Titolo storia: Cuore e Vento
Autore (su forum e EFP): LaSil88
Prompt:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=727346257447378&set=oa.1301084179927929&type=3&theater
Fandom: Originale
Coppia: Het
Genere: Romantico
Rating: Giallo
Introduzione: “Le lunghe dita della mano lo sfiorarono
appena, pronte a stringere la stoffa e a tirare la donna verso di lui,
ma Lucrezia fu più veloce.
Con una piccola risata, che si perse nel vento, gli voltò le
spalle e fece qualche passo verso il ciglio della scogliera.”
Note: Omegaverse!AU. I protagonisti vengono da una vecchia storia che
scrissi tempo fa e che ho cancellato, ma la storia si può
leggere tranquillamente senza conoscerla. Il titolo c’entra
poco con la storia: stavo semplicemente ascoltando la canzone
“Cuore e Vento” dei Modà, mentre
scrivevo.
Cuore
e Vento
Il vento le sferzava i capelli, mandandoli in ogni direzione; alcune
ciocche le finivano davanti al volto, oscurandolo alla vista per brevi
istanti. La chioma nera, però, non poteva celare del tutto
il sorriso che adornava il suo volto come il più bello dei
gioielli. Le labbra rosse incorniciavano denti bianchi e perfetti,
sempre scoperti in quel dolce gesto solo per lui. I suoi occhi dorati
pieni di gioia non lo abbandonavano nemmeno per un istante,
osservandolo come una predatrice pronta ad attaccare. O forse era
ancora un cerbiatto pronto a fuggire dalle sue zanne?
«Come mai sei così felice, Lucrezia?» le
domandò subito, ricambiando il suo sorriso. Era incapace di
trattenersi con lei, di mostrare quel lato dolce che nessuno conosceva;
un po’ come lei, che si dimostrava più disinibita
quando erano insieme.
«Mi hai portato lontano da Venezia, Kevin.» rispose
lei con semplicità disarmante. Per qualche istante gli parve
di rivedere quella ragazzina opportunista, con i soliti fianchi larghi
ed i lunghi capelli neri, piena di insicurezze e di paure, che
sfruttava il suo secondo genere solo per ottenere protezione. La donna
davanti a lui era più sicura, ora; aveva abbandonato gli
abiti che coprivano le sue forme, optando qualcosa che mettessse in
risalto quei fianchi che adorava stringere e mordere durante il sesso.
Anche il vestito che indossava in quel momento, un semplice prendisole
nero, le cingeva i fianchi perfettamente.
«Non pensavo che bastasse così poco!»
ribatté subito, un ghignetto a tirare le labbra fini. Fece
istintivamente un passo avanti, cercandno di afferare il fondo del suo
abito che sventolava come una bandiera. Le lunghe dita della mano lo
sfiorarono appena, pronte a stringere la stoffa e a tirare la donna
verso di lui, ma Lucrezia fu più veloce. Con una piccola
risata, che si perse nel vento, gli voltò le spalle e fece
qualche passo verso il ciglio della scogliera; mise in mostra la
schiena completamente nuda, i cui unici segni erano quelli lasciati da
lui la notte precedente. La sola vista dei suoi denti e delle sue mani
su quella pelle così chiara creò un moto di
soddisfazione al suo Alpha interiore. Indicavano il possesso
più puro: lei non era per nessuno; la sola vista di quei
segni avrebbe dovuto spingere qualunque altro Alpha (e persino dei
semplici Beta) ad allontanare gli occhi dalla sua compagna.
«Oh, dai! Lo sai perché!» disse ad alta
voce per farsi sentire al di sopra del vento. Lucrezia passò
una mano fra i capelli, allontanandoli dal volto mentre sorrideva
all’oceano sotto di loro, leggermente mosso ed illuminato dal
sole che lentamente si alzava oltre le alte scogliere.
«Giusto!» esclamò Kevin, battendo il
pugno sul palmo aperto mentre l’espressione si illuminava di
comprensione. Pura e semplice ironia; si stava solo prendendo gioco di
lei. Anche se non la vedeva, sapeva che le guance si erano gonfiate in
uno sbuffo. «La nostra Luna di Miele. Come ho fatto a
dimenticarmene.»
«Kevin!» arrivò subito la sua reazione
indignata, mentre lo guardava da sopra una spalla con quel broncio che
avrebbe tanto voluto baciare via con foga. Si apprestò anche
a mettere fine a quella distanza fra di loro, prenderla fra le braccia
ed amarla proprio lì, senza alcuna vergogna. Ma Lucrezia era
Lucrezia; andava sempre controcorrente con lui e gli lasciava ben poche
scelte. Poche volte erano davvero in sintonia, fino al punto da pensare
di fare la stessa cosa. Era questo che amava di lei, come fosse in
grado di sfuggirgli e di fare l’esatto contrario di quello
che voleva. Come se stesse guardando una scena a rallentatore, Lucrezia
si buttò oltre la scogliera, nell’oceano agitato
sotto di loro. Alzò gli occhi al cielo, osservando il punto
dove prima si trovava la donna; solo i sandali dorati erano rimasti
lì, come il giorno prima, in una silenziosa richiesta da
parte sua: “ci vediamo alla spiaggia”. Con uno
sbuffo finale, prese le calzature e percorse il sentiero a ritroso
verso la spiaggia. Un’Omega completamente fradica lo avrebbe
atteso da lì a pochi istanti, per suggellare
l’ennesimo momento assieme con il vento e l’oceano
come unici testimoni.
|