Bruciavano.
Le
dita.
Gli
bruciavano da morire.
Non
si era neanche accorto di essere arrivato a pochi millimetri dal
filtro della sigaretta tanto era nervoso.
Due
piccole bollicine bianche uscirono subito sulla sua pelle, toccandosi
l'un l'altra al ritmo del suo passo.
Sempre
più svelto.
Quasi
correndo.
Finalmente
nella vita gli era capitato qualcosa di buono, pochi giorni prima
aveva inviato un curriculum a un'importante azienda finanziaria e
questa aveva risposto fissandogli il colloquio verso il quale
viaggiava sparato come un proiettile appena sparato fuori dal cane di
una pistola.
I
pensieri si accavallavano mentre il colletto della camicia sembrava
un cappio che lentamente andava a stringersi complice il nodo
grossolano che aveva improvvisato alla sua cravatta.
"Le
scarpe andranno bene? I pezzi grossi di 'ste aziende sono fissati con
queste piccolezze. Potrei anche aver fatturato un milione di euro
dove lavoravo prima ma, per carità, non sia mai che le
scarpe siano
troppo nuove altrimenti le ho comprate solo per l'occasione, se
invece sono troppo rovinate automaticamente verrò bollato
come morto
di fame!"
Diede
un colpetto con il tacco della scarpa destra sulla punta della
sinistra, senza rallentare il passo.
"Cazzo...ho
allacciato la cravatta veramente come se avessi gli specchi di legno
a casa...questa sicuramente non gli sfugge. Anzi! Sarà la
prima cosa
che noterà subito dopo la mano sudata!"
Si
passò la mano destra sulla coscia tentando di asciugarla.
"E
sta camicia? Ma l'ho stirata con il ferro spento? Madre di Dio guarda
qua com'è rovinata!"
Allentò
la pressione del nodo passandosi un dito sul collo.
Svoltò
così rapidamente un angolo che si ritrovò a
ringraziare il cielo
che nessuno stesse percorrendo quella strada perchè
altrimenti lo
avrebbe schiacciato come una schiacciasassi lanciata in corsa.
Lo
skyline che gli si stagliò di fronte gli arrivò
come un pugno alla
bocca dello stomaco, da via S. Nicola da Tolentino troneggiava in
tutta la sua magnificenza, brulicante e caotica, Piazza Barberini. La
fontana del Tritone sembrò quasi strizzargli l'occhio da
lontano
come per sfoggiare tutta la sua antica bellezza.
Non
si fece intimorire e neanche rallentò la sua marcia,
semplicemente
guardò l'orologio constatando che sarebbe riuscito ad
arrivare
perfettamente puntuale.
"Alla
faccia tua Metro A!"
In
pochi minuti attraversò a grandi falcate la piazza, passando
affianco al cinema che proponeva l'ennesimo evento scontato su
chissà
che maratona di film, trovandosi all'imbocco di via del Tritone con
una sigaretta tra le labbra che neanche si ricordava di aver acceso.
Il
sole era quasi al suo Zenit dato che mancavano pochi minuti alle 11 e
mezza, orario per cui doveva trovarsi nell'ufficio dell'assistant
manager con il quale aveva appuntamento.
Finì
la sigaretta nel tempo necessario a lasciarsi il Burger King alle
spalle e disegnò una parabola con il mozzicone centrando le
fessure
di un tombino vicino al marciapiede.
Esultò
invisibilmente interpretando questo come un chiaro segno in cui lesse
che nulla poteva andare storto quel giorno, gli ridiede sicurezza e
slanciò per l'ultima manciata di metri che lo separavano a
quella
che sperava potesse diventare la sua prossima sede lavorativa.
Mentre
schivava i vari turisti impegnati nella loro camminata o in qualche
foto panoramica notò che il rumore dei tacchi era
decisamente una
spanna sopra quello del brusio che lo circondava e
ricominciò ad
essere preso dal nervosismo mentre la sudorazione della mani
aumentava copiosamente.
"Basta!
Basta o il prossimo sbalzo d'umore mi ucciderà!"
Continuò
a marciare spedito per altri 200 metri circa cercando di tirare fuori
il petto e di sembrare sicuro di sè.
Chiunque
lo avesse visto in quel momento avrebbe tranquillamente potuto
pensare che un compasso si fosse infilato un abito elegante troppo
largo e adesso stesse marciando su via del Tritone, avrebbero potuto
addirittura seguirlo tanto era forte la scia di dopobarba che
lasciava alle sue spalle.
