Capitolo
8
Seduto al posto di comando della
navetta di Fonterossa, Brandon cercava di rintracciare Riven.
«Andiamo!» borbottava,
guardando con sguardo disattento il parabrezza. «Ma dove
diavolo sei, Specialista cocciuto?»
Timmy,
accanto a lui, digitava velocemente su una tastiera, guardando il
piccolo schermo di fronte a sé. «Il segnale proveniente
dal suo cellulare è debole.» comunicò. «Sto
cercando di allargare lo spettro. Dammi un secondo!»
Brandon
sbuffò. «Secondo me, ha abbassato il segnale
volutamente!»
Timmy
si sistemò gli occhiali sul naso, prima di riprendere il suo
febbrile lavoro. «No, c'è qualcosa che non va: i
cellulari dell'intera dimensione magica sono stati fatti apposta per
evitare che le frequenze dei segnali fossero portate a livelli di
campionamento così bassi dall'utente finale.»
«Magari
non è a Magix!» suppose Brandon.
«No,
è qui.» confermò Timmy. Un lieve bip lo fece
sussultare di eccitazione. «E' qui, da qualche parte, a Magix.
Sono riuscito ad agganciarmi al cellulare!»
«Provo
a chiamare?»
Timmy
ci mise un po' a rispondere: guardava il monitor, accigliato. «Ancora
no.» disse, lentamente. Poi guardò verso l'altro
Specialista con aria preoccupata. «Non prenderà mai.»
«E
perché?»
«E'
da qualche parte sottoterra.»
***
Il
rumore di gocce che cadevano dentro una pozzanghera risvegliò
Riven dal suo sonno agitato insieme al dolore alla sua schiena
ferita. Lentamente, i suoi ricordi riaffioravano, uno ad ogni goccia
che cadeva.
Rivedeva
i momenti che, inesorabilmente, lo avevano condotto in trappola. Se
Stella non si fosse intromessa, se non l'avesse chiamato per un
inutile completino intimo, lui sarebbe stato a Fonterossa a poltrire,
avrebbe dormito e dimenticato quella giornata degli innamorati. Ma
adesso...
Strizzò
le palpebre diverse volte per cercare di mettere a fuoco il luogo in
cui si trovava, ma non vide niente. Tutto era buio.
L'unica
cosa di cui era sicuro era che si trovava in un posto molto umido e
freddo. Cercò di stropicciarsi gli occhi, ma quando provò
a spostare le braccia da dietro la schiena, sentì una forza
che opponeva fiera resistenza e che gli impediva di muoversi a suo
piacimento.
«Ma
che...» si dimenò per un po', finché una risata
cattiva non lo bloccò. Voltò la testa di qua e di là,
come un animale in trappola. «Dove sei?» ringhiò,
frustrato e, anche se odiava ammetterlo, spaventato. «Che cosa
mi hai fatto?»
Di
nuovo, udì solo una risata.
«Darcy?»
provò ancora.
«Sì,
che cosa c'è?» chiese la voce della strega, in tono
giocoso. Nel sentirla, Riven provò di nuovo a liberarsi,
sbatté le palpebre con forza, ma non riusciva in alcun modo a
riprendere la vista, né a muovere le braccia, mentre una fitta
dolorosa e penetrante come una lama lo trafiggeva a ogni più
piccolo movimento.
«Dove
sono? Che cosa mi hai fatto?» gridò.
«Niente
di speciale.» rispose lei, incurante. «Ti ho solo
impedito di nuocermi!»
«Mi
hai ingannato! Mi hai raggirato ancora una volta! Sei... sei una
strega, Darcy!»
«Però...»
replicò lei, sarcastica. «Sei davvero sveglio per essere
uno Specialista tutto muscoli e niente cervello!»
Rise
della propria battuta. Riven fece scattare la testa da un lato, come
per scacciare una mosca che gli era finita troppo vicina al naso.
«Avanti, dimmi dove sono!»
«In
un dei vecchi nascondigli di Valtor... uno dei più squallidi,
ma almeno uno dei pochi rimasti intatti!» rispose Darcy,
pigramente.
«Vuoi
dire che siamo su Andros?»
Sentì
Darcy sospirare esasperata. Non rispose, però. Lo lasciò
col dubbio, mentre la sua frustrazione cresceva.
«Che
cosa vuoi da me?» insistette, rabbioso.
Percepì
un movimento che lo fece scattare sul posto: non riusciva a capire
dove fosse la strega, sebbene la sentisse parlare. Avrebbe potuto
essere davanti a lui, come a chilometri e chilometri. Questa
incertezza lo rendeva decisamente inquieto. Avesse potuto contattare
gli altri Specialisti!
Il
suo pensiero corse a Musa e si chiese cosa sarebbe successo se,
invece di seguire la strega, avesse davvero chiamato lei come gli
aveva suggerito Stella.
Che
importanza aveva, ora, saperlo? Tanto non aveva modo di tornare
indietro per scoprirlo. Forse non l'avrebbe nemmeno chiamata, nel
caso.
«Dai,
che cosa vuoi da me?» chiese, di nuovo, stavolta meno
aggressivo. Forse, per una volta, doveva studiare la situazione.
«Vendetta.»
fu la semplice risposta che ricevette.
«Vendetta.»
ripeté allora Riven, amaro. «E' per vendetta che sono
qui?»
«Se
tu non fossi stato così sciocco, ora saresti in ben altra
posizione.» rispose Darcy.
«Che
intendi dire?»
La
strega non parlò più, ma Riven riusciva quasi a
percepire il sorriso maligno che era apparso sulla sua bocca. Che
avesse in mente qualcosa era chiaro, ma il problema era scoprirlo,
neutralizzarla prima che avesse il tempo di fare la prima mossa.
«Avanti,
dimmi perché mi hai ingannato in questo modo! In cosa consiste
la tua vendetta? Perché ce l'hai tanto con me?»
«Quante
domande, Riven!» sospirò Darcy, sarcastica. «Davvero
è stata la tua testolina vuota a formularle? Ma bene, a quanto
sembra le cose a Fonterossa sono cambiate negli ultimi mesi! Adesso
vi insegnano anche ad usare il cervello non solo per fare peso!»
«Smettila!»
ringhiò lui: detestava che gli si desse dello stupido. Lui non
era stupido, anche se a volte faceva di tutto per sembrarlo.
