei, le infondevano coraggio, le sorridevano come per
dirle “ce la puoi fare”, ed Emma lo aveva capito subito, anche lei sapeva cosa
voleva dire vivere pensando che tutti si aspettassero qualcosa da te ma poi
scoprire che in realtà quelle erano tutte cose che tu ti aspettavi da te
stesso, e capire che gli altri sono lì per sostenerti e aiutarti. Un ragazzo
dai capelli bianchi strinse forte la mano della ragazza, come per farle capire
che lui c’era per lei così come tutti gli altri, Jane fece un respiro profondo
e poi annuì con decisione, Emma le sorrise e con una mano prese la sua e quella
dell’altra ragazza dai capelli viola – “Sei pronta Jane?” - le chiese la
ragazza – “Pronta” - rispose lei ricevendo un sorriso dall’altra. Le armature
adesso erano fin troppo vicine, non c’era più tempo; Mal, Jane ed Emma chiusero
gli occhi concentrandosi il più possibile, le armature lanciarono le armi verso
di loro, ma il gruppo venne avvolto da una nube di fumo bianco, viola e azzurro
e spari dalla stanza, lasciando conficcare le armi contro le pareti. Quando
riaprirono gli occhi, Emma scoprì con gioia che ce l’avevano fatta, erano nella
tavola calda di Granny, vuota a quell’ora di sera ma almeno priva di armature
killer che vogliono tagliarti a fette. Emma si rivolse a Jane sorridendo –
“Visto? Ci sei riuscita” – la ragazza era incredula quasi non le sembrasse vero
– “Ce l’ho fatta? Ci sono riuscita per davvero?” – “Se non lo fossi stata non
saremmo qui non credi?” – le disse Mal sorridendo anche lei, così come tutti
gli altri che si congratulavano con lei per quello che aveva fatto – “Sei stata
brava” – le disse Mal – “Si ma l’incantesimo era il tuo”- rispose lei rossa
come un pomodoro per tutte le emozioni delle ultime ore –“Allora diciamo che
facciamo una gran bella squadra: La figlia di Malefica e della Fata Smemorina
alla riscossa”- le ragazze ridacchiarono, ma non si potè dire la stessa cosa di
Emma, Uncino e Henry che erano sbigottiti – “Come scusa?” – chiese Emma – “Sono
la figlia di Malefica” – rispose Mal – “lo so, faccio questo effetto la prima
volta, ma non sono così cattiva come mia madre, non più al meno” – tutti e tre
si guardavano spaesati e sorpresi insieme, Emma alla fine disse – “Penso ci
siano molte cose di cui dovremo parlare”.