I
delicati raggi della luna illuminano di riflessi argentei le foreste
del Tenkuukai e, di tanto in tanto, risuonavano nel silenzio i
richiami degli animali notturni.
Un
leggero vento accarezzava le chiome degli alberi, che ondeggiavano
lievi, quasi lusingate da quel tocco tenue.
Ten
Oh Hyuga, seduto sotto un albero, fissava incantato lo spettacolo.
-
Beate loro … Non devono vergognarsi... - mormorò il
giovane Hachibushu, gli occhi lucidi di lacrime. Erano trascorsi tre
anni dalla fine della guerra contro Shiva e il Tenkuukai era risorto
a nuova vita.
Finalmente,
si poteva vedere la luce della gioia sui volti dei suoi abitanti.
Sospirò.
Certo, era contento di una tale, splendida situazione, ma non
riusciva a condividere totalmente la felicità dei suoi
compagni.
E
conosceva anche troppo bene la causa di una tale, inusuale amarezza.
Ryu
– Oh – Ryoma.
- Perché
non è rimasto tutto come era prima? - sussurrò. Fino a
poco prima dell’arrivo di Shurato e Gai, il loro legame era
sempre stato chiaro.
Certo,
avrebbero entrambi perso la vita l’uno per l’altro, ma il
suo cuore era legato a Nara Oh Renge, la loro compagna negli
Hachibushu, e Ryoma aveva dato il suo amore a Matsuri.
Tutto
era limpido, come il cielo del Tenkuukai.
-
E invece no… - sussurrò il giovane e si raccolse le
gambe contro il petto. Le battaglie contro Raitei Indra e contro
Shiva, dea della distruzione, avevano rafforzato la loro amicizia e,
per lui, tale legame si era tramutato in qualcos’altro.
Amore.
Con
suo doloroso stupore, si era accorto di essersi innamorato del suo
amico d’infanzia.
Tante
volte le sue notti erano state tormentate da sogni assai poco casti,
durante i quali le mani e le labbra di Ryoma lo facevano gemere di
piacere.
Anelava
a sentire il corpo, forte e possente, del suo compagno sul proprio…
-
Non serve a niente che io mi tormenti così...- sospirò.
Quella voluttà durava il tempo di una notte e il risveglio
aveva un sapore amaro.
La
realtà gli rammentava il legame sentimentale e matrimoniale
che intercorreva tra il suo migliore amico e sua moglie.
Strinse
i pugni e, a stento, trattenne un singhiozzo. Quante volte, nel corso
di quei lunghi e tristi giorni, aveva dovuto fingere una felicità
che non provava?
Voleva
liberarsi di quel peso opprimente, ma il suo codice morale gli
impediva una simile azione, gravida di conseguenze.
Non
aveva nessun rancore contro Matsuri, ma il suo cuore si struggeva di
gelosia, quando vedeva lei e Ryoma che si baciavano o accarezzavano…
Avrebbe
voluto essere lui il destinatario di quelle manifestazioni d’affetto.
Ma,
per quanto fosse triste e doloroso, doveva accettarlo.
Matsuri
era la moglie di Ryoma ed era giusto che lui le dedicasse simili,
splendide attenzioni.
Con
lentezza, si avvolse il mantello attorno alle spalle, come se volesse
difendersi da un freddo inesistente. La sua razionalità capiva
bene la situazione, ma il suo cuore, così egoista, non lo
accettava.
E,
per questo, aveva scelto di allontanarsi da loro e di viaggiare nelle
zone più remote del Tenkuukai.
Certo,
era stato egoista da parte sua abbandonare tutti, ma, se non si fosse
allontanato, avrebbe corso il rischio di diventare matto.
E
aveva il diritto di preservare l’integrità della sua
mente.
Il
giovane sospirò e, con calma, si alzò. Aveva bisogno di
camminare, l’inattività lo avrebbe portato a rievocare
ricordi assai tristi e troppo freschi…
Per
alcuni minuti, l'Hachibushu camminò, dirigendosi verso l’interno
della foresta.
Ad
un tratto, si fermò, strinse la shakti e guardò a
destra e a sinistra. Il suo orecchio aveva captato un lieve rumore di
passi, simili a quelli di un felino durante la caccia.
Qualcuno
lo stava seguendo, ma quali erano le sue intenzioni?
Era
un ashura?
Ma
quei demoni non erano scomparsi con la fine di Shiva?
Qualche
istante dopo, un raggio di luna attraversò la cortina di
foglie della foresta e illuminò la figura imponente di Ryoma.
Hyuga,
vedendo l’amico, arretrò d’un passo e strinse con
forza la mano attorno alla shakti, come un naufrago. Certo, era
felice che non ci fosse alcun pericolo, ma non voleva vederlo.
Ryoma,
anche se non per colpa sua, era la causa delle sofferenze che, da
tanto tempo, stringevano il suo cuore in una morsa d’acciaio.
Eppure,
perché si erano incontrati?
