Because

di Mary_Julia_Solo
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Capitolo 8. – Memento mori (pt.3)
Non stava correndo da molto tempo, quando si ritrovò davanti a un muro. Sembrava che non si potesse proseguire. Che stupido. Forse avrebbe dovuto aspettare. Era corso in quella direzione, senza nemmeno ragionare. Ma aveva sentito di dover andare da quella parte, come se qualcuno lo stesse chiamando. Tutti probabilmente si stavano domandando perché avesse detto che sarebbe andato a cercare Raphael, mentre la sua famiglia avrebbe dovuto essere più importante. La sua famiglia non era lì. Lo sapeva. Non sapeva nemmeno come. Lo sapeva e basta. Sembrava che quel luogo parlasse a tutti loro. Sembrava che li guidasse nella direzione che dovevano prendere. La direzione che dovevano prendere per trovare quello che stava cercando. Chi stavano cercando. Eppure, era un vicolo cieco. C’era solo un muro. No, doveva esserci un trucco. Si guardò intorno. Una pianta rampicante si arrampicava sulla parete accanto a lui. Le pareti erano grigie, coperte di muffa e umide. La parete davanti a lui era coperta di muschio, invece. Muschio verde. Quasi accecante. Si avvicinò di un passo e diede un pugno al muro. Non si fece male come credeva. Il muro sembrava vuoto. Letteralmente. Sperava solo di non sbagliarsi. Altrimenti era probabile che si sarebbe ritrovato qualche arto rotto. O magari immerso nella terra ad almeno tre metri sotto il suolo. Fece un paio di passi indietro, sbuffando. Ok, sperava non sarebbe finita male. Si lanciò in avanti, e, per fortuna, non andò a sbattere contro duro cemento, come aveva creduto per qualche secondo. La parete si spaccò non appena il suo corpo entrò in violenta collisione con essa. Si lasciò sfuggire un’esclamazione mentre cadeva sul pavimento dall’altra parte del muro ormai crollato, che non gli impediva più il passaggio. Si alzò, ripulendosi i vestiti dalla polvere. Si chiese perché diavolo ci fosse una finta parete in mezzo al corridoio. Be’, certo, per nascondere il resto del corridoio. Ma sembrava che fosse lì da molto tempo. Supponeva che qualcuno aveva dovuto passarci. Almeno, se c’era qualcosa nelle altre direzioni. Isabelle li aveva guidati lì, quindi tutti avevano qualcosa da trovare. Credeva. Oh, il suo cervello era in confusione totale. O forse era solo stupido. Non avrebbe saputo dirlo con certezza. Si accorse che quella parte del corridoio era illuminata da alcune lampade che pendevano pericolosamente dal soffitto. Riusciva a vedere la fine. C’era una porta, una di quelle anti-incendio. Percorse l’ultimo tratto di strada, improvvisamente preoccupato. Aveva paura che non avrebbe trovato Raphael, anche se era stato certo di trovarlo in quella direzione. Magari lì non c’era nulla. Peggio, magari c’era la vampira pazza, e lui non avrebbe saputo cosa fare contro di lei. In fondo, era solo un vampiro novellino. Ormai era morto –non-morto –da due mesi, ma era comunque come se fosse nato ieri, rispetto a tutti gli altri, ultracentenari. Sperava di non sbagliarsi. Doveva ritrovare Raphael, altrimenti sarebbe impazzito. Già la sua famiglia non era lì, se non avesse potuto salvare nemmeno lui… Percorse gli ultimi metri che lo separavano dalla porta, lentamente, e poi l’aprì, tirandola verso di sé, tirando un sospiro di sollievo vedendo che non era effettivamente chiusa a chiave come aveva pensato. Fece un passo nella stanza che trovò oltre la soglia, guardandosi intorno con circospezione. Quello sembrava il magazzino di un’altra fabbrica. Ingegnoso collegarle con dei con dei tunnel sotterranei. Almeno, così