Topi.

di esmoi_pride
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Topi.





 
Molte persone trovano i topi creature disgustose. Sporchi, viscidi, sopravvivono dei rimasugli delle altre bestie. Pochi realizzano quanto sia semplice per loro sfuggire al pericolo, con il corpo sinuoso e le zampe veloci che hanno, e anche che spesso sono più astuti di quanto si pensi. Nuotano nella melma, si rintanano nelle fogne, vivono in buchi e alla fine di ogni carestia chi sopravvive se non loro, a ogni nuova ondata di malattie, a ogni singola guerra? Piccoli e tanti, in colonie talmente brulicanti che potrebbero coprire tutta la superficie del mondo, i topi sono ancora lì anche se gli diamo la caccia, anche se li disprezziamo e li crediamo diversi da noi. Oh, sono diversi da noi. Sono migliori.
 
Ne ho visti un bel po’ nella mia carriera da pirata. La prima volta che solcai l’oceano ero appena divenuto un uomo libero: non mi era ancora chiaro cosa ne sarebbe stato, della mia vita, ma mi sentivo proprio come loro. Sentivo di aver strisciato tutta la mia vita, nascosto in un buco e mangiando ciò che rimaneva dei pranzi delle altre creature: silenzioso e furtivo, senza farmi notare. È proprio ciò che mi è successo, quando ho deciso di diventare un assassino per vendicare la mia famiglia. Sapevo che con la mia ostinazione non avrei ottenuto niente e così decisi di fare qualcosa di diverso: di andare di astuzia e intelligenza, sopravvivere per riuscire a ottenere ciò che volevo. Una vendetta. Ricordo ancora gli occhi blu di mia madre: limpidi e vuoti insieme, già morti, mentre mi chiedeva 'è questa la fine? È questo il senso di tutto?' E io mi rispondevo, 'no. Devo scrivere un’altra pagina prima che questa storia finisca'.
 
Essere un topo mi ha aiutato ad essere ancora vivo; non che fosse così importante per me. Mi serviva per portare a compimento il mio dovere. Era l’unica cosa che sapevo di dover fare. Quando la mia vendetta si era compiuta, non sapevo più quale fosse il mio scopo e mi sono ritrovato smarrito. Topo per tanto tempo, cosa mi aspettava, cosa sarei diventato? Avevo imparato a essere quello… e quello sarei rimasto, per il resto dei miei giorni. Vicino alle cloache, nella zona bassa delle città, il quartiere delle puttane e degli artisti di strada, oppure proprio lì dove ho incontrato il mio primo topo: sul fasciame delle navi pirata, a bere rum e rischiare la morte.
 
E adesso sono qui. Un topo che indaga, a naso fremente, tra le strade della città, trova sempre un nuovo pezzo di formaggio da sbocconcellare. Io ho trovato un libro. Ci sono degli incantesimi sopra. Si paga un piccolo prezzo e gli incantesimi funzionano. Con quello ho avuto il potere necessario per creare una città mia e diventare il signore di un impero. So che sopra di noi, nelle stelle, qualcuno gioca con le nostre vite e gli piace farci ridere di noi stessi, e quella stessa creatura ha voluto che io diventassi un negromante. Noi non temiamo la morte, ma il pensiero della morte – e io, forse, sono l’unica eccezione. Mi alimento delle vite degli altri – le sottraggo e le uso per dare energia al mio stesso potere. C’è una sola cosa che non è in mio potere, perché altrimenti perderei tutto – tutto ciò che ho costruito, ciò per cui mi batto – ed è anche l’unica tregua che ho sempre voluto da quando ho dimenticato il mio nome.
 
La mia morte.
 




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