Capitolo
uno
Lago
di Valdurna, prima metà del XXVII secolo
Mattheus
immerse i secchi nel lago riempiendoli fino all'orlo, poi, a fatica,
li prese fra le mani e li sollevò, pronto per il tragitto di
ritorno.
Non
sarebbe stata una strada breve e non sarebbe stato nemmeno un viaggio
piacevole: già sapeva che lo attendevano ore ed ore di
cammino nei
boschi con quei pesanti secchi da trasportare e probabilmente avrebbe
passato la notte a lamentarsi per il mal di schiena e di braccia.
Era
abituato, faceva quel lungo tragitto due, tre volte al mese, ma
nonostante fosse allenato, arrivava a casa stanco morto lo stesso.
Era
giovane Mattheus, non aveva ancora trent'anni, era snello, con dei
capelli ricci dal color biondo rame che gli arrivavano fino alle
spalle, il naso aquilino, barbetta sul mento, occhi blu come il
cielo, gambe lunghe e carattere orribile come non se n'era mai
visto in giro; vestiva sempre più o meno allo stesso modo,
con abiti
caratteristici della regione;camicia bianca con bottoni in ottone,
Lederhosen, ossia i famosi pantaloni in pelle lunghi fino al
ginocchio con bretelle, e in testa un cappello dello stesso colore
dei pantaloni ornato da una grossa piuma bianca. Non aveva amici,
non ne aveva mai voluti e nemmeno li aveva mai cercati, era uno
stregone e a lui bastava che la gente lo sapesse e lo temesse, ed
ovviamente comprasse la sua magica acqua. Era proprio con l'acqua del
lago di Valdurna che lui compiva le sue magie e i suoi prodigi.
L'acqua e il lago lo conoscevano, rispettavano la sua potenza e
facevano sempre quel che lui chiedeva loro. Con quell'acqua che
vendeva a caro prezzo curava i malanni delle persone, creava pozioni,
faceva tutto quel che voleva: gli bastava desiderarlo e l'acqua, al
suono della sua voce, rispendeva affermativamente. Il tutto a caro
prezzo perché Mattheus non regalava a nessuno il frutto
della sua
magia, ma chiedeva soldi a chi si rivolgeva a lui. Eppure i suoi
clienti, benché lo temessero e fossero poveri, non mancavano
mai,
tutti avevano sempre bisogno di lui e per questo era costretto a
recarsi al lago di Valdurna spesso per fare rifornimento d'acqua.
Con
la mano si asciugò il sudore dalla fronte osservando il
panorama che
lo circondava. Erano poche le cose che Mattheus amava, ma le montagne
in cui viveva erano per lui l'espressione massima della bellezza e
dell'incantato e ne rimaneva affascinato ogni volta che si fermava ad
osservarle. Le Dolomiti... Grandi, maestose, crudeli e allo stesso
tempo generose con chi viveva su di esse. Si rispecchiava in quelle
montagne, nel loro carattere duro, austero e con tante regole non
scritte ma ben conosciute da chi viveva in quei luoghi. Amava quelle
montagne, Mattheus e le conosceva e rispettava come nessun altro,
probabilmente. Guardò il lago dall'acqua azzurra e
trasparente, le
valli che lo circondavano coi loro prati che parevano di velluto e i
boschi di abeti che svettavano maestosi verso il cielo azzurro e
limpido. Quella visione lo metteva di buon umore ogni volta..
Una
lucina minuscola, piccola come una farfalla, gli svolazzò
davanti al
viso, proprio nell'attimo in cui raccoglieva i secchi d'acqua.
"Mattheus, ora inizia il bello! La discesa verso Pennes! Spero
non ti lamenterai per tutto il tragitto come l'altra volta. Eri
davvero insopportabile!".
Mattheus
la guardò in cagnesco. La lucina era in realtà
una fatina alta come
un pollice, dalla voce infantile e dai capelli biondissimi racchiusi
in due codini, viso tondo e abiti tradizionali tirolesi che
ondeggiavano nel vento al movimento delle sue piccole ali luminose.
Ah, era così facile tenere lontani gli esseri umani...