pensava. Non che fosse molto esperto di quelle cose. Non che ci vedesse davvero uno scopo. Sembrava che non ci fosse anima viva… La vampira non era viva, quindi questo non cambiava le cose. Ma, sembrava che non ci fosse proprio nessuno. Avanzò di qualche passo, sussultando quando la porta si richiuse alle sue spalle. La sala era divisa in due da una parete, che ne attraversava solo metà. Neanche quello sembrava avere un senso, mettere un muro così casualmente occupava solo spazio. C’erano molti materiali e strumentazioni, ai quali non avrebbe saputo dare un nome o un utilizzo, e anche parecchie casse, contenenti chissà cosa. C’era un vago odore di sangue. Quel luogo gli metteva paura, per qualche motivo. Sembrava quasi che nessuno ci mettesse piede da molto tempo. Forse davvero Raphael non era lì… No, non doveva pensare così, doveva guardarsi intorno e cercare di capire. C’erano un paio di porte lungo le pareti, che probabilmente portavano in stanza adiacenti e al piano di sopra, se non in altri corridoi. Rimase fermo dov’era, pensando. Forse avrebbe dovuto provare ad entrare in una di quelle stanze. Provò ad aprire la porta più vicina a lui, ma era chiusa. Sospirò, praticamente sostenendosi alla maniglia. Si sentiva improvvisamente male. Senza nemmeno un motivo. Aveva bisogno di rivedere Raphael. Solo in quel momento si rese conto di quanto il vampiro più vecchio gli fosse mancato. Eppure, non l’aveva visto per due mesi. E poi, lui era arrivato con Isabelle alla festa di Magnus. Era stato in quel momento che tutto il mondo aveva cominciato a sgretolarsi. Che le cose avevano cominciato ad essere strane. Da quel momento aveva perso Clary. Gli aveva fatto male, fino a quando, sulla strada per il Jade Wolf, quel demone non aveva preso il capo Clan. E all’improvviso non gli era importato della sua migliore amica. All’improvviso si era reso conto che aveva sprecato tutto il tempo che aveva per lei. Che aveva tradito la sua famiglia per niente. Per una ragazza egoista che lo manipolava solo. Che anche lui era stato egoista, aveva pensato, non a Clary, ma al suo amore per lei. Solo a quello. Che era un cretino. Un vero, vero cretino. E, all’improvviso, mentre si stava perdendo nei suoi pensieri, si rese conto di qualcosa. Stupido, stupido Simon. Quello forse era il posto giusto, forse Raphael era davvero lì. Quella stanza non era un deposito sotterraneo. Era un seminterrato. Sulla parete sopra di lui e sulla parete opposta c’erano delle finestrelle. Quelle sopra la sua testa lasciavano entrare la luce. Dall’altra parte, erano tutte oscurate, tranne una. E da quella passavano i raggi del sole, non solo la luce. Ricordò quello che era successo a Isabelle. La sua mano era bruciata. C’era una sola spiegazione. Corse più in fretta che poteva dall’altra parte della stanza, saltando con noncuranza sopra i materiali e le casse piene di ragnatele. Ugh, non gli erano mai piaciuti i ragni. Gli facevano paura, se doveva essere sincero. Sapeva che non era una cosa molto da vampiro, ma non poteva farci nulla. Tanto, a quanto pareva, Jace aveva paura delle anatre, quindi lui poteva benissimo avere paura dei ragni. A proposito di Jace, il biondo non aveva fatto altro che lanciargli occhiatacce per tutto il tragitto dall’Istituto a lì. Probabilmente Clary gli aveva detto quello che era successo, e allora lui voleva proteggerla. Per una volta, era d’accordo con lui. L’aveva quasi uccisa, doveva starle lontano. Eppure, aveva tutto il diritto di arrabbiarsi, perché, anche se ormai non provava più quel tipo di amore per la migliore amica, lei aveva giocato