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Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Notte di
Tanabata” a cura di Fanwriter.it!
~ Numero Parole: 1001 parole
~ Prompt: 1) Durante i fuochi d’artificio, A si confessa a B
~ Bonus: 26) fuochi d’artificio (non se abbia senso, lol)
Li aveva
persi in mezzo la folla. Non li vedeva più da nessuna parte.
La testa della ragazza scattava a destra e sinistra: era spaventata,
presa dal panico. La folla attorno a lei la sovrastava come delle
montagne altissime; la faceva sentire piccola, circondata da muri che
le provocavano un senso di soffocamento. La sua voce veniva annichilita
dalla ressa; le moriva sempre di più in gola e, pian piano,
non riusciva più neanche a sentire che diceva. Le salirono
le lacrime agli occhi: sembrava che nessuno l’avrebbe trovata
in mezzo a quella marea, tra quelle onde festose — finché qualcosa - o meglio, qualcuno - non si
aggrappò alla lunga manica del suo yukata.
“Yachi!”
La ragazza si voltò
sbigottita.
“Yamaguchi!”
“Meno male che ti ho
trovata!”
“Eh?!”
“MENO MALE CHE TI HO
TROVATA!!” urlò il numero dodici della Karasuno. Il
casino del festival costringeva entrambi a sgolarsi.
“AH…
SÌ!! MENO MALE!!”
Il ragazzo le prese la mano e la
trascinò via da lì, facendosi largo tra la folla.
Avevo visto il suo volto turbato, le leggeva nel panico negli occhi.
Doveva immaginare che una ragazza ansiosa come Yachi soffrisse di
agorafobia.
“D-dove andiamo?”
“Ti porto dagli altri,
no?” rispose Yamaguchi con un sorriso.
La bionda ricambiò il gesto,
già più tranquilla.
Dopo pochi minuti, raggiunsero
l’uscita del festival. Presero una stradina in salita: a ogni
passo, il panorama si faceva sempre più lontano, ma era
luminosissimo. Sembrava di vedere un cielo stellato in terra.
Ed eccoli arrivati: l’aveva
portata sulla cima della collina.
“Oh? Dove sono gli
altri?” si stupì Yachi, vedendo il posto deserto.
“Non lo so… Avevamo
detto di trovarci qui per vedere i fuochi!”
“Andiamo a cercarli?”
“Vuoi tornare nella
folla?!” le chiese stupito Tadashi.
“N-no… Forse non
è una buona idea.”
I due rimasero a guardarsi dubbiosi per
un attimo. Fu Yamaguchi a distogliere per primo lo sguardo.
Era intontito dalla bellezza della
ragazza: lo yukata le cadeva sul corpo come una cascata di petali di
ciliegio su un campo di girasoli. L’obi arancione richiamava
il colore dei suoi occhi, ancora lucidi dalle lacrime. Le gote erano
arrossate, ma dallo sguardo, Yachi sembrava molto più
rilassata. Yamaguchi notò che i suoi capelli erano
diversamente acconciati: li aveva legati in uno chignon piccolino,
tenuti fermi da un fermaglio a forma di rametto di ciliegio.
La trovava semplicemente stupenda.
“Beeeh…
arriveranno!” esclamò di colpo, facendo sobbalzare
Yachi. “Vuoi sederti?”
Hitoka seguì la mano che
sbucava dalla lunga manica. Stava indicando una panchina là
vicino.
I due si sedettero e restarono in
silenzio per alcuni minuti. La manager notò solo in quel
momento che Yamaguchi indossava un kimono a righe verdi e blu. Non era
un kimono che spiccava particolarmente, ma credeva che fosse molto in
linea con lo stile apparentemente tranquillo dell’amico.
“Mi piace il tuo yukata,
Yamaguchi!”
“E-EH?! Ah, grazie…
A-anche tu sei molto graziosa col tuo.”
La ragazza bionda arrossì e si voltò verso quello spettacolo di
luci che era il festival. Mancava poco ormai…
“S-senti
Yachi…” provò a esordire Tadashi, ma la
ragazza si stava alzando, guardando verso la discesa. “Y-Yachi?”