Finalmente
arrivò al civico indicatogli nella mail e davanti a lui si
stagliò
un enorme palazzo di sei piani con più di 150 anni sulle
spalle. Un
maestoso ingresso dava su un porticato di marmo che conduceva poi ad
una grande scalinata dello stesso materiale e della stessa
maestosità.
Subito
un uomo di mezz'età con un paio di occhiali con le lenti
spesse come
fondi di bottiglia gli si parò davanti.
-
Desidera?
-
Ehm...sì...ho un appuntamento...
-
Dove?
-
Ehm... Moonfull Corporation...
-
Lei è?
-
Olivetti...Angelo Olivetti...
-
A che ora?
-
Ehm...credo sempre...
L'uomo
sbuffò e sbattè un piede a terra.
-
A che ora ha appuntamento?
-
Ah...eh...alle 11 e mezza...
L'uomo
si allontanò lentamente ed entrò in una guardiola
in legno antico e
vetro, sollevò un ricevitore e pigiò un pulsante
che per tutta
risposta accese subito un led rosso.
-
Sì...ho qui il sig. Olivetti...sì...lo mando su
allora.
Riappese
il ricevitore e ripercorse gli stessi passi che lo riportarono di
nuovo davanti al ragazzo.
-
Terzo piano, sale su per le scale e l'ascensore se lo trova davanti.
-
Grazie. - alzò la mano in un cenno di ringraziamento e
salì
velocemente le scale portandosi nell'ascensore.
Spinse
il pulsante del terzo piano e il cuore cominciò a galoppare
scombussolandolo completamente, per un attimo fu preso dal dubbio che
potesse essere sentito anche dall'esterno.
Un
debole campanello lo avvisò della fine della corsa,
aprendosi le
porte dell'ascensore lo portarono in un mondo parallelo rispetto a
quello dove aveva vissuto fino a quel momento. Soffitti alti
più di
8 metri e affreschi restarauti erano il cielo sopra la sua testa
mentre antichi marmi scorrevano velocemente sotto i suoi tacchi
facendogli da strada verso l'unica porta presente su quel
pianerottolo grande come tutte le case presenti sul pianerottolo di
casa sua.
La
porta si schiuse lasciando fuoriuscire un raggio di luce artificiale
che creò un triangolo luminescente a terra ed uno molto
più fioco
sulla colonna più vicina, a testimonianza di quanto fossero
tirati a
lucido i marmi.
Una
scrollata di spalle lo aiutò a liberarsi della sensazione di
timore
reverenziale che gli stava attanagliando lo stomaco, procedette a
passo spedito verso la porta accostata. Bussò timidamente ma
non
ebbe nessuna risposta per cui, dopo aver preso un profondo respiro,
aprì completamente l'uscio e una folata di caos lo travolse
lasciandolo interdetto. Quattro segretarie rimbalzavano da una parte
all'altra della stanza, rispondendo al telefono e prendendo appunti
su piccoli post-it colorati. Un desk grigio separava l'ambiente di
ingresso alla stanza a quello dove le piccole api laboriose
schizzavano da una parte all'altra.
Alzò
la mano come faceva da piccolo per formulare una domanda alla
maestra, e con un braccio alzato si avvicinò alla segretaria
più
vicina a lui, nonchè la più anziana del gruppo.
Appena
lo vide pigiò qualche bottone sul suo telefono fisso e mise
una mano
sul ripetore del telefono.
-
Desidera?
-
Ehm...sì...avrei un colloquio.
-
Con?
-
Moonfull Corporation...
-
Con il sig. Luperco.
-
Sì probabilmente.
-Prego
si accomodi. Silvia accompagna il sig. ...?
-
Ah...Olivetti...Angelo Olivetti
-
Silvia accompagna il sig. Olivetti nella sala colloqui e informa il
sig. Luperco che è qui.
Una
ragazza uscì dalla postazione e, senza rivolgergli una
parola ma
semplicemente facendo il cenno di seguirla, si incamminò in
un lungo
corridoio illuminato al neon con una serie infinita di porte di vetro
smerigliato chiuse.
L'ansia
fece capolino di nuovo alla bocca del suo stomaco, mentre Silvia gli
sculettava davanti facendogli strada lui non riusciva a far altro che
a essere vittima del suo panico.