Ryu
Oh fece per parlare, ma, dinanzi alla reazione del compagno, si zittì.
Hyuga non sembrava felice di vederlo.
Non
lo guardava e lui, Ryu Oh Ryoma, non capiva la ragione di quella tristezza.
O
forse non desiderava capire.
Ma
cosa doveva comprendere?
Con
passo lento, si avvicinò a Hyuga e, con dolcezza, gli appoggiò
le mani sulle spalle.
-
Perché non ti presenti più al Tenkuuden?- domandò
con voce gentile. Certo, quell’ allontanamento così
improvviso aveva provocato in lui rabbia, ma poi aveva riflettuto e
aveva compreso che il suo migliore amico aveva una ragione assai
seria per desiderare la solitudine.
Ma
quale era?
Aveva
a che fare con lui?
Per
questo, con il consenso degli altri Hachibushu e di Laksu, aveva
deciso di andare a cercarlo da solo.
Aveva
fiducia che il loro legame non sarebbe stato distrutto da niente,
dopo le tragedie di tre anni prima.
Forse,
gli avrebbe aperto il suo cuore.
Hyuga
alzò lo sguardo e i suoi occhi cerulei si persero negli occhi
di cobalto dell’amico. Quanto avrebbe voluto scorgere in quelle
meravigliose iridi l’amore che Ryoma provava per Matsuri.
Certo,
Ryoma era preoccupato per lui, ma il suo affetto, per quanto intenso
e profondo, non travalicava i confini di una sincera e duratura
amicizia.
-
Non sono affari che vi riguardano.- rispose e, con un gesto brusco,
allontanò le mani dell’amico dalle sue spalle. Certo, il
suo corpo anelava a quel contatto, ma non poteva seguire i suoi
desideri.
Se
si fosse lasciato sopraffare dai suoi istinti, sarebbe avvenuta una
catastrofe.
Il
più grande, per alcuni istanti, tacque, stupefatto. Non
riusciva a capire le ragioni della rabbia del suo migliore amico…
Sembrava
disprezzare il contatto fisico tra di loro e non capiva perché.
Cosa
gli aveva fatto?
Oltre
alla rabbia, nei suoi occhi scorgeva dolore.
Cosa
angosciava il suo compagno?
Perché
non gli permetteva di aiutarlo?
Hyuga
sospirò e, con un gemito, si lasciò cadere al suolo,
tenendosi la testa tra le mani. Di certo, quella reazione stizzita
non aveva diminuito le perplessità di Ryoma, ma, in quel
momento, era stato sopraffatto dalla paura del desiderio che da
tanto, troppo tempo, correva in tutto il suo corpo, come lava
incandescente.
Non
voleva fare azioni di cui era sicuro che si sarebbe pentito.
E,
spinto da questa sua angoscia, si era lasciato andare ad un
comportamento insensato.
-
Che cosa hai? - domandò Ryoma, stupito e preoccupato, e fece
per avvicinarglisi.
-
Non avvicinarti!- strillò il più giovane e strinse con
forza gli occhi. Avvertiva il forte desiderio di piangere, ma neppure
quella consolazione gli era concessa.
Perché,
dinanzi a Ryoma, stava perdendo il suo autocontrollo?
Il
guerriero più anziano si chinò, allungò il
bracciò e gli sfiorò il viso. Certo, Hyuga gli aveva
ingiunto di non toccarlo, ma quella disperazione gli trafiggeva il
cuore.
Erano
amici da tanto tempo e spesso si erano sostenuti a vicenda.
Perché
doveva essere diverso?
In
quel momento, desiderava fargli sentire la sua vicinanza e il suo
affetto.
Hyuga,
sentendo il tocco dell’amico, girò la testa, gli sfiorò
le guance con le mani e lo baciò. No, non poteva più
frenare quel desiderio che da tanto, troppo tempo, lo consumava.
Il
profumo di Ryoma, così intenso e penetrante, annebbiava i suoi
sensi.
E
gli piaceva il sapore di quelle labbra sulle proprie..
Qualche
istante dopo, Ten O Hyuga scostò il compagno da sé. Non
riusciva a credere a quello che aveva fatto.
Aveva
baciato il suo migliore amico, senza il suo consenso.
E
gli era piaciuto.
Sarebbe
stato disposto a tutto pur di risentire quelle labbra magnifiche.
- No… Non posso restare qui accanto a te… - mormorò
e, con un movimento brusco, si alzò e fece per allontanarsi.
Quel bacio, per quanto lieve e delicato, aveva frapposto fra di loro
un abisso, che nulla avrebbe potuto colmare.
Ormai,
solo la solitudine sarebbe stata la sua compagna.
-
Hyuga, fermati! - tuonò la voce di Ryoma.
Quasi
spaventati dal tono deciso del giovane, decine di uccelli si alzarono
in volo, emettendo lunghe strida lamentose.