“Ah! Scusa! Sono solo
preoccupata gli altri… non arrivano.”
“Non ti preoccupare, se la
sanno cavare da soli.”
“P-però si
perderanno lo spettacolo…!”
Yamaguchi la guardò con
rimprovero, mentre lei gli dava nuovamente le spalle.
“Pensa
solo alla squadra, agli altri… Come immaginavo, non le
interessa nulla di me…” un sorriso
malinconico gli dipinse il volto.“Però…
Però…! Io voglio dirglielo!”
“HITOKA YACHI!”
La ragazza sobbalzò di nuovo,
girandosi di scatto. Vide le lentiggini di Yamaguchi annegare nelle
guance imporporate.
“C-Cosa
c’è?” Il ragazzo non le rispose. Continuava a fissarla insistentemente, il rossore che ormai raggiungeva
le orecchie. “S-stai male??”
Yamaguchi scosse fortemente la testa.
“Ecco…
I-io… Io devo dirti una cosa!”
“Certo, dimmi...”
Il ragazzo stava quasi diventando viola;
probabilmente aveva pure smesso di respirare. Sentiva il cuore morirgli
in gola. Aprì la bocca per prendere il fiato.
“Io… Io…
ti a-”
Un botto lo interruppe e fece perdere la
sua dichiarazione in una fiamma colorata e assordante.
“COSA?!?!”
“TI AMO!”
“EEEEH?!”
Fu questione di un istante. Yachi
sentì qualcosa di pesante venirle addosso e per un attimo
non vide nulla. Poi notò di essere stretta tra le braccia di
Yamaguchi. Uno strano calore pervase tutto il suo corpo e fece
avvampare le sue guance. Non sapeva cosa fare. Timorosamente,
alzò lo sguardo: poteva vedere i colori esplodere nel cielo,
proprio poco sopra la spalla del ragazzo. Sentiva un respiro affannato
sul proprio collo e le ginocchia iniziarono a tremare. Si
aggrappò istintivamente allo yukata di Yamaguchi: non aveva
paura, era…
“Eccitata?
Perché mi sento così?”
Sentì il respiro di Tadashi
calmarsi e allontanarsi da lei; ma il ragazzo non voleva sciogliere
quell’abbraccio, né aveva intenzione di mostrarle
il suo viso. Appoggiò invece la fronte sulla sua spalla e
fece un respiro profondo.
“Devo
farcela.” Una lacrima gli rigò il
viso. “Voglio
farcela!”
La schiena di Yachi si
pietrificò, non appena percepì delle labbra
sfiorarle il lobo dell’orecchio.
“— Io ti
amo.”
Gli occhi di Hitoka si sgranarono, poi
divennero lucidi e scoppiò a piangere. Yamaguchi sentiva
qualcosa inumidirgli il petto.
“Non volevo farti
piang-”
“ANCHE IO!!”
“Davvero?!”
La manager annuì fortemente,
continuando a singhiozzare.
“Mi sa che non ce la fa più di
così… Che tenera!”
Yamaguchi le asciugò le
lacrime con dolcezza. Trovò l’espressione di Yachi
impagabile: gli occhi ricolmi di lacrime, le gote rosse e un sorriso
felice, la rendevano più splendente di un fuoco
d’artificio. I pollici smisero lentamente di carezzarla e si
avvicinò al suo viso con una calma quasi innaturale. Vide le
lunghe ciglia imperlate di lacrime chiudersi lentamente, come se
aspettassero qualcosa. Le sue rosee labbra, semiaperte, furono
l’ultima cosa che scorse, prima di baciarla
all’unisono con l’ultima esplosione colorata.
Yachi posò le mani sul torso
di lui e si alzò sulle punte dei piedi. Si sentì
stringere di nuovo in quel caldo abbraccio — la rendeva
felice e una speranza germogliava nel suo cuore.
“Potrei farci
l’abitudine…”
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