In
quel momento era un essere asessuato, senza bisogni primari, mosso
unicamente dalla forma di ansia più pura.
Più
tardi avrebbe cercato di ricordare com'era vestita la segretaria o
alcuni dettagli del suo volto, ma non ci sarebbe riuscito.
Svoltarono
in una grande camera ovale completamente dipinta di grigio e molto
finestrata. Al centro della stanza c'era un tavolo altrettanto ovale
e grigio contornato da sedie di pelle nera di cui l'unica con i
braccioli era situata all'estremo opposto rispetto alla porta
d'ingresso.
-
Prego si accomodi pure dove vuole, Le vado a chiamare il sig.
Luperco. - senza aspettare la risposta Silvia girò i tacchi
e lo
lasciò completamente solo con la sua ansia.
Nei
dieci minuti di attesa che seguirono Angelo si rifece il nodo alla
cravatta tre volte, si sistemò il colletto altrettante volte
e si
pulì le scarpe con le maniche della giacca rasentando
l'ossessevo-compulsività.
-
Oh signor Olivetti...è un piacere conoscerla!
Luperco
era più alto di lui, circa 1 metro e 80, capelli pettinati
all'indietro brizzolati, pelle olivastra e con un volto lungo e
grezzo, con dei tratti molto marcati come se li avessero scolpiti con
martello e scalpello. Avanzava verso di lui con una mano protesa in
avanti e un sorriso arcigno sul volto.
Angelo
strinse la mano protesa con vigore, ma senza esagerare, come aveva
imparato in un corso che aveva seguito tempo addietro, una stretta
energica che non lasci trapelare una sensazione di sfida.
-
Ho visionato il suo curriculum personalmente – disse Luperco
prendendo posto alla sua scrivania – e devo dire che ho
trovato il
suo profilo interessante sin da subito.
-
La ringrazio – rispose Olivetti arrossendo e abbassando
leggermente
la testa.
“No,
no. Smettila di fare così, sicuro di te, mostrati
accondiscente ma
senza esagerare”
Rialzò
la testa di scatto fissando il suo interlocutore negli occhi.
-
Mi dica sig. Olivetti, ha mai sentito parlare della nostra
società?
-
Beh sì certo, vi occupate di recupero crediti e siete i
leader del
settore tra i privati, 20 anni di attività con una rapida
scalata ai
vertici. Ormai anche gli enti pubblici si rivolgono prima a voi che
alle proprie agenzie.
Luperco
scoppiò in una fragorosa risata fissandolo direttamente
negli occhi,
un gesto che venne interpretato come un misto di divertimento e
ammirazione.
-
Vedo che ha fatto i compiti sig. Olivetti. - si alzò dalla
sedia e
si avvicinò a grandi falcate - Venga...le faccio fare un
giro della
struttura.
Cominciarono
a camminare per un lungo corridoio pieno di porte, ognuna con una
propria targa attaccata vicino, pavimento grigio scuro, tinteggiato
sempre di un grigio fumo.
-
Vede sig. Olivetti, lavoriamo in un campo minato. Un settore in cui
bisogna avere...mi passi il termine...le palle quadre. Lavoriamo
quotidianamente con i privati, i nuclei familiari che non sono
riusciti a pagare la rata di un finanziamento, piccolo o grande che
sia. Ho letto che lei proviene da una famiglia modesta...
-
Sì, non abbiamo mai nuotato nell'oro ma non mi è
mai mancato un
piatto di pasta in tavola e un tetto sulla testa.
-
Ne sono contento, la mia domanda è : lei è sicuro
di essere in
grado di fare questo lavoro?
-
Che intende?
-
Per esperienza, persone come lei hanno sempre qualche...scrupolo di
troppo.
-
Non riesco a capire.
-
Come le dicevo sig. Olivetti, capita spesso di lavorare con piccoli
nuclei familiari che abbiano problemi nel pagamento delle rate di un
finanziamento. Dalla mia esperienza posso dirle che persone con la
sua stessa estrazione sociale tendono a dimostrarsi un tantino
troppo...diciamo umane.
-
Ah...ehm...sì capisco.
-
Per questo le chiedo, lei è sicuro di essere in grado di
fare questo
lavoro?
-
Penso di sì.