«Di
fare cosa?»
Riven
digrignò i denti. «Darcy, ora mi stai facendo
arrabbiare! Liberami subito o...»
«Ti
senti davvero nella posizione di minacciarmi?» Riven era sicuro
che Darcy stesse scuotendo la testa con la sua solita aria beffarda,
proprio come il giorno in cui aveva scoperto di essere stato
raggirato, quando lei e le sue sorelle avevano cominciato a girargli
intorno ridendo malignamente di lui. «Avanti, Riven... sei
legato e cieco, come pretendi di darmi degli ordini?»
«S-sono...»
balbettò lo Specialista, incredulo. La gola gli si seccò
e il suo cuore cominciò a scalpitare. Aprì e chiuse la
bocca più volte per far uscire parole che non era in grado di
esprimere.
«Credevi
essere bendato, eh? Sì, ho usato i miei poteri su di te.»
continuò Darcy, con naturalezza, intuendo quali fossero le
paure dello Specialista. «Oh, stai pure tranquillo: non è
un incantesimo permanente. Durerà abbastanza, però.»
«Abbastanza
per cosa?» Riven notò panico nella propria voce e non
riuscì a non detestarsi per questo: si stava dimostrando
debole di fronte ad una strega. Di fronte ad una donna.
Il
rumore di tacchi delle scarpe di Darcy gli dissero che lei si stava
muovendo e, dal suono sempre più amplificato, capì che
si stava avvicinando a lui. Fece per scattare in piedi, ma scoprì
che anche i suoi piedi erano stati legati: non aveva via d'uscita.
Sentì una delle mani di Darcy chiudersi intorno ai suoi
capelli e tirarli, costringendolo a piegare il collo verso l'alto.
«Per
questo!» mormorò Darcy.
E,
prima che Riven avesse il tempo di replicare, un nuovo oblio lo
avvolse.
***
Tutte
le fate di Alfea guardavano sconvolte e preoccupate la sfera nera
sollevata al centro della scuola: aveva cominciato a tremare,
minacciosa e un vento innaturale si alzò intorno ad essa,
mentre la luce con cui Stella l'aveva avvolta cambiava, diventava
rossa, poi di nuovo d'oro, poi cambiò ancora, e ancora una
volta, diventando delle sfumature dell'arcobaleno. Fu allora che solo
i contorni divennero di un rosso intenso come il cielo al tramonto.
Il
tremore della palla si fece ancora più intenso.
«Che
sta succedendo?» domandò Sky, facendo un passo indietro,
sconvolto.
«Ci
sarà un'esplosione!» spiegò Faragonda, capendo
improvvisamente. «Ascolta, Sky, puoi cercare di creare uno
scudo con le vostre tecnologie che isoli Alfea dal resto della
foresta?»
Sky
ci pensò un minuto. «Ci penso io, Preside. Sono sicuro
che Timmy ha qualcosa per l'occasione!»
«Molto
bene!» annuì la Preside di Alfea. «Allontanate la
navetta di Fonterossa da qui! Non vorrei che venisse coinvolta in
un'esplosione. Prendete con voi le fate ferite o deboli! In fretta!»
«Certo!
Vieni, Nabu, avremo bisogno anche di te!»
«Sì,
certo!» esclamò il ragazzo.
Corsero
via, mentre Palladium e Grizelda arrivarono dall'interno della
scuola, leggermente feriti per via dell'attacco a sorpresa sferrato
da Stormy all'interno della camera delle Winx. Si dissero pronti:
avrebbero combattuto fino allo stremo, pur di lavare via l'onta della
loro sconfitta.
«Dobbiamo
metterci in formazione e limitare i danni!» continuò la
preside, senza perdere la calma, una volta che Sky e Nabu ebbero
fatto ritorno, insieme alle fate ferite, alla navetta di Fonterossa.
«Quando
vuole!» esclamò l'elfo, annuendo. «Noi siamo con
lei, professoressa!»
«Cosa
succederà?» domandò Mirta, avvicinandosi alla
preside. «Flora e le altre staranno bene, vero?»
Faragonda
abbassò lo sguardo su di lei e sospirò. «Dobbiamo
fare tutto il possibile, Mirta. Ed intendo tutti noi!» poi,
dopo un attimo di pausa, mentre i professori si sistemavano, richiese
l'attenzione delle sue studentesse. «Fate di Alfea, la scuola e
tutti noi corriamo un grande pericolo: la sfera di sentimenti
negativi creata da Stormy sta per esplodere e rischiamo che tutti noi
rimaniamo travolti e uccisi! Fate ciò che vi dico: convogliate
la vostra energia sulla sfera e ricopritela con un velo di magia che
eviterà l'impatto! La prima cosa da fare è sistemarsi
intorno alla sfera.»
Tutte
le fate eseguirono l'ordine impartito, pure coloro che, fino ad
allora, non avevano avuto il coraggio di farsi avanti. Persino quelle
che erano rimaste nella scuola accorsero.
La
sfera continuava a vibrare minacciosa, mentre il rossore ai bordi si
estendeva verso l'interno e si faceva ancora più intenso.
Aria, la fata salvata da Musa, e Mirta, l'una accanto all'altra,
vicino a Faragonda, alzarono le mani, rivolgendo i palmi alla sfera.
«Ce
la faremo!» le rassicurò la preside, imitandole.
«Adesso» continuò, a voce molto alta. «chiudete
gli occhi e pensate di voler avvolgere tutte le altre in un grande
abbraccio di speranza! Potete farcela! Siete fate, il vostro compito
è quello di portare quanti più sentimenti positivi
potete nel cuore di tutti! Voi siete nate per questo. Abbiate fiducia
in voi!»
Tutte
quante chiusero gli occhi, proprio come aveva detto la preside. Mirta
si ritrovò ad avere un po' di paura: lei era una strega, non
una fata. Avrebbe potuto mandare a monte tutti i piani di Faragonda,
se non avesse mantenuto la concentrazione.
La
sua sicurezza vacillò, mentre i suoi occhi si riempivano di
lacrime di frustrazione per la sua incapacità.
