Il lamento della notte
Pullula schietta la notte
di segreti mai nascosti,
scheletri di pelle ed ossa,
dei peccati mortali dell’uomo.
Gridano le infinite cicale,
suonatrici di una mortale agonia,
tra i sornioni e i truffatori,
mentre il tuono ruggisce ancora.
Disperata, la notte abbandona
le sue dita bluastre sulla terra,
il suo guaito sfiorito
nel cimitero di un cielo smorto.
Tremano gli istanti di morte,
i Diavoli destati dal loro sonno,
quando il piagnisteo della notte
eclissa il candore del giorno.
Cala quaggiù la notte,
gravida di tenebre sugli ultimi orizzonti,
tra i formicolii delle brume spettrali
e le stelle insonni del suo cielo.
Stride di scherno la notte,
nel gelo di sogni liquefatti,
tra i cocci di cuori fiammanti distrutti
di immemori anime incustodite.
Cieca, la notte lacrima
piogge agrodolci e scorie mortali,
per le stelle detronizzate, lassù,
nel regno soffocato del cielo, lassù.
E sorda, la notte urla
nella misteriosa e pretesa Città, lassù,
nel fiammeggiante castellaccio illibato, lassù,
e poi, smarrita, quaggiù, nel suo immacolato lamento.
Spazio d'autore:
Parole colte osservando un cielo buio, cupo e senza stelle. In una personale visione dell'aria notturna, qualsiasi cosa assume forma e aspetto di un mostro. Ed è proprio nel momento in cui ogni cosa si trasforma che la notte si dispera e lacrima. La poesia e i suoi versi non contengono una mia particolare emozione, perciò mi piacerebbe sapere cosa vi hanno trasmesso e quanto rispecchiano la vostra visione dell'aria notturna. Un grazie caloroso a chi si cimenterà nell'impresa e a chi si è già cimentato nella lettura,
Makil_
|