con il suo cuore, come se fosse un suo diritto. Lo aveva ferito, lo aveva fatto volontariamente, anche se forse non se n’era accorta. Lei, al contrario di Jace, non l’aveva guardato arrabbiata, l’aveva solo osservato con preoccupazione e tristezza, come se pensasse che dovesse essere aiutato. Forse era effettivamente così. Erano settimane che non dormiva, troppo preoccupato per la sua famiglia e Raphael. Forse aveva perso la capacità di controllare le sue emozioni. Forse… Saltò oltre l’ultimo blocco di casse e atterrò nel rettangolo di sole che era ritagliato sul terreno, tra la polvere e l’oscurità. L’odore del sangue era leggermente più forte. All’inizio non vide nulla, non vide nessuno. E sentì il suo cuore già morto perdere un battito. No. No… Raphael doveva essere lì, altrimenti sarebbe impazzito… Poi, lo vide. Cercava talmente tanto di nascondersi nell’oscurità, che non lo aveva notato. Stava rannicchiato tra il muro e delle casse, come per cercare protezione. Simon fece un passo avanti, indeciso sul da farsi. Non era sicuro che il vampiro più vecchio lo avesse visto, non voleva spaventarlo. O essere ucciso da lui. Perché il capo Clan aveva tutti i diritti di odiarlo, per quello che gli era successo. Perché era tutta colpa sua, e lo sapeva perfettamente. Deglutì a vuoto, rimanendo immobile.
No. Stai lontano. Stai lontano! Mi hai già mangiato il cuore, che cosa vuoi farmi di più? Non puoi farmi nulla di peggio di quello che mi hai già fatto. Di quello che mi hai fatto in realtà. Di quello che mi ha fatto Simon. Quello non è Simon, no. Simon non verrebbe mai a cercarmi… È solo un altro incubo. È ancora lei. Non-Camille. Vuole farmi impazzire. Vuole uccidermi… E ci sta riuscendo benissimo. NESSUNO VERRÀ A SALVARMI! Nessuno vuole salvarmi. Nessuno mi ama. Perché sono solo un mostro. Quello non era lui, ma… So che lo pensa. LO SO! E MI STA UCCIDENDO! Perché io lo amo, e…
Sembrava che Raphael stesse mormorando delle parole, osservando il soffitto sopra di lui, ma non sentiva nulla. Forse, stava solo muovendo le labbra insieme ai pensieri nella sua testa. Simon si sentiva improvvisamente debole. Avrebbe voluto cadere sulle ginocchia e piangere. Piangere perché sapeva che il suo leader –avrebbe voluto poterlo chiamare così di nuovo –non stava affatto bene. Non sapeva che cosa quella vampira pazza gli avesse fatto, ma era sconvolgente vederlo così. Stava fissando davanti a sé, gli occhi scuri vuoti, persi. Aveva delle occhiaie tremende, sembrava che non dormisse da un’eternità. La preziosa giacca che indossava quando era stato rapito era strappata in più punti e sporca. Le sue labbra, il suo viso e le sue mani erano sporchi di sangue. Faceva paura vederlo così. Faceva davvero paura. Sembrava debole, sembrava fragile. Sembrava che, se fosse andato da lui, avrebbe potuto spezzarlo soltanto sfiorandolo. Lo aveva già ferito abbastanza. Non voleva farlo ancora. Voleva riparare ai suoi errori. E questa volta non avrebbe lasciato che Clary glielo impedisse. Non voleva muoversi. Non osava muoversi. Aveva davvero paura di poterlo rompere, quasi come se fosse un oggetto antico. Tanto fragile che sarebbe bastato uno sguardo a ferirlo. Ma non poteva più sopportare quella situazione. Erano due settimane che non lo vedeva. Per due settimane aveva saputo che là fuori, da qualche parte, per colpa sua. Perché non aveva saputo aiutarlo. Perché non aveva potuto salvarlo. Avrebbe voluto dirgli che gli dispiaceva per quello che gli aveva detto, per essere stato un cretino una volta di più. Che gli dispiaceva per tutto quello che aveva fatto. Tutto. Che