«Non
mollare, Mirta!» esclamò dolcemente la preside,
facendola sussultare. La ragazza aprì gli occhi arrossati e
vide un sorriso rassicurante sul volto dell'anziana fata che le stava
porgendo la mano. «Io ho fiducia in te e anche tutte le altre
fate!»
«Sì.»
fu il commento di Aria che le afferrò l'altra mano. «Sei
una delle migliori fate che io abbia nel mio corso! Dico davvero!»
Mirta
si sentì confusa. «D-davvero?»
Aria
annuì, convinta. «Non sono molte le streghe che decidono
di voltare le spalle all'oscurità! Tu lo hai fatto!»
disse, ammirata. «E' per questo che sei una fata migliore di
molte altre.»
«I-io...» «Ti
prego! Salva Musa e le altre! Dimostra di essere una vera fata!»
Mirta
si sentì riempire di orgoglio per quelle parole. «I-io...»
chiuse gli occhi, mentre una nuova fiducia entrava in lei grazie a
quelle belle parole. «Grazie, Aria!»
Le
strinse la mano e chiuse gli occhi, concentrandosi sui buoni
sentimenti. Ce l'avrebbe fatta. Per quanto strano potesse sembrare,
credeva davvero di potercela fare.
Un
alone di un acceso verde brillante la avvolse, sentì il calore
penetrarle nelle ossa e così aprì gli occhi,
stupefatta, solo per accorgersi che non solo lei, ma tutte le altre
fate erano ricoperte dallo stesso alone. Le loro mani brillavano.
Guardò
la preside, negli occhi un'immensa felicità.
«Ottimo
lavoro, Mirta!» esclamò la preside, mostrando la propria
approvazione con un sorriso.
Quel
grande potere fece reazione con la sfera.
Grazie
ai professori, ricoperti, invece, da una luce azzurra, le ragazze si
facevano forza e traevano potere da loro e dai loro sguardi risoluti.
La speranza e la fiducia in loro le alimentava.
«Lasciate
che la vostra mente concentri sentimenti positivi!» le esortò
Palladium. «Dovete contrastare la potenza della negatività
di questa sfera: le Winx hanno fatto quello che hanno potuto
dall'interno, ma, purtroppo, non sono riuscite a respingerla. Se non
ci riusciamo noi, saranno le prime a morire!»
«No,
Musa!» gridò Aria, disperata. «Non moriranno, non
devono morire!»
Eppure
Faragonda e Palladium avevano detto che sarebbe potuto succedere. Con
l'esplosione, le sei fate sarebbero state coinvolte, sarebbero state
le prime a pagare per la malvagità delle streghe. Scosse la
testa: sia lei che Mirta combattevano per loro, perché erano
state salvate, sebbene in momenti e circostanze diversi, dalle Winx e
avevano un debito di gratitudine nei loro confronti.
Lasciare
che la mente facesse pensieri positivi era difficile, soprattutto se
Mirta ricordava il suo odio per le Trix le quali l'avevano
trasformata in una zucca, avevano rapito la sua amica di infanzia e
quasi distrutto Magix.
«Convogliate
pensieri positivi, ragazze! Siete fate e, per combattere le streghe,
dovete dimenticare l'odio o il risentimento!» continuava
Palladium.
«Chiudete
gli occhi, mie giovani fate!» lo aiutò Faragonda, forse
intuendo il disagio e i pensieri di Mirta e Aria che, dopotutto,
erano molto simili. «Ricordate i sentimenti che vi legano alle
ragazze là dentro, a quello che hanno fatto per voi, la loro
amicizia, il loro spirito di sacrificio! Hanno fatto questo per voi e
voi dovete essere disposte a fare lo stesso per loro. Gratitudine,
affetto, qualsiasi cosa vi leghi a loro può funzionare!
Pensate alle Winx che tante volte hanno salvato la scuola e il mondo
magico, pensate a delle amiche sincere, a delle grandi fate! Pensate
all'amore che vi lega le une alle altre, al mondo di Magix e a tutta
la dimensione magica! Chiudete gli occhi e pensate a ciò che
di bello il mondo ha da offrirvi!»
A
quelle parole, le fate ubbidirono: chiusero gli occhi, tutte insieme
come se fossero state una sola. I loro pensieri disparati, tutti
rivolti alle amiche, agli affetti più cari. Dovevano tutte
riempire i loro cuori di questi sentimenti. E Mirta pensò a
Flora, ai tanti suoi sforzi per ritrasformarla, a Bloom che l'aveva
salvata dalle Trix e portata ad Alfea, la grande forza di Faragonda,
la generosità, i principi delle fate e ad Aria che aveva così
tanta fiducia in lei. Poteva farcela, lo sentiva, sentiva forza, una
grande sensazione di pace.
Aprì
gli occhi: dalle sue mani, il luccichio che le aveva avvolte si era
fatto più forte, mentre la luce attorno al suo corpo era
diventata di un bell'azzurro cielo, proprio come quello dei
professori. Un sorriso radioso si dipinse sul suo viso: adesso sì
che si sentiva una vera fata.
«Ottimo
davvero, Mirta!» fu il complimento che le rivolse Faragonda.
Presto, molte altre fate raggiunsero il suo risultato e i raggi
luminosi che intaccarono la sfera cominciarono a spandersi tutto
intorno al suo perimetro vibrante, come un velo leggero e setoso.
«Con
tutta la potenza che avete, ragazze!» gridò Faragonda,
tenendo le braccia tese sopra la testa. «Usate i vostri poteri
come se doveste spingere una montagna!»
Dalle
mani delle fate, a quelle parole, si sprigionarono delle piccole
sfere azzurre simili all'alone che le circondava e tutte si spinsero
lungo la linea continua che teneva ancorate alla sfera di sentimenti
negativi le loro proprietarie.
Guardarono
tutto con stupore sempre crescente: la sfera aveva un colore
rossastro, ma era attenuato dal velo azzurro e, adesso, pulsava come
un cuore, pieno di vita.
«Non
ce la faremo!» gridò Aria, mentre una lacrima le
scivolava giù dalla guancia.
«Invece
sì!» replicò Mirta, risoluta, decisa, convinta
delle proprie parole. Si stupì lei stessa delle parole che le
stavano uscendo dalla bocca. «Noi dobbiamo farcela! Per
Flora, per Musa! E per le altre Winx!»
La
sfera continuava a pulsare sempre più forte.
