Una giornata con Li, il mutaforma

di clairemonchelepausini
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NOTE
La storia è stata scritta per la sfida “L'oca EFPiana versione scrittura” indetto da Principe Dracula sul gruppo face book “EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni”.
Il mio prompt era questo:

Nome:  Li
Cognome:  Wang
Età:  20
Razza: mutaforma
Data di nascita: //
Particolarità fisica: Il potere di Li consiste, fondamentalmente, nel potersi trasformare negli animali. Essendo molto giovane non riesce a controllare bene il suo potere, per tanto, finisce col trasformarsi quando non dovrebbe e non riesce a mantenere la forma animale per molto tempo.
Da UMANO, avendo origini cinesi, ne presenta tutti i tratti fisionomici quali, pelle molto chiara, occhi allungati e scuri, capelli dello stesso colore, fisico molto asciutto e non molto alto.
Carattere:  Li è un ragazzo molto dolce, ma anche molto goffo. Qualsiasi cosa che ha tra le mani finisce, irrimediabilmente per incontrare il pavimento e anche lui, molte volte si ritrova a inciampare o a cadere. Non ci sa fare con le ragazze e neanche con i ragazzi se per questo e finisce per dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.

 

 
 







 
 
 
 
 
 
 
 






L’accademia Lux era una delle più prestigiose scuole chiusa per mancanza di personale e riaperta più volte senza successo, tuttavia stavolta le cose sembravano funzionare.
Avevano un programma così rigido che non tutti riuscivano ad accedere ai corsi, infatti avevano inserito un test iniziale che, una volta superato, smistava gli iscritti nelle varie casate in base alla loro specie.
Era una scuola privilegiata dove i giovani imparavano a controllare i loro poteri, ma anche molte altre cose come tecniche di soccorso, di difesa e attacco. Tutto ciò che poteva servire loro nella vita reale o in quella soprannaturale, secondo ciò che avrebbero scelto di fare.
Li Wang era uno di loro, uno tra i fortunati ad essere stato ammesso.
Lui era un mutaforma, poteva trasformarsi in qualsiasi animale desiderasse, anche se ormai la sua specie era una di quelle quasi estinte. Il suo gene era stato tramandato da generazioni a generazioni ai figli maschi, tuttavia la particolarità era rappresentata dal fatto che soltanto ogni cento anni cinque ragazze ricevevano tale gene.
Il ragazzo si trovava nella sua camera, la stessa che divideva con Luke, un giovane lupo mannaro, e con Xon Qu, un giapponese che aveva la capacità di leggere la mente sia al tatto che non.
Quella mattina i due coinquilini erano già usciti e lui come al solito era in ritardo, così non appena la sveglia suonò segnando le otto passate, si alzò di fretta e in modo a dir poco goffo andò a sbattere l’alluce allo stipite del bagno.
«Maledizione!» esclamò a se stesso con rabbia e… imbarazzo.
Si mise a saltellare mentre chiudeva la porta alle proprie spalle, massaggiando il piede dolorante; guardando con attenzione, era possibile apprezzare dei cerotti che circondavano quasi ogni dito, segno del fatto che questa buffa scena si ripeteva quasi ogni mattina.
Rimase a fissare la sua figura allo specchio e si rattristò quando vide le occhiaie sul suo viso chiaro, le quali si rispecchiavano perfettamente con i suoi occhi allungati e neri, con i capelli corti e scompigliati dello stesso colore. L’unica cosa che lui adorava era il suo fisico: asciutto, piatto, non molto alto; tuttavia, a volte lo detestava, voleva essere forte come gli altri della sua classe.
«Ma cosa posso farci?» ammise ad alta voce, senza dare una risposta a quei pensieri che lo divoravano spesso, più di quanto lui stesso avrebbe mai ammesso.
Indossò la divisa, prese lo zaino che aveva preparato la sera precedente, le chiavi e uscì dalla stanza.
No, non aveva dimenticato nulla, non stavolta almeno.
Era da qualche settimana che sembrava avere la testa fra le nuvole, forse era…
«Li» lo chiamò il suo migliore amico, Carlos Vegas, lo spagnolo più folle che lui avrebbe mai conosciuto.
Ma il mutaforma non lo sentì neppure, era troppo concentrato a osservare il suo stregone preferito. Aveva quell’aria da “mucho calor”, con la sua pelle abbronzata, i capelli castani e gli occhi verdi, gli stessi in cui Li si perdeva tutte le mattine.
Questo era il suo grande segreto: era omosessuale e innamorato del suo migliore amico.
Non una situazione facile, soprattutto perché la sua famiglia era all’antica e perché condivideva la camera con altri due ragazzi. Sì, era omosessuale ma non l’aveva ancora rivelato a nessuno.
I due amici entrano in classe ignari del fatto che quella giornata avrebbe cambiato le loro vite.
 