Un
urlo proveniente dalla stanza alla sua sinistra interruppe il suo
flusso di pensieri facendolo sobbalzare e lasciandolo momentaneamente
interdetto mentre Luperco continuava a guardarlo con il suo bel
sorriso carismatico stampato in faccia.
-
Stiamo cercando persone che non si facciano intimidire da queste
situazioni, qualcuno che pensi al benessere dell'azienda
aldilà di
quelli del singolo, la cui prerogativa fondamentale sia portare a
chiusura la pratica. Senza parlare di flessibilità, ma lei
non mi
sembra una persona ancorata agli orari di ufficio. In fondo i nostri
guadagni sono provvigionali e non abbiamo un cartellino da timbrare,
o sbaglio?
-
No, infatti.
-
Molto bene, sento che già siamo in sintonia. Qui dentro
abbiamo
tutti un obiettivo comune, quello di riuscire a svolgere al meglio il
nostro lavoro. Siamo un'unica grande famiglia...anzi meglio...siamo
un branco formato da animali mossi dallo stesso primordiale bisogno :
la fame. Ognuno di noi ha tanta fame da non tenere d'occhio
l'orologio e pregiudicare la chiusura di una pratica per scrupoli
personali. Sono persone che hanno contratto un debito e che si sono
messe in questa condizione senza che nessuno gli punti una pistola
alla testa, il nostro lavoro è fare in modo che rispettino
le
promesse che hanno fatto, i contratti che hanno firmato e su questo
guadagniamo una cospicua provvigione. Tutti noi abbiamo famiglia e
tutti noi abbiamo bisogno di mangiare tanto quanto le stesse persone
che incontrerà quotidinamente in questa sede. Se la sente?
Di
nuovo delle urla stavolta provenienti stavolta da una stanza alla sua
destra spezzarono la loro conversazione e spaventando notevolmente
Angelo.
-
Penso di sì...ho mandato apposta il curriculum.
-
Bene, le faccio vedere come funziona una volta che lei dovesse
passare questo colloquio.
Aprì
una porta di scatto, sorprendendo un consulente che stava facendo
appuntamento con una coppia seduta alla sua scrivania. La prima cosa
che lo colpì fu quanto era spoglia la camera, interamente
tinteggiata di grigio come il pavimento che era solamente di una
tonalità più scura. La scrivania era priva di
qualsiasi
personalizzazione, semplicemente un computer e un portapenne nero. La
seconda cosa che lo colpì fu invece la reazione siano del
consulente
che della coppia, nessuno si girò verso di loro che si erano
violentemente intromessi nella loro conversazione aprendo la porta.
-
Continua Massimo, non ti preoccupare. Voglio solo far vedere ad
Angelo come lavoriamo qui. - disse Luperco prendendo posto alle
uniche due sedie presenti e libere nella stanza. - Accomodati,
Angelo.
Per
tutta risposta Massimo, il consulente della Fullmoon Corp.,
continuò
il suo appuntamento con la coppia visibilmente spaventata e scossa da
un incontro che evidentemente stava andando per le lunghe.
-
Signori, io capisco perfettamente che siate rimasti entrambi a casa
ma la banca non può attendere le vostre esigenze, avete una
rata di
mutuo da pagare...
-
Sig. Massimo ma cerchi di capire che non stiamo lavorando in questo
momento e non sappiamo dove trovare il denaro.
-
Signori miei, io lo dico per il vostro bene, non vorrete vedere il
vostro immobile pignorato.
-
No, assolutamente no.
-
Allora cerchiamo di risolvere il problema, avreste 30 giorni di tempo
per saldare le rate mancanti ma vi chiamerò personalmente
tra 15
così che voi abbiate il tempo necessario per sentire i
vostri
parenti e farvi prestare la somma dovuta altrimenti potreste andare
incontro a spiacevoli conseguenze e questo noi non lo
vogliamo...vero?
-
No, assolutamente no.
Osservandolo
bene, Angelo, cominciò a notare che Massimo aveva qualcosa
di
insolito e strano. Era molto peloso, tanto che dei lunghi peli neri
fuoriuscivano dai polsini e dal colletto della sua camicia, il viso
era stranamente lungo e da lontano anche le unghie sembravano tanto
lunghe da apparire quasi ricurve.
-
Bene Angelo, proseguiamo. E' un momento molto delicato della
trattativa, meglio lasciarli soli.
Luperco
lo anticipò portandosi alla porta dell'ufficio e aprendola
per
indicargli la strada.