«Adesso
tocca a noi!» gridò Faragonda, sollevandosi in aria.
Grizelda, Wizgit, Avalon e Palladium la imitarono. Una luce così
bianca da essere accecante li avvolse completamente, come se fossero
state delle stelle in procinto di cadere. Un lungo filo dello stesso
colore si propagò da ognuno di loro verso due dei compagni e,
in alto, sopra le allieve di Alfea e disegnarono una stella a cinque
punte.
Tutto
quello che successe dopo fu un attimo: la luce bianca divenne ancora
più accecante, tanto che tutte dovettero coprirsi gli occhi.
La luce azzurra svanì, inghiottita da quella emanata dai maghi
a mezz'aria, i quali, con gli occhi chiusi, usarono tutta la loro
energia.
Un
secondo dopo che era apparsa, la luce svanì; la stella a
cinque punte si dissolse e tutti i professori cominciarono a cadere,
stremati.
Mirta
spiccò un salto e si librò in volo per riprendere la
preside. Pure Aria, le cui ali erano tornate a muoversi grazie ai
sentimenti positivi che era riuscita a far venir fuori, afferrò
il povero e minuto professor Wizgit che era svenuto.
La
sfera non era, però, scomparsa: adesso sembrava una enorme
bolla di sapone trasparente. Al suo interno, vi erano le sei Winx,
riverse a mezz'aria, svenute, insieme a Stormy, anche lei priva di
sensi, con la testa piegata da un lato, legata in una salda catena
costruita con un pentagramma di un pallido rosa.
«Sono
vive!» gridò Mirta, gioiosa, guardando la bolla.
«E
come lo sai?» replicò Aria, mentre la aiutava a posare a
terra Faragonda.
«Perché
la loro magia è ancora intatta! Non la senti? Stanno bene!»
rispose la ex-strega. Lasciò la preside e si librò in
aria, per trovare un modo per distruggere la bolla. Stormy era fuori
combattimento e, un po', era anche merito suo. Per una volta, poteva
dire di aver sconfitto una delle Trix.
Toccò
la bolla: sembrava fatta di vetro sottile e, per questo, non le
sembrò difficile da distruggere. Con una magia, senza pensare
alle possibili conseguenze, lo colpì. Tutto ciò che
contava era salvare le due Winx.
Una
crepa si formò nella bolla, poi un'altra, e la sua superficie
liscia cominciò a scalfirsi velocemente, come un terreno che
si spacchi e apra durante un violento terremoto.
«Mirta!
Vieni via! Quando la sfera si spaccherà, tu rimarrai ferita!»
gridò Aria, con le mani a coppa davanti alla bocca,
guardandola piena di preoccupazione. «Dobbiamo proteggerci!»
«E
le Winx?» sbottò Mirta, guardando l'amica, con un astio
tale che Aria si chiese cosa avesse detto di male. «Non
possiamo lasciarle lì!»
«Andrà
tutto bene!» la voce maschile che la rassicurò le fece
distogliere lo sguardo da Aria. Cercò il suo proprietario e lo
trovò, davanti a una navetta di Fonterossa, seguito da due
grossi soldati che aveva già visto due anni prima: i Templari
di Roccaluce.
Mentre
il ragazzo che aveva parlato era uno degli Specialisti, cavalieri
maghi di Fonterossa, un ragazzo dal sorriso misterioso e gentile, i
capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi, legati in una coda
lenta.
«Helia!»
esclamò Mirta, riconoscendolo. Il ragazzo, sentendole dire il
proprio nome, annuì.
«Quando
siete arrivati?» chiese, debolmente la preside, mettendosi a
sedere. Guardò le altre ragazze, alcune delle quali sedute a
terra, esauste, ma tutte esprimevano lo stesso stupore.
«Ogni
cosa a suo tempo.» tagliò corto Helia. «Ora
dobbiamo pensare alle Winx!»
A
quelle parole, Mirta sussultò, quasi si fosse ricordata solo
in quel momento che le sei fate erano ancora imprigionate nella bolla
incrinata. Uno scricchiolio sinistro prodotto dal vetro che
continuava a spaccarsi senza sosta la fece quasi rabbrividire e, al
tempo stesso, preoccupare molto più di quanto non fosse già.
Guardò
di nuovo verso Helia, per pregarlo di sbrigarsi e, quando vide che si
frugava in una tasca, estraendone un piccolo marchingegno elettronico
rettangolare che emetteva ad intermittenza tante luci di colori
diversi, si chiese se non fosse impazzito. Al suo sguardo perplesso,
lo Specialista rispose:
«Un
demolecolarizzatore! Timmy ha perfezionato quello costruito da
Codatorta un po' di tempo fa e, da allora, tutti gli Specialisti di
Fonterossa non vanno mai in giro senza! Fanno parte dei nostri
equipaggiamenti di base. Comunque, funziona solo su barriere magiche
solide...» fece un mezzo sorriso e le lanciò l'oggetto.
Mirta lo prese al volo con entrambe le mani e poi guardò
meglio l'oggetto, tra le mani a coppa, come se quello avesse dovuto
esplodere da un momento all'altro.
«Posalo
sulla barriera di vetro e questa dovrebbe sparire!» le suggerì
Helia. Mirta decide di fidarsi: non aveva tempo per i ripensamenti,
non aveva tempo per i dubbi. Alfea e tutte le sue fate erano in grave
pericolo e lo sarebbero state ancora di più, una volta che il
vetro fosse esploso. Posò delicatamente il demolecolarizzatore
sul vetro. Questo vi si attaccò sopra come una ventosa, poi le
luci su un lato del marchingegno smisero di lampeggiare, un suono
acuto prolungato e insistente si levò da esso, mentre un alone
dorato ricopriva l'intera bolla. Mirta si allontanò di poco,
timorosa, mentre Aria le chiedeva ancora una volta di tornare giù.
Faragonda
si stava lentamente riprendendo e, aiutata dalle allieve, si mise in
piedi, rivolgendo un'occhiata alla bolla.
«Bene!»
sospirò, chiudendo gli occhi, per via della testa che ancora
le girava. «Ora che ci sono anche i Templari sono molto più
tranquilla!»