 
Era quasi ora di pranzo, ma prima avevano un’ultima lezione, quella che Li preferiva. Gertrude Solares era l’insegnante di trasformazione, le piaceva perché era una piccola donna che sapeva farsi ascoltare.
Lui la stimava più di molti altri professori e… Sì, era anche la preferita di Carlos.
Forse era uno dei motivi per cui lui la ammirava, ma la verità era che era l’unica ad interessarsi più degli alunni che di tutto il resto.
«Ricordate… Non dovete mai trasformarvi in classe, non è il luogo adatto per dar vita ai vostri poteri per quello…» entrando disse, mentre osservava con occhi attenti l’intera classe di ragazzi.
Era così attenta da accorgersi che un alunno mancava all’appello, ma si fermò appena in tempo quando vide un uccellino volare per la stanza.
Non c’era bisogno di chiedere chi fosse, il suo manto giallo canarino con striature rosse e arancioni e quel fischiettare continuo indicavano che…
«Li Wang!» lo sgridò lei guardando verso l’alto, quando poco dopo l’animale si trasformò in persona.
Ormai era risaputo che se c’era un animale era lui. Li era il più giovane della classe e nonostante fossero tutti più o meno della sua età, era l’unico che non riusciva a controllarsi.
Lui ci provava ogni sera finchè sfinito tornava a letto. Erano vane le sue prove perché alla fine si trasformava sempre quando non doveva. Assumeva la forma di qualsiasi animale e quel giorno si sentiva libero e intrappolato come un uccello.
La professoressa Gertrude lo metteva in punizione tutte le volte, fecero anche qualche lezione privata finchè alla fine lei capì che dipendeva esclusivamente da lui.
«Sono le tue emozioni che controllano il tuo potere» gli disse un giorno, ma lui provava a non essere se stesso e finiva con il fare guai più grossi.
Il problema era che teneva tutto dentro di sé, soprattutto i suoi sentimenti.
Doveva essere più aperto e sincero.
Oh… forse meglio di no dal momento che… l’ultima volta che qualcuno lo aveva fatto, lui aveva rivelato un segreto a causa del quale era stato odiato per giorni. E' vero, la situazione adesso è diversa, ma ancor oggi se qualcuno lo nomina, Li è malvisto. Insomma, si era fatto una reputazione già il primo giorno di Accademia e ormai avrebbe voluto solo scomparire.
«In punizione» esordì l’insegnante, consegnandogli un foglietto rosso con scritto l’infrazione che aveva commesso.
«Professoressa Solares, ma noi siamo qui per imparare» tentò di difenderlo l’amico, anche se ricevette un’occhiataccia da entrambi, con aggiunta di un foglietto rosso per la sua punizione.
Li era davvero abbattuto, si sentiva emarginato e a tratti non capito, ma una cosa lo consolava: quella volta non sarebbe stato da solo.
È vero, forse era da egoista ma più condivideva il tempo con Carlos più si rendeva conto quanto lo facesse stare bene; si domandava sempre se anche lui provasse la stessa cosa.
Quel dubbio rimaneva, forse quella punizione lo avrebbe aiutato a fare chiarezza.
 