voleva solo il suo perdono, che voleva tornare dalla sua famiglia. Che voleva tornare a casa. Ma non sarebbe mai stato a casa senza di lui. Voleva cancellare tutto quello che aveva fatto. Voleva… Quando sentì una lacrima solitaria scendergli lungo il viso, decise che non poteva più restare fermo. Non sopportava più di stare lontano da lui. Aveva paura che l’avrebbe rotto, ma doveva sentire che era vivo, doveva sentire che era effettivamente lì, che non era solo un’illusione. Si lanciò in avanti, sentendo un improvviso bisogno di averlo vicino. Di stringerlo a sé. Di proteggerlo. Nessuno gli avrebbe più fatto del male. A cominciare da lui. Simon sapeva di essere stato un idiota. Raphael l’aveva sempre aiutato, l’aveva sempre protetto. Ora era tempo di ricambiare il favore. Era tempo di smettere di essere colui da cui aveva bisogno di protezione. Lo raggiunse in un attimo, inginocchiandosi accanto a lui, prendendolo tra le braccia, sperando di non fargli del male, cercando di non piangere. Non poteva piangere davanti a lui. Doveva essere forte, doveva smettere di comportarsi come lo stupido che era. Non poteva permettersi di piangere davanti a lui. Non ne aveva il diritto. Mormorò il suo nome, ancora e ancora, stringendo la stoffa ancora intatta della sua giacca. Raphael lo stava guardando con espressione dolce e spezzata, mentre i suoi occhi chiedevano perdono. Simon non sapeva per cosa e non voleva saperlo. Era lui a doversi far perdonare, non il capo Clan.
Non ci posso credere. Sei tu. Sei davvero tu. Credevo che nessuno sarebbe venuto. Credevo che mi aveste abbandonato. Credevo che nessuno tenesse a me tanto da trovarmi... Ma sei qui. Non sei un’illusione. Sei vero. Sei tu. Sei venuto a salvarmi.
-S-simon… -mormorò il vampiro più vecchio, sollevando debolmente una mano per sfiorargli una guancia con la punta delle dita. Il Diurno gli prese la mano e gliela strinse, sorridendo dolcemente. Oddio. Non lo odiava. Raphael non lo odiava. Sentiva le lacrime premere per uscire, ma non avrebbe pianto. Le lacrime erano ancora lì, minacciose, ma non voleva piangere. Non si era mai sentito tanto felice come in quel momento. Si sentiva il cuore esplodere. Non lo odiava. Sembrava felice di vederlo. Era felice di vederlo. Non c’era nulla che potesse desiderare di più, in quel momento. Sentire la sua voce, debole e distrutta, sussurrare il suo nome, come fosse la parola più bella esistente.
-Sono qui… -disse, portandosi la mano del capo Clan alle labbra e baciandogli le nocche, piano.
Questa volta non se ne sarebbe andato. Questa volta non si sarebbe comportato da idiota. Raphael aveva bisogno di lui, non gli avrebbe voltato le spalle. Nonn questa volta. Il vampiro più vecchio lo aveva sempre aiutato. Sempre, anche quando non se lo sarebbe meritato. Perché non sapeva nulla, perché era in quel mondo da troppo poco. L’aveva aiutato sempre e comunque, e lui lo aveva ripagato continuando a comportarsi come uno stupido, senza mai degnarsi di dirgli “grazie”. –Sono qui. –Raphael lo guardò negli occhi per qualche secondo –ora i suoi non sembravano più vuoti o in cerca di perdono, solo tranquilli -, prima di abbassare le palpebre. Non si sentiva più in pericolo. Ora nulla avrebbe più potuto fargli del male. Simon era davvero lì. Era davvero andato a salvarlo. Non era il solito incubo, non vedeva tutto a causa della vampira pazza. Il Diurno non lo odiava. Era andato a salvarlo.
Simon era tanto concentrato ad osservare il viso del capo Clan che non si accorse nemmeno cha Magnus era entrato nella stanza e lo aveva raggiunto. Sussultò quando lo stregone parlò.