La
bolla, una volta ricoperta interamente dall'alone dorato, a momenti
alterni, scompariva e riappariva. Ci vollero diversi secondi, durante
i quali questo processo si ripeté senza mai fermarsi.
Tutto
quell'attendere aveva tenuto le fate col fiato sospeso, ma, dopo
quello che sembrò un tempo interminabile, la luce scomparve,
le crepe si dissolsero e il vetro divenne sabbia scura che,
trasportata dal vento, fu spazzata via insieme a tutti i sentimenti
negativi richiamati da Stormy.
Le
Winx cominciarono a cadere a peso morto, ma Helia allungò il
braccio e, con i fili dorati che uscivano dalla sua tuta, riuscì
ad afferrarle tutte e riportarle a terra senza che si schiantassero.
Un
grido di vittoria, a quel punto, si levò da tutte le fate che
saltavano e volavano nei cieli di Alfea, mentre il sole cominciò
a sorgere, rosato, dietro alla scuola, portando un nuovo giorno.
***
«Flora...
Flora apri gli occhi!» la preghiera che le arrivò alle
orecchie era una strana e dolce poesia. Come poteva essere lui?
La
fata sentiva il tocco leggero del vento che le sfiorava le guance.
Non ricordava molto di ciò che era successo, dopo che lei e le
sue amiche avevano tentato di fermare la massa scura che si era
creata all'interno della gabbia di Stormy, ma la cosa certa era che
non era più al suo interno. Gli odori della natura e le piante
le parlavano, le dicevano che tutto era finito, che era al sicuro.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, ascoltando il mondo
circostante, ancora lasciandosi cullare da quelle braccia che la
sorreggevano. Si chiedeva di chi fossero, ma non era poi così
curiosa: era molto stanca e sentiva un grande bisogno di riposare.
«Flora!»
la chiamò ancora quella voce, adesso preoccupata.
«He-Helia?»
domandò, incerta, in un lieve sussurro. Persino la propria
voce le pareva strana, come se appartenesse ad un'altra, o forse era
lei che era ancora in dormiveglia?
«Sì,
sì, Flora!» replicò la voce, da cui traspariva
una profonda emozione. «Si è ripresa!»
E
mentre, lui gridava quelle ultime parole, lei rimuginò: se
Helia era in missione per Fonterossa, cosa ci faceva con lei? Questa
domanda la costrinse ad aprire gli occhi, rimanendo abbagliata dalla
luce del sole, convinta che quella fosse una nuova macchinazione
delle Trix.
Non
doveva dimenticare che le altre due non si erano viste... si alzò
di scatto, sbattendo le palpebre, notando solo in quel momento di non
essere più trasformata, ma di indossare i vestiti di tutti i
giorni. Ebbe solo il tempo di fare questa osservazione che tutto il
mondo attorno a lei cominciò a vorticare troppo velocemente.
Cadde all'indietro, ma due braccia forti la sorressero per le spalle,
prima che battesse la testa.
«No,
Flora, stai giù, sei ancora molto debole!» nel suo campo
visivo si materializzò proprio lui, i suoi occhi, la sua
espressione preoccupata e così infinitamente dolce.
«Helia!»
esclamò, stupita, ma allo stesso tempo, felice. Lui sorrise ed
annuì.
«Ora
è tutto a posto!» esclamò.
«Ma...»
Flora non ne sembrava convinta. «...le Trix?»
Helia
continuò a sorridere, rassicurante. «I Templari le hanno
catturate!» rispose, alzando la testa verso il folto del bosco.
Anche Flora guardò nella stessa direzione e vide due uomini
nerboruti, vestiti delle loro armature, che si avvicinavano, seguiti
dalla preside Faragonda, il professor Codatorta, Bloom, Stella e
Tecna, anche loro nei soliti abiti e un'espressione sorridente.
Seguivano, infine, le Pixie. Chatta le andò subito incontro e
la abbracciò.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!» esclamò, commossa. «Un
colpo è come dire spavento, terrore e...»
«Oh,
Chatta! Sto bene!» rispose la fata, per interrompere la fiumana
di parole che stava uscendo dalla bocca della Pixie. «Ma, cosa
è successo e perché sono in mezzo al bosco?»
domandò, tornando a guardare il proprio ragazzo e coprendo la
Pixie con una mano, per accarezzarle la testa.
«Tu
e le altre avete combattuto una lunga e durissima battaglia!»
rispose Faragonda. Il suo aspetto, notò Flora, era trasandato:
non sembrava neanche più la stessa della sera prima. Le pareva
più vecchia, stanca e malata. Occhiaie profonde solcavano i
suoi occhi spenti e stanchi. «Hai rischiato molto, fata della
natura, eri molto debole dopo lo scontro!»
«Già...»
ammise Bloom, inginocchiandosi di fronte a lei. «Siamo state
tutte molto male, ma tu più di tutti...»
«E
come mai?» volle sapere Flora, guardando tutti i presenti.
«Eri
già molto debole.» continuò Faragonda.
«E...
e Musa?»
«E'
in infermeria.» rispose Bloom, ma non sembrava preoccupata.
«Stiamo aspettando che si riprenda, ma sta bene.»
«Sono
orgogliosa di voi!» esclamò ancora Faragonda. «Perché
avete capito da sole che l'unico modo per distruggere la polvere di
fata contaminata dai sentimenti negativi di una strega, è la
vostra polvere di fata! Credo che la lezione di domani, sia
assolutamente superflua per voi!»
«Siamo
esentate?» domandò Flora. Faragonda se ne accorse e
rise, dolcemente. Annuì.
Bloom
rise nel vedere l'espressione dispiaciuta sul volto dell'amica,
mentre Stella saltava sul posto e gridava di gioia: «Oh, questa
sì che è una meravigliosa notizia! Non vedo l'ora di
dirlo al mio Ciccino!»
«Non
avevi detto che Brandon era in punizione?» le ricordò
Tecna, adocchiando Codatorta che stava scoccando occhiate di
disapprovazione verso la fata del Sole e della Luna.
«E...
e le Trix sono state tutte catturate, vero?» chiese di nuovo
Flora, distogliendo l'attenzione del mago e delle altre fate da
Stella.
«Hanno
preso solo Stormy e Icy!» rispose Digit, delusa, comparendo da
dietro la schiena di Tecna. «Stella ha combattuto contro di
lei. E Brandon ha chiamato Fonterossa...»