L’Hachibushu
del ghiaccio si bloccò e si irrigidì, come un fascio di
corde. Era giunto il momento della resa dei conti.
Ryoma
lo avrebbe ricoperto di disprezzo e odio, ma qualsiasi dolore, per quanto straziante, era preferibile a quell'angosciosa incertezza.
Anzi,
il suo amico meritava la chiarezza,
Un
sospiro fluì dalle sue labbra e, lento, il giovane si girò.
Per un
po’ di tempo, il silenzio, rotto solo dal forte soffio del
vento, calò tra i due giovani.
Ryoma
rifletteva. Quando Hyuga lo aveva baciato, lo stupore gli aveva
impedito qualsiasi reazione.
Aveva
sempre creduto che il suo amico fosse innamorato di Renge e che,
presto, l’avrebbe sposata.
Quando
i suoi sentimenti erano mutati?
Perché
non si era accorto di niente?
In
quegli istanti, gli sembrava di avere uno sconosciuto davanti a sé.
-
Hyuga … Da quanto tempo provi questi sentimenti per me?-
domandò. Gli pareva una domanda stupida, eppure sentiva il
bisogno di conoscere la realtà nei suoi dettagli più
insignificanti.
L’altro
spalancò gli occhi, costernato. Ryoma
non sembrava arrabbiato.
Il
suo bellissimo volto, per quanto serio, non era distorto dal disgusto, ma
esprimeva un forte desiderio di chiarezza.
O
forse era una sua fuggevole impressione?
- Un
anno e mezzo. La guerra contro Shiva è finita tre anni fa, ma
solo un anno e mezzo dopo mi sono accorto di amarti. Ho passato
decine di notti a tormentarmi, perché tu eri innamorato di
Matsuri … Desideravo per me quelle attenzioni che davi a lei e
fingevo di farmi bastare la tua amicizia… Non volevo impedirti
di essere felice con lei, ma, quando ti sei avvicinato, non ce l’ho
più fatta… Sono stato un debole, mi dispiace...-
confessò, un sorriso malinconico sul viso.
Il
custode della shakti del drago tacque. Quelle parole di Hyuga avevano
rischiarato la sua mente.
Hyuga
lo amava da tanto tempo e, per rispetto verso il suo legame con
Matsuri, aveva celato le proprie emozioni.
Per
quanto tempo aveva combattuto contro quel sentimento?
Non
poteva odiarlo, ma non era giusto nemmeno mentirgli.
La
purezza di tale amore era degna di rispettosa sincerità.
- Hyuga…
Perdonami, ma io non potrò mai renderti felice come meriti. -
si rammaricò l’Hachibushu più anziano.
L’altro,
per alcuni istanti, tacque, incapace di parlare. Ryoma non sembrava
schifato dalla sua dichiarazione d’amore.
Anzi,
era dispiaciuto per la situazione creatasi tra di loro.
Il
suo amico non gli stava mentendo!
Hyuga,
d’istinto, si rilassò. Quella dichiarazione lo
rasserenava, perché Ryoma gli aveva detto che non lo
disprezzava.
E
questo era per lui splendido.
Il
loro legame non era stato distrutto.
Tuttavia,
sapeva di non potere restare.
Non
poteva rischiare di compiere altre sciocchezze.
Prese
la shakti, che era caduta sul terreno, e la consegnò
all’amico.
- Custodiscila tu … Io ormai non ne sono più degno. - gli
chiese, triste. L’impeto del dolore si era attenuato, ma sapeva
che presto sarebbe ritornato.
Non
avrebbe mai più rivisto i suoi amici.
Con
che coraggio avrebbe potuto considerarsi un Hachibushu?
Si
era macchiato di una cosciente mancanza di rispetto verso di loro,
solo per soddisfare le sue brame.
Ryoma
aprì la bocca per parlare, ma poi tacque e scosse la testa. Non era
d’accordo con la scelta del suo amico, ma ne comprendeva le
ragioni.
Rispettava
così tanto la purezza del loro gruppo che preferiva
condannarsi alla solitudine, pur di non compiere altri atti
inconsulti.
Aveva
sbagliato, ma questo suo proposito mostrava l’inalterata
purezza del suo cuore.
- Cosa
dirò a Laksu e agli altri? - domandò, la voce tremante
di dispiacere.
Hyuga
ridacchiò, amaro. Sapeva bene che, agli occhi dei suoi amici,
la sua decisione sarebbe apparsa folle, assurda, incomprensibile.
Eppure,
era un suo preciso dovere.
- Di’
loro che mi sono macchiato di una grave colpa e ho bisogno di
ritrovare me stesso… - lo pregò dolcemente l’altro.
Ryoma
sospirò e annuì.
- Farò
quanto tu mi hai chiesto. E custodirò la tua shakti.- lo
rassicurò.
Hyuga
tentò di parlare, ma le parole morirono in un triste
singhiozzo.
Qualche
istante dopo, si girò e, rapido come un felino, si allontanò
nell’oscurità della foresta.
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