Des improvisations idéales

di Osage_No_Onna
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A Cottondew, che da tanto mi sopporta, supporta e accompagna; e al suo magico mondo, quello dei suoi disegni così pieni di bellezza.
Grazie di tutto.

 
 



I: Recreantise
 
La stanza attigua all’ aula di musica altro non era che uno sgabuzzino talmente stretto da non meritarsi nemmeno che vi venissero conservati degli oggetti o che fosse aperto nelle sue pareti un buco di finestra, per cui era immerso nel buio più tetro. Eppure, chissà per quale miracolo d’ ingegneria, lì dentro i suoni giungevano nitidi e cristallini, se non addirittura amplificati a meraviglia.
Fino a qualche tempo prima, quando sapeva che quel pomeriggio sarebbe toccato al pianoforte effondere le sue note tintinnanti nell’ aria, Giangi, da bravo ospite non gradito, si ritirava lì ad ascoltare, tutto rannicchiato su sé stesso.
Perché sia la musica che il suo esecutore erano troppo al di fuori della sua portata, infinitamente superiori, ma quanto li amava!
Ad ogni ascolto il cuore s’ innalzava e si lacerava, e pensando alla perfezione che le dita del giovane pianista austriaco erano capaci di creare il suo già poco orgoglio d’ artista s’ infrangeva in mille minuscoli frammenti, proprio come fa un cristallo quando cade sul pavimento.
Quanti filosofi avevano ritenuto la musica stessa molto migliore delle arte figurative perché intrinsecamente più libera, meno bloccata nella forma e proprio per questo espressione diretta dell’ animo umano? Lui non sapeva né l’una né l’altra cosa, eppure era arrivato ad intuirlo: se di fronte ad un Giorgione, ad una bella statua od un mosaico antico poteva rimanere ammaliato per qualche secondo, quelle melodie ogni giorno diverse lo lasciavano con gli occhi gonfi e i polsini della camicia bagnati.
E ogni giorno, in un ciclo asfissiante, lo capiva quando vedeva che il messaggio dei suoi quadretti non veniva compreso, o forse non era preso in considerazione. Proprio per quel motivo aveva abbandonato lo stanzino, ora ascoltava dal giardino mentre anche le sue mani lavoravano alacremente, su una tela o foglio che fosse: ne aveva perso in qualità del suono, che ora alle sue orecchie giungeva attutito, ma quanto meno così riusciva a non sentirsi una nullità.
Ogni giorno, da quando lo aveva visto suonare, dipingeva per lui sempre lo stesso soggetto, un’ infiorescenza di gladioli, provando ogni giorno nuove tecniche, e prima di ritirarsi per la notte poggiava il suo lavoro sul coperchio del piano nella speranza che lui lo notasse.
Ed ogni sera prima il suo cuore perdeva un battito nel vedere che la sua opera non c’era più, ma nel constatare poi che era stata semplicemente spostata i suoi occhi s’ adombravano ogni giorno un po’ di più.
Quelle piccole dimostrazioni di fedeltà erano diventate più di cento, tutte pateticamente impilate in disparte, su di una sedia. Eppure ogni giorno continuava a crearne, logorandosi gradualmente l’anima.

 




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