«Poverini,
il loro week end d'amore è stato rovinato da quella
stregaccia!» sospirò Amore, dispiaciuta.
«Già!»
confermò Stella, inviperita, poi sospirò, ma scoccò
un'occhiataccia a Codatorta. «Beh, ci rifaremo prima o poi.»
«Mah!»
fu il commento di Helia che, dopo, si morse la lingua.
«Che
c'è, Helia?» domandò Flora, preoccupata.
«Niente,
è che...» abbassò la voce in modo che solo lei
potesse sentirlo: «beh, ho guidato io la navetta fino ad Espero
e quei due non mi sembravano esattamente tipi a cui è stata
rovinata la vacanza!» esibì un sorriso eloquente, mentre
Codatorta sbuffava. «Ah, a proposito, Flora: buon San
Valentino!»
Flora
sussultò, ebbe un tuffo al cuore, ma, al tempo stesso, lo
guardò come se non avesse capito bene le sue parole. Lasciò
andare Chatta che cadde a terra, di schiena. «Co-come?»
«Ehi,
attenzione!» la rimproverò la Pixie, ma nessuno le diede
retta, così, offesa, se ne tornò dalle altre piccole
fate.
Ma
Bloom si alzò, prese Chatta tra le mani e tornò dalle
altre. «Su, coraggio ragazze, andiamo!» disse, spingendo
Stella verso il bosco dal quale arrivavano.
«Sì,
ma aspetta.» esclamò quest'ultima. «Professor
Codatorta, preside Faragonda... non dovevate far qualcosa?»
Codatorta
inarcò un sopracciglio. «Che cosa...»
Stella
continuò a guardarlo minacciosa e il mago corpulento cominciò
a sentirsi a disagio. Faragonda gli prese il braccio con delicatezza.
«Coraggio, professore, abbiamo ancora un paio di questioni da
risolvere, se ben si ricorda!»
«Ah,
sì... Riven!» esclamò, improvvisamente, l'uomo.
«Oh,
finalmente l'ha capita!» sospirò Stella, mentre, a
braccetto con Bloom, seguivano lui e la preside, insieme alle Pixie e
alle loro amiche.
Solo
Amore era rimasta in piedi, a galleggiare a mezz'aria con le manine
strette l'una all'altra e gli occhi luccicanti di emozione.
Durante
il piccolo esodo, né Helia, né Flora avevano protestato
e non si erano accorti della Pixie dell'Amore. Lo Specialista
continuò, finalmente, il suo racconto, con un'espressione
dispiaciuta stampata in volto. «Vedi, volevo farti una
sorpresa. Non volevo fartelo sapere prima di stasera, ma... Stormy ha
rovinato tutto!»
«E
la tua missione?» mormorò Flora, arrossendo.
«La
mia missione eri tu, Flora!»
«Oh,
com'è romantico!» sospirò Amore.
«Amore,
perché non vieni via pure tu?» sbuffò Chatta,
afferrandola per una ciocca di capelli.
«Sì,
non è educato ascoltare le conversazioni altrui!» fu il
commento altezzoso di Tune, che aveva seguito la Pixie della Parola.
«E
poi non è nemmeno il momento!» continuò
quest'ultima. «Riven è disperso da ore e ancora non
siamo riusciti a trovarlo!»
Digit
sospirò: sembrava che le Pixie, alla fine, avessero deciso di
rimanere dov'erano. «Il problema è che manca ancora
Darcy!» esclamò, guardandosi attorno, come aspettandosi
di vedersela comparire davanti da un momento all'altro. L'imbarazzo
di Flora, a quelle parole, cominciò a lasciarla, dato che le
veniva dato un pretesto per sottrarsi a quella conversazione che
avrebbe preferito affrontare da sola con il suo ragazzo.
«Abbiamo
provato a chiedere alle altre due, ma non parlano!» a parlare
fu di nuovo una inviperita Chatta che aveva stretto i pugni.
«Ma
non potete lasciare a dopo questi commenti?» domandò
Amore. «Non vedete che vogliono essere lasciati in pace?»
Ma
Flora non ascoltava più le discussioni delle Pixie, troppo
presa ad elaborare le informazioni che aveva appena appreso. «Riven
è scomparso? E Darcy non è ancora stata catturata?
Dobbiamo cercarli subito, prima che accada qualcos'altro!»
tentò di nuovo di alzarsi, ma Helia la bloccò con
delicatezza, posandole una mano con la spalla.
«Sei
ancora troppo debole, Flora!» disse. «Devi riposare! Poco
fa non riuscivi nemmeno ad alzarti!»
Ma
Flora si mise a sedere e lo guardò negli occhi con espressione
risoluta, cosa che lo colse quasi impreparato: di solito, la sua
ragazza non era così poco accomodante.
«Helia,
si tratta di Darcy! Se Stormy è riuscita a fare quel che ha
fatto, allora anche le sue sorelle ne sono in grado! Potrebbero
essere andate da Bloom, Aisha o Tecna...» esclamò,
veemente. «Dobbiamo interrogare di nuovo le Trix e dobbiamo
farlo subito! Le altre... dobbiamo andare con le altre!»
Lo
Specialista sospirò. «Tu sei sicura?» le chiese,
premuroso. Lei annuì. «D'accordo, ma non ti strapazzare
troppo, siamo intesi? Dai, reggiti a me!»
***
«Perché
non andiamo dagli Specialisti?» domandò Stella,
stiracchiandosi.
«Io
vorrei andare da Musa! L'abbiamo lasciata sola!» proferì
Bloom con aria di rimprovero, forse per far capire alla sua migliore
amica che non era il momento per pensare ai ragazzi.
«Ma
c'è Aisha con lei!» le ricordò la fata del Sole e
della Luna, capricciosa. «E poi dobbiamo sapere che fine ha
fatto Darcy! Non posso credere che ancora non sia finita! Sono stanca
di combattere contro le streghe!»
«Ok,
allora andremo io e te dagli Specialisti.» commentò
Tecna, in tono pratico. «Devo aiutare Timmy in una ricerca.»
fece una pausa e posò una mano sulla spalla di Bloom. «Tu
vai da Musa e tienici informate sul minimo sviluppo!»