 
La porta automatica si aprì davanti al mutaforma e allo stregone lasciandoli passare, mentre i due parlavano animatamente dell’ultimo film di Trasfomers che era uscito.
Appena arrivati in aula, trovarono l’insegnante Solares ad aspettarli, consegnarono i loro telefoni e tutto ciò che di tecnologico avevano e ricevettero il compito di riordinare i vecchi libri della libreria in ordine alfabetico. Libri impolverati che nessuno leggeva mai; loro risposero con un sorriso e si misero al lavoro.
Non era la prima volta che finivano in punizione e non c’era mai nessuno che fosse entusiasto come loro di fare questi piccoli lavoretti o… o anche solo di trascorrere del tempo dentro l’Accademia.
«Un’altra punizione» borbottò Li, intento a prendere i volumi in alto per passarli al compagno fidato.
«Stavolta non è colpa mia» obiettò Carlos alzando un sopracciglio e puntando gli occhi sull’amico che per poco non cadde dalla scala su cui si trovava.
«Che vorresti dire?» lo punzecchiò lui.
«Che caro il mio mutaforma, finiamo in questi pasticci perché tu… non vuoi imparare a controllare il tuo potere e... si dà il caso che potrebbe tornarci sempre utile».
«Senti chi parla! Ma se l’ultima volta che siamo stati qua è stato perché tu volevi fare il galletto con quella tipa e hai finito per far esplodere la pozione e… c’è da dire che era una pozione guaritrice» ammiccò lui, ma non fece in tempo a scostarsi che i due si scontrarono facendo finire i libri a terra.
Li riuscì a rimanere in piedi perché aveva allungato una mano e aveva preso quella di Carlos che a detta di tutti aveva i piedi per terra, ma non la testa. Era un folle, ma quella volta la follia si trovava altrove.
«Bastava dirmelo che volevi un abbraccio» ammise lo stregone, ma subito dopo averlo detto lui si stranì per l’effetto che ebbe su se stesso e su Li che si irrigidì immediatamente.
Dopo quel momento imbarazzante i due non dissero più nulla, continuarono il lavoro in silenzio e ogni tanto si lanciavano occhiate quando uno abbassava lo sguardo e l’altro lo alzava o viceversa.
Quasi come un corteggiamento vecchio milioni di anni, qualcosa sembrava funzionare perché Carlos arrossiva e il cuore di Lì batteva all’impazzata.
Non era stato così nervoso da quando… lo aveva visto semi nudo alla partita di beneficenza dell’Accademia.
Non si era tolto la sua immagine dalla mente per giorni; i suoi pettorali scolpiti e il suo corpo sudato lo tormentavano di notte, mentre il suo sorriso e i suoi incredibili occhi verdi lo incantavano di giorno.
Sì, era stato un vero inferno, ma durò poco o forse lui si convinse di questo. Di certo non smise di guardarlo con gli occhi dell’amore anche se cercava di non darlo a vedere, era terrorizzato che qualcuno lo scoprisse e nervoso perché ciò accadesse. Quel momento segnò per lui il grande cambiamento, si era innamorato di Carlos, del suo migliore amico.
Quel ricordo provocò in lui strani pensieri, lo portò ad altri momenti e si rese conto che era cotto a puntino, ma in tutto ciò Carlos non aveva mai ricambiato, cosa significava? Era solo timido o non era interessato?
Quelle domande vorticavano nella sua mente, continuava a salire e scendere le scale, a fare il suo lavoro ma era come se Li Wang non ci fosse.
Fu scosso dal suo stato di assenza da due mani forti che lo riportarono alla realtà e appena riaprì gli occhi, arretrò senza prestare attenzione e inciampò andando a finire per terra. L’amico aveva prontamente allungato le mani verso di lui, ma lui le rifiutò.
Sì, era già abbastanza imbarazzante così, non voleva finire con il peggiorare ancora di più la situazione.
Forse lassù non c’era nessuno che lo voleva ascoltare.
«Ti sei fatto male mi nino?» domandò Carlos avvicinandosi a lui e appoggiando la mano sulla sua spalla.
Li scuotè la testa, rise e poco dopo anche lo stregone si aggiunse. Quando era nervoso, lui parlava in spagnolo e… si dava il caso che quella fosse una situazione complicata.
I due rimasero a fissarsi negli occhi, nessuno distolse lo sguardo e seppure erano diversi, in entrambi si rispecchiava la stessa cosa. Lui teneva ancora la mano sulla spalla e quando il calore si propagò in tutto il corpo, Li capì di essere in grossi guai.
Doveva distrarsi e… farlo alla svelta perché sentiva già le cellule del suo corpo trasformarsi.
Fece lunghi respiri, ripensò a quando la nonna lo fece guidare per la prima volta e lui andò a sbattere contro il portalettere di casa; poco dopo, sentì il suo corpo rilassarsi.
 
“No… non ci posso credere” esclamò a se stesso, ridendo e pensando che c’era riuscito.
 