-Lasciatemi solo trovare chi lo ha ridotto così… -ringhiò a nessuno in particolare, abbassandosi accanto al vampiro più giovane. Quest’ultimo gli lanciò un’occhiata preoccupata, ritornando ad osservare il viso di Raphael, poi di nuovo a guardare lui. Improvvisamente si sentiva preoccupato. Come facevano a sapere se? Come faceva ad essere sicuro che il suo leader sarebbe tornato a stare bene? Come faceva a sapere che non era irrecuperabile? No, non doveva pensarci. Si accorse di star ancora stringendo la mano del vampiro più vecchio nella sua, e la lasciò andare, non senza un po’ di imbarazzo. Domandò a Magnus come facessero ad essere certi che fosse vivo –o non-morto. Lo stregone, che sembrava concentrato con un incantesimo, si voltò verso di lui, le sopracciglia sollevate, gli occhi da gatto.
-Sai, i vampiri, quando muoiono, hanno una vaga tendenza a ridursi in cenere. –disse soltanto. Simon si diede mentalmente dello stupido. Certo, era ovvio. Non era così facile ucciderli, avrebbe dovuto arrivarci. Eppure, vedere Raphael il quello stato lo aveva fatto preoccupare in una maniera quasi spropositata. –Sembra essere in una specie di trance… -aggiunse lo stregone, confuso. Non che fossero molte le cose che avevano senso, in quel momento. Si alzò in piedi, ripulendosi i vestiti dalla polvere, guardandosi intorno, come alla ricerca di qualcosa. Qualunque cose stesse cercando, sembrò non trovarla, dato che, dopo qualche minuto di silenzio, suggerì di andare a cercare gli altri. Fece per chiedere a Simon se fosse in grado di sollevare Raphael, ma, voltandosi verso di lui, vide che lo aveva già fatto, quindi sollevò le spalle e iniziò a camminare verso la porta, seguito dal vampiro. Simon sperava davvero che Isabelle fosse davvero riuscita a trovare la pazza. Meritava di pagare per quello che aveva fatto. Strinse Raphael a sé. Voleva proteggerlo. E lo avrebbe fatto. Non sapeva nemmeno da cosa. Ma era suo dovere. Doveva farlo. E doveva trovare una soluzione a tutto quello che stava succedendo. Altrimenti sarebbe davvero impazzito.

-Questo corridoio sembra infinito. –commentò Lydia, tenendo in una mano la sua stregaluce e nell’altra la spada angelica. Isabelle le lanciò un’occhiata. Sapeva che l’altra ragazza aveva ragione, ma non potevano certo abbattersi in quel momento, dopo tutta la strada che avevano percorso. Erano diversi minuti che non vedevano altro che muri incrostati di muffa e piante rampicanti inspiegabilmente cresciute anche senza luce. Sembrava che quel corridoio non avesse una fine. Eppure doveva avercela. Izzy si sentiva più debole ogni passo che faceva, come se stesse consumando tutta l’energia che le era rimasta. Come se arrivare lì le avesse preso la maggior parte dell’energia che aveva. Avrebbe avuto un senso, dopotutto. Quello che stava succedendo non era normale, e lei lo sapeva perfettamente. Non era normale che una runa comparisse grazie alla magia nera. Nulla se non gli stili usati da Shadowhunters potevano creare rune. E Nephilim e Nascosti non potevano essere parabatai. Non che fosse triste, ma era comunque qualcosa di strano. Alec stava camminando qualche passo avanti a loro, scrutando l’oscurità davanti a loro. Isabelle decise di non rispondere al commento di Lydia, continuò a camminare, ignorandola. Anche quello che stava succedendo tra loro sembrava da pazzi. Ricordava quando aveva incontrato la giovane Branwell la prima volta, tempo prima. Non le era piaciuta per niente. Ma le cose erano decisamente cambiate. Era anche Lydia ad essere cambiata, se ci pensava bene. Era passata da rispettare troppo le regole del Clave a… Quello. Non era nemmeno tanto sicura di cosa quello fosse, ma di certo non rispettare quello che diceva il Clave. A loro di sicuro non sarebbe importato