Perché con
le creature magiche della montagna non era altrettanto semplice?
Fatine, elfi, gnomi... C'era sempre qualcuno che gli ronzava attorno
e Jutta, la fatina, era la più insistente! Eppure erano
creature
tanto schive con tutti, che non si facevano mai vedere dagli esseri
umani... Eccetto che con lui, pensò con rammarico. Erano un
vero e
proprio tormento per un solitario come Mattheus. "Jutta...
Perché mi segui sempre?" - borbottò, seccato.
"Perché
hai bisogno di compagnia!" - rispose lei, volandogli sul naso.
"Non si dovrebbe viaggiare da soli per tratti tanto lunghi.
Può
essere pericoloso".
"Non
è pericoloso. In giro non c'è nessuno, come vedi".
Jutta
alzò il dito indice, picchiettandolo sulla punta del naso
del mago.
"Appunto! E se cadi o stai male, chi ti aiuta a rialzarti?".
"Non
certo tu che pesi sì e no tre grammi!".
Jutta
incrociò le braccia al petto, gli volò attorno
alla testa e infine
si sedette sulla sua spalla. "Sembra che ti dia fastidio!".
Mattheus
si scrollò, costringendola a riprendere a volare.
"Assolutamente
! E non usarmi come mezzo di trasporto, ho già i secchi da
trasportare".
"Ma
l'hai detto tu, peso sì e no tre grammi, nulla praticamente!
Ti
lamenti sempre Mattheus!".
"Non
chiamarmi Mattheus".
"E'
il tuo nome!".
"Pfeifer
Huisele, è questo il mio nome!".
"Pfeifer
Huisele è il tuo soprannome!".
"Jutta!!!".
Spazientito, Mattheus alzò i due secchi d'acqua,
incamminandosi
verso il sentiero che portava nei boschi e da lì alla valle
dove
c'era il suo villaggio, Pennes. Non voleva proprio più
sentirla
parlare, quella dannata fatina.
"Mattheus?".
"Che
vuoi???". Ora si stava arrabbiando sul serio, Jutta non aveva
proprio niente di meglio da fare quel giorno?
"Ti
avverto! Se non la finisci di darmi il tormento, ti strappo quelle
dannate ali luminose che mi stanno accecando. E con l'acqua del lago,
ti trasformo in uno scarafaggio".
Jutta
gli fece la linguaccia. "Cattivo! Volevo solo darti un
consiglio".
Mattheus
scosse la testa, rassegnato. "Va bene! Dammelo e poi sparisci.
Ti avverto, se non te ne vai andrò in giro a dire a tutti
della
vostra esistenza. Tutti gli abitanti della valle sapranno che
esistono le fate e vi daranno la caccia".
"Fammi
parlare in fretta allora, senza interrompermi".
Mattheus
sorrise, sarcastico. "Prego, parla pure".
Jutta
gli volò attorno, osservandolo con sguardo critico. Poi...
"Stai
invecchiando, hai quasi trent'anni ormai! Dovresti trovarti un carro
e degli animali da tiro per trasportare l'acqua. Sarà sia
più
comodo, sia più vantaggioso perché potresti
trasportarne molta di
più. E non avrai a vita il mal di schiena".
"Non
sono vecchio e non ho bisogno né di animali da tiro
né di carri.
Costa molto comprarli, ti faccio notare".
Jutta
scosse la testa. "Certo che sei proprio tirchio, mio caro".
"E
tu sei insopportabile, mia cara!".
Jutta
fece la faccia imbronciata. "Non è vero, dicono tutti che
sono
carina e simpatica. Tu invece... Oh Mattheus, non avrai mai
né un
amico né una moglie, se andrai avanti a questo modo".
"Fantastico!
Pensa un pò, io una moglie non la voglio. E nemmeno degli
amici!".
"Oh
beh, sta tranquillo, non corri certo il rischio di trovare una che ti
sposi, col carattere che ti ritrovi!".