Bloom
annuì. «D'accordo. E mi raccomando, Stella» le
sorrise. «fai la brava.»
La
sua migliore amica sbuffò, altezzosa. «Io sono una fata!
Non posso essere altrimenti!»
«Dillo
a furore e paura!» replicò Tecna, sarcastica, mentre,
una volta tornate entro i cancelli di Alfea, si separavano da Bloom
che corse verso l'infermeria.
La
scuola non era mai sembrata così bella e luminosa, come a
voler trasmettere nuova fiducia alle studentesse che chiacchieravano
allegramente tra loro, orgogliose di essere riuscite a salvare le
mitiche Winx.
Tecna
camminava tra loro accanto a Stella la quale, però, non era
attenta a tutto ciò e continuava a parlare di come era
riuscita a battere Icy, su Espero.
«Insomma,
ho lanciato un'enorme scarica di raggi solari e...»
«Sì,
Stella, ok.» sospirò la fata della Tecnologia, per far
finire quel fiume incontrollato di parole e non farsi venire un mal
di testa coi fiocchi.
Arrivarono
alla navicella e, subito, le colpì il fatto che tutti gli
Specialisti erano chini sul computer di bordo, tranne Brandon che,
seduto al posto del copilota, si puntellava sul gomito su un gruppo
di tasti disattivi e si sorreggeva la testa con la mano, mentre
guardava lavorare Timmy con aria annoiata.
«Hai
provato con una ricerca ad ampio spettro?» stava chiedendo il
principe di Eraklyon.
«Ehilà!»
gridò Stella, allegramente. «Brandon!»
Senza
dargli il tempo di capire chi l'avesse chiamato, la fata gli si buttò
addosso ed entrambi caddero a terra, provocando un tonfo sordo che
fece scattare gli Specialisti e Nabu verso di loro.
«Ehi,
Stella!» esclamò quest'ultimo, sorridendo divertito.
«Quanto entusiasmo!»
Ma
la fata lo ignorò: «Ciccino, mi sei mancato tantissimo!»
si avventò sulle labbra di Brandon che ancora non si era del
tutto ripreso dall'aggressione della fidanzata, ma non disse di no al
bacio che lei gli stava elargendo con tanta generosità.
Tecna
lanciò uno sguardo di disapprovazione verso di loro; lo stesso
che Sky, prima di tornare a guardare il monitor su cui il debole
segnale del cellulare di Riven si muoveva lungo una linea. Nabu
ridacchiava.
«Quello
funziona solo su frequenze alte... come gli ultrasuoni dei draghi.»
spiegò Timmy che non si era accorto dell'arrivo, sebbene
piuttosto rumoroso, delle due Winx.
«Potrebbe
esserci un guasto.» ipotizzò Tecna, quando si fermò
al suo fianco e si sedette al posto del terzo pilota. Il volto di
Timmy si illuminò, ma non guardò la sua ragazza, preso
com'era dall'idea appena datagli.
«E'
vero! Potrebbe essere, allora ho bisogno di un altro tipo di
localizzatore. Sky, scusa, puoi accendere il localizzatore Alfa, per
piacere?»
«Sì,
subito!» esclamò il principe di Eraklyon, tornando a
lanciare uno sguardo a Brandon e Stella che si stavano completamente
disinteressando della cosa, troppo impegnati a finire il loro San
Valentino.
Sospirò,
pensando che anche lui avrebbe voluto completare il suo con Bloom.
Beh, di certo, lui non era così spensierato ed irresponsabile
dall'andare a cercare la sua ragazza per fare ciò che il suo
scudiero stava facendo con Stella. Un po' arrabbiato, premette il
bottone che corrispondeva al localizzatore Alfa. «Fatto.»
annunciò. Il suo sguardo, però, non poté che
vagare verso i giardini di Alfea e il suo pensiero tornò agli
splendidi occhi azzurri e al dolce sorriso della fata che l'aveva
fatto innamorare.
***
Bloom
entrò in infermeria e si chiuse con delicatezza la porta alle
spalle per non fare rumore e disturbare Musa. «Allora, come
va?» mormorò, camminando in punta di piedi verso la
stanza in cui riposava la fata. «Ais... ma cosa...» fece
un passo indietro, mentre guardava la stanza: era deserta. Il letto,
prima occupato da Musa, adesso era vuoto e solo le coperte
disordinate tradivano il fatto che qualcuno le avesse usate.
Un
senso di panico si impadronì di lei: dov'erano le sue amiche?
Non era che, per caso, Darcy...
«Infermiera?»
chiamò, con voce tremante. Si voltò e una massa scura
entrò nel suo campo visivo.
«No!»
Scattò all'indietro e stava per invocare il suo potere
Enchantix, quando qualcosa la travolse, facendola cadere
all'indietro.
«Sono
una Trix!» disse una voce contraffatta, mentre lei urtava a
terra. «Bu!»
Bloom
urlò aiuto, ma le successive risate, il profumo dei capelli di
Musa e due risate spensierate le fecero aprire gli occhi.
«Ma...
ma cosa...» chiese, confusa, guardando la testa di Musa sulla
sua pancia e i suoi lunghi codini che ricadevano a terra, mentre la
loro proprietaria rideva nella sua maglietta.
«Oh,
è stato troppo divertente!» esclamò Aisha, che si
stava asciugando una lacrima.
«Bloom,
sei un vero spasso!» rincarò Musa, senza accennare a
smettere di ridere.
«Mi...
mi stavate prendendo in giro!» capì la Fata del Fuoco
del Drago, facendosi contagiare dall'ilarità delle altre due.
Le
loro fragorose risate riempirono l'infermeria per diversi minuti, fin
quando l'ispettrice Grizelda, colpita da tutto quel trambusto, non
decise di irrompere nel locale con un'espressione omicida stampata in
faccia. Non sembrava nemmeno una fata, ma una strega furiosa.
«Signorine!»
esclamò, indignata, con un tono di voce tale da riuscire a
sovrastare le loro risate. Immediatamente, Musa, Aisha e Bloom si
zittirono. Sui loro volti, oltre alle guance imporporate di vergogna,
comparve un sorriso colpevole, come se avessero distrutto loro la
scuola e solo per divertimento.