nulla di quella situazione. Aldertree ne era la prova, in fondo. Non faceva altro che giudicare e lanciare loro occhiatacce piene di disappunto. C’erano cose più importanti. Ad esempio scoprire dove fossero la Spada dell’Anima e la Coppa Mortale, trovare un modo per far parlare Valentine. Ma quelle erano cose a cui non c’era una soluzione. Forse non avrebbero mai scoperto niente. Non così, almeno. Forse non era il momento giusto. Forse il momento giusto sarebbe arrivato più tardi. Ma adesso non c’erano cose più importanti. Almeno per lei. In ogni caso, non potevano lasciare che quella vampira continuasse a fare quello che le pareva, continuasse a girare libera, senza freni. Lydia era cambiata, questo era certo. Magari, aveva solo finto di essere la bastarda che era quando l’aveva incontrata. Aveva dovuto essere così, dopo quello che le era successo. Le sembrava di aver sentito qualcosa del genere, le sembrava di aver sentito Alec parlare di una tragedia che le era successo o qualcosa del genere. Forse aveva solo cercato di chiudere fuori i suoi sentimenti, sapendo che faceva solo male provarne. Che faceva solo male seguire il cuore. Era confusa. Non sapeva quello che stava succedendo tra di loro, non sapeva quello che passava per la sua testa. Poco tempo prima era stata certa di essere innamorata di Clary, ma poi Raphael era stato rapito, e tutto era cambiato. Aveva smesso di pensare alla rossa, aveva smesso di pensare a qualsiasi cosa. E poi Lydia l’aveva baciata, e non aveva saputo cosa pensare. Era confusa. E sapeva che non si sarebbero potuto chiarire molto presto. Non era nemmeno tanto sicura che lei e la bionda fossero amiche, non avrebbe saputo dire se potessero essere qualcosa di più. Doveva chiarirsi, ma con tutto quello che stava succedendo non sapeva quando avrebbero potuto trovare il tempo di parlare. La voce di Alec che la chiamava la riscosse dai suoi pensieri. Fece uno scatto in avanti, seguita da Lydia, raggiungendolo in un attimo. Il ragazzo si trovava davanti a una porta. All’inizio le due non ci trovarono niente di strano, ma poi notarono i graffi insanguinati che attraversavano il bianco ingiallito della porta. Sotto di essa passava una poco rassicurante scia di sangue. I tre Shadowhunters si scambiarono occhiate, poi Alec annuì, come se stesse guidando la missione. Isabelle fece un passo avanti e aprì la porta, con cautela. Vennero investiti da un odore intenso di sangue e putrefazione. La mora storse il naso, facendo un passo avanti, nel magazzino che si trovava oltre la soglia, subito seguita dagli altri. L’unica luce proveniva da una lampada appesa miracolosamente al soffitto. La luce che emanava era fredda e opaca, quasi sporca. L’aria era afosa, come se si trovassero in una fornace. Isabelle fece cautamente un passo avanti, osservando l’ambiente circostante. La scia di sangue continuava fino a uno degli angoli più vicini a loro, in una massa indistinta di… Corpi. Corpi accatastati gli uni sopra gli altri, con il sangue che macchiava le pareti e il pavimento. Le mosche volavano attorno al cumolo, dal quale si alzava un tremendo odore di morte. Alec si incamminò con circospezione in quella direzione, seguendo la scia di sangue. Quando fu abbastanza vicino, improvvisamente fu chiaro dov’erano finiti tutti quei Mondani scomparsi negli ultimi tempi. Erano stati vittima della fame della vampira. Sperava davvero che non ci fosse la famiglia di Simon insieme a loro. Fece un altro passo avanti, ritrovandosi costretto a coprirsi il naso e la bocca, investito come da un’onda dal fetore. Mentre ispezionava i cadaveri, non si accorse che Lydia e Isabelle stava avanzando nella stanza. Alla giovane Lightwood era sembrato di cogliere un movimento, nella penombra, più avanti. Si era