Lo
stregone scosse la testa, camminando a passo spedito con i secchi
d'acqua fra le mani. Il lago era sempre più lontano ed ormai
avevano
raggiunto il bosco. Era meraviglioso, con i suoi abeti svettanti
verso il cielo e i suoni gentili degli animali che vi vivevano. Tutto
idilliaco, se non fosse stato per quel tormento di Jutta. "Non
avevi mica detto che avresti fatto silenzio?".
"Non
mi trasformerai in uno scarafaggio, tanto lo so! Sono sicura che mi
vuoi almeno un pochino di bene".
Mattheus
alzò gli occhi al cielo, accelerando ulteriormente il passo.
"Basta,
per oggi ho sentito fin troppe sciocchezze".
"Mattheus!".
Volando, Jutta tornò a sedersi sulla testa dello stregone.
"Ancora
mi dai dai il tormento?".
"Ma
non ti ho mica detto tutto quel che dovevo!".
"Oh
santo cielo...". Mattheus sbuffò, sempre più
esasperato e
sempre più di pessimo umore.
Incurante
delle occhiatacce dell'uomo, Jutta assunse un'espressione pensierosa,
mentre con la mano destra si arricciava uno dei suoi codini. "Non
dovresti far pagare l'acqua magica agli abitanti di Pennes. Insomma,
loro vengono da te per estrema necessità e non è
giusto che tu
guadagni sulle disgrazie degli altri. Dovresti essere più
caritatevole".
"Ah,
non ci penso proprio. Gli abitanti di Pennes mi odiano e mi usano
solo quando hanno bisogno. Per il resto mi ignorano e se parlano di
me, ne parlano male. Sono chiusi, ottusi e stolti. E se non fosse per
la mia acqua, mi avrebbero già cacciato dal villaggio,
stanne
certa".
Jutta
gli prese una ciocca di capelli, tirandola.
"Mi
stai facendo male".
La
fatina tirò ancora di più. "Lo so e lo faccio
apposta perché
hai la testa più dura dei sassi! Certo che la gente di
Pennes ti
odia! Hai un carattere orribile e ti diverti a spaventare la gente
con minacce e maledizioni. Ti vanti di essere uno stregone e di poter
parlare con i demoni e i troll, che pretendi? Hanno terrore di te.
Certo, se tu fossi più gentile e gli facessi vedere che non
sei così
pericoloso come fingi di essere, loro ti sarebbero più
amici. E non
parlerebbero male di te".
Mattheus
scosse la testa. "La gente ha paura a prescindere di chi pratica
la stregoneria. Che io faccia bene, che io faccia male, sarò
sempre
visto come una persona cattiva. E questo mi fa anche comodo, mi tiene
lontani i seccatori. Lavoro senza interruzioni, non ho questioni con
nessuno, mi faccio gli affari miei. Ed è vero, faccio pagare
l'acqua, ma solo una moneta di rame ad ampolla. Sono anche economico,
a voler ben vedere".
"Beh
sì, le monete di rame valgono poco, hai ragione. Ma proprio
per
questo potresti benissimo farne a meno, ogni tanto".
"Ah
Jutta, tu non ti intendi per niente di affari. Una moneta di rame
vale poco, ma tante monete di rame diventano un tesoro. Come un
granello di sabbia che, insieme a tanti altri, forma una spiaggia. O
un filo d'erba che, insieme a molti fili d'erba come lui, forma un
prato. Io, con fatica, vengo a prendere l'acqua. E solo io so come
usarla per aiutare chi si rivolge a me. Il lago di Valdurna ha una
sola guida e solo a me ubbidisce. Per tutti gli altri che verranno
qui, l'acqua di questo lago è solo acqua. Per nessun altro
si
trasforma in medicina, pozioni magiche o altro. E merito di essere
ricompensato".
"Quindi,
continuerai a farti pagare?" - chiese Jutta, in tono sconfitto.
"Ovviamente.
E magari, visto che mi hai fatto notare che una moneta di rame
è una
miseria, raddoppierò il prezzo".
Jutta
scosse la testa, esasperata. E senza aggiungere altro, in silenzio,
si addentrò con lui nel bosco. Era meglio starsene zitta o
rischiava
che Mattheus arrivasse a triplicarlo, il prezzo della sua acqua.
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