«Ci sei riuscito non è vero?» ammise ammirato lui, con gli occhi lucidi.
«A fare cosa?» domandò Li ingenuamente, cercando di negare l’evidenza.
Carlos lo conosceva bene, più di quanto nessun altro aveva mai fatto o sarebbe mai riuscito a fare.
Non erano solo amici era… qualcosa di più.
Sì, gli sarebbe piaciuto.
Carlos allora lo spinse, ma Li fermò la sua mano e stringendola a sé si avvicinò di pochi millimetri.
Fu un momento, successe tutto in fretta ma che li segnò a vita.
Lo stregone strinse la sua mano, l’amico lo attirò verso di sé e poco dopo le sue labbra finirono su quelle di lui.
Un bacio. Ecco cos’era.
Un bacio leggero, semplice e veloce.
Rimasero in quella posizione per pochi minuti.
Carlos diventò rosso ma Li non gli diede nemmeno tempo di pensare perché approfondì ancora di più quel bacio.
Lui avrebbe dovuto tirarsi indietro, ma per risposta ricambiò e attirò Li verso di sé mettendo le mani tra i suoi capelli.
Li era stordito, confuso ma ampiamente soddisfatto.
Si sentiva tre metri sopra il cielo.
Non riusciva a credere di star vivendo quel momento, di essere così vicino da avere tutto ciò che voleva.
«Dimentichiamo che sia successo» ammise senza fiato Carlos subito dopo essersi staccato dall’amico; rosso in viso corse fuori da quella stanza, lontano da lui.
 
“Dovevo sapere che era troppo bello per essere vero” si disse, ma nonostante il dolore penetrava nel suo cuore non riusciva a smettere di sorridere.
 
Voleva essere triste, lo era, tuttavia non smetteva di ricordare le sue labbra su quelle di Carlos, le loro lingue che ballavano una danza spagnola e i loro cuori che battevano in sincronia.
Forse si era immaginato tutto, ma lui aveva risposto. E se non significava nulla?
Era in estasi e in conflitto con se stesso allo stesso tempo. Doveva chiarire le cose.
Era passata una settimana ed erano esattamente sette giorni che Li provava a parlare con Carlos, invano. O si allontanava o inventava scuse o non si faceva vedere.
Era frustante per il mutaforma quella situazione, così come lo era non aver nessuno con cui parlare.
Voleva sistemare le cose.
Quel pomeriggio era deciso, si diresse nella casata degli stregoni, ma non fece nemmeno dieci passi che fu raggiunto dai suoi compagni di classe.
«L’hai sentito?» gli domandò un ragazzo con gli occhiali di cui non ricordava mai il nome.
«No, cosa?» rispose leggermente preoccupato.
«Hanno scoperto due ragazzi a baciarsi in biblioteca» ammiccò Luke.
E di lì a poco cominciarono vari commenti, chi era a favore dei gay e chi no, ma una cosa era certa… Nessuno sapeva chi fossero.
Li rimase a fissare gli amici, ma quando si avvicinò una ragazza molto bella a fargli le moine lui ci provò e resistette almeno fino a quando non cominciarono a prenderlo in giro.
Non ci sapeva fare con le ragazze e i ragazzi, o almeno era ciò che si propinava tutte le volte. Era diverso, ma non tutti lo avrebbero accettato, forse fu proprio quello a mandarlo in tilt.
«Ora basta! Sono gay» urlò a tutti, allontanando la ragazza delicatamente e uscendo da quella mischia.
Se ne andò, lasciandoli lì a fare i loro stupidi scherzi e a prendere in giro gli altri.
Era stufo di tutto, si era sempre distinto per essere buono, dolce, ma c’erano volte che avrebbe voluto dare uno schiaffo a tutti per farli svegliare da quella stupida realtà che si erano costruiti.
Il mondo non girava attorno a loro, eppure sembrava che era proprio quello che succedeva.
Li si mise le mani nelle tasche dei jeans, abbassò lo sguardo e s’incamminò nell’unico posto che lo faceva sentire bene.
Appena arrivato al laghetto, i suoi occhi brillarono, vide quell’immensa acqua azzurra, chiara e pulita circondata dal verde più bello che avesse mai visto e così si sedette sulla pietra del pensiero, almeno era quello il nome che gli aveva dato Carlos.
E solo per il pensiero dell’amico gli sfuggì una lacrima.
No, non avrebbe voluto essere debole era solo che… lui gli mancava.
Così, forse per magia, Carlos si avvicinò a quel posto, sentiva di dover andare lì, di aver bisogno di quel ricordo. Arrivato, vide Li seduto e inginocchiato con la testa fra le nuvole.
Voleva avvicinarsi, ma non lo fece.
Li canticchiava in cinese, era solito farlo quando era giù, così quando lo stregone lo sentì, non poté non avvicinarsi. Lo aveva promesso a se stesso, non avrebbe permesso che lui soffrisse da solo.
«Sei tu!» esclamò Li appena si girò e vide l’amico alle sue spalle.
«Chi potrebbe mai essere?» lo derise lui con un accenno di sorriso sulle sue labbra.
Lui si spostò, gli fece spazio e dopo qualche titubanza decise di andare a sedersi vicino.
Uno aveva la gamba che tremava, l’altro invece torturava le mani.
 