voltata verso Lydia e la bionda aveva annuito, come per dirle che lo aveva notato anche lei. Allora non aveva più avuto dubbi. Alec se la sarebbe cavata da solo, lo sapeva bene. Se la pazza era lì, allora dovevano fermarla. Avanzò con calma, guardandosi attorno con attenzione, non volendo essere colta alla sprovvista. L’odore di morte che c’era in quel posto le stava facendo venire mal di testa. Era insopportabile. Quella vampira avrebbe fatto meglio a non aver toccato nemmeno con un dito Raphael e la famiglia di Simon, altrimenti lei gliel’avrebbe fatta pagare. Meritava di pagare lo stesso. Ma sarebbe stato diverso. Niente le avrebbe impedito di ucciderla se avesse ferito il suo parabatai. Forse avrebbe dovuto sentirlo, ma la runa si era creata solo quella mattina, perciò… Era strano, continuava a non avere senso. Continuava a sentirsi sempre più debole ogni passo che faceva. All’improvviso, sentì una risata, una risata da pazza, mentre si inoltrava sempre di più nell’oscurità. Qualcosa –o qualcuno –passò davanti a lei, con una velocità che poteva essere solo da vampiro. Izzy chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi su quello che le stava attorno. Quel tremendamente forte odore le impediva di ragionare bene. Le sembrava salire fino al cervello. Faceva male. Fece una smorfia, cercando di pensare. La vampira poteva anche essere più veloce di lei, ma lei poteva cercare di prevedere le sue mosse. La risata le stava girando attorno, mischiandosi con l’odore, irritandola. Stava correndo in circolo attorno a loro. Era solo troppo veloce per essere vista. Il tempo sembrò improvvisamente rallentare, insieme al suono di quella risata. Inspirò. Espirò. Inspirò. Espirò. Aprì gli occhi, si voltò in una mossa fulminea, lasciando volare la sua frusta nell’aria. Lydia la osservò sconvolta. Non sapeva se Isabelle se n’era resa conto, ma si era mossa ad una velocità davvero incredibile. La giovane Lightwood sorrise, sentendo che la sua frusta si era avvolta attorno a qualcosa. Usando tutta la forza di cui era capace, trascinò la vampira, che stava graffiando il terreno per cercare di fuggire, fino alla luce della lampada. Alec arrivò da loro correndo, scambiando un’occhiata con Lydia, visto che Isabelle sembrava piuttosto occupata, e scuotendo la testa. Non aveva trovato la famiglia di Simon tra i morti. Certo, erano scomparse da due settimane, poteva essere successo di tutto, ma… Non erano lì, lo sapeva. Quella vampira non avrebbe reso loro facile il lavoro. Sperava che Magnus e Jace avessero trovato qualcosa. Osservò sua sorella, che aveva staccato la frusta da intorno alla caviglia della vampira, e le aveva puntato addosso la sua staffa, con fare minaccioso. Non riusciva a vedere il viso di quella pazza, una cortina di capelli neri glielo copriva. Una risata agghiacciante ruppe il silenzio. La vampira si tirò indietro i capelli con una mano, rivelando un viso aggraziato.
-Camille? –domandò Isabelle, stringendo gli occhi, senza allentare la presa sulla sua staffa. La risata della vampira –che assomigliava per certo alla ex-leader del Clan di vampiri del DuMort, pur non potendo essere lei, dato che Camille si trovava nella Città di Ossa, l’ultima volta che aveva sentito parlare di lei –non fece che aumentare. Lydia fece un passo avanti, cominciando ad arrabbiarsi. Non poteva permettersi di ridere, dopo tutto quello che aveva fatto. Aveva ucciso dei Mondani innocenti, aveva rapito il capo del Clan di New York, aveva rapito due Mondane -torturandole o chissà cosa, dato che non sembrava averle uccise -, aveva ferito una Shadowhunter. Non poteva permettersi di ridere. Stava quasi per gridarle contro, ignorando Alec che l’aveva afferrata per un braccio, quando quella decise finalmente di parlare.