-
Vieni, ti faccio vedere la stanza dove firmerai il tuo contratto di
affiliazione.
Lo
condusse fino a una stanza ovale, arredata soltanto di una scrivania
e una sedia, sopra la quale vi erano poggiati alcuni fazzoletti di
carta e quello che lui riconobbe come un laccio emostatico,
chiedendosi subito cosa ci facesse quell'oggetto in un ambiente del
genere.
Il
cellulare di Luperco squillò indicando un messaggio ricevuto.
-
Lei è fortunato sig. Olivetti, sono appena stato informato
che
proprio ora devo procedere a un'assunzione, le va di assistere?
-
Sì, certo.
In
quel momento varcò la soglia un ragazzo che doveva avere
più o meno
la sua stessa età, vestito in maniera molto elegante
esattamente
come lui e con stampata la stessa espressione di chi non capisce dove
si trova o cosa stia per accadere.
-
Buonasera sig. Biccotti, prego. Si accomodi, tolga la giacca e si
metta seduto alla scrivania.
Il
ragazzo annuì sbrigativamente camminando rapidamente mentre
si
toglieva la giacca che posò sullo schienale della sedia.
Preso posto
alla scrivania continuando a guardare Luperco con sguardo fisso.
Sembrava che stesse tremando.
-
Vede sig. Olivetti, il nostro metodo di selezione è molto
rigido e
ci porta molto spesso a scartare candidati che sulla carta
sembrerebbero molto validi per la posizione offerta o ad assumerne
altri che invece non rispecchiano i requisiti di ricerca della nostra
società.
Mentre
pronunciava queste parole, Luperco colmò la distanza tra lui
e il
sig. Biccotti per poi sbottonargli il polsino destro della camicia,
cominciando ad arrotolare la manica fin sopra al gomito. Una volta
fatto questo prese un fazzoletto e lo aprì sotto
l'avambraccio del
povero ragazzo impaurito, infine prese il laccio emostatico e glielo
annodò tanto stretto che subito le vene cominciarono a farsi
più
visibili.
-
Non tutti sono tagliati per questo lavoro, Angelo. Alcuni passeranno
per questa azienda per sedersi dall'altra parte della scrivania,
contrattori di debiti e alla canna del gas, altri invece con questo
lavoro troveranno il proprio posto nel mondo, arricchendosi come mai
prima. Non tutti nasciamo predatori, alcuni trascorrono la vita da
prede.
In
quel momento vide un lampo nello sguardo mentre la conformazione dei
lineamenti di Luperco cominciò a mutare, allungandosi e
protendendosi verso l'esterno. Cominciò ad aumentargli
visibilmente
il pelo sul corpo, tanto che dai polsini e dal colletto cominciarono
a fuoriuscire gli stessi lunghi peli neri che aveva visto pochi
minuti prima nella stanza di Massimo, la mandibola schioccò
mentre
si ristringeva e allungava sporgendo notevolmente. Le orecchie
cominciarono a farsi a punta e a spostarsi verso l'alto mentre le
unghie curate cominciavano a trasformarsi in lunghi artigli ricurvi.
In
poco meno di 30 secondi Angelo assistì alla trasformazione
del suo
responsabile in un lupo umanoide con tanto di ringhio sommesso.
In
uno scatto addentò l'avambraccio del sig. Biccotti, il
sangue
arterioso cominciò a fiottare dalla ferita insozzando tutta
la
scrivania. Il ragazzo seduto divenne cianotico arraffando un
fazzoletto per poter tamponare la ferita mentre Luperco scioglieva il
nodo al laccio emostatico.
Angelo
sobbalzò alla visione della scena, cominciò a
boccheggiare e
annaspare mentre in preda al panico cercava con le mani la porta
d'uscita.
Biccotti
nel frattempo si abbandonò sulla sedia con la testa
reclinata
completamente abbandonata dietro lo schienale.
-
Niente, l'ennesima risorsa al di sotto delle aspettative. -disse
Luperco mentre riprendeva la sua forma umana e provava a sentire il
polso del ragazzo.
Si
sistemò per bene il colletto della camicia, si
schiarì la voce e
riprese a sorridere come aveva fatto fino a pochi minuti prima, quel
sorriso tanto affascinante e carismatico però ora era
incorniciato
dal sangue arterioso di Biccotti.
-
E lei sig. Olivetti... si sente più preda o predatore?
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