“Ma cos’è tutto questo nervosismo, questo imbarazzo?” pensò Carlos, ridendo di sé e dell’amico.
“E’ stato solo un bacio” affermò poco dopo, ma a quel ricordo rabbrividì.
 
Non era stato perché era un ragazzo, nemmeno perché era il suo migliore amico, era che… quel bacio aveva portato a galla cose che lo stregone aveva cercato di nascondere per anni.
«Senti… dobbiamo parlare» convenne Carlos, anche se la voce in cui lo disse aveva un già che di detto.
Il mutaforma non rispose, se ne rimase lì a fissarlo e la cosa si fece imbarazzante. O forse era solo che…
«Ci sei? Ti ho appena detto che dobbiamo…»
«Sì, ho capito» ammise Li con tono duro, forse più di quanto lui stesso avrebbe voluto.
Ma come poteva rinunciare al suo migliore amico? Come poteva nascondere ciò che provava?
Voleva scappare e lo avrebbe anche fatto se non avesse sentito una vocina dentro la sua testa che lo spingeva a rimanere.
«E’ stato solo…» iniziò lo stregone, ma non ebbe nemmeno tempo di finire.
«Mi piaci» confessò di botto lui, lasciando Carlos senza parole, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati.
La situazione divenne più complicata.
«Io… Io…» balbettò lui, consapevole che avrebbe dovuto confessare anch’egli.
Ma se le cose non sarebbero andate? Questa domanda lo torturava, non lo faceva dormire la notte. Non voleva rovinare la loro amicizia, ma sembrava che si era già incrinata.
A chi dei due toccava risolvere la questione? Li lo aveva ammesso, ma Carlos…
«Mi piaci anche tu» disse alla fine, dopo dubbi, brutti pensieri e conflitti con se stesso.
E nel momento in cui lo affermò, si sentì leggero, finalmente si diede la possibilità di essere sincero, di dire chi era e chi voleva amare.
Sapeva di essere capito.
I due poco dopo si guardarono negli occhi, rimasero sbalorditi ma incuranti degli spettatori che erano arrivati giusto in tempo per le confessioni... si baciarono.
Forse Li era stato il primo a confessare o forse lo avevano fatto insieme.
Indipendentemente da ciò, loro continuarono a baciarsi e… e per la prima volta si godettero quel momento.
 




















































 
Spazio d'autrice:
Buona sera a tutti =)
Ho publicato l'ultima storia per la sfida per il gioco dell'oca, purtroppo non partecipa perchè non sono riuscita a pubblicarla in tempo entro la scadenza, ma l'ho pubblicata comunque. Mi urta non esserci riuscita in tempo, ma volevo comunque metterla perchè mi piace, è una storia frizzantina, leggera e molto semplice. Lo so, sono solita dire che la semplicità è una delle mie caratteristiche, ma non so... Stavolta mi sembra anche un pò banale... Spero ovviamente che la storia non lo sia XD

Che dire di questa idea? Ho semplicemente svolto il prompt, ho inserito qualche dettaglio e ho arricchito un pò l'idea iniziale e... Sì, ormai lo sapete che parto con un'idea e poi la stravolgo XD
E' normale per me.
Ringrazio chi ha lanciato la sfida, Principe Dracula, ogni lettore che leggerà queste storie, chi lo farà silenziosamente e chi le recensirà, il grazie va a tutti, lontani e vicini, e in modo molto dolce a mia cugina, mia sorella e le mie amiche che non mi hanno mai abbandonato così come i miei lettori che mi seguono sempre e quelli nuovi che si sono aggiunti da poco.
Grazie... E' davvero meraviglioso sentire il vostro pensiero, il calore che mi dimostrate tramite le vostre parole e il supporto tramite sia le visite alle storie che con le recensioni.... GRAZIE
Alla prossima,

Claire




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