«Ci
scusi, ispettrice.» esclamò Bloom, non appena Musa si fu
rialzata, lasciandola libera di rimettersi in piedi. «Ma
Musa...» fece un cenno verso la ragazza che, ripresasi dal
momento di imbarazzo riprese a sorridere.
«Ora
sto bene!» esclamò, allargando le braccia. «Ha
visto? Mi sono risvegliata piena di energie!»
L'ispettrice
Grizelda guardò la fata dall'alto in basso. «E ti sembra
questo il modo di sprecarle?»
«Non
la sgridi, professoressa!» le chiese Bloom, facendo un passo
avanti e allungando un braccio come per diminuire la distanza tra sé
e la donna. «Stiamo tutte bene, è questo l'importante,
no?»
Ma
l'ispettrice fece una strana smorfia. «Non è ancora
detta l'ultima parola: una strega è ancora in libertà e
va fermata, prima che combini qualche danno! Non è esattamente
il momento per divertirsi!» disse, freddamente. «Beh, se
non avete altro da fare qui, vi pregherei di raggiungere gli
Specialisti e i Templari: dovrete interrogare nuovamente Icy e
Stormy, o mi sbaglio?»
«Sì,
ci scusi, ispettrice!» fu la risposta docile di Aisha.
«Andiamo
subito.» rincarò Bloom.
Grizelda
guardò Musa.
«Beh,
ehm...» la fata cercò qualcosa da dire per far felice
l'insegnante, ma non trovò niente che non avessero già
detto le sue compagne. «Beh, andiamo!»
La
superò e, per prima, si ritrovò fuori dall'infermeria.
Quando le altre due la raggiunsero, sospirò: «Ce la
siamo vista proprio brutta, eh?» scherzò, mentre si
incamminavano verso l'ingresso della scuola.
«Peggio
che contro le streghe?» volle sapere Bloom, allegramente.
«Grizelda
è sempre stata peggio delle Trix!» replicò Musa.
Tutte e tre risero, ma la fata della Musica tornò
improvvisamente a mettere il broncio, come se le loro battute
avessero solo contribuito a far peggiorare il suo umore.
«E
ora che c'è?» domandò Aisha, notando
quell'improvviso cambio di umore.
«E'
che...» Musa sospirò, chiedendosi se avesse dovuto
continuare oppure no. «Credevo che avrei trovato Riven al mio
risveglio! Non che la tua presenza, Aisha, non mi abbia fatto
piacere, ma... ecco... lo so che è stupido...»
Aisha
scosse la testa e le mise una mano sulla spalla. «No, hai
perfettamente ragione: è giusto volere accanto la persona che
si ama, quando si ha appena rischiato la vita! Ma...»
Musa
si fermò e guardò Aisha, stringendo i pugni,
improvvisamente tesa e preoccupata. «Ma?» la spronò
a continuare. «E' successo qualcosa? Non ha voluto vedermi,
vero?»
«Ecco...
non lo sappiamo.» rispose Bloom a bassa voce, quasi potesse
essere meno doloroso per Musa ricevere una tale notizia con quel
tono.
«Non...
non...» Musa non continuò la frase, solo che i suoi
occhi si riempirono improvvisamente di lacrime. «Ragazze, se è
così dovete dirmelo! Non dovete tenermi sulle spine! Se mi
vuole lasciare, ho il diritto di saperlo, no? Voi siete le mie amiche
e se sapete qualcosa...»
«No,
no, che hai capito?» esclamò Aisha, posandole le mani
sulle spalle per tentare di calmare la sua amica. «Quello che
vuole dire Bloom è che non sappiamo dove sia! Timmy e gli
Specialisti stanno cercando di contattarlo in tutti i modi, ma ancora
non sono riusciti a trovarlo!»
Musa
sì smise di piangere, ma adesso era ancora più
preoccupata. «Che cosa?» chiese, sconvolta. «Riven
è... scomparso?»
Bloom
si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. «Non
dobbiamo darci per vinte!» disse, però, improvvisamente,
come se avesse trovato cosa dire. «Sono sicura che sta bene!»
«Grizelda
ha detto che manca una strega! E... e... e se l'avesse catturato per
tenderci una trappola? No, io... io... oh, Riven!» Musa spiccò
una corsa, liberandosi così in fretta della stretta di Aisha
che sembrò quasi si fosse trasformata in sapone.
«No,
Musa!» gridarono in coro la fata dei Fluidi e Bloom.
Cominciarono a correre anche loro per raggiungerla, ma Musa era già
sulle scale, pronta a combattere pur di arrivare alla sua
destinazione.
La
fata si sentiva una sciocca: aveva dubitato di lui, del suo amore per
tutta la sera e anche in quel momento. Aveva egoisticamente creduto
che non fosse stato con lei, al suo capezzale, per capriccio, perché
tra loro le cose non andavano bene come alle altre! E ora scopriva
che poteva essere in pericolo.
«Oh,
Riven!» ripeté, a
voce alta, mentre una nuova lacrima scendeva lungo la sua guancia.
Allora?
Che ve ne è parso di questo capitolo?
Spero
vi sia piaciuto più del precedente che credo sia risultato
noioso e «allunga-brodo». Se così è stato,
mi scuso davvero.
Passiamo
a rispondere alle recensioni:
BabyDAny94:
tranquilla. ^^ Sono solo contenta che, alla fine, tu abbia trovato un
minuto per questa storiella senza pretese. Siamo agli sgoccioli e il
prossimo capitolo sarà determinante per il rapporto tra i
nostri due piccioncini. Non dimentichiamo che Darcy ha in mente
qualcosa...
mileybest:
non potrei mai far passare Stella al lato oscuro, però mi sono
divertita un mondo anche perché è il soggetto ideale
per cose di questo tipo, non sei d'accordo? Tra Riven e Musa sono
nati molti equivoci, ma non saranno gli ultimi. Ma chissà...
forse riusciranno a riconciliarsi, forse no... tutto è ancora
possibile! XD
Ultima
cosa: avete mica visto la quarta serie? Devo ammettere che ci sono
rimasta un po' male: dopo il film che è stato spettacolare,
arriva questa serie dove le Winx sono tutto meno che reattive, anzi
mi sono parse piuttosto lente ed imbranate. Voi cosa ne pensate?
In
attesa di vostri pareri (su questo e sulla storia), vi saluto.
Un
bacio,
Luine. |