-Io non sono Camille. Mi chiamo Diane. –si fermò un secondo, osservando Izzy con i suoi occhi scuri. Occhi da pazza. –Diane Belcourt. –ancora si bloccò, lasciando che i tre realizzassero che cosa aveva appena detto. -Sono la gemella di Camille. –continuò poi, un ghigno sul viso. Isabelle doveva dire che adesso tutto aveva un senso, almeno. Diane aveva fatto tutto quello che aveva fatto per vendicare sua sorella. Era ovvio che avesse rapito Raphael, era stata colpa sua se Camille aveva perso il suo ruolo da leader. In realtà era stata solo colpa di Camille, che aveva rotto gli Accordi, ma certe cose erano difficili da vedere. E Simon. Simon l’aveva liberata per poi aiutare a ricatturarla, in un certo senso era ovvio che avesse colpito anche lui. Ora tutto aveva un senso. Era solo la vendetta che voleva. In quel momento non ci pensò, ma c’era qualcosa di strano. Non era arrivato loro nessun messaggio. Dopo, tutto avrebbe avuto un senso. Dopo, tutti avrebbero capito. Ma, in quel momento, nessuno ci pensò. In quel momento tutto aveva già abbastanza senso. A parte come mai Camille avesse una gemella. Nessuno aveva mai sentito parlare di lei. Nemmeno Magnus, avrebbero scoperto. Una gemella vampira, per di più. Probabilmente Camille l’aveva trasformata perché erano molto legate. Isabelle stava per farle delle domande, quando, all’improvviso, si sentì completamente svuotata da tutte le energie. Non si era nemmeno accorta di averle perse per catturare Diane. Fece un passo indietro, barcollando, mentre la vampira ricominciava a ridere. Sembrava che trovasse tutta la situazione molto divertente. La giovane Lightwood si sentiva malissimo. Le girava la testa, non riusciva più a vedere bene, quell’odore nauseabondo la stava soffocando. Non riusciva più a capire nulla, si sentiva debole. Alec si lanciò in avanti e la prese tra le braccia, prima che cadesse a terra. La testa le pulsava, le faceva male tutto. E si sentiva stanca, incredibilmente stanca.
Non ci posso credere. Sei tu. Sei davvero tu. Credevo che nessuno sarebbe venuto. Credevo che mi aveste abbandonato. Credevo che nessuno tenesse a me tanto da trovarmi... Ma sei qui. Non sei un’illusione. Sei vero. Sei tu. Sei venuto a salvarmi.
Simon. Simon aveva trovato Raphael. Raphael aveva smesso di urlare. E adesso, lei non aveva più energie. Si sentiva incredibilmente stanca. Voleva dormire. Voleva solo dormire. I suoi occhi si chiusero lentamente, mentre Diane ancora rideva e la sua staffa cadeva a terra, con un rumore metallico. Era tanto… Tanto stanca… Stanca…
-Raphael… -
 
Angolo autrice:
Lo so, lo so, avrei dovuto aggiornare giorni fa ma, dato che questo è l'ultima parte che ho scritto, volevo aspettare un po'. A parte il fatto che tutto questo non ha senso, ma ha smesso di avere senso mooolto tempo fa... Che bello, tra una settimana ricomincia la sQuola (che giooooia, siamo tutti felici)! :/ Cioè, non so se comincia anche in Italia lo stesso giorno (sono ignorante u-u), ma vabbè. Non avrò molto tempo di scrivere e il blocco dello scrittore non ha intenzione di andarsene. Perciò, la storia è momentaneamente sospesa, ma mi impegnerò a continuarla e finirla quando posso, quindi c'è la possibilità che durante le vacanza di Natale io ricompaia a tormentarvi con tutte le gioie di questa storia!
Ci si risente presto (